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  3. Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 9 giugno 2025
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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 9 giugno 2025
Jun 9 2025

Diritto della concorrenza – Europa / Intese e settore alimentare - La Commissione europea sanziona Delivery Hero e Glovo per accordi anticoncorrenziali nel contesto di una partecipazione di minoranza qualificata

Il 2 giugno 2025, la Commissione europea (la Commissione) ha reso noto  di aver comminato una sanzione complessiva pari a 329 milioni di euro a Delivery Hero SE e Glovo (le Imprese) per la partecipazione a un’intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’articolo 101 TFUE nel settore della consegna di generi alimentari a domicilio che includeva, tra l’altro, accordi di non assunzione reciproca (c.d. “no poach”).

Delivery Hero e Glovo figurano tra i principali operatori europei attivi nella consegna a domicilio di cibo, generi alimentari e altri beni al dettaglio attraverso piattaforme digitali. Delivery Hero, con sede in Germania, è presente in oltre 70 Paesi, di cui 16 situati nello Spazio Economico Europeo (SEE). Glovo, con sede in Spagna, è operativa in oltre 20 Paesi, di cui 8 all’interno del SEE.

Nel luglio 2018, Delivery Hero aveva acquisito una partecipazione di minoranza in Glovo pari al 15% circa, successivamente incrementata fino al raggiungimento della maggioranza e al conseguente controllo esclusivo nel luglio 2022. L’acquisto del controllo, notificato all’autorità spagnola della concorrenza alla fine del 2021, era stata autorizzata senza condizioni il 23 febbraio 2022, in assenza di sovrapposizioni sul mercato nazionale.

In tale contesto, nel luglio 2024, la Commissione aveva avviato un’istruttoria, a valle delle ispezioni eseguite presso le sedi delle Imprese nel giugno 2022 e nel novembre 2023, sulla base di segnalazioni provenienti da un’autorità nazionale della concorrenza e dal canale di segnalazione anonima attivo sul sito della Commissione (per i c.d. whistleblower).

Ad esito dell’istruttoria, la Commissione ha accertato che, nel periodo compreso tra il luglio 2018 e il luglio 2022, le Imprese hanno progressivamente ridotto il confronto concorrenziale, sostituendolo con una forma di coordinamento multilivello, articolata lungo tre direttrici principali:

  • la conclusione di accordi di non assunzione del rispettivo personale, inizialmente circoscritti a determinate categorie di dipendenti, e successivamente estesi ad un divieto generalizzato;
  • lo scambio sistematico di informazioni commercialmente sensibili, riguardanti strategie commerciali, politiche di prezzo, capacità operative, costi nonché le caratteristiche dei servizi offerti;
  • l’allocazione geografica dei mercati nazionali, attraverso l’eliminazione delle sovrapposizioni territoriali esistenti e il coordinamento delle rispettive strategie di espansione nei mercati dello SEE non ancora presidiati da alcuna delle due società.

Secondo la Commissione, tali condotte sarebbero state agevolate dalla partecipazione azionaria minoritaria detenuta da Delivery Hero in Glovo. Pur non integrando, di per sé, una condotta illecita, tale partecipazione avrebbe consentito un accesso sistematico a informazioni strategiche riservate, nonché un’influenza, sia pure indiretta, sulle decisioni commerciali della partecipata, favorendo un progressivo allineamento delle rispettive strategie.

Le condotte in esame sono state qualificate come un’unica e continuata infrazione, in violazione dell’articolo 101 TFUE. Entrambe le Imprese hanno ammesso la propria responsabilità e definito il procedimento attraverso una procedura semplificata, ottenendo una riduzione del 10% sull’importo complessivo della sanzione.

L’intervento riveste particolare rilievo in quanto rappresenta il primo caso in cui la Commissione ha riconosciuto un’intesa restrittiva nel mercato del lavoro fondata su accordi “no poach”, nonché il primo accertamento dove una partecipazione azionaria minoritaria in un’impresa concorrente è stato considerato elemento costitutivo di una infrazione ex articolo 101 TFUE. Non resta ora che attendere la pubblicazione del provvedimento per una valutazione più completa delle implicazioni del caso, anche in attesa dell’eventuale appello contro tale decisione.

