Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e settore del fitness – L’AGCM sanziona per 3 milioni di euro Virgin Active Italia per condotte ingannevoli e aggressive nella gestione degli abbonamenti alle proprie palestre
Con il provvedimento adottato il 18 giugno 2025, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha irrogato una sanzione di 3 milioni di euro nei confronti di Virgin Active Italia S.p.A. (VAI), operatore nel settore del fitness in Italia, per aver posto in essere una pratica commerciale scorretta nelle modalità di sottoscrizione e gestione degli abbonamenti ai propri servizi.
In particolare, l’istruttoria, avviata nel dicembre 2024 a seguito di numerose segnalazioni da parte dei consumatori, ha condotto all’accertamento di una pratica commerciale articolata in quattro distinte condotte.
La prima riguarda l’informativa fornita ai consumatori circa i termini e le condizioni contrattuali, con particolare riferimento all’adesione, al rinnovo automatico, alla disdetta e al recesso anticipato dagli abbonamenti. Secondo quanto accertato dall’AGCM, la sottoscrizione del contratto avveniva esclusivamente in formato digitale mediante l’utilizzo di un tablet, sul quale era visibile unicamente lo spazio dedicato alla firma elettronica, senza che il testo contrattuale fosse mostrato. L’accesso al contenuto integrale del contratto era possibile solo su esplicita richiesta del consumatore. Tale modalità operativa si è rivelata idonea – ad avviso dell’AGCM – a pregiudicare la piena comprensione delle clausole contrattuali essenziali, ostacolando una scelta consapevole in fase di adesione.
La seconda condotta concerne l’omessa comunicazione preventiva della scadenza contrattuale e del funzionamento del meccanismo di rinnovo automatico degli abbonamenti. Fino al mese di luglio 2024, VAI non informava i consumatori dell’imminente rinnovo, così rendendo meno agevole l’esercizio tempestivo del diritto di disdetta. Anche dopo l’introduzione di comunicazioni via email o SMS, i messaggi trasmessi si limitavano a segnalare il rinnovo senza fornire indicazioni sull’incremento tariffario applicato, risultando così privi degli elementi informativi essenziali per orientare correttamente la decisione del consumatore in ordine alla prosecuzione del rapporto contrattuale.
La terza pratica contestata si riferisce appunto alla gestione poco trasparente degli aumenti tariffari intervenuti nel corso del 2024. Le comunicazioni rivolte alla clientela, spesso veicolate con toni promozionali, apparivano ambigue e prive di chiara indicazione dei nuovi importi e dei listini aggiornati. Per gli aumenti su base nazionale, l’informativa si limitava ad avvisi esposti nei centri, che non specificavano l’entità dell’incremento, segnalando soltanto un cambio nella denominazione degli abbonamenti.
La quarta condotta riguarda l’adozione di ostacoli all’esercizio della facoltà di risoluzione contrattuale per impossibilità sopravvenuta: VAI ha respinto numerose richieste di recesso motivate da cause legittime, rallentandone l’accoglimento con ripetute richieste di integrazione documentale e, in alcuni casi, trasferendo la pratica ad una società di recupero crediti per presunta morosità.
Tali comportamenti, risultando funzionalmente collegati tra loro, costituiscono una pratica commerciale scorretta ingannevole e aggressiva, dal carattere unitario e complesso, in grado di condizionare indebitamente la scelta del consumatore.
Il provvedimento in esame s'inserisce nel quadro dell’attività dell’AGCM di contrasto alle pratiche lesive della libertà di scelta e d’informazione del consumatore, ribadendo l’obbligo per gli operatori economici di adottare condotte trasparenti e rispettose dei diritti contrattuali degli utenti.
