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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE/Intese e farmaci generici – Le conclusioni dell’Avvocato Generale sui quesiti del Competition Appeals Tribunal relativamente alla configurabilità di violazioni degli artt. 101 e 102 in un caso di c.d. pay for delay.

Lo scorso 22 gennaio sono state pubblicate le conclusioni  dell’Avvocato Generale (AG) Kokott relative alla domanda pregiudiziale posta dal Competition Appeals Tribunal del Regno Unito (CAT) alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) nell’ambito del giudizio sorto dall’impugnazione del provvedimento nel caso “Paroxetine” della Competition and Markets Authority (CMA) (il Provvedimento contestato).

Con il Provvedimento contestato, la CMA ha inter alia sanzionato GlaxoSmithKline plc (GSK), Generics (UK) Ltd e Merck KGaA (congiuntamente, GUK), e diverse società del gruppo Alpharma (Actavis UK Ltd., Xellia Pharmaceuticals ApS, e Alpharma LLC) (congiuntamente, Alpharma) per avere messo in atto una violazione dell’articolo 101 TFUE consistito nella conclusione di accordi che prevedevano i) l’abbandono delle pretese avanzate in giudizio da GUK riguardanti l’invalidità del brevetto detenuto da GSK per il processo di produzione di quattro forme di idrocloruro di paroxetina; e ii) che tutte le società collegate a GUK e ad Alpharma avrebbero desistito dalla produzione, dall’importazione, e dalla fornitura di idrocloruro di paroxetina nel Regno Unito, ad eccezione di ciò che avrebbero potuto acquistare da GSK. In aggiunta, la CMA ha qualificato la conclusione di tale accordo come un abuso di posizione dominante perpetrato da GSK, e irrogato sanzioni per un totale di 44.99 milioni di Sterline.

Il CAT ha sollevato in via pregiudiziale alla CGUE diverse domande relative alla possibilità di qualificare il caso concreto come una violazione degli articoli 101, per oggetto e per effetto, e 102; e alla questione circa il rilievo di concorrenti solo potenziali all’interno del mercato rilevante. Nel descrivere la propria posizione, l’AG si è soffermato in particolare sulla rilevanza che potrebbe avere, sulla dichiarazione della sussistenza di una violazione dell’articolo 101, la pendenza di un procedimento con il quale uno dei due concorrenti abbia richiesto che il brevetto detenuto dall’altro sia dichiarato invalido. L’AG non solo ha sostenuto, in contrasto con quanto proposto dalle parti, che l’esistenza di un brevetto la cui validità è contestata non possa presupporre (anche solo per il momento) la validità del brevetto contestato, con ciò escludendo la possibilità per altri potenziali concorrenti di accedere al mercato. Al contrario, ha dato conto del fatto che simili controversie sono abitualmente avviate in preparazione all’ingresso sul mercato, e risultano, di conseguenza, un indizio del fatto che i suoi proponenti si stiano appunto preparando ad entrare sul mercato, essendo pertanto qualificabili come dei concorrenti (potenziali).

Allo stesso tempo, ferma la generale liceità di un accordo di settlement tra il detentore di un brevetto e una società che ne contesti la validità, per l’AG risulta decisivo individuare le caratteristiche che tale accordo deve rivestire per costituire una violazione dell’articolo 101. L’AG risponde a tale quesito suggerendo che un accordo di settlement relativo a una disputa riguardante la validità di un brevetto in forza del quale il detentore del brevetto si impegni a trasferire al produttore di farmaci generici utilità tali da indurre quest’ultimo ad abbandonare i propri sforzi per accedere al mercato indipendentemente costituisce una restrizione della concorrenza per oggetto se il solo corrispettivo ricevuto per tale accordo dal detentore del brevetto è che il produttore di farmaci generici si astenga dall’accedere al mercato.

L’accesso al mercato da parte dei produttori di farmaci generici, così come gli accordi tra questi ultimi e i detentori del brevetto originale per ritardare tale fenomeno (c.d. pay for delay), si sono oramai affermati come un tema “classico” non solo del contenzioso brevettuale ma anche nel mondo antitrust. La decisione della CGUE sul tema in discorso risulterà quindi certamente interessante e potrebbe utilmente chiarire il contesto e soprattutto i parametri rilevanti, rispetto a cui tali accordi devono essere esaminati.