Matilde Giubilei

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Abusi e settore dei software per l’ufficio – La Commissione inizia un market test sulla proposta di impegni di Microsoft volti a fornire ai concorrenti di Teams l’interoperabilità con il pacchetto Office 

Con la comunicazione del 16 maggio 2025, la Commissione europea (la Commissione) ha invitato i terzi interessati a presentare osservazioni sugli impegni proposti da Microsoft nel contesto dell’indagine in corso per abuso di posizione dominante riguardante Microsoft Teams (Teams). In particolare, ai sensi degli impegni proposti, Microsoft sarebbe obbligata a offrire i servizi Office 365 e Microsoft 365 (i Software di produttività) e Teams non solo in abbinamento, ma anche separatamente, nonché a garantire un adeguato grado di interoperabilità fra i Software di produttività e i software dei concorrenti di Teams.

Come background dell’indagine, si ricorda che il 25 giugno 2024, la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti nei confronti di Microsoft, in relazione a una possibile violazione dell’articolo 102 TFUE nel contesto della propria offerta di software. In particolare, Microsoft avrebbe attuato un tying fra i Software di produttività e Teams, impedendo ai clienti l’utilizzo dei primi senza il contestuale acquisto del secondo.

In tale contesto, Microsoft ha presentato una serie di impegni ai sensi dell’articolo 9 del Regolamento n. 1/2003 (che prevede la possibilità di chiudere un procedimento ad esito dell’accoglimento, da parte della Commissione, della proposta di impegni della parte). La Commissione ha dunque dato avvio al market test al fine di valutare l’adeguatezza degli impegni e invitato i terzi interessati a presentare osservazioni sulla proposta di Microsoft.

Venendo al contenuto della proposta, un primo gruppo di impegni mira a superare il tying fra i Software di produttività e Teams. Microsoft si è infatti impegnata ad offrire una versione dei Software di produttività che non includa Teams, per un prezzo inferiore a quello del pacchetto completo, nonché ad offrire una versione standalone di Teams. Allo stesso tempo, poiché Microsoft commercializza i propri software anche attraverso rivenditori terzi, Microsoft non applicherà ai rivenditori del pacchetto completo sconti superiori rispetto a quelli applicati ai rivenditori del pacchetto senza Teams.

Un secondo gruppo di impegni riguarda invece l’incremento dell’interoperabilità fra i prodotti di Microsoft e quelli dei concorrenti di Teams. Nello specifico:

  • Microsoft intende obbligarsi a garantire ai concorrenti di Teams l’accesso, tramite appositi API, a una serie di dati prodotti dai sistemi di Microsoft e di cui Teams si avvale. Ad esempio, i concorrenti di Teams potranno avere accesso a dati relativi all’utente, quali i dati di autenticazione o sullo status di attività dell’utente in tempo reale. Microsoft precisa anche che l’accesso a tali API potrà essere soggetto ad un prezzo, che tuttavia coprirà esclusivamente i costi che Microsoft sopporta per la fornitura del servizio in questione;
  • Microsoft si impegna a garantire ai concorrenti di Teams l’utilizzo delle funzionalità dei Software di produttività che sono disponibili su Teams. In altre parole, i concorrenti di Teams potranno incorporare nei loro software determinate funzioni di Word, Power Point ed Excel;
  • Microsoft si obbligherà anche a consentire ai concorrenti di Teams la possibilità di integrare i Software di produttività con funzionalità aggiuntive in collegamento con i servizi dei concorrenti. Ad esempio, da Outlook sarà possibile calendarizzare un meeting su un software di video-conferenza diverso da Teams;
  • Microsoft fornirà infine uno strumento per l’esportazione verso software terzi dei contenuti creati dagli utenti attraverso l’utilizzo di Teams, quali le chat o gli eventi in calendario.

