Diritto della concorrenza - Europa / Concentrazioni e settore dei prodotti lubrificanti – L’AG Medina si esprime sullo standard probatorio per l’annullamento di una decisione di autorizzazione di una concentrazione da parte della Commissione
Con le conclusioni dello scorso 15 maggio 2025, l’Avvocato Generale Medina (AG) ha preso posizione sul ricorso, attualmente pendente dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE), con cui la società Polwax S.A. (Polwax) ha contestato l’autorizzazione di una concentrazione da parte della Commissione europea (la Commissione).
La causa trae origine dalla decisione della Commissione del 14 luglio 2020 (la Decisione), con cui è stata approvata, subordinatamente al rispetto di determinati impegni, la concentrazione tra i gruppi Orlen e Lotos, attivi nella raffinazione e commercializzazione di combustibili e prodotti correlati. Secondo Polwax, società attiva nella produzione di cere e paraffine, la concentrazione avrebbe potuto compromettere il suo accesso alla paraffina molle, materia prima essenziale per la propria attività, con conseguente rischio di preclusione all’accesso del mercato.
La Decisione era stata confermata dal Tribunale dell’Unione europea (il Tribunale) con la sentenza del 14 giugno 2023, nella quale era stato respinto il ricorso proposto da Polwax. Secondo il Tribunale, la Commissione aveva correttamente ritenuto che l’operazione non comportasse rischi concorrenziali significativi, anche in considerazione della presenza di alternative nel mercato internazionale della paraffina molle.
Polwax ha quindi impugnato la sentenza del Tribunale dinanzi alla CGUE, deducendo, tra l’altro, che il Tribunale avrebbe erroneamente richiesto alla ricorrente di fornire “indizi seri” a sostegno della censura relativa all’errata definizione del mercato rilevante a monte. In particolare, secondo Polwax, tale onere probatorio sarebbe eccessivo, in quanto imporrebbe a un terzo interessato nel procedimento di concentrazione un obbligo assimilabile a quello gravante sulla Commissione.
Nelle sue conclusioni, l’AG Medina ha proposto alla CGUE di respingere l’impugnazione, confermando l’impostazione del Tribunale. Richiamando la giurisprudenza consolidata (in particolare le sentenze easyJet e Niki Luftfahrt), l’AG ha evidenziato che, quando un ricorrente contesta l’omessa valutazione di un problema concorrenziale, questi è tenuto a fornire “indizi seri” che dimostrino, in modo tangibile, l’esistenza del problema e la necessità che esso fosse esaminato dalla Commissione.
L’AG ha inoltre precisato che il ricorrente deve: (i) identificare i mercati interessati, (ii) descrivere la situazione concorrenziale in assenza di concentrazione; e (iii) indicare i probabili effetti dell’operazione. A tal fine, possono essere utilizzate informazioni simili, per volume e contenuto, a quelle richieste nella sezione 6 del formulario CO, allegato al Regolamento (CE) n. 802/2004.
Nel caso in esame, la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare, mediante elementi attendibili e verificabili, l’insufficiente sostituibilità tra i diversi tipi di paraffina molle (leggera, media, pesante) sia sul versante della domanda, mostrando un’assenza di sostituibilità da parte dei clienti in caso di aumento di prezzo, sia su quello dell’offerta, provando l’impossibilità di conversione produttiva da parte dei fornitori.
L’AG ha inoltre chiarito che l’onere in questione non implica che l’impresa debba replicare un’analisi completa e sistematica del mercato, attività che resta di competenza della Commissione, ma che essa è comunque tenuta a presentare argomentazioni supportate da dati oggettivi, tali da mettere in discussione la plausibilità della valutazione compiuta dalla Commissione. Non è sufficiente, dunque, affermare in modo generico che la definizione del mercato sia errata. La ricorrente era tenuta, quanto meno, a presentare indizi “seri”, ossia attendibili, verificabili e oggettivi, idonei a dimostrare che una definizione più limitata del mercato risultasse chiaramente necessaria.