Matilde Giubilei
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Pratiche commerciali scorrette e intelligenza artificiale – L’AGCM avvia un’istruttoria nei confronti di DeepSeek in relazione al fenomeno delle c.d. allucinazioni
Il 16 giugno 2025, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti delle società cinesi Hangzhou DeepSeek Artificial Intelligence Co. Ltd. e Beijing DeepSeek Artificial Intelligence Co. Ltd. (congiuntamente DeepSeek), che gestiscono l'omonimo chatbot, basato su un modello d’intelligenza artificiale (IA). L'ipotesi è che DeepSeek abbia posto in essere una pratica commerciale scorretta, in violazione degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del consumo, omettendo d’informare adeguatamente gli utenti sul rischio che tale chatbot possa generare anche informazioni inesatte, fuorvianti o del tutto inventate – fenomeno noto nel settore dell’IA come “allucinazioni”.
Secondo l'AGCM, DeepSeek non fornirebbe un'informativa chiara, immediata e comprensibile su tale rischio. Mediante un’attività di pre-istruttoria, l’AGCM avrebbe verificato che nelle finestre di dialogo del servizio, l'unica avvertenza presente consisterebbe nella dicitura “AI-generated, for reference only”, mostrata peraltro solo in lingua inglese, anche quando l'utente interagisce con il sistema in italiano. Nell’ipotesi accusatoria formulata dall’AGCM, questa nota potrebbe essere eccessivamente generica e non idonea a rendere il consumatore medio consapevole del rischio di allucinazioni dell’IA.
Inoltre, l'AGCM avrebbe rilevato che nessuna informazione specifica su tale rischio sarebbe presente nelle pagine di primo contatto con l'utente, come l’homepage del sito, la pagina di registrazione o quella di accesso.
Sebbene le condizioni generali di DeepSeek menzionino la possibilità che gli output contengano errori o omissioni, l’AGCM ha osservato che tali termini sarebbero accessibili solo tramite un collegamento ipertestuale posto in fondo all’homepage, sotto la sezione “Legal & Safety”, e sarebbero disponibili unicamente in lingua inglese. Tale modalità non è stata prima facie considerata sufficiente a colmare la lacuna informativa.
L'AGCM pertanto contesta a DeepSeek l’omessa o insufficiente informativa su un elemento così essenziale, che potrebbe indurre gli utenti a fare un affidamento errato sull’attendibilità dei risultati forniti dall’IA, influenzando così le loro decisioni commerciali, come la scelta di utilizzare il servizio di DeepSeek anziché quello dei concorrenti. Tale omissione è considerata ancor più rilevante data la genericità degli ambiti di utilizzo del chatbot, che possono includere settori delicati come la salute, la finanza e il diritto.
Nel complesso, questo avvio d’istruttoria è utile a rammentare agli operatori di considerare attentamente le prescrizioni a tutela della trasparenza informativa a beneficio dei consumatori. Infatti, sebbene il fenomeno delle c.d. allucinazioni sia noto e affligga generalmente i chatbot basati sull’IA, l’AGCM sembra, allo stato, aver comunque ritenuto insufficienti le descritte avvertenze, in quanto contenute unicamente nei termini e condizioni della piattaforma.
Infine, si rileva che, diversamente da quanto normalmente avviene nell’ambito dei procedimenti a tutela dei consumatori, l’AGCM ha provveduto a pubblicare il provvedimento nel suo Bollettino ufficiale, in quanto sembrerebbe che la notifica del provvedimento di avvio, diretta a DeepSeek, non sia stata possibile.
Riccardo Ciani
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Appalti, concessioni e regolazione / Pubblica sicurezza e settore turistico-ricettivo – I “rischi” legati alle locazioni brevi non bastano a giustificare un obbligo per le strutture ricettive d’identificazione in presenza degli ospiti
Con la sentenza del 27 maggio 2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR Lazio) ha statuito che è illegittima una circolare del Ministero dell’Interno (il Ministero) che impone ai gestori delle strutture ricettive l’identificazione fisica e in presenza degli ospiti, in assenza di comprovate esigenze di tutela della pubblica sicurezza.
Il 18 novembre 2024, il Ministero ha adottato una circolare volta ad introdurre l’obbligo d’identificazione in presenza degli ospiti delle strutture alberghiere e ricettive (la Circolare). In particolare, in base alla Circolare, le questure sul territorio nazionale avrebbero dovuto accertare che i gestori delle strutture ricettive incontrassero fisicamente gli ospiti al momento della registrazione, in modo da effettuare un controllo sulla loro identità e sulla corrispondenza della persona al documento esibito.