In generale, Microsoft sottolinea che con gli impegni presentati non si assume l’obbligo di creare nuova infrastruttura, né di fornire ai concorrenti di Teams la stessa infrastruttura utilizzata da Teams. Gli impegni si limitano infatti a mettere a disposizione dei developer l’accesso ai sistemi di Microsoft, nonché i dati, il supporto e le informazioni necessari affinché i concorrenti di Teams possano sviluppare le proprie soluzioni in autonomia.

Gli impegni relativi alla separazione dei Software di produttività da Teams sono stati proposti per una durata di 7 anni, mentre quelli relativi all’interoperabilità per 10 anni.

Non resta ora che attendere l’esito del market test per vedere se la Commissione renderà obbligatori gli impegni, concludendo così l’indagine senza l’accertamento di un’infrazione.

Massimiliano Gelmi

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Aiuti di Stato e gestione delle chiuse – L’Avvocato Generale Biondi illustra a quali condizioni un indennizzo annuale erogato a una società municipale che offre servizi gratuiti può essere qualificato come aiuto di Stato e quando detto aiuto di Stato sia da considerarsi “nuovo”

Nelle sue conclusioni del 5 giugno 2025, l’Avvocato Generale Biondi (AG), nel contesto di un  rinvio pregiudiziale proposto dal Tribunale di Stoccolma (il Tribunale), ha affermato che l’indennizzo versato annualmente da una autorità statale a una società per azioni municipale nell’ambito di un accordo di compensazione (l’Accordo) può costituire un aiuto di Stato a condizione che la società svolga attività economica e che l’Accordo conferisca a detta società un vantaggio altrimenti non ottenibile in normali condizioni di mercato.

Parallelamente, l’AG ha sostenuto che il versamento di un aiuto, anche se prorogato per successivi periodi di cinque anni, possa costituire un c.d. aiuto esistente (ossia antecedente all’adesione dello Stato alla UE, e quindi sottratto al divieto ex art. 108 TFUE), fintantoché il giudice nazionale non accerti che la ridefinizione dell’ammontare a ogni scadenza comporti una modifica sostanziale dell’aiuto stesso.

La vicenda sottesa al rinvio può esser riassunta come segue: fino al 1979, sia le operazioni di chiusa del canale di Sodertaje (il Canale), gestite dall’amministrazione marittima svedese Staten genom Sjöfartsverket (il Sjöfartsverket), sia il passaggio della chiusa di Hammarby (la Chiusa), gestito dalla società municipalizzata Stockholms Hamn Aktiebolag (Stockholms Hamn), erano assoggettati  al pagamento di una tariffa.
Le rispettive tariffe erano coordinate per bilanciare il traffico marittimo in quanto sia il Canale, sia la Chiusa collegano il Mar Baltico con il lago di Malaren.

Nel 1978, il Sjöfartsverket ha soppresso le tariffe per il passaggio dal Canale e ha concluso l’Accordo con Stockholms Hamn in base al quale quest’ultima rinunciava a imporre tariffe alle imbarcazioni commerciali per il passaggio attraverso la Chiusa in cambio di un compenso annuale legato al volume di traffico e alle tariffe applicabili all’epoca. L’Accordo era rinnovato per periodi di cinque anni salvo risoluzione da comunicarsi sei mesi prima della scadenza. L’importo è stato aggiornato annualmente in base all’indice dei prezzi al consumo e per ogni quinquennio in base alle variazioni del volume del traffico.

Nel 2021, l’Accordo è stato risolto e nel 2023 il Sjöfartsverket ha intentato un’azione davanti al Tribunale nei confronti della Stockholms Hamn per ottenere il rimborso dei pagamenti effettuati in base all’Accordo nel termine prescrizionale nazionale di dieci anni dalla data di introduzione dell’azione, sostenendo che la compensazione costituisse aiuto di Stato.

Preliminarmente, l’AG sostiene che, in base a un test funzionale incentrato sul tipo dell’attività svolta, le operazioni di Chiusa sono da qualificarsi come attività economica. Pur rimettendo la valutazione finale al Tribunale, l’AG sottolinea che diversi elementi consentono di affermare che la Chiusa fosse oggetto di sfruttamento economico: la percezione dei canoni prima e dopo l’Accordo, la finalità perseguita tramite l’eliminazione delle tariffe e la funzione di indennizzo svolta dall’Accordo.