Alla luce di tali considerazioni, l’AG ha concluso che il Tribunale ha correttamente applicato il criterio degli “indizi seri” e che Polwax non ha assolto l’onere probatorio richiesto, né quanto alla definizione del mercato, né quanto alla dimostrazione di un effettivo problema concorrenziale derivante dalla concentrazione approvata.
Trattandosi della prima volta in cui la CGUE è chiamata ad esprimersi in via pregiudiziale sullo standard probatorio a carico di terzi ricorrenti in materia di concentrazioni, l’esito della pronuncia potrà avere un impatto rilevante sulla prassi giurisprudenziale futura in questo ambito.
Matilde Giubilei
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Intese e settore calcistico – L’AG Emiliou ritiene compatibile con l’articolo 101 un accordo no poach adottato dall’associazione calcistica portoghese e da varie squadre nazionali per far fronte alla pandemia di COVID-19
Il 15 maggio 2025, l’Avvocato Generale Emiliou (AG) si è espresso, con le sue conclusioni, in merito alla compatibilità con il diritto della concorrenza di un accordo no poach, concluso da alcune società calcistiche durante la pandemia da COVID-19.
La vicenda è sorta nel 2020 quando, a seguito dello scoppio della pandemia, in Portogallo, i campionati di calcio della prima e seconda divisione sono stati sospesi a tempo indeterminato. Nelle more della sospensione, la Liga Portuguesa de Futebol Profissional (ossia l’associazione delle squadre di calcio che disciplina il calcio professionistico in Portogallo), le società partecipanti alla prima divisione e altre partecipanti alla seconda diramavano un comunicato stampa. In esso, le società annunciavano che – per tutta la durata del campionato in corso, ancorché sospeso – non avrebbero assunto calciatori che, in quel periodo, avessero risolto unilateralmente il loro contratto di lavoro con un’altra società.
L’autorità portoghese a tutela della concorrenza sanzionava quindi le società, ritenute colpevoli d’aver concluso un accordo di ripartizione delle fonti d’approvvigionamento di manodopera, in violazione dell’articolo 101 TFUE. A seguito del ricorso delle società, il tribunale adito sollevava alcune questioni pregiudiziali innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), domandando (i) se tale specifico accordo, pur se concluso in condizioni così particolari, fosse qualificabile come una restrizione della concorrenza per oggetto, (ii) se ad esso fosse applicabile la giurisprudenza Meca-Medina (nella misura in cui un accordo deve perseguire obiettivi contenuti nei Trattati UE affinché tale giurisprudenza – che esenta alcune intese dal rispetto rigido delle regole di concorrenza – possa operare) e, in caso positivo, se l’accordo fosse compatibile con l’articolo 101 TFUE (nella misura in cui un accordo, oltre alla menzionata promozione di obiettivi legittimi, per poter essere esentato, deve anche essere realmente necessario al raggiungimento di tali obiettivi e non eliminare totalmente la concorrenza nel mercato di riferimento).
Con riferimento al primo quesito sub (i), l’AG ha precisato che qualsiasi patto con cui due o più imprese, concorrenti attuali o potenziali, si impegnano a non assumere o sollecitare il personale l’una dell’altra, a meno che esso non sia accessorio a una legittima operazione, è prima facie restrittivo della concorrenza per oggetto. Ciò chiarito, secondo l’AG, nel caso specifico l’accordo fra le società portoghesi, in ragione della sua specialità, non rientra in tale categoria per tre ordini di motivi. In primis, esso ha garantito il mantenimento dell’integrità e dell’equità del torneo, impedendo alle squadre più ricche di falsare l’andamento della competizione rafforzandosi nelle more della sospensione. In aggiunta, l’AG ricorda che le leghe sportive non funzionano come mercati tradizionali: i profitti di ciascun club non sono unicamente legati al successo della singola società, ma dipendono dal mantenimento di un generale livello di competitività tra squadre, a cui il patto ha contribuito. Infine, in assenza della prova di un danno causato ai consumatori dall’accordo, proporre un’azione ai sensi dell’articolo 101 TFUE per un danno causato ai lavoratori richiede un’accurata spiegazione “del modo in cui le questioni di lavoro interagiscono con quelle della concorrenza”, spiegazione assente nel caso di specie.
