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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza / Concentrazioni e settore assicurativo - La Commissione indaga sulla decisione dell'Ungheria di vietare una concentrazione per possibile violazione dell'articolo 21 del regolamento UE sulle concentrazioni

Con il comunicato stampa pubblicato lo scorso 29 ottobre, la Commissione europea (Commissione) ha annunciato di aver avviato un’indagine volta a verificare se la decisione adottata dal governo ungherese di vietare l’acquisizione di due società ungheresi, attive nel settore assicurativo ed attualmente controllate da AEGON Group (AEGON), da parte di Vienna Insurance Group AG Wiener Versicherung Gruppe (VIG) (l’Operazione), comporti una violazione dell’articolo 21 del regolamento n. 139/2004 (Regolamento Concentrazioni) che riserva alla Commissione la valutazione sulle operazioni di concentrazione che hanno una dimensione eurounitaria con alcun eccezioni apparentemente non riscontrate nel caso in esame.

Il 6 aprile scorso, il governo ungherese ha posto il veto all’ Operazione fondandosi sulla normativa nazionale di emergenza sugli investimenti esteri introdotta nel contesto della pandemia da Covid-19 (la Decisione). L’Operazione, che superava le soglie di fatturato previste dal Regolamento Concentrazioni e quindi rientrava nella giurisdizione esclusiva della Commissione, è stata altresì notificata e successivamente approvata dalla Commissione stessa senza l’imposizione di condizioni.

Ai sensi dell'articolo 21 del Regolamento Concentrazioni, la Commissione ha la competenza esclusiva per esaminare le concentrazioni di dimensione eurounitaria. Pertanto, gli Stati membri non possono applicare la loro normativa nazionale sulla concorrenza a tali concentrazioni, ma possono solo adottare opportuni provvedimenti ai sensi di normative diverse da quella antitrust e, segnatamente, volte a tutelare interessi pubblici con riferimento alla sicurezza pubblica, alla pluralità dei mezzi di informazione e a rispetto di regole prudenziali in ambito finanziario. Tuttavia, eventuali misure nazionali volte a tutelare qualsiasi altro interesse pubblico devono essere previamente comunicate e approvate dalla Commissione prima di essere attuate.

Nel caso in esame, riguardante il settore assicurativo, il governo ungherese non avrebbe comunicato la Decisione alla Commissione prima della sua attuazione, né avrebbe fornito una spiegazione adeguata delle ragioni alla base del veto all'acquisizione da parte di VIG delle filiali ungheresi del gruppo AEGON.

La Commissione ha pertanto deciso di indagare se la decisione dell'Ungheria sia compatibile con l'articolo 21 del Regolamento Concentrazioni, e in particolare se essa miri a proteggere un interesse legittimo compatibilmente con i principi generali e le altre disposizioni del diritto eurounitario.

La decisione in esame fa emergere la potenziale tensione tra l’applicazione delle norme comunitarie sulla concorrenza e la tutela degli interessi nazionali da parte degli Stati Membri ai sensi delle proprie discipline sugli investimenti esteri (in Italia, i c.d. “golden power”). La Commissione può invero svolgere un ruolo di controllore dell’effettivo perseguimento di interessi nazionali meritevoli di tutela, ponendo un argine alle modalità potenzialmente distorsive o indebitamente ampie di applicazione delle normative nazionali sugli investimenti esteri.

Luigi Eduardo Bisogno

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Abuso di dipendenza economica e distribuzione di quotidiani – Il TAR Lazio si è pronunciato sulla questione relativa al tardivo avvio di un procedimento da parte dell’AGCM

Con la sentenza n. 11131 pubblicata lo scorso 2 novembre (la Sentenza), il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (il TAR Lazio) ha accolto il ricorso presentato dalle società M-Dis Distribuzione Media S.p.A. (M-Dis) e To-Dis S.r.l. (To-Dis) (congiuntamente, le Ricorrenti) avverso la decisione (la Decisione) emanata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) in data 20 dicembre 2019 (già oggetto di commento su questa Newsletter) a conclusione del procedimento A525-Mercato della distribuzione quotidiani e periodici nell’area di Genova e Tigullio (il Procedimento). In particolare, tramite la suddetta Decisione, l’AGCM aveva sanzionato le Ricorrenti per aver messo in atto un abuso di dipendenza economica, consistente nell’interruzione arbitraria delle forniture di quotidiani e periodici destinati all’impresa individuale Rovido Nello (Rovido), distributore locale nell’area di Genova e aree limitrofe.