In secondo luogo, l’AG ricorda che tra i requisiti enucleati dalla giurisprudenza comunitaria per qualificare una misura come aiuto di Stato vi è la produzione di un vantaggio selettivo. La sussistenza del vantaggio deve esser verificata dal Tribunale applicando il principio dell’operatore privato in economia di mercato. L’AG precisa che, poiché l’aiuto può concretizzarsi anche attraverso interventi che riducano gli oneri di bilancio di un’impresa, rileva che Stockholms Hamn abbia beneficiato di un reddito garantito indipendente dalle spese di gestione e dalle fluttuazioni del volume di traffico.

In terzo luogo, l’AG, in relazione alla possibile qualificazione dell’attività di Chiusa come servizio di interesse economico generale, rinvia ai quattro criteri cumulativi elaborati nella sentenza Altmark. L’AG si sofferma sul rischio di sovracompensazione: il criterio di calcolo del compenso non rispecchia quello delineato in Altmark, che prevede che non si superino i costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico più un utile ragionevole. Parimenti non è rispettato il criterio che richiede che l’impresa sia scelta con gara pubblica o che il compenso sia calcolato sui costi di un’impresa media e efficiente.

Infine, l’AG valuta se la compensazione, stabilita da un accordo precedente l’adesione della Svezia all’Unione europea, possa rientrare nella nozione di aiuto esistente ai sensi del Regolamento UE 2015/1589. L’AG sostiene che un aiuto istituito prima dell’adesione di uno Stato all’UE è esistente e dunque eseguibile ex art. 108, paragrafo 1, TFUE, fintantoché la Commissione europea non lo qualifichi come incompatibile con il mercato interno.
L’AG ritiene irrilevante che il Regolamento sopra citato richiami gli articoli dell’atto di adesione di Austria, Finlandia e Svezia che stabiliscono che solo gli aiuti comunicati alla Commissione prima del 30 aprile del 1995 sono da considerarsi esistenti. I suddetti articoli, collocati nel Titolo VI relativo ai prodotti agricoli, sono infatti da riferire esclusivamente a quel determinato settore.

L’AG Biondi conclude dunque che il meccanismo di proroga e adeguamento dell’importo di per sé non conduce a qualificare l’aiuto come nuovo. Sarà eventualmente il Tribunale a dover concludere in tal senso qualora il meccanismo, nella parte in cui imponeva alle parti di accordarsi sul volume di traffico da considerare, comportasse una rinegoziazione configurabile come modifica sostanziale a un aiuto esistente e dunque soggetta all’obbligo notifica ex articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

Laura Pagliuso

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Abusi e gestione dei diritti d’autore – Secondo l’Avvocato Generale Szpunar, una società di gestione collettiva dei diritti d’autore non abusa della propria posizione dominante imponendo agli alberghi tariffe basate sul numero di stanze dotate di TV

A seguito del ricorso presentato dall’Unione per la protezione del diritto d’autore delle opere musicali della Repubblica ceca (OSA) avverso la decisione dell’Autorità ceca garante della concorrenza (l’Autorità, e, insieme all’OSA, le Parti) che la sanzionava per 430.000 euro, la Corte Regionale di Brno (la Corte Regionale) ha sospeso il processo e ha deciso di rinviare una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE). In tale contesto, l’Avvocato Generale Szpunar (AG) ha rassegnato le sue conclusioni sul caso.

La vicenda ha avuto origine dalla condotta posta in essere da OSA tra il 2008 e il 2014, consistente nell’imposizione di una tariffa obbligatoria alle strutture alberghiere per la concessione delle licenze per l’utilizzo delle opere protette, che non teneva in considerazione l’effettivo tasso di utilizzo delle camere. La domanda è se un organismo di gestione collettiva dei diritti d’autore, se dominante, debba necessariamente tenere in considerazione tale aspetto nella determinazione della tariffa agli albergatori, pena la violazione dell’articolo 102 TFUE.

