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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Ne bis in idem e diritto della concorrenza – L’Avvocato Generale Bobek propone un criterio unificato per la protezione contro la doppia incriminazione

Lo scorso 2 settembre, l’Avvocato Generale Michal Bobek (AG) ha presentato le proprie conclusioni nelle cause C-117/20  e C-151/20. Entrambi i casi riguardano domande di pronuncia pregiudiziale, presentate rispettivamente dalla Corte d’Appello di Bruxelles e dalla Corte Suprema austriaca. In entrambi i casi viene in rilievo il tema dell’applicazione del principio del ne bis in idem ai procedimenti in materia di concorrenza.

Nel caso belga, bpost era stata sanzionata in successione da due autorità belghe. In un primo momento, l’autorità nazionale di regolazione dei servizi postali aveva ritenuto che il sistema di sconti applicato da bpost nel 2010 fosse discriminatorio nei confronti di alcuni clienti. In seguito, la stessa bpost era stata sanzionata dall’autorità belga della concorrenza per abuso di posizione dominante dovuto all’applicazione dello stesso sistema di sconti tra gennaio 2010 e luglio 2011. La bpost ha dunque contestato la legalità del secondo procedimento, invocando il principio del ne bis in idem.

Nel caso austriaco, invece, l’autorità austriaca garante della concorrenza aveva chiesto alla Corte austriaca di dichiarare che due produttori di zucchero tedeschi, Nordzucker e Sudzucker, avessero violato le norme europee ed austriache in materia di intese restrittive della concorrenza. In precedenza, l’autorità antitrust tedesca aveva constatato che le medesime condotte poste in essere dalle medesime due imprese avessero violato le norme europee e tedesche in materia di intese restrittive della concorrenza. Anche in questo caso la questione è stata oggetto di rinvio pregiudiziale.

Le osservazioni dell’AG si aprono con una ricognizione dei princìpi europei in materia di ne bis in idem. Da un lato, la materia in oggetto trova la propria disciplina nell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta), ai sensi del quale nessuno “può essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato”. Dall’altro, il principio del ne bis in idem è sancito dall’art. 54 della Convenzione di Applicazione dell’Accordo di Schengen (CAAS) e dalle norme in materia di mandato di arresto europeo, ai sensi delle quali una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in uno Stato contraente “non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti” in un altro Stato contraente. Infine, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha costantemente subordinato l’applicazione del principio del ne bis in idem in materia di diritto della concorrenza ai tre criteri dell’identità dell’autore, dell’identità dei fatti e dell’identità dell’interesse giuridico protetto.

Ne deriva, ad avviso dell’AG, l’esistenza di un quadro giuridico frammentario e parzialmente contraddittorio. L’AG propone dunque un test unificato del ne bis in idem ai sensi dell’articolo 50 della Carta, che valorizzi adeguatamente la necessaria identità dell’interesse giuridico protetto (che non è menzionato, invece, nella CAAS). Ad avviso dell’AG “…una volta adottata la decisione di autorizzare un secondo procedimento per gli stessi fatti […] l’attenzione posta sugli obiettivi perseguiti diviene il solo strumento per distinguere fra due o più procedimenti…” (cfr. par. 131). Il test unificato – in linea con l’approccio supra ricordato della Corte di Giustizia – dovrebbe basarsi su una triplice identità: dell’autore del reato, dei fatti rilevanti e dell’interesse giuridico protetto. L’AG procede dunque ad applicare tale test ai due casi sottoposti alla sua attenzione.

Quanto al caso bpost, l’AG propone di rispondere alla corte belga che il principio del ne bis in idem sancito dalla Carta non osta a che l’autorità della concorrenza di uno Stato membro sanzioni un soggetto per aver violato il diritto della concorrenza quando lo stesso soggetto sia già stato definitivamente assolto in un precedente procedimento dell’autorità nazionale di regolazione. Nel caso di specie, ad avviso dell’AG, non sussisterebbe tuttavia identità di interesse giuridico tutelato tra l’autorità di regolazione e quella della concorrenza e, pertanto, non può trovare applicazione il principio del ne bis in idem (in passato, il medesimo test aveva trovato applicazione, tra le altre, nella sentenza emessa dalla Corte di Giustizia nel caso Deutsche Telekom, causa C-208/08).

L’AG conferma il medesimo approccio nel caso austriaco. Anche in questo caso, il giudice del rinvio chiede – tra le altre cose – se il criterio del medesimo interesse giuridico tutelato, di cui alla giurisprudenza europea in materia di ne bis in idem, trovi applicazione anche quando le autorità garanti della concorrenza di due Stati membri siano chiamate ad applicare per la medesima fattispecie ed in relazione ai medesimi soggetti, unitamente a disposizioni nazionali, anche le medesime norme di diritto europeo (nella fattispecie, l’art. 101 TFUE).