In relazione al secondo quesito sub (ii), secondo l’AG, l’accordo ha anche soddisfatto i requisiti di compatibilità con l’articolo 101 TFUE in applicazione della giurisprudenza Meca-Medina. Precisamente, il patto no poach ha perseguito l’obiettivo legittimo d’interesse generale di promozione dell’equità nelle competizioni sportive (previsto dall’articolo 165 TFUE), è stato “realmente necessario” a tal fine e non ha determinato l’eliminazione totale della concorrenza (in ragione della sua limitata applicazione temporale, geografica e personale).
È peculiare che l’AG abbia impostato le proprie conclusioni mantenendo la struttura concettuale dei quesiti proposti del tribunale del rinvio; non è infatti scontato che l’analisi di un’intesa in applicazione della giurisprudenza Meca-Medina debba necessariamente essere subordinata ad una previa verifica volta a qualificare la stessa intesa restrittiva per oggetto (o meno). Inoltre, il menzionato requisito della necessaria “accurata spiegazione”, in assenza d’effetti dannosi dell’intesa sui consumatori, andrebbe chiarito, rappresentando una novità nelle analisi di anticoncorrenzialità per oggetto. Non resta che attendere la pronuncia della CGUE, per scoprire se essa raccoglierà gli spunti introdotti dalle conclusioni dell’AG.
Riccardo Ciani
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Diritto della concorrenza - Italia / Abusi e settore delle piattaforme digitali – L’AGCM ha chiuso con impegni il procedimento avviato nei confronti di Meta per un possibile abuso di dipendenza economica
Lo scorso 6 maggio 2025, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha accettato gli impegni presentati da alcune società del gruppo Meta (Meta) in relazione ad un contestato abuso di dipendenza economica nei confronti dell’organismo di gestione collettiva Società Italiana Autori ed Editori (SIAE e, congiuntamente a Meta, le Parti). Nel 2023, l’AGCM aveva infatti avviato un’istruttoria per stabilire eventuali profili di illiceità della condotta di Meta nel contesto del rinnovo degli accordi di licenza per l’utilizzo, sulle piattaforme social di Meta, dei brani musicali oggetto di tutela da parte di SIAE.
La vicenda nasce dall’infruttuosa negoziazione tra le Parti del rinnovo del Music Right Agreement, riguardante la raccolta dei brani musicali all’interno dell’Audio Library delle piattaforme social di Meta (le Piattaforme). L’Audio Library è una funzione delle Piattaforme che mette a disposizione degli utenti dei brani musicali da poter utilizzare per la creazione di contenuti pubblicabili sulle Piattaforme stesse. Successivamente al mancato raggiungimento dell’accordo tra le Parti, ed in assenza di un accordo ponte, Meta era stata costretta a rimuovere dall’Audio Library i brani tutelati da SIAE, in modo tale da non ledere i diritti di SIAE connessi ai brani in questione.
A seguito della segnalazione di SIAE, l’AGCM ha avviato la menzionata istruttoria, adottando quindi delle misure cautelari per: (i) ripristinare nell’immediato le trattative interrotte; (ii) rendere obbligatorio l’invio di informazioni adeguate per ristabilire l’equilibrio dei rapporti commerciali tra le Parti e; (iii) predisporre un accordo transitorio in attesa della definizione dei termini dell’accordo definitivo (Provvedimento Cautelare).
Il Provvedimento Cautelare veniva impugnato da Meta, prima di fronte al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, che ha respinto il ricorso di Meta, e successivamente al Consiglio di Stato (CdS), il quale ha invece annullato in toto il Provvedimento Cautelare (con sentenza già oggetto di commento in questa Newsletter). In particolare, il CdS ha motivato la sua decisione stabilendo che:
- non vi fossero i requisiti del fumus bonis iuris e del periculum in mora tali da giustificare il Provvedimento Cautelare;
- Meta non avesse abbandonato le trattative per sua colpa e che le informazioni fornite a SIAE fossero sufficienti;
- non vi fossero effetti preclusivi della concorrenza connessi alla condotta, bensì una erronea applicazione dell’articolo 9 della Legge 182/1998 che, a seguito di un aggiornamento del 2022, introduce una presunzione di dipendenza economica nei confronti delle piattaforme digitali che offrono servizi di intermediazione.