Riccardo Fadiga
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Diritto della concorrenza Italia/Abuso di dipendenza economica e distribuzione di quotidiani e periodici – L’AGCM sanziona una impresa per l’interruzione arbitraria delle forniture di quotidiani e periodici ad un distributore nell’area di Genova

Con il provvedimento  pubblicato lo scorso 20 gennaio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o Autorità) ha irrogato una sanzione pari a € 321.597 alla società M-Dis Distribuzione Media S.p.A. (M-Dis) e la sua controllata TO-Dis S.r.l. (To-Dis), distributori nazionali di quotidiani e periodici, per aver messo in atto un abuso di dipendenza economica, consistente nell’interruzione arbitraria delle forniture di quotidiani e periodici destinati all’impresa individuale RN, distributore locale nell’area di Genova e aree limitrofe.

Come premessa, è utile osservare che la filiera di distribuzione editoriale dei quotidiani e periodici è divisa in due livelli: i) distribuzione nazionale e ii) distribuzione locale nei vari ambiti territoriali. Gli editori affidano in esclusiva ai distributori nazionali i propri prodotti editoriali per permetterne la distribuzione; i distributori nazionali quindi riforniscono i distributori locali che, a loro volta, forniscono le edicole in ciascun ambito locale. Dal provvedimento emerge che M-Dis e To-Dis, le quali distribuiscono quotidiani quali il Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport, Il Sole 24 e Il Secolo XIX, hanno una quota del mercato della distribuzione nazionale pari al 35-40%. M-Dis detiene, inoltre, il controllo congiunto su Liguria Press S.r.l. (Liguria Press), attiva nel mercato della distribuzione locale nell’area di Genova in concorrenza con RN. Liguria Press e RN detengono quote del mercato locale pari – rispettivamente – al 20-25% e al 75-80%.

La controversia trae origine dalla volontà di RN di cedere la propria attività a Martini Dumas S.p.A. (Martini Dumas), distributore locale che opera in Toscana. Il giorno successivo alla stipula del preliminare di vendita tra le due società, M-Dis ha chiesto la disdetta del contratto di distribuzione con RN, in essere dal 2000, facendo nella sostanza saltare l’accordo con Martini Dumas. Qualche mese dopo, Liguria Press ha formulato una proposta di acquisto del complesso aziendale di RN, offrendo un prezzo inferiore a quello proposto da Martini Dumas. Parallelamente all’instaurazione del contenzioso civile dinanzi il Tribunale di Genova, sia M-Dis che To-Dis hanno disdetto i propri contratti con RN, la quale, di conseguenza, è stata in parte sostituita da Liguria Press nella distribuzione dei quotidiani e periodici di M-Dis e To-Dis destinata alle edicole dell’area di Genova. Inoltre, anche a fronte dei medesimi punti vendita da servire, il fatto di non poter più consegnare i prodotti editoriali di distribuiti da M-Dis e To-Dis, i quali avevano un’incidenza sulle vendite dell’impresa superiore al 50%, significava che RN non poteva più distribuire localmente una parte rilevante del panorama editoriale.

Secondo l’AGCM, le condotte poste in essere da parte di M-Dis e To-Dis nei confronti di RN hanno costituito un abuso di dipendenza economica ai sensi dell’art. 9 della legge n. 192/1998. Tale norma vieta l’abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica, definita come la situazione in cui un’impresa sia in grado di determinare un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi con un’altra impresa, tenuto conto anche della reale possibilità della parte che ha subito l’abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti (c.d. posizione dominante relativa). Ai fini dell’accertamento di tale violazione, l’AGCM ha analizzato: i) la posizione di dipendenza economica di RN nei confronti di M-Dis e To-Dis; ii) il carattere arbitrario e illogico delle condotte di M-Dis e To-Dis; e iii) la rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato delle condotte.