Il Ministero ha motivato la Circolare con esigenze di pubblica sicurezza, specialmente a fronte del rischio terroristico e delle attuali tensioni internazionali, nonché della pressione esercitata dal Giubileo della Chiesa Cattolica sulle città italiane. Nello specifico, secondo il Ministero, la Circolare avrebbe attuato l’articolo 109 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), che impone ai gestori delle strutture ricettive d’identificare gli ospiti attraverso un documento d’identità.
La Federazione Associazioni Ricettività Extralberghiera (FARE) ha impugnato la Circolare di fronte al TAR Lazio.
FARE ha dedotto diversi motivi volti a dimostrare l’illegittimità della Circolare. Fra di essi, FARE ha sottolineato come la Circolare non fosse in attuazione del TULPS, ma piuttosto in contrasto con esso, nonché l’inidoneità dell’identificazione fisica degli ospiti a scongiurare i rischi per l’ordine pubblico. FARE ha anche lamentato un conflitto fra la Circolare e il diritto della concorrenza, in quanto la Circolare penalizzerebbe i gestori più piccoli, che non hanno le risorse per effettuare l’identificazione in presenza e si affidano invece a strumenti digitali.
Preliminarmente, il TAR Lazio ha dichiarato il ricorso ammissibile.
Sebbene, infatti, la Circolare fosse rivolta alle questure, e non direttamente ai gestori delle strutture ricettive, il TAR Lazio ha rilevato come essa non costituisca un mero atto interpretativo del TULPS, ma vada a creare un vero e proprio obbligo per gli operatori. Facendo riferimento ad una giurisprudenza consolidata, il TAR Lazio ha precisato come una circolare sia immediatamente impugnabile quando essa impone prescrizioni “immediatamente e direttamente lesive”.
Nel merito, il TAR Lazio ha accolto il ricorso sulla base dei motivi dedotti da FARE.
In primo luogo, il TAR Lazio ha confermato che la Circolare non attua l’articolo 109 del TULPS, ma anzi lo viola. Infatti, a seguito di una riforma del TULPS del 2011, il legislatore ha rimosso l’obbligo d’ottenere la firma dell’ospite, mantenendo solo l’obbligo di verificare che l’ospite sia dotato di documento di identità e di trasferire gli estremi di quest’ultimo alla questura competente. In altre parole, ad avviso del TAR Lazio la Circolare va a reintrodurre adempimenti amministrativi che la riforma del 2011 ha voluto eliminare.
In secondo luogo, il TAR Lazio ha anche sottolineato come l’obbligo d’identificazione in presenza degli ospiti non garantisce una maggior tutela della pubblica sicurezza, dato che, dopo l’identificazione, l’ospite potrebbe comunque dare accesso alla struttura ad un soggetto terzo. In ogni caso, il Ministero non ha motivato circa la proporzionalità della misura in relazione agli interessi dei gestori, adducendo giustificazioni troppo generali legate al fenomeno delle locazioni brevi, senza spiegare come queste incidano negativamente sulla sicurezza pubblica.
Massimiliano Gelmi
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Giustizia europea / Ricorsi diretti alla Corte di Giustizia e settore del tabacco – A seguito di un tentato ricorso diretto di British American Tobacco, l’AG Emiliou propone di rivisitare il test Plaumann
L'Avvocato Generale Emiliou (AG), il 12 giugno 2025, ha adottato le proprie conclusioni nella causa C-731/23 P, riguardante il ricorso da parte di sei società del gruppo British American Tobacco (le Ricorrenti) contro la Direttiva Delegata (UE) 2022/2100 (la Nuova Direttiva), adottata dalla Commissione europea.
La Nuova Direttiva ha revocato alcune esenzioni relative ai prodotti a base di tabacco riscaldato precedentemente previste dalla Direttiva 2014/40/UE (la Precedente Direttiva). Le Ricorrenti, attive in questo settore, ne avevano chiesto l’annullamento, sostenendo d’essere colpite in modo diretto dalla Nuova Direttiva, ma il Tribunale dell’Unione europea (il Tribunale) aveva, con ordinanza, dichiarato il loro ricorso inammissibile, ritenendo che mancasse il requisito dell’interesse individuale (l’Ordinanza).