A valle della sentenza del CdS, intervenuta a luglio 2024, a dicembre 2024 l’AGCM ha prorogato i termini di chiusura del procedimento principale. Stante il carattere eccezionale del procedimento, si è riaperta la finestra per la proposizione di impegni e Meta ha presentato, per la seconda volta, degli impegni, dopo che nel 2023 una prima proposta era stata rigettata.
Gli impegni in questione, mirano essenzialmente a garantire, qualora Meta sia interessata a certi diritti musicali per la sua Audio Library e decida di intraprendere una negoziazione per la concessione in licenza dei relativi diritti d’autore:
- una negoziazione degli accordi di licenza con tempistiche rapide e seguendo il principio di buona fede, sia nell’eventualità di un accordo ex novo, sia di un rinnovo, fornendo chiarimenti qualora richiesti e rendendosi disponibile, nel caso di rinnovo, ad accordi transitori qualora non si trovi un accordo prima del termine della precedente licenza;
- la fornitura delle informazioni rese disponibili agli altri titolari dei diritti sulle opere musicali in Europa con cui Meta si accorda per il medesimo fine.
Meta ha assicurato l’attuazione di tali impegni entro 15 giorni dall’eventuale accettazione da parte dell’AGCM, promettendo anche successivi aggiornamenti a cadenza annuale sulla compliance. A valle del market test, Meta ha modificato i suoi impegni, ampliandone l’oggetto.
Alla luce di queste modifiche, l’AGCM ha ritenuto gli impegni idonei e li ha resi obbligatori.
La vicenda, nel suo complesso, è certamente caratterizzata da vari aspetti di unicità, essendo la prima volta in cui il l’AGCM applica la nuova disciplina sulla presunzione della dipendenza economica per le piattaforme digitale, ed essendo uno di quei rari casi in cui si è data la possibilità ad una società di presentare nuovamente impegni dopo che gli stessi erano stati rigettati.
Giacomo Perrotta
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Intese e settore degli imballaggi – Il CdS ha dichiarato inammissibile la revocazione proposta da Pro-Gest S.p.A. e alcune sue controllate nei confronti di una sentenza nell’ambito del cartello del cartone ondulato
Con la sentenza del 14 maggio 2025, il Consiglio di Stato (CdS) ha definito un ennesimo giudizio di revocazione in relazione alla vicenda che interessa il cartello nel mercato del cartone ondulato e le sanzioni che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva irrogato a carico delle varie società che avevano commesso l’illecito.
Nella vicenda in esame, la società Pro-Gest S.p.A. (Pro-Gest) e altre società appartenenti al medesimo gruppo avevano promosso il giudizio di revocazione contro la sentenza del 22 marzo 2023 che, da un lato, aveva confermato la sussistenza dell’illecito anticoncorrenziale e, dall’altro, aveva annullato la quantificazione della sanzione applicata nei loro confronti e ordinato all’AGCM di procedere alla sua rideterminazione.
In tale contesto, Pro-Gest ha contestato la sentenza del CdS, prospettando la commissione di tre diversi errori di fatto ai sensi dell’articolo 395 n. 4 del codice di procedura civile: (i) l’erronea supposizione che la società Pro-Gest detenesse una partecipazione totalitaria al capitale della società Ondulati Maranello S.r.l. e, conseguentemente, l’erronea attribuzione a Pro-Gest della responsabilità della commissione in concreto dell’infrazione ad opera della controllata, in base alla giurisprudenza in materia di parental liability; (ii) l’omessa pronuncia sulle argomentazioni delle parti in ordine al tema del nesso di complementarietà tra le condotte costitutive delle diverse infrazioni; (iii) l’omessa considerazione degli elementi dedotti da Pro-Gest per escludere l’addebito delle violazioni asseritamente poste in essere dalla società Ondulati Giusti prima dell’acquisizione di partecipazioni in questa – e, specificamente, per le infrazioni realizzate tra il 2004 e il 2014.