In merito alla posizione di dipendenza economica di RN e, quindi, alla dominanza relativa di M-Dis e To-Dis, l’AGCM ha evidenziato che a) le edicole devono essere fornite di un’ampia varietà di quotidiani e periodici, per cui l’intero panorama editoriale – o almeno quello principale – deve essere presente in edicola; b) gli editori utilizzano in esclusiva un solo distributore nazionale e, pertanto, il rifiuto di fornire un determinato distributore nazionale impedisce ai distributori locali di reperire il prodotto da fonti alternative; c) la presenza in capo a M-Dis e To-Dis di un numero rilevante di pubblicazioni (circa il 55%) è quindi idonea generare una situazione di dipendenza economica da assortimento.

Per quello che riguarda il carattere arbitrario dell’interruzione delle relazioni commerciali, l’AGCM ne ha sottolineato l’assenza di motivazioni e la tempistica anomala. L’AGCM ha rigettato le giustificazioni addotte da M-Dis e To-Dis, relative a un incremento dei costi connessi alla cessione di RN a Martini Dumas e all’inadeguatezza di Martini Dumas ad operare nel mercato locale di Genova. Secondo la ricostruzione dell’AGCM, la logica della condotta era essenzialmente quella di evitare l’acquisizione di RN da parte di Martini Dumas, distributore locale operante in Toscana, nonché di avvantaggiare la propria controllata Liguria Press S.r.l., concorrente diretto di RN nella distribuzione locale nell’area di Genova.

Infine, l’AGCM ha esaminato la rilevanza per la concorrenza delle condotte in esame, la quale costituisce un elemento imprescindibile per giustificare l’intervento dell’AGCM nelle fattispecie di abuso di posizione dipendente (altrimenti di sola competenza dei giudici civili). L’AGCM ha ritenuto che l’abuso di M-Dis e di To-Dis avesse rilevanza pubblicistica dal momento che esso ha inciso sulla concorrenza del mercato della distribuzione locale di quotidiani e periodici nell’area di Genova e provincia. In particolare, essa ha prodotto l’effetto di escludere un operatore (RN) di ragguardevoli dimensioni, attivo da oltre 30 anni nella distribuzione locale nell’are di Genova e provincia, evitando l’ingresso di un concorrente (Martini Dumas), così da favorire la società controllata (Liguria Press). Come conseguenza, il mercato è stato sostanzialmente monopolizzato da Liguria Press, le cui quote di mercato sono cresciute fino al 85-90%.

Alla luce di tali evidenze, l’AGCM ha sanzionato le società M-Dis e la sua controllata To-Dis per un ammontare pari a € 321.597.

Il caso in esame riveste particolare interesse dal momento che si tratta soltanto della seconda volta che l’AGCM sanziona un abuso di dipendenza economica (la prima contro la società Hera S.p.A. nel 2015). Il provvedimento testimonia, pertanto, una possibile inversione di tendenza nella prassi dell’Autorità – tradizionalmente riluttante ad applicare l’art. 9 della l. 192/1998. In particolare, stante la menzionata necessità che un abuso di dipendenza economica abbia un impatto sulla concorrenza, si coglie in questa decisione il chiaro superamento dell’argomento che voleva che, in caso di condotte unilaterali, un siffatto impatto si potesse solo generare se, e solamente se, l’agente detenga una posizione dominante.

Luigi Eduardo Bisogno
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Intese e trasporto marittimo – L’AGCM ha avviato una indagine nei confronti di diverse società di trasporto marittimo per una possibile intesa anticoncorrenziale relativa al trasporto marittimo di merci pericolose

Nella sua adunanza del 14 gennaio 2020, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deliberato l’avvio di un’istruttoria nei confronti delle società Mediterranea Marittima S.p.a. (Mediterranea Marittima), Medmar Navi S.p.a. (Medmar), Servizi Marittimi Liberi Giuffré & Lauro S.r.l. (Servizi Marittimi), Tra.Spe.Mar. S.r.l (Traspemar), GML Trasporti Marittimi S.r.l (GML) e del Consorzio COTRASIR (Cotrasir) per accertare una presunta intesa restrittiva della concorrenza, in violazione dell’articolo 2 della L. n. 287/90 e/o dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), posta in essere nell’offerta dei servizi di trasporto di merci pericolose da e per le isole del Golfo di Napoli (Ischia, Procida e Capri).