Ad avviso dell’AG, la questione se il diritto della concorrenza dell’Unione e il diritto della concorrenza nazionale proteggano lo stesso interesse giuridico deve essere risolta valutando se le norme nazionali in questione si discostino da quelle dell’Unione. Tale valutazione deve essere effettuata “…con riguardo alla specifica disposizione. Deve incentrarsi sull’interesse o sullo scopo concreto perseguito dalla disposizione applicata, su ciò che tale disposizione sanziona e il perché…” (cfr. par. 44). Sotto questo profilo, è senz’altro vero che le regole di concorrenza europee e nazionali sono ampiamente convergenti. Tuttavia, “…non si può affermare con assoluta certezza che non vi siano più (o meglio non vi possano più essere) divergenze in alcuni settori delle regole sulla concorrenza…” (cfr. par. 48). Ad esempio, per quanto riguarda l’applicazione nazionale degli articoli 101 e 102 TFUE, dall’articolo 3, paragrafo 3 del Regolamento n. 1/2003 risulta che gli Stati membri non possono assoggettare gli accordi, le decisioni di associazioni di imprese o le pratiche concordate a norme più rigorose di quelle esistenti a livello dell’Unione. Tuttavia, gli Stati membri possono farlo in relazione a condotte unilaterali delle imprese. Esiste, dunque, una differenza in termini di spazio ammissibile per norme nazionali specifiche a seconda che la condotta in questione rientri nell’articolo 101 TFUE o 102 TFUE. Ad avviso dell’AG, quando, come nel caso di specie, due autorità nazionali della concorrenza applicano l’articolo 101 TFUE, dal quale è sostanzialmente preclusa la possibilità di discostarsi a livello nazionale, allora anche lo specifico interesse giuridico tutelato perseguito da entrambe le autorità deve ritenersi identico. L’AG quindi conclude che se le parti e i fatti contestati (per ambito temporale e geografico, anche tenuto conto dell’eventuale valutazione degli effetti extraterritoriali della condotta contestata) sono identici il principio del ne bis in idem dovrebbe trovare applicazione.

In entrambi i casi occorre ora attendere la pronuncia della Corte di Giustizia, che sarà di particolare interesse anche con riferimento ad analoghi interrogativi che saranno sempre più frequenti anche alla luce della prossima entrata in vigore del c.d. Digital Markets Act (come noto, ancora in fase di elaborazione).

Luca Villani

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Diritto della concorrenza Italia / Intese e settore dello spettacolo – Il TAR conferma le misure cautelari disposte dall’AGCM nell’ambito del procedimento I840

Con la sentenza del 7 settembre scorso, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio (TAR Lazio) ha rigettato i ricorsi proposti Anica – Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali, Anec - Associazione Nazionale Esercenti Cinema e Anec – Sezione ragionale del Lazio (congiuntamente, le Associazioni) per l’annullamento del provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva disposto nei loro confronti l’applicazione di misure cautelari ai sensi dell’art. 14-bis della legge 287/1990 nell’ambito del procedimento I840 (il Procedimento).

Il Procedimento (già oggetto di commento nella nostra Newsletter) era stato avviato il 17 giugno 2020 sulla base di diverse segnalazioni inviate all’AGCM da imprese e associazioni che organizzano proiezioni cinematografiche a titolo gratuito nelle arene estive all’aperto, le quali lamentavano che le Associazioni avessero posto in essere una condotta di boicottaggio ed ostruzionismo organizzato volta ad impedire alle arene gratuite di ottenere le autorizzazioni necessarie alle proiezioni dei film nei periodo estivi. Il successivo 8 luglio 2020, l’AGCM deliberava l’adozione delle misure cautelari (le Misure Cautelari), ordinando alle Associazioni di (i) cessare immediatamente, nelle more della definizione del Procedimento, l’attuazione dell’intesa contestata, nonché (ii) revocare le comunicazioni/indicazioni contenenti ogni forma di condizionamento e/o orientamento della strategia di commercializzazione del prodotto cinematografico.

Le Associazioni hanno dunque instaurato tre distinti ricorsi per richiedere l’annullamento delle Misure Cautelari, adducendo svariati motivi fra cui, inter alia: (i) la carenza di istruttoria da parte dell’AGCM circa la definizione del mercato rilevante; (ii) l’errore nella qualificazione delle arene gratuite quali imprese ai sensi della normativa antitrust; (iii) l’errore nella qualificazione giuridica della condotta posta in essere dalle Associazioni; e (iv) l’indeterminatezza del contenuto delle Misure Cautelari.