Il CdS ha dichiarato inammissibile il primo motivo di revocazione. Secondo il CdS, anche ammettendo che al momento della pronuncia non sussistesse la detenzione totalitaria del capitale – e che pertanto, in effetti, fossero integrati gli estremi del c.d. “abbaglio dei sensi” che tipicamente caratterizza l’errore revocatorio – comunque ciò non costituiva un errore su un punto decisivo della controversia. Ciò in quanto la partecipazione al capitale non rivestiva, sempre secondo il CdS, un’importanza determinante, alla luce di altri elementi – quali la mancata dimostrazione di un’assenza di coordinamento e di una piena autonomia decisionale della controllata rispetto alla controllante – che egualmente comportavano l’esistenza di un’unica impresa fra le due società, tanto da legittimare l’imputazione degli illeciti della società figlia alla società madre.
Il secondo motivo è stato parimenti dichiarato inammissibile. In ordine al mancato esame degli elementi addotti dalle parti ricorrenti e alla luce dei quali le condotte contestate, anziché comporre due separate intese, avrebbero integrato una violazione unica e continuata in base all’unicità di scopo delle condotte, il CdS ha rilevato che tali deduzioni non fossero state ignorate, bensì avessero formato oggetto di una valutazione che risultava implicitamente nella sentenza “da un’affermazione decisoria di segno contrario e incompatibile”. Ciò non equivarrebbe affatto alla fattispecie dell’omessa pronuncia, che implica al contrario la manifesta esclusione di un punto controverso.
Infine, anche il terzo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile, richiamando quanto già espresso nella precedente sentenza del CdS n. 2161/2024 - anch’essa una revocazione nel contesto dell’intesa in questione e già oggetto di commento in questa Newsletter. Infatti, avendo parzialmente accolto il ricorso in sede di appello in punto di rideterminazione della sanzione, il CdS non avrebbe affatto omesso di pronunciarsi bensì, tenendo conto della totalità delle doglianze avanzate dalle parti, avrebbe adottato una pronuncia di accoglimento implicito in relazione a tutti i profili avanzati (incluso quello ricompreso nel terzo motivo di revocazione).
Maria Elena Ardita
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Concentrazioni e settore del trasporto navale – Il TAR Lazio ha annullato il provvedimento con cui l’AGCM autorizzava con impegni la concentrazione fra Terminal San Giorgio S.r.l. e Ignazio Messina & C. S.p.A.
Con la sentenza dello scorso 12 maggio 2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR Lazio) ha accolto il ricorso presentato da Grimaldi Euromed S.p.A. (Grimaldi) per l’annullamento del provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva autorizzato con impegni la proposta di acquisizione di Terminal San Giorgio S.r.l. (TSG), impresa che gestiva un terminal per conto terzi presso il porto di Genova, da parte di Ignazio Messina & C. S.p.A. (IM&C, congiuntamente a TSG le Parti), impresa anch’essa attiva inter alia nella gestione di un terminal nel medesimo porto, nonché nei servizi di trasporto marittimo di merci (complessivamente, l’Operazione). IM&C è inoltre soggetta al controllo congiunto di Gruppo Messina S.p.A. (il Gruppo Messina) e di Marinvest S.r.l. (Marinvest), società del gruppo MSC (il Gruppo MSC).
Il TAR Lazio ha ritenuto inadeguati gli impegni proposti dalle Parti e accolti dall’AGCM ai fini dell’autorizzazione condizionata dell’Operazione (già oggetto di commento in questa Newsletter).