Più nello specifico, i servizi interessati dal procedimento in oggetto sono i trasporti marittimi di infiammabili (in particolare, carburanti) e rifiuti solidi urbani (RSU) nelle seguenti tratte: i) Napoli – Capri; ii) Ischia – Procida – Pozzuoli; e iii) Napoli – Procida – Casamicciola. Il mercato di tali servizi risulta essere costituito, dal lato dell’offerta, da armatori aventi disponibilità di appositi mezzi navali, dotati delle necessarie certificazioni. Dal lato della domanda, invece, figurano le società di raccolta dei rifiuti prodotti nelle isole e soggetti attivi nel settore della distribuzione carburanti in possesso degli automezzi che, posti sui mezzi navali, sono adibiti al contenimento delle sostanze suddette.

Secondo la ricostruzione dell’AGCM, per le tratte considerate, nel 2017 le società Medmar Navi e Servizi Marittimi risultavano essere gli unici concorrenti operativi nel trasporto carburanti; nel trasporto rifiuti, i principali operatori erano Servizi Marittimi e la Traspemar. Nel maggio del 2018 Medmar Navi e Servizi Marittimi hanno costituito la società comune GML e immediatamente dopo, nel luglio del 2018, la stessa società GML ha poi costituito il Cotrasir con la società concorrente Traspemar. Quest’ultimo, che direttamente e indirettamente include tutti e tre i concorrenti precedenti attivi nelle due attività, risulta attualmente l’unico soggetto che esercisce i servizi di cui trattasi per conto delle società consorziate (e, in ultima analisi, unico soggetto che li esercisce tout court sulle tratte di interesse) e appare definire direttamente tutte le condizioni di esercizio dei medesimi.

Per quanto concerne i prezzi, secondo quanto segnalato all’AGCM risulta che, dopo una fase in cui per entrambe le tipologie di trasporti in analisi (carburanti e rifiuti) vigevano condizioni maggiormente concorrenziali, le quali si riflettevano in prezzi differenziati praticati dalle diverse compagnie di navigazione attive, successivamente alla costituzione del Cotrasir i servizi offerti sono stati caratterizzati dall’uniformità nei prezzi praticati, i quali hanno peraltro subito incrementi esponenziali per entrambe le tipologie di trasporti.

Secondo l’AGCM, quindi, le condotte sopra descritte potrebbero integrare un’intesa hardcore per la fissazione orizzontale dei prezzi. Il procedimento dovrà terminare entro il 31 maggio 2021.

Mila Filomena Crispino
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Bid rigging e trasporto e smaltimento dei rifiuti – L’AGCM chiude senza sanzioni il procedimento avviato nei confronti di cinque società attive nel territorio di Roma

Con la decisione dello scorso 20 dicembre (il Provvedimento), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o l’Autorità) ha chiuso senza comminare alcuna sanzione il procedimento istruttorio avviato in data 12 dicembre 2018 (il Procedimento) nei confronti delle società attive nel trasporto e smaltimento di rifiuti Herambiente S.p.A. (Herambiente) e la sua controllante Hera S.p.A. (Hera); Linea Ambiente S.r.l. (Linea Ambiente) e la sua controllante Linea Group Holding S.p.A. (LGH); A2A S.p.A. (A2A), in quanto detenente il 51% del capitale sociale di LGH; Real Dalmine S.p.A. (Real Dalmine); Sogliano Ambiente S.p.A. (Sogliano Ambiente); e infine la società Consorzio Recuperi Energetici S.p.A. (CORE) (congiuntamente, le Parti), in quanto non ha ravvisato gli estremi di una pratica concertativa in violazione dell’articolo 101 TFUE, asseritamente posta in essere dalle Parti ai danni di AMA S.p.A. (AMA o la Segnalante) – come da questa lamentato – in occasione di due distinte procedure di gara indette dalla Segnalante nel 2018.