Il TAR, disposta la riunione dei tre ricorsi sulla base di evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, ha rilevato l’integrale infondatezza dei gravami delle Associazioni.

In particolare, con riferimento al motivo sub (i), il TAR ha rilevato che l’AGCM avrebbe correttamente inquadrato il mercato rilevante, ritenendo che le arene gratuite potessero rientrare nel mercato della proiezione cinematografica, pur costituendone una porzione peculiare.

Quanto al motivo sub (ii), il TAR ha dapprima richiamato il consolidato orientamento in base al quale, ai fini della qualificazione di un soggetto quale “impresa” ai sensi del diritto antitrust, non rivestono alcuna rilevanza il regime giuridico o le modalità di finanziamento, così pure non rileva lo scopo di lucro. Ciò che rileva è invece la natura oggettiva dell’attività economica e la misura in cui tale attività incide, anche solo potenzialmente sul mercato rilevante. Sulla base di tali premesse, il TAR ha ritenuto che non vi sia alcun dubbio che le arene gratuite svolgano un’attività economica, pur ispirate ad una logica diversa rispetto ai cinema tradizionali a pagamento.

Relativamente al motivo sub (iii), riguardante la qualificazione giuridica della condotta posta in essere dalle Associazioni, il TAR ha ricordato che, al fine di preservare l’applicazione effettiva delle norme antitrust secondo il criterio del cd. “effetto utile”, la giurisprudenza, tanto nazionale quanto europea, è conforme nel fare ricorso ad un’ampia interpretazione delle nozioni di associazione di imprese e di “delibera associativa distorsiva della concorrenza”, le quali, in particolare, non danno alcun peso alla natura vincolante o meno del parere/orientamento delle Associazioni, né tantomeno al dato quantitativo della diffusione dell’atto, ma solo alla potenziale idoneità della condotta a produrre effetti distorsivi. Pertanto, l’AGCM avrebbe correttamente qualificato la condotta delle Associazioni.

Da ultimo, il TAR ha rigettato anche il motivo sub (iv), rilevando che le Misure Cautelari disposte dall’AGCM, da un lato, non sarebbero indeterminate nella durata, dal momento che le stesse conservano efficacia fino al termine di conclusione del Procedimento e, dall’altro lato, non sono né indeterminate, né sproporzionate quanto al facere imposto alle Associazioni. Su quest’ultimo aspetto, il TAR ha infatti ricordato che lo scopo delle Misure Cautelari è quello di revocare o neutralizzare gli effetti derivanti dalla condotta contestata alle Associazioni, rimettendo loro la determinazione delle modalità concrete per ottemperare all’ordine, secondo l’ontologica atipicità propria dei provvedimenti cautelari.

La pronuncia, che si pone su un piano di continuità con i precedenti, è comunque di interesse in quanto ripercorre in maniera efficace il ragionamento giuridico applicabile alla definizione di impresa (indipendente dalla presenza o meno di finalità di lucro).

Luca Casiraghi

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Concentrazioni e settore dei pagamenti digitali – L’AGCM avvia un’istruttoria sull’acquisizione di SIA da parte di Nexi

Nella sua adunanza del 31 agosto 2021, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deliberato l’avvio dell’istruttoria nei confronti dell’operazione consistente nella fusione per incorporazione di SIA S.p.A. (SIA), società di diritto italiano a capo dell’omonimo gruppo attivo inter alia nel settore dei servizi di pagamento, in Nexi S.p.A. (Nexi, con SIA le Parti), holding di diritto italiano del gruppo attivo nel medesimo settore (l’Operazione).

All’esito dell’Operazione, una volta completata la fusione di SIA in Nexi, il capitale sociale dell’entità post-merger sarà detenuto, per la parte non flottante dai seguenti soggetti: i: CDP Equity S.p.A., Mercury UK HoldCo, AB Europe Luxembourg Investment S.à r.l., Eagle AIBC & Cy S.C.A., Hellman & Friedman LC, e Intesa Sanpaolo S.p.A. Tali soggetti hanno sottoscritto un patto parasociale volto a regolare alcuni aspetti della governance di Nexi. In base a quanto riportato nella decisione di avvio dell’AGCM, ad esito dell’Operazione non vi sarà comunque nessun azionista che, da solo o congiuntamente con altri azionisti, avrà la possibilità di esercitare il controllo sull’entità risultante dall’Operazione (ferma restando la possibilità di un controllo congiunto di fatto).