A detta della Corte Regionale, l’Autorità concordava con l’OSA sul fatto che la tariffa imposta fosse parametrata sulla mera “possibilità di utilizzo” dei dispositivi radiofonici e televisivi nelle rispettive camere. Tuttavia, le Parti erano in disaccordo sull’applicazione dell’art. 102 TFUE alla fattispecie in esame. Secondo la Corte Regionale, la CGUE non si era mai espressa, nello specifico, sul tema della rilevanza dell’occupazione effettiva quale parametro di una remunerazione eventualmente eccessiva. Ulteriori dubbi vertevano sulla qualificazione della condotta e in particolare se essa costituisse una pratica di prezzi eccessivi o di applicazione di condizioni non eque.

Per rispondere a tali quesiti, l’AG ritiene che sia irrilevante che via sia l’occupazione effettiva delle camere d’albergo per accertare o meno l’esistenza di una “comunicazione al pubblico”, come intesa ai sensi della normativa europea sul diritto d’autore; inoltre, l’AG ritiene irrilevante il tasso di occupazione delle camere ai fini della constatazione di un eventuale abuso di posizione dominante nel processo di definizione delle tariffe.

In primo luogo, l’AG ha ricordato la giurisprudenza che stabilisce cosa si intenda per “comunicazioni al pubblico”, suggerendo che l’Autorità avesse errato nella sua qualificazione, parametrando l’avvenuta comunicazione all’ascolto effettivo dell’opera da parte del singolo cliente nella stanza d’albergo. L’effettiva comunicazione al pubblico avviene infatti quando l’opera viene diffusa al di fuori del suo luogo d’origine e, con specifico riguardo alle strutture alberghiere, la mera messa a disposizione degli strumenti televisivi e radiofonici alle stanze consente, secondo l’interpretazione dell’AG, di ritenere che sia avvenuta tale comunicazione, generando la presunzione che essa abbia raggiunto una soglia minima di persone. Alla luce di questa argomentazione, è stata dichiarata irrilevante la presenza o meno dei clienti nelle singole stanze d’albergo per stabilire se si possa parlare di comunicazione al pubblico.

In secondo luogo, e sulla scorta di ciò, lo stesso parametro è stato dichiarato irrilevante anche per constatare una possibile violazione dell’articolo 102 TFUE. Nel giustificare questa conclusione, l’AG ha svolto un’analisi sulle tariffe attraverso i criteri stabiliti dalla nota sentenza United Brands, concludendo che per la loro determinazione è certamente rilevante avere contezza della quantità di opere realmente utilizzate. Tuttavia, il criterio del numero di stanze effettivamente occupate non lo consente e sarà di competenza esclusiva delle corti nazionali lo stabilire quali siano eventualmente dei canoni idonei a tale scopo.

Resta ora da vedere che posizione assumerà la CGUE sui temi sollevati, e soprattutto se essa vorrà confermare un approccio che rimanda alle circostanze concrete del caso per ogni valutazione effettiva sull’esistenza di una violazione dell’artticolo 102 TFUE.

Giacomo Perrotta

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Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e comparatori online – Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello di Facile.it, riformando la sentenza del TAR Lazio e annullando il provvedimento dell’AGCM che sanzionava la società per 7 milioni di euro

Con la sentenza dello scorso 4 giugno 2025, il Consiglio di Stato (CdS) ha accolto tutti i motivi di appello di Facile.it Broker di Assicurazioni S.p.A. (Facile.it Broker) e Facile.it Mediazione Creditizia S.p.A. (Facile.it Mediazione; e insieme a Facile.it Broker, Facile.it) avverso il provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) che sanzionava la società per 7 milioni di euro per presunte pratiche commerciali ingannevoli e aggressive. Con la sentenza del 31 maggio 2023, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR Lazio) aveva invece confermato il provvedimento dell’AGCM e respinto il ricorso presentato da Facile.it.