L’Autorità aveva deciso di avviare il Procedimento successivamente alla ricezione di alcune segnalazioni effettuate da AMA stessa a partire dall’aprile 2018, le quali interessavano l’esito di due specifiche gare pubbliche da quest’ultima indette in tale anno:

i) la prima – ossia la gara n. 17 chiusa in data 26 marzo 2018 (Gara 17/2018) – concerneva i servizi di trasporto e di smaltimento (o recupero) di materiali di scarto (la c.d. Frazione Organica Stabilizzata (FOS)) dell’attività effettuata nei propri impianti di Trattamento Meccanico-Biologico (TMB) siti in località Rocca Cencia e via Salaria. In particolare, l’AMA mirava – tramite tale procedura – a concludere un accordo quadro con una pluralità di operatori economici al fine di affidare i suddetti servizi per un periodo di 3 anni (estendibile fino ad un massimo di 6/7 anni);

ii) tramite la seconda, invece – ossia la gara n. 40 chiusa il 21 settembre 2018 (Gara 40/2018) – la Segnalante intendeva concludere un accordo quadro con più operatori al fine di affidare congiuntamente, per un periodo di 2 anni, non solo i servizi di cui alla Gara 17/2018 ma anche quelli di trasporto e recupero del c.d. Combustibile da Rifiuti (CDR) prodotto dai medesimi impianti di TMB, nonché del Rifiuto Urbano Residuo (RUR) prodotto da AMA in qualità di gestore unico della raccolta dei rifiuti urbani nella città di Roma.

In particolare, la Segnalante ha lamentato all’AGCM il fatto che le Parti avrebbero concordato la mancata partecipazione alle gare in questione, le quali erano andate così deserte. Ciò benché il prezzo posto a base d’asta risultasse – secondo quanto sostenuto dalla Segnalante – in linea con gli importi già stabiliti per gare aventi ad oggetto i medesimi servizi e bandite nello stesso periodo di tempo. L’assenza di partecipazione avrebbe comportato non solo maggiori difficoltà operative ma anche costi maggiori ai danni di AMA per l’acquisizione dei servizi de quibus, i quali hanno trovato quindi aggiudicazione tramite trattativa privata. Sulla base di ciò, la Segnalante ha ipotizzato che la decisione delle Parti di non presentare alcuna offerta fosse stata assunta come risultato di una concertazione tra quest’ultime.

Nella propria attività investigativa l’Autorità ha notato – successivamente al compimento di ispezioni presso le sedi delle Parti coinvolte nonché alla ricezione delle necessarie spiegazioni alternative fornite da quest’ultime – come le procedure d’appalto indette da AMA siano sempre state caratterizzate nel tempo da costanti e persistenti problematiche di natura operativa e relative al rispetto dei termini di pagamento. Infatti, l’AGCM ha appreso come AMA, dimostrando una scarsa capacità nel rispettare la programmazione di quantitativi inizialmente concordata, sia solita variare in maniera sensibile – da una settimana all’altra – i quantitativi di rifiuti effettivamente inviati alle società interessate per assicurarne il relativo smaltimento e trattamento, con ciò provocando notevoli difficoltà operative nella gestione degli impianti di destinazione. In aggiunta, l’Autorità ha constatato l’esistenza di ulteriori evidenze documentali che hanno permesso a quest’ultima di individuare specifiche motivazioni di natura tecnico-economica alla base del rifiuto di presentare offerta sia per la Gara 17/2018 che per la Gara 40/2018. In particolare, queste consisterebbero: a) nelle difficoltà riscontrate nella gestione dell’appalto negli anni precedenti (come riportato sopra); nonché b) nel mancato apprezzamento per la struttura d’appalto su cui sono state costruite le gare del 2018. Infatti, l’impegno pluriennale da queste richiesto veniva considerato dalle Parti come “troppo vincolante” (soprattutto in ragione dell’importo unitario e non soggetto a modifiche in corso d’opera posto a base d’asta, inteso come non sufficientemente elevato a fronte di un costo-opportunità potenzialmente significativo nel medio-lungo periodo per gli aggiudicatari dato il trend crescente dei prezzi per i servizi in questione). In aggiunta, la disponibilità al ritiro delle summenzionate quattro categorie di rifiuti richiesta con la Gara 40/2018 per elevati quantitativi richiedeva sia impianti di trattamento tra loro molto diversi, nonché una notevole capacità disponibile in capo alle Parti. Con particolare riguardo a tale ultimo aspetto, le evidenze hanno mostrato come – per alcune delle società coinvolte (in particolare, CORE e Sogliano Ambiente) – la mancata partecipazione di quest’ultime alle suddette gare abbia trovato fondata giustificazione nell’insufficiente capacità disponibile degli impianti da queste gestiti.