In ragione dell’attività svolta dalle Parti, l’Operazione interessa numerosi servizi che sono offerti nell’ambito della catena del valore dei servizi di pagamento, inserendosi a diversi livelli della stessa e coinvolgendo differenti operatori, sia dal punto di vista della domanda, sia dal punto di vista dell’offerta. In particolare, come riportato dall’AGCM, per sua natura, il settore dei servizi di pagamento è caratterizzato da una filiera complessa ed eterogenea, articolata nell’offerta di servizi spesso verticalmente integrati e in cui gli operatori possono offrire un unico servizio oppure, come le Parti della presente Operazione, molti servizi, anche congiuntamente. Inoltre, ai servizi più tipicamente dedicati alla fase di pagamento si affiancano altre attività ad essi connesse e funzionali, quali l’elaborazione tecnica della transazione, la gestione della rete sulla quale transitano i dati, i servizi di compensazione al dettaglio dei pagamenti, la fornitura dei servizi hardware e software e la gestione degli ATM.

In ragione di quanto sopra, la presente Operazione interessa numerosi mercati, ossia: (i) il mercato dei servizi di merchant acquiring; (ii) il mercato dei servizi di processing; (iii) il mercato dei servizi di emissione delle carte di pagamento; (iv) il mercato dei servizi di compensazione al dettaglio dei pagamenti; (v) il mercato dei servizi di trasmissione dei dati interbancari; (vi) il mercato dei servizi per la fornitura e la manutenzione degli ATM.

Ad eccezione dei mercati dei servizi di emissione delle carte di pagamento, di digital corporate banking e di trasmissioni di dati interbancari, secondo il provvedimento di avvio l’Operazione sarebbe ‘problematica’ dal punto di vista concorrenziale in tutti gli altri mercati interessati.

In particolare, viste le quote di mercato elevate delle Parti (45-50%), l’AGCM ritiene che l’Operazione potrebbe determinare effetti restrittivi della concorrenza nella fornitura dei servizi di merchant acquiring, con la costituzione o il rafforzamento di una posizione caratterizzata da notevole potere di mercato in capo all’entità post-merger. Inoltre, sulla base delle informazioni disponibili, l’AGCM, dopo aver rilevato che i servizi di acquiring siano verticalmente integrati con i servizi di processing, che costituiscono il principale input dei primi, evidenzia che tali servizi sono talvolta acquistati congiuntamente dalla clientela finale, rappresentata dagli istituti bancari; anche considerato che, a seguito dell’Operazione l’entità post-merger appare acquisire una posizione di mercato significativa nei servizi di processing, l’AGCM ha ritenuto che l’Operazione in esame potrebbe determinare altresì effetti di natura verticale e conglomerale.

Le preoccupazioni manifestate dovranno essere confermate in sede di istruttoria che dovrà chiudersi entro 45 dalla data di delibera del procedimento di avvio. Sarà particolarmente interessante analizzare il contenuto delle (probabili) misure correttive imposte dall’AGCM.

Mila Filomena Crispino

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Appalti, concessioni e regolazione / Concessioni e settore delle lotterie – La Corte di Giustizia si pronuncia sul rinnovo della concessione per la gestione delle lotterie a estrazione istantanea in Italia

Con la sentenza del 2 settembre 2021 nelle cause riunite C‑721/19 e C‑722/19, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha dichiarato la conformità al diritto europeo dell’art. 20, comma 1, del d.l. n. 148/2017, ossia la norma che ha sancito la proroga ex lege della concessione per la gestione delle lotterie a estrazione istantanea in Italia (Concessione) in favore della società Lotterie Nazionali S.r.l. (Lotterie Nazionali), medio tempore subentrata nei diritti a Lottomatica Holding S.r.l. (Lottomatica).

La decisione della CGUE origina da un contenzioso amministrativo promosso davanti al TAR (e poi in secondo grado dinanzi al Consiglio di Stato) dalle società di scommesse Sisal S.p.A. (Sisal) e Stanleybet Malta Ltd (Stanleybet) (congiuntamente società ricorrenti) avverso il provvedimento di proroga della Concessione adottato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM o Agenzia). Le società ricorrenti, che non avevano partecipato alla gara che aveva dato luogo alla Concessione, lamentavano che la proroga violasse l’obbligo di matrice comunitaria di esperire una nuova procedura di gara allo scadere di un contratto pubblico (sia esso di appalto o di concessione) tanto più in uno scenario in cui alla gara originaria – strutturata secondo un ‘modello a più concessionari’ – aveva partecipato un unico soggetto che si era aggiudicato la totalità dei servizi. Di qui le questioni pregiudiziali formulate dal Consiglio di Stato.