Facile.it è un portale che consente agli utenti di confrontare gratuitamente offerte in vari settori, tra cui quello assicurativo e finanziario. La comparazione dei prodotti assicurativi è curata da Facile.it Broker, che opera come broker, mentre per i prodotti finanziari l’attività è svolta da Facile.it Mediazione, in qualità di mediatore creditizio. In entrambi i casi, Facile.it si limita a svolgere una funzione di mera intermediazione.

Le pratiche commerciali ritenute scorrette dall’AGCM (e dal TAR Lazio) e l’opposto inquadramento giuridico adottato dal CdS sono riassunti qui di seguito.

  • Presunta ingannevolezza del servizio di comparazione prestiti. L’AGCM aveva contestato che il sito di Facile.it mostrasse condizioni economiche solo provvisorie senza rendere ciò sufficientemente evidente sin dal primo contatto con il consumatore. Il TAR Lazio ha ritenuto che tale informazione fosse accessibile solo in una fase successiva alla simulazione, generando così un effetto di “aggancio” scorretto. Il CdS ha ora invece accolto la difesa di Facile.it, rilevando che la comparazione è per sua natura strumentale e non vincolante, e che il termine “simulazione” – utilizzato fin dall’inizio – chiarisce la natura non definitiva delle condizioni proposte. Inoltre, l’utente medio è informato delle possibili variazioni già al momento dell’accettazione delle condizioni generali, che precede la comparazione stessa. Di conseguenza, non può configurarsi una pratica ingannevole.
  • Mancata chiarezza riguardo alla natura di Prima Assicurazioni S.p.A. (Prima Assicurazioni). Secondo l’AGCM e il TAR Lazio, il portale non avrebbe evidenziato in modo sufficientemente trasparente che Prima Assicurazioni, partner di Facile.it, fosse un intermediario e non una compagnia assicurativa, e che le sue polizze prevedessero il risarcimento in forma indiretta. Il CdS ha ribaltato la decisione, sottolineando che l’identità e la natura di Prima Assicurazioni erano chiaramente visibili fin dalla homepage e facilmente approfondibili attraverso un link La funzione di intermediazione di Facile.it e l’assenza di una vendita diretta escludono, secondo il CdS, il rischio di un inganno per il consumatore medio.
  •  Presunta aggressività dei pop-up per l’abbinamento dell’assicurazione. L’AGCM e il TAR Lazio hanno ritenuto aggressiva la comparsa di pop-up che, in caso di rifiuto dell’assicurazione abbinata, riproponevano la scelta utilizzando una grafica ritenuta suggestiva. Il CdS ha escluso che ciò potesse costituire una forma di pressione indebita, in quanto essa non comportava alcuna costrizione: l’opzione predefinita era l’esclusione della polizza; il pop-up non obbligava alla selezione ma si limitava a reiterare un’opzione facoltativa; e l’eventuale click su “Aggiungi assicurazione” non comportava l’acquisto immediato ma solo l’inizio di un processo (da approvare in seguito dall’ente erogatore del prestito).
  •  Contatti telefonici indesiderati. Secondo l’AGCM e il TAR Lazio, il contatto telefonico di utenti che avevano salvato un preventivo ma non avevano richiesto esplicitamente di essere contattati configurerebbe una condotta aggressiva, specie in caso di reiterazione. Il CdS ha respinto tale qualificazione. La sola assenza di richiesta esplicita non rende illecito il contatto, specie se il numero è stato inserito volontariamente. Inoltre, non è stata provata alcuna pressione indebita, né l’uso di tecniche manipolative in grado di compromettere la libertà decisionale del consumatore.

In definitiva, il CdS ha accolto integralmente l’appello di Facile.it e annullato il provvedimento sanzionatorio dell’AGCM.

Questa sentenza è interessante perché sembra smontare l’intero impianto argomentativo dell’AGCM, riaffermando l’importanza di valutare le pratiche commerciali anche in relazione al contesto d’uso, alla struttura tecnica del servizio e al grado di consapevolezza dell’utente medio.

Numa Blondi

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