Sulla base dell’analisi delle evidenze, nonché delle spiegazioni fornite dalle Parti di cui sopra, l’Autorità – nonostante abbia confermato l’effettiva presenza di scambi d’informazioni tra le Parti (in particolare, Herambiente, Sogliano Ambiente, Linea Ambiente e Rea Dalmine, le quali avevano previamente formato un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) per partecipare alle precedenti gare indette da AMA), nonché di un parallelismo di condotte riguardanti le gare indette da AMA nel 2018 – ha ritenuto pertanto che queste interazioni non presentassero un contenuto anticoncorrenziale, in quanto gli elementi probatori nella loro interezza non permettono di ritenere comprovata un’infrazione del diritto della concorrenza.

Il caso in esame risulta, pertanto, rilevante poiché mostra chiaramente come la presenza di adeguate e motivate giustificazioni possa spiegare (al ricorrere di alcune precise e necessarie circostanze) la presenza di un parallelismo di condotte tra società che sono tra loro concorrenti ed evitare, quindi, la comminazione di sanzioni per violazione del diritto antitrust.

Luca Feltrin
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Intese e settore del tondo per cemento armato – Il Consiglio di Stato conferma le sentenze del TAR con cui veniva disposto l’annullamento del provvedimento dell’AGCM che accertava un’intesa anticoncorrenziale nel settore del tondo per cemento armato

Con la sentenza  dello scorso 21 gennaio, il Consiglio di Stato (CdS) ha rigettato l’appello proposto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o l’Autorità) avverso le sentenze con cui il TAR Lazio (TAR) aveva accolto i ricorsi presentati dalle imprese avverso il provvedimento dell’AGCM che a sua volta aveva accertato, a carico delle società Alfa Acciai, Ferriera Valsabbia, Feralpi Siderurgica, Ferriere Nord, Fin.Fer., Riva Acciaio, Stefana, Industrie Riunite Odolesi e ORI (le Parti), un’intesa anticoncorrenziale nel settore del tondo per cemento armato (il Provvedimento).

In particolare, secondo il Provvedimento le Parti avevano posto in essere un’intesa unica, continuata e complessa tra il 2010 e il 2016, espressione di un piano di insieme con cui esse intendevano coordinare le rispettive politiche commerciali riguardanti il tondo per cemento armato (TCA) e la rete elettrosaldata (la Rete), così limitando il confronto concorrenziale. L’intesa sarebbe stata attuata attraverso i) scambi di informazioni riguardanti il prezzo d’acquisto del rottame ferroso (quale input per la produzione di TCA e Rete) avvenuti durante le riunioni dell’associazione di categoria Nuovo Campsider (NC); e ii) l’attività di rilevazione dei prezzi svolta dalla Camera di Commercio di Brescia.

Il Provvedimento era stato impugnato dalle Parti davanti al TAR, che aveva accolto gli appelli annullando la relativa decisione per due ordini di motivi: il primo riguardante l’ingiustificato ritardo con cui l’AGCM aveva dato avvio all’istruttoria formale, consentendo che la fase di pre-istruttoria si prolungasse per quasi quattro anni; il secondo attinente a profili di difetto d’istruttoria e carenza di motivazione. Questi ultimi vizi, in particolare, riguardavano la mancata prova della correlazione tra le attività svolte in NC e quelle camerali successive nonché la conseguente idoneità delle condotte esaminate a generare un apprezzabile effetto anticompetitivo.

Il CdS ha interamente condiviso le valutazioni del TAR, rigettando l’appello dell’AGCM.