Come accennato, la proroga della Concessione da parte di ADM non era stata propriamente un atto discrezionale. È stata, infatti, una scelta obbligata per effetto del succitato art. 20, comma 1 del d.l. n. 148/2017 che ha disposto, nella forma di una legge-provvedimento, che l’ADM provvedesse ad autorizzare la prosecuzione della Concessione in essere sino al 30 settembre 2028, “in modo da assicurare nuove e maggiori entrate al bilancio dello Stato in misura pari a 50 milioni di euro per l’anno 2017 e 750 milioni di euro per l’anno 2018”. Tale disposizione si è inserita in un quadro fattuale in cui: (i) l’originario atto concessorio tra ADM e Lotterie Nazionali (già Lottomatica) conteneva una clausola che attribuiva all’Agenzia l’opzione di rinnovare il contratto con Lotterie Nazionali; (ii) l’ADM aveva manifestato la volontà di avvalersi di tale opzione e di estendere, dunque, la Concessione sino al medesimo termine del 30 settembre 2028; (iii) l’intervento del legislatore del 2017 ha determinato un’anticipazione della proroga (due anni prima della scadenza della Concessione) e una modifica delle modalità di pagamento (attraverso un versamento immediato e cumulato dei canoni concessori).

In tale contesto, il Consiglio di Stato ha formulato quattro questioni pregiudiziali: (i) la prima ha ad oggetto se sia o meno in contrasto con il diritto europeo l’imposizione per legge della proroga di un contratto di concessione senza esperire una nuova gara, in circostanze in cui tale contratto “è stato aggiudicato a un solo concessionario, mentre il diritto nazionale applicabile prevedeva che una tale concessione dovesse essere aggiudicata, in linea di principio, a più operatori economici, quattro al massimo”; (ii) la seconda ha ad oggetto il tema dell’anticipazione del rinnovo deciso due anni prima della scadenza naturale, ossia se tale anticipazione costituisca una modifica non consentita; (iii) la terza riguarda la legittimità o meno della modifica delle modalità di pagamento; (iv) la quarta concerne la sussistenza o meno di legittimazione ad agire in capo a Sisal e Stanleybet che non avevano partecipato alla gara originaria.

La CGUE ha risolto la prima questione nel senso di non ravvisare alcuna contrarietà della proroga rispetto al diritto europeo. Infatti, secondo i giudici di Lussemburgo, la proroga, pur disposta per legge, costituiva anche una modifica consentita in quanto contenuta all’interno di una clausola chiara e inequivoca del contratto di Concessione iniziale. Al riguardo, la CGUE ha richiamato il principio, sancito a livello europeo dall’art. 43, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/23, della libera modificabilità delle concessioni, senza una nuova procedura di aggiudicazione, “qualora le modifiche, indipendentemente dal loro importo, siano state previste nei documenti iniziali di concessione sotto forma di clausole di revisione, comprese clausole di revisione dell’importo, o di opzioni chiare, precise e inequivocabili”. Nel caso di specie, pur essendo la proroga formalmente discesa da un intervento del legislatore, l’opzione di rinnovo era presente nel contratto stipulato tra le parti e ADM aveva, nei fatti, espresso la volontà di avvalersi di tale opzione e procedere al prolungamento del rapporto con Lotterie Nazionali.

Quanto alla seconda e terza questione, trattate congiuntamente, la CGUE le ha risolte non ravvisando alcun contrasto della normativa nazionale con il quadro di principi e regole europei. La motivazione è stata individuata nella circostanza che entrambe le modifiche (l’anticipazione del rinnovo e il cambio delle modalità di pagamento) non costituissero modifiche sostanziali del rapporto contrattuale originario e, dunque, fossero consentite senza l’esperimento di una nuova gara.

Quanto alla quarta questione, i giudici lussemburghesi hanno dichiarato l’irrilevanza della mancata partecipazione delle società ricorrenti alla gara originaria ai fini della loro legittimazione ad agire. Quest’ultima si giustifica e sussiste, infatti, in virtù della mera esigenza di contrastare la proroga di una concessione esistente per poter partecipare ad una gara dove quella concessione diventa un bene nuovamente contendibile sul mercato.

La sentenza in commento, che fa salva la proroga della Concessione attraverso il riferimento a principi consolidati del diritto dei contratti pubblici europeo e nazionale (come la modificabilità di un contratto in attuazione di clausole chiare e inequivoche), non ha affrontato il tema – non oggetto, per la verità, di rinvio pregiudiziale – del ricorso a leggi o atti aventi forza di legge come strumenti di amministrazione attiva.

Alessandro Paccione

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