Per meglio comprendere la fattispecie oggetto del contendere, occorre richiamare brevemente i fatti principali oggetto dell’istruttoria dell’AGCM. In data 30 giugno 1989, To-Dis e Rovido avevano sottoscritto un contratto di distribuzione di quotidiani. Analogo contratto è stato siglato in data 11 dicembre 2000 tra M-Dis (all’epoca RCS Diffusione S.p.A.) e Rovido. Il 29 novembre 2016, Rovido aveva stipulato un contratto preliminare di vendita della propria attività con la società Martini Dumas S.p.A. (Martini), distributore locale attivo in Toscana. Il giorno successivo a detta stipula, M-Dis, la quale detiene il controllo congiunto su Liguria Press S.r.l. (Liguria Press), market player attivo nella distribuzione locale di quotidiani nell’area di Genova in concorrenza con Rovido, ha notificato la disdetta del suindicato contratto di distribuzione con Rovido. Così facendo, M-Dis ha de facto causato il naufragio del suindicato accordo con Martini. A distanza di pochi mesi, la stessa Liguria Press ha formulato una proposta di acquisto del complesso aziendale di Rovido, offrendo un prezzo inferiore a quello proposto da Martini. Parallelamente, anche To-Dis ha disdetto il proprio contratto di distribuzione con Rovido. Conseguentemente, quest’ultima si è ritrovata in parte sostituita da Liguria Press nella distribuzione dei quotidiani e periodici delle Ricorrenti destinati alle edicole dell’area di Genova e del golfo del Tigullio.

Al fine di determinare l’esistenza di un effettivo abuso di dipendenza economica, l’AGCM ha analizzato: (i) la sussistenza di una dipendenza economica di RN nei confronti di M-Dis e To-Dis; (ii) il carattere arbitrario e illogico delle condotte di M-Dis e To-Dis; e (iii) la rilevanza delle condotte per la tutela della concorrenza e del mercato. Con particolare riguardo all’arbitrarietà della condotta posta in essere dalle Ricorrenti, la Decisione riporta che la ratio della condotta da queste poste in essere veniva ricondotta alla volontà di evitare l’acquisizione di Rovido da parta di Martini, nonché di avvantaggiare Liguria Press (concorrente diretto di Rovido) nella distribuzione locale nell’area di Genova.

Come anticipato, le Ricorrenti hanno presentato ricorso dinnanzi al TAR Lazio, adducendo – tra le varie argomentazioni – anche una violazione da parte dell’AGCM del disposto dell’articolo 14 della legge 689 del 1981 (l. 689/1981), concernente la tardiva contestazione di un illecito da parte dell’autorità competente.

Sul punto, il TAR Lazio – accogliendo la doglianza in esame – ha precisato che il termine di 90 giorni indicato dal summenzionato articolo 14 inizia a decorrere dal momento in cui si è compiuta (o “si sarebbe dovuta ragionevolmente compiere”) l’attività volta a verificare l’esistenza di un’infrazione. A tal proposito, il TAR Lazio, dopo aver riconosciuto la natura ormai consolidata dell’orientamento giurisprudenziale che vuole l’applicabilità dei principi relativi all’immediatezza della contestazione anche ai procedimenti antitrust, ha sostenuto in maniera ferma e decisa che non è ammissibile il compimento da parte dell’AGCM di un’attività preistruttoria che si prolunghi per un periodo di tempo “totalmente libero da qualsiasi vincolo e ingiustificatamente prolungato”. Secondo la ricostruzione fattuale operata dal TAR Lazio, l’AGCM era in possesso di tutte le informazioni necessarie a permettere l’avvio dei suddetti 90 giorni già il 12 febbraio 2018, ossia la data in cui questa ha ricevuto le informazioni aggiuntive richieste a M-Dis e To-Dis in relazione alla segnalazione prevenuta da Rovido in data 21 dicembre 2017). Nonostante ciò, il Procedimento ha trovato effettivo avvio solo il successivo 19 dicembre 2019, quindi circa dieci mesi dopo la piena conoscenza della fattispecie oggetto di istruttoria.