Con riguardo al primo profilo riguardante l’ingiustificato protrarsi della fase pre-istruttoria e il conseguente ritardo nell’avvio del procedimento, il CdS ricorda anzitutto come quest’ultimo abbia preso le mosse dalla segnalazione avvenuta da parte di un’impresa cliente delle Parti in data 13 maggio 2011. A tale segnalazione hanno fatto seguito richieste di informazioni ad alcuni soggetti, tra cui la Camera di Commercio di Brescia, nel gennaio 2014. Nel settembre 2015 l’AGCM ha ricevuto dalla stessa informazioni aggiuntive e, dopo averle acquisite al fascicolo, ha provveduto all’avvio del procedimento il 21 ottobre 2015. Il CdS ha quindi preso in esame l’art. 14 della l. 689/81 che, con riferimento ai procedimenti che possono condurre all’applicazione di una sanzione amministrativa, prevede che gli estremi della violazione siano da notificarsi agli interessati entro 90 giorni qualora questi siano residenti sul territorio italiano. Tale norma, nota il CdS, pone un termine perentorio volto a garantire il bilanciamento tra gli interessi in gioco e ha natura generale. In assenza di una norma di deroga a carattere speciale, pertanto, trova applicazione anche alle istruttorie antitrust, in relazione alle quali è necessario che l’AGCM provveda alla notifica della violazione alle parti interessate non appena questa acquisisca “…piena conoscenza della condotta illecita implicante il riscontro (allo scopo di una corretta formulazione della contestazione) della consistenza dell’infrazione e dei suoi effetti….”, che pertanto non può ritenersi coincidente con la “…mera notizia del fatto ipoteticamente sanzionabile nella sua materialità…”. Nel caso di specie, il CdS ha ritenuto che l’Autorità fosse già in condizione di contestare la violazione alle Parti nel febbraio 2014, data alla quale disponeva già di tutti gli elementi posti alla base dell’accertamento della presunta infrazione (per il quale le informazioni ottenute dalla Camera di commercio nel settembre 2015 non si sono dimostrate necessarie), e dunque ben oltre un anno prima di quando il procedimento era stato effettivamente avviato.

Con riguardo agli aspetti di merito, il CdS ha condiviso la posizione del TAR sul fatto che nel Provvedimento siano assenti elementi sufficienti a dimostrare la correlazione tra le informazioni sul rottame ferroso scambiate in NC e la fissazione congiunta dei prezzi in sede camerale. Tale correlazione, infatti, sarebbe provata solo dal legame esistente tra il rottame ferroso utilizzato (a volte, ma non sempre, potendosi, peraltro, utilizzare a tal fine anche billette e/o vergella) come materia prima e il TCA e la Rete. L’Autorità, inoltre, non ha spiegato come le informazioni scambiate in NC fossero utilizzate ai fini delle valutazioni camerali, né come le attività svolte in tali contesti fossero collegabili. Tale circostanza appare di primaria importanza alla luce del presunto carattere unitario dell’infrazione contro il quale, peraltro, depone anche il disallineamento, dal punto di vista soggettivo, relativo agli operatori partecipanti alle riunioni.

Inoltre, l’AGCM non avrebbe dimostrato l’idoneità dello scambio di informazioni, avvenuto in occasione delle riunioni quindicinali che si svolgevano in NC, ad incidere sulle condotte commerciali delle imprese coinvolte. In tal senso, viene in rilievo la circostanza che le informazioni raccolte in NC riguardavano un indice ponderato ricavato dai prezzi pagati nel mese precedente con riferimento a solo quattro categorie di rottame ferroso, corrispondenti ad una porzione minoritaria del fabbisogno delle Parti, mentre nessuna indicazione veniva fornita sui volumi che le stesse intendevano acquistare, né sui prezzi futuri d’acquisto. Ciò posto, le Parti non sarebbero state in grado di stimare in anticipo la quantità di materia prima che ciascuna avrebbe immesso sul mercato nazionale (stante anche l’assenza di informazioni a disposizione circa la destinazione, italiana o estera, della produzione). Inoltre, il CdS non smentisce la posizione del TAR per cui sarebbe ragionevole la giustificazione fornita dalle Parti secondo cui la “co-movimentazione” dei prezzi praticati a valle dalle Parti fosse da ricondursi alla “fisiologica tendenza dei prezzi praticati nel periodo successivo alla rilevazione [della Camera di Commercio] a seguire la dinamica di quelli oggetto di rilevazione”.

Sulla base degli elementi anzidetti, il CdS ha ritenuto che l’Autorità avesse fondato l’accertamento dell’intesa su indizi non sufficienti a dimostrarne l’esistenza, e senza tener conto delle spiegazioni alternative lecite fornite dalle Parti.