Ricostruendo brevemente i fatti della vicenda, in virtù della Precedente Direttiva erano vietati i prodotti a base di tabacco con aromi caratterizzanti; tuttavia, erano previste delle esenzioni per alcune categorie di prodotti, tra cui quelli a base di tabacco che non fossero le comuni sigarette. Allo stesso tempo, la Precedente Direttiva autorizzava (artt. 7 e 11) la Commissione ad adottare atti delegati per revocare tali esenzioni, in caso di cambiamenti sostanziali delle circostanze. Sulla base di una relazione pubblicata il 15 giugno 2022, che attestava un cambiamento significativo nel mercato dei prodotti del tabacco riscaldato, la Commissione ha adottato, il 29 giugno 2022, la Nuova Direttiva, la quale ha revocato le esenzioni previste in precedenza. Di conseguenza, dal 23 ottobre 2023, i prodotti a base di tabacco riscaldato sono stati sottoposti alle stesse restrizioni applicabili ai prodotti a base di tabacco genericamente definiti. Le Ricorrenti, dopo aver infruttuosamente agito dinanzi al Tribunale, hanno proposto appello avanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE), chiedendo l’annullamento, in via preliminare, dell’Ordinanza, nonché della Nuova Direttiva.
Nelle sue conclusioni, l’AG ha esaminato la consolidata giurisprudenza che trae origine dalla sentenza C-25/62 (c.d. giurisprudenza Plaumann), alla base dell’Ordinanza. Secondo la giurisprudenza Plaumann, un soggetto può essere considerato “individualmente interessato” da un atto dell’UE solo se esso lo riguarda in virtù di caratteristiche peculiari o da circostanze che rendano la sua condizione unica. L’AG ha riconosciuto che quest’interpretazione è formalmente coerente con l’articolo 263 co. 4 TFUE, il quale prevede la possibilità per ogni persona fisica o giuridica di proporre ricorso contro atti – regolamentari e non – che le riguardi direttamente, ma ritiene che nella prassi essa sia stata applicata in modo eccessivamente rigido, con conseguenze negative per l’accesso alla giustizia da parte dei soggetti privati.
Il parere dell’AG propone una rilettura sistematica e più flessibile della giurisprudenza Plaumann, nella quale l’interesse individuale dovrebbe essere riconosciuto anche in casi in cui l’atto impugnato, pur rivolgendosi a una categoria generale di soggetti, abbia effetti sostanziali, distintivi o diretti su un gruppo identificabile – il cosiddetto “closed group” – tale da giustificare il diritto dei soggetti appartenenti a quest’ultimo di agire direttamente dinanzi ai giudici di Lussemburgo. In particolare, l’AG rileva che le Ricorrenti erano tra i principali operatori del mercato dei prodotti a base di tabacco riscaldato, avevano investito ingenti risorse nello sviluppo e nella distribuzione di questi prodotti, ed erano state coinvolte nella fase di raccolta dati della Commissione. Pertanto, secondo l’AG, le imprese Ricorrenti non solo erano identificabili al momento dell’adozione della Nuova Direttiva, ma anche particolarmente colpite da essa per via della loro posizione di mercato.
Per tali ragioni, l’AG ha invitato il Tribunale ad annullare l’Ordinanza, dichiarando fondato il ricorso delle Ricorrenti, abbandonare l’idea che solo una categoria chiusa e immutabile nel tempo di destinatari possa essere legittimata a ricorrere, e proponendo quindi che si tenga conto della natura dell’impatto subito, del ruolo procedurale dei potenziali ricorrenti e del contesto economico in cui operano. In conclusione, l’AG invita la CGUE a cogliere l’occasione per aggiornare e chiarire la giurisprudenza sul tema, ampliando il perimetro della legittimazione ad agire dei privati contro atti normativi della UE di portata generale.
Giacomo Perrotta