Secondo quanto sostenuto dal TAR Lazio, permettere un tale modus operandi vorrebbe dire vanificare non solo i principi positivizzati nella suindicata l. 689/1981 ma anche la generale esigenza di efficienza e di certezza dell’agire amministrativo, nonché i principi di cui all’articolo 6 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e all’articolo 41 della Carta Fondamentale dei Diritti dell’UE. Questi ultimi, in particolare, prevedono un obbligo per l’autorità competente di accertare l’esistenza di una precisa violazione e di applicare le relative sanzioni procedendo all’avvio della fase istruttoria entro un termine “ragionevolmente congruo” (ovviamente tenendo conto della complessità della fattispecie interessata), a pena di violazione dei principi di legalità e di buon andamento.

Alla luce di quanto sopra, pertanto, il TAR Lazio ha concluso che la censura di tardivo avvio del Procedimento avanzata dalla Ricorrenti risulta fondata e, conseguentemente, ha accolto il ricorso, annullando in toto la Decisione.

Con la Sentenza in esame, il TAR Lazio, superando la precedente giurisprudenza sul punto, che aveva adottato un approccio più conservativo a favore dell’AGCM, ha voluto pronunciarsi su una fattispecie delicata relativo all’agire amministrativo, sostenendo che l’AGCM non può agire con totale discrezionalità per quanto riguarda le tempistiche di avvio dei propri procedimenti.

Luca Feltrin

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Concorrenza e riforme - Il Consiglio dei Ministri ha presentato il disegno di legge per il mercato e la concorrenza

Nell'adunanza del 4 novembre 2021, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge “annuale” per il mercato e la concorrenza (il DDL), attraverso il quale si impegna ad affrontare interventi normativi in una pluralità di settori, quali servizi pubblici locali; energia; trasporti; rifiuti; avvio di attività imprenditoriali; poteri di antitrust enforcement; e tutela della salute.

Le finalità di tale intervento, che corrisponde peraltro ad uno degli obbiettivi individuati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono statuite all'articolo 1 dello stesso DDL, ossia:

  • la promozione dello sviluppo della concorrenza per garantire l'accesso ai mercati da parte di imprese di minori dimensioni, migliorare la qualità e l'efficienza dei servizi pubblici e potenziare la tutela dell'ambiente e il diritto alla salute dei cittadini;
  • rimozione gli ostacoli regolatori, normativi e amministrativi, all'apertura dei mercati;
  • garantire la tutela dei consumatori.

Ai fini di questo commento, ci si concentrerà in particolare sulla Sezione VIII del DDL (artt. 28-31), la quale reca il titolo "Rafforzamento dei poteri di antitrust enforcement"; essa consta di quattro articoli, dedicati rispettivamente alle (i) concentrazioni, (ii) all’abuso di dipendenza economica, alla (iii) procedura di transazione e ai (iv) poteri istruttori. In generale, si tratta di modifiche volte al rafforzamento del potere di accertamento degli illeciti per violazione della disciplina sulla concorrenza da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).

Per quanto riguarda la disciplina sul cd. merger control, il DDL propone diverse, significative modifiche alla legge n. 287/1990 (la legge italiana antitrust), tra cui: la previsione del potere dell’AGCM di richiedere la notifica di un'operazione anche ai casi in cui essa superi una sola delle soglie di fatturato previste all'art. 16, comma 1, di detta legge; per il computo del fatturato degli enti creditizi, la sostituzione dell’attuale riferimento al decimo dell’attivo patrimoniale con il criterio del fatturato, determinato dalla somma di voci di provento quali interessi, proventi su titoli, proventi per commissioni, profitti da operazioni finanziarie e proventi di gestione; l’allineamento del test di valutazione delle concentrazioni al regime comunitario, passando quindi dal (solo) criterio della costituzione o rafforzamento di una posizione dominante, a quello più ampio del c.d. significant impediment to effective competition (peraltro integrato da vari criteri applicativi, tra cui spicca quello relativo agli effetti anticompetitivi di acquisizioni su piccole imprese caratterizzate da strategie innovative, anche nel campo delle nuove tecnologie). Inoltre, viene allineato al regime comunitario anche il trattamento delle joint-venture, che vanno sempre considerate come concentrazioni qualora siano full-function (i.e. la sussistenza di un oggetto o effetto di coordinamento del comportamento di imprese indipendenti va valutata ai sensi delle norme sulle intese, ma non esclude più la natura concentrativa della JV).