La sentenza in commento fornisce utili elementi per meglio comprendere, da un lato, i limiti a cui sono sottoposti, sotto il profilo procedurale, i poteri di indagine dell’AGCM e, dall’altro, il rigore con cui è necessario procedere nell’accertamento dell’idoneità di una condotta (e delle informazioni scambiate tra concorrenti) a incidere sulle dinamiche concorrenziali di un dato mercato. Resta ora da vedere se l’approccio adottato dal CdS nella sentenza in commento sarà confermato anche nelle successive pronunce del giudice amministrativo.

Roberta Laghi
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Tutela del consumatore/Pratiche commerciali scorrette e settore dei prodotti cosmetici – Il Consiglio di Stato si pronuncia sulla liceità della comparazione tra i risultati ottenibili mediante l’utilizzo di prodotti cosmetici e quelli derivanti dalla sottoposizione a terapie mediche

Con la sentenza n. 507, pubblicata lo scorso 21 gennaio, il Consiglio di Stato (CdS) ha respinto l’appello presentato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR) n. 4580/2015, che aveva annullato il provvedimento n. 24824 del 22 gennaio 2014 con il quale la stessa Autorità aveva irrogato una sanzione pari a € 400.000 nei confronti di Estèe Lauder S.r.l. (EL) per una pratica commerciale scorretta.

Più precisamente, la pratica (di tipo ingannevole) accertata dall’AGCM consisteva nel fatto che EL avesse veicolato diversi messaggi pubblicitari contenenti un raffronto tra un siero riparatore per il viso e una crema contorno occhi con un trattamento medico in termini di idoneità a rimuovere le rughe.

In primo grado, il TAR aveva ritenuto ammissibile la comparazione effettuata da EL in ragione dell’identità delle finalità perseguite dalle due differenti tipologie di trattamento e, al contempo, aveva qualificato come non ingannevoli le informazioni riportate nei messaggi pubblicitari oggetto del provvedimento dell’AGCM.

Su questo specifico aspetto si è concentrato il ricorso presentato dall’appellante, volto a sottolineare, da un lato, la necessità (prevista ex lege) di una succedaneità (o, al più, di intercambiabilità) dei prodotti oggetto di una comparazione e, dall’altro, l’intrinseca scorrettezza di una comparazione tra un trattamento cosmetico ed una terapia medica.

Al riguardo, il CdS ha ritenuto che tale intercambiabilità o succedaneità debba essere valutata in maniera “finalistica”, ossia alla luce dell’obiettivo perseguito da un determinato prodotto o trattamento, e che neppure l’intervento del personale medico sia, dunque, idoneo a marcare una differenziazione rispetto al prodotto commercializzato.

Quanto all’ingannevolezza dei messaggi pubblicitari, non è stata rilevata una non veridicità ex se delle percentuali di riduzione delle rughe contenute negli stessi, anche alla luce della consulenza tecnica del Direttore Scientifico dell’Istituto dermatologico San Gallicano di cui si è avvalsa l’AGCM nel corso dell’istruttoria; sulla base di detta relazione tecnica, il CdS arriva poi a concludere che non sia possibile confrontare nel merito tali dati percentuali, sia perché relativi a “classi non omogenee” (trattandosi “di un raffronto non valido, appartenendo le due percentuali a gruppi eterogenei di studio”), sia perché non “scientificamente possibile confrontare un trattamento medico […] con una crema cosmetica, che per legge non può avere intendimenti terapeutici”.

In entrambi i giudizi amministrativi è stato, peraltro, riconosciuto che il target di consumatori a cui la campagna pubblicitaria era indirizzata fosse perfettamente in grado di decodificare ed interpretare correttamente (e senza fraintendimenti) il contenuto del messaggio promozionale in questione (nonostante il particolare grado di sensibilità in ragione dell’età, del condizionamento sociale e dell’esposizione ai numerosi solleciti commerciali) e, soprattutto, non incline ad orientare o condizionare i propri comportamenti economici in funzione proprio di detti messaggi.

Anche in considerazione di tali argomentazioni, il CdS ha rigettato l’appello presentato dall’AGCM.

Si tratta, indubbiamente, di una decisione particolare che, per certi versi, scardina alcuni principi tradizionalmente seguiti dall’AGCM nell’ambito della valutazione di messaggi pubblicitari relativi all’utilizzo ed efficacia di prodotti cosmetici, nonché in relazione alla impostazione adottata circa le abilità di discernimento del “consumatore”.

Filippo Alberti
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