In particolare, in merito a tali impegni, il TAR Lazio ha evidenziato che:
(i) le modifiche al patto parasociale tra Gruppo Messina e Marinvest, volte a modificare la governance di IM&C per trasformare l’Operazione in un acquisto di controllo esclusivo da parte di Gruppo Messina e ridurre la trasparenza informativa in favore di Marinvest (escludendo quindi l’accesso da parte di quest’ultima a informazioni commercialmente sensibili di Grimaldi), non sono efficaci. Sebbene tali modifiche prevedano che la gestione delle attività terminalistiche sia affidata esclusivamente al Gruppo Messina, gli amministratori incaricati della gestione sono nominati previa consultazione con Marinvest. Secondo il TAR Lazio, ciò comporta un rischio di allineamento degli amministratori agli interessi del Gruppo MSC (che controlla altre società operanti nel porto di Genova, quali Grandi Navi Veloci S.p.A. (GNV) e Stazioni Marittime) concorrente di Grimaldi, che pertanto poteva venire penalizzato nella gestione dei terminal di TSG nel porto di Genova;
(ii) gli obblighi di non discriminazione nell’accesso ai servizi di TSG e (iii) le garanzie di accesso a favore di Grimaldi, che prevedono il mantenimento per un periodo di due anni delle attuali condizioni di accesso ai servizi terminalistici (incluse tariffe e approdi) forniti da TSG a Grimaldi, sono meramente temporanei. In sostanza, la sospensione per due anni degli effetti anticoncorrenziali della concentrazione si traduce in un mero rinvio della problematica, che si ripresenterebbe al termine del biennio.
Oltre all’insufficienza delle condizioni, il TAR Lazio ha riscontrato vizi nella definizione del mercato geografico e nella valutazione degli effetti della concentrazione da parte dell’AGCM. In particolare:
(i) con riferimento alla delimitazione del mercato geografico, il TAR Lazio ha criticato l’inclusione, da parte dell’AGCM, di porti quali Marina di Carrara e Savona/Vado Ligure come sostituibili rispetto a Genova. Infatti, secondo le valutazioni del TAR, Marina di Carrara non è in grado di ricevere le nuove navi impiegate da Grimaldi, se non con costi significativamente maggiori, mentre Savona/Vado è affetto da saturazione degli spazi e quindi non rappresenta un’alternativa effettiva. Di conseguenza, Genova costituisce l’unico sbocco portuale accessibile per Grimaldi e l’Operazione rafforzerebbe il controllo su tale unico accesso;
(ii) in merito agli effetti orizzontali dell’Operazione, il TAR Lazio ha rilevato che dopo la concentrazione si verificherebbe una riduzione della pressione concorrenziale dato che nel porto di Genova si passerebbe da tre terminalisti (Stazioni Marittime, TSG e IM&C) a due. Su questo punto, peraltro, incide il precedente vizio rilevato circa la definizione del mercato geografico rilevante: qualora si considerasse unicamente il traffico rotabili del porto di Genova, escludendo Savona/Vado Ligure e Marina di Carrara, la quota di mercato riconducibile al Gruppo Messina risulterebbe significativamente più elevata;
(iii) infine, quanto agli effetti verticali, il TAR Lazio ha rilevato un concreto rischio di esclusione (input foreclosure): Grimaldi, concorrente diretto di GNV (società del Gruppo MSC), opera proprio sulle banchine gestite da TSG. Dopo l’Operazione, il terminal passerebbe sotto il controllo congiunto di due gruppi concorrenti (Messina e MSC), creando incentivi a ostacolare l’accesso di Grimaldi, anche attraverso aumenti di costi, limitazioni di spazio o altre forme di discriminazione indiretta.
Il TAR Lazio ha dunque annullato l’autorizzazione alla concentrazione, ordinando all’AGCM di compiere nuovamente l’istruttoria e adottare un nuovo provvedimento che tenga conto dei vizi rilevati. Nel frattempo, l’efficacia dell’atto impugnato è conservata, per evitare un vuoto regolatorio e tutelare l’interesse della parte ricorrente, in attesa del nuovo intervento dell’AGCM. Non resta quindi che attendere il nuovo provvedimento.
Numa Blondi
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