L’art. 29 del DDL, denominato "Rafforzamento del contrasto all'abuso di dipendenza economica", prevede delle modificazioni all'articolo 9 della legge n. 192/1998. In particolare, si inserisce una presunzione di dipendenza economica nei casi in cui un'impresa utilizzi i servizi di intermediazione forniti da una piattaforma digitale, sia che essa abbia un ruolo determinante per raggiungere utenti finali o fornitori, sia in termini di disponibilità dei dati o effetti di rete. Successivamente, attraverso la sostituzione del secondo comma, viene aggiornata ed integrata la definizione di "abuso di dipendenza": costituiscono abusi della propria posizione di potere il rifiuto di vendere o comprare, l'imposizione di condizioni ingiustificatamente gravose o discriminatorie, l'interruzione arbitraria delle condizioni contrattuali o la richiesta di indebite prestazioni unilaterali.

L’art. 30 del DDL torna a modificare la legge n. 287/1990 introducendo una procedura di transazione secondo la quale dalla data di avvio di una istruttoria, fino all'invio della comunicazione delle relative risultanze probatorie, l'Autorità può fissare un termine entro il quale le imprese possono presentare proposte di transazione: si tratta della disciplina del c.d. settlement, già prevista a livello eurounitario, che prevede che le imprese interessate presentino le proprie proposte transattive a seguito del riconoscimento della responsabilità per la partecipazione ad infrazioni degli articoli 2 e 3 della legge n. 287/90 o degli articolo 101 e 102 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (intese e abusi).

Infine, il DDL rafforza i poteri istruttori in capo all'Autorità la quale, ai fini dell'applicazione delle norme antitrust italiane ed europee, può in ogni momento chiedere di fornire informazioni ed esibire documenti utili (i.e. con poteri coercitivi anche in fase pre-istruttoria). I soggetti che dovessero rifiutare possono incorrere in sanzioni amministrative pecuniarie.

Molte di queste modifiche erano in discussione da anni e bene ha fatto il Governo a cercare di adottarle in questa fase di (auspicata e attesa) uscita dalla pandemia. L’unico rammarico sembra essere rappresentato dal non avere incluso tra le modifiche in questione l’allungamento dei termini per il completamento delle istruttorie in materia di concentrazioni (c.d. Phase II), riforma certamente necessaria stante il carattere eccessivamente ridotto dei termini attualmente in vigore che fanno dell’Italia una anomalia in questa area, a danno della qualità delle decisioni dell’AGCM in materia di concentrazioni.

Resta ora da vedere il percorso parlamentare di questo DDL, a partire dalla sua tempistica, anche considerato che quella che, alla sua introduzione, era stata prevista come una legge annuale si è trasformata in un intervento normativo raro (appena una approvata sino ad oggi dal 2009).

Alessia Delucchi

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Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e viaggi di studio – L’AGCM sanziona alcune società per informazioni ingannevoli sulle coperture assicurative offerte

Con la decisione del 12 ottobre scorso (la Decisione), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha sanzionato in solido per un totale di 50 mila euro STS Education S.r.l. (STS) e STS Education Group AB (STS Group) per aver posto in essere una pratica commerciale scorretta, in violazione degli artt. 20 e 21 del Codice del consumo, consistente nell’aver indicato nei propri contratti una copertura assicurativa in realtà non sussistente, col rischio di causare un concreto danno economico ai consumatori. L’AGCM ha invece accettato gli impegni di Astoi Confindustria Viaggi (Astoi) e Associazione Fondo Astoi (Fondo Astoi), anch’essi parte del procedimento.

STS è una società che organizza vacanze studio all’estero, corsi di lingua, nonché programmi che permettono a studenti del quarto anno della scuola secondaria superiore di trascorrere un anno scolastico o un semestre all’estero (c.d. programma ‘High School’). Quest’ultimo programma veniva qualificato nei contratti di STS come un “pacchetto turistico ai sensi della Direttiva UE 2015/2302”. Nello specifico, i contratti stipulati dai consumatori con STS per la fruizione del programma High School precisavano che “… il presente contratto di soggiorno studio organizzato è assistito da idonee garanzie prestate dall’organizzatore che […] garantiscono nei casi di insolvenza o fallimento dell’organizzatore, il rimborso del prezzo versato per l’acquisto del pacchetto turistico e il rientro immediato del partecipante”. Ai sensi del contratto, tale garanzia sarebbe stata prestata da Astoi, associazione di categoria dei tour operator di cui STS era membro, tramite il Fondo Astoi, il cui scopo è quello di raccogliere e gestire le risorse economiche necessarie affinché - in conformità al disposto dell’art. 47 del Codice del Turismo - in caso di insolvenza o fallimento di tour operator, siano assicurati al turista il rimborso del prezzo versato e il rientro immediato dal paese di destinazione.

A partire dal marzo 2020, STS è entrata in una fase di difficoltà economica e di incertezza operativa, a causa della pandemia da Covid-19. Il successivo 16 ottobre 2020, STS ha informato le famiglie dei partecipanti al proprio programma High School che era stata presentata istanza di fallimento. Centinaia di loro hanno dunque richiesto le prestazioni - previste contrattualmente - del Fondo Astoi, il quale a ha tuttavia rifiutato l’adempimento, adducendo che i pacchetti High School non rientravano in realtà nella categoria dei “pacchetti turistici”, come definiti dalla direttiva UE 2015/2302, dal momento che lo scopo del contratto non era la finalità turistica, bensì quella didattico-culturale.

Sulla base delle segnalazioni pervenute dai consumatori, lo scorso 23 marzo 2021 l’AGCM ha deliberato l’avvio dell’istruttoria, ipotizzando che la condotta di STS, STS Group, Astoi, e Fondo Astoi potesse integrare una violazione degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, in quanto idonea ad indurre in errore i consumatori in merito alle garanzie effettive di cui potevano godere in caso di insolvenza o fallimento di STS. Le evidenze istruttorie acquisite nel corso del procedimento hanno confermato l’ipotesi iniziale dell’AGCM, la quale ha ritenuto che la condotta in oggetto avrebbe creato nei consumatori la ragionevole aspettativa che in caso di fallimento essi avrebbero potuto godere della protezione assicurativa prevista dalla normativa euro-unitaria in materia di pacchetti turistici. Ciò avrebbe determinato un danno rilevante per i consumatori coinvolti che, a seguito del fallimento di STS e contrariamente a quanto loro prospettato, non hanno potuto beneficiare di alcuna forma di ristoro per le somme versate.

Astoi e Fondo Astoi, dal canto loro, hanno proposto una serie di impegni che l’Autorità ha ritenuto idonei a risolvere le criticità riscontrate, incidendo in modo radicale e permanente sui meccanismi che governano l’agire del Fondo Astoi, rendendone più chiaro ed efficace il funzionamento per gli aderenti, con ricadute positive sui consumatori. Tali impegni prevedono, inter alia: (i) la sottoscrizione, da parte di tutti i soci, di una dichiarazione con la quale si impegnano a non richiamare nei propri contratti o sul loro sito internet le garanzie del fondo nei casi in cui le stesse non operino; (ii) l’introduzione di linee guida sulla disciplina del Fondo Astoi e di controlli a campione sui contenuti pubblicati dai soci; (iii) l’offerta a tutti i soggetti che ne faranno richiesta di una somma pari al 15% di quanto versato per l’acquisto dei programmi High School, a complessiva definizione di ogni pretesa nei confronti del Fondo Astoi.

L’AGCM ha invece inflitto una sanzione in solido a STS e STS Group, per un totale di 50 mila euro, tenendo conto dello stato di fallimento di STS e del risultato di esercizio in perdita realizzato da STS Group nel 2020.

Sul punto, è interessante notare come l’AGCM abbia valutato la posizione di STS Group, società di diritto svedese costituita nell’aprile 2020 (pochi mesi prima del fallimento di STS) che, nel settembre 2020, ha acquisito alcuni asset di STS, fra cui, inter alia, il marchio e la denominazione sociale, continuando a svolgere la medesima attività economica di STS in Italia. L’AGCM ha ritenuto che sia intervenuta una “successione economica” di fatto tra le due entità, tale da rendere applicabile al caso concreto il principio sostanzialistico di derivazione comunitaria della c.d. “continuità economica e funzionale”. Da queste premesse, l’AGCM ha sanzionato STS e STS Group in solido per la pratica commerciale scorretta accertata.

Luca Casiraghi

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Regolazione / Telecomunicazioni e responsabilità dell’hosting provider - Il Tar Lazio boccia la sanzione dell’AGCOM nei confronti di Google per violazione del Decreto Dignità

In data 28 ottobre 2021, con la sentenza n. 11036, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR Lazio o TAR) ha accolto il ricorso proposto dalla società Google Ireland Limited (Google) avverso la sanzione comminatale dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) per asserita violazione dell’art. 9 del Decreto-Legge, 12 luglio 2018, n. 87 (Decreto Dignità), che ha vietato ogni forma di pubblicità di giochi o scommesse con vincite di denaro.

In particolare, l’AGCOM aveva accertato che una società di scommesse aveva, dietro pagamento, ottenuto la diffusione, via Google, di link pubblicitari che indirizzavano verso il proprio sito. L’AGCOM aveva pertanto concluso per la violazione del Decreto Dignità da parte di Google sul presupposto che, nel caso di specie, l’attività di quest’ultima non fosse qualificabile come mero hosting, ma avesse attivamente contribuito a dar luogo alla diffusione di un messaggio illecito. Dai fatti emergeva, tuttavia, che la società di scommesse avesse forzato il software apprestato da Google per fare da filtro rispetto ai contenuti leciti o illeciti e che Google stessa, dopo che si era accorta del fatto, avesse ripristinato lo status quo ante.

Google ha formulato una pluralità di motivi di ricorso:

(i) con la prima censura, ha dedotto la carenza assoluta del potere sanzionatorio dell’AGCOM invocando il principio – di cui alla Direttiva e-commerce - del “Paese d’Origine”, in virtù del quale un prestatore di servizi della società di informazione sarebbe soggetto esclusivamente alla legislazione dello Stato membro dove è stabilito (nel caso di specie, quindi, l’Irlanda) ; (ii) con la seconda censura, ha invocato la disapplicazione della disposizione sanzionatoria del Decreto Dignità deducendone la natura di “specifica tecnica” e, come tale, soggetta a previa notifica alla Commissione europea, pena la sua non applicabilità; (iii) con i restanti motivi, trattati congiuntamente dal TAR, ha contestato all’Autorità di averle attribuito illegittimamente una responsabilità oggettiva in violazione dei principi relativi alle attività e agli obblighi in capo agli hosting provider.

Il TAR ha, in primo luogo, rigettato le prime due censure:

  • la prima, per la non rilevanza della Direttiva e-commerce rispetto ai giochi d’azzardo, che sono testualmente esclusi dal suo ambito di applicazione;
  • la seconda, per la non riconducibilità della disposizione di interesse del Decreto Dignità alla categoria delle specifiche tecniche, che riguardano nello specifico i servizi della società di informazione. La norma sanzionatoria in questione, infatti, ha portata generale, ossia non limitata ad attività che avvengono attraverso servizi della società dell’informazione.

Il TAR ha, invece, accolto le restanti censure ritenendo che, diversamente da quanto affermato dall’AGCOM, l’attività di Google nel caso di specie si fosse limitata ad un mero hosting e non ad una rielaborazione (e diffusione) autonoma dei contenuti illeciti. Fatta questa premessa, il TAR ha ricostruito il regime di responsabilità degli hosting provider, che non avrebbe natura oggettiva ma richiederebbe un ruolo attivo da parte del provider medesimo o, quantomeno, una piena cognizione del comportamento illecito del terzo a cui viene offerta ‘ospitalità’ in rete. Nei fatti, il servizio offerto da Google ai propri utenti (e alla società della fattispecie qui esaminata) prevede una piena autonomia dell’inserzionista nella creazione dei propri contenuti tramite un processo automatizzato che prevede l’individuazione delle parole chiave da associare ai link e, infine, il caricamento delle inserzioni (previo esame di un software che, in via sempre automatica, verifica l’osservanza delle norme e policy interne). Nel caso al vaglio del TAR, era, peraltro, in atti che l’inserzionista avesse forzato il sistema di controllo automatico apprestato da Google. In tale contesto, quindi, il giudice amministrativo ha ravvisato l’insussistenza di un ruolo attivo (i.e. di una intenzionalità o piena cognizione) da parte di Google nella diffusione del contenuto illecito e ha, dunque, annullato la sanzione comminata dall’Autorità.

In attesa di un eventuale appello dinanzi al Consiglio di Stato, la sentenza in commento è rilevante nella misura in cui chiarisce un punto essenziale: la non ammissibilità di una responsabilità da posizione (o oggettiva) in capo agli hosting provider in relazione ai contenuti illeciti che trovano diffusione attraverso i loro canali. In altre parole, ai fini della legittimità di una sanzione nei loro confronti, non è sufficiente prendere atto dell’esistenza di un contratto, anche a titolo oneroso, stipulato con il creatore del messaggio, ma è necessario un supplemento istruttorio che faccia emergere una consapevolezza e/o intenzionalità da parte dell’hosting provider medesimo in relazione alla divulgazione del contenuto contra legem.

Alessandro Paccione

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