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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 06 novembre 2023

Diritto della concorrenza – Italia / Intese e settore degli strumenti di misurazione dell’acqua ed energia – Il Consiglio di Stato ha confermato la sanzione dell’AGCM per un’intesa restrittiva nel settore dei contatori idrici

Con la sentenza del 31 ottobre 2023 (la Sentenza), il Consiglio di Stato (il CdS) ha respinto il ricorso proposto da Maddalena S.p.A. (Maddalena) avverso la pronuncia del TAR Lazio (il TAR) che aveva confermato la sanzione irrogata nel 2022 dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) per un’intesa segreta.

I fatti traggono origine da una segnalazione anonima del 2018 (la Segnalazione) con cui si denunciava un cartello tra alcune società produttrici di contatori idrici (le Società) finalizzato alla spartizione delle commesse pubbliche. In particolare, stando alla segnalazione, a ogni Società erano allocati alcuni clienti, sicché per le gare relative a clienti diversi da quelli che erano preassegnati le Società presentavano offerte di facciata, in modo da favorire l’aggiudicazione alla Società “designata”.

A seguito di tale segnalazione, nel 2019 l’AGCM avviava un’istruttoria nei confronti di Maddalena e altre società, conclusasi nel febbraio 2022 con l’accertamento di un’intesa unica, complessa e continuata nel periodo che andava dal 2011 al 2019, e l’irrogazione di pesanti sanzioni.

Maddalena impugnava tale provvedimento innanzi al TAR lamentando, tra l’altro, la presunta tardività dell’avvio dell’istruttoria da parte dell’AGCM, l’errata definizione del mercato rilevante e la mancanza di prove sufficienti a dimostrare la sussistenza dell’intesa. Il TAR respingeva il ricorso e Maddalena proponeva appello al CdS reiterando le proprie doglianze.

Il CdS ha ora interamente confermato la correttezza dell’operato dell’AGCM. In primo luogo, ha ritenuto tempestivo l’avvio del procedimento, rigettando la tesi di Maddalena – secondo cui il dies a quo per il computo del termine di avvio dell’istruttoria avrebbe dovuto essere il giorno in cui la Segnalazione era stata ricevuta – poiché la Segnalazione conteneva mere notizie generiche che andavano suffragate, come poi avvenuto, da ulteriori acquisizioni in fase preistruttoria.

Quanto al mercato rilevante, Maddalena lamentava l’illegittimità della definizione di mercato circoscritta solo ad alcuni lotti di gara, contestando all’AGCM un’operazione sostanzialmente di c.d. cherry-picking per avere valorizzato unicamente i lotti in relazione ai quali le evidenze a sua disposizione erano conformi alla propria tesi accusatoria. Il CdS ha però ritenuto corretta la selezione da parte dell’AGCM delle sole gare che presentavano elementi di anomalia nelle offerte, ribadendo il consolidato principio che, in relazione alle fattispecie di cartello, l’ampiezza e l’oggetto dell’intesa permette di definire il mercato.

Sulla prova dell’intesa, il CdS ha invece ritenuto pienamente utilizzabile la Segnalazione, i cui contenuti avevano trovato sostanziale riscontro negli atti di gara. In particolare, le conversazioni WhatsApp e le e-mail acquisite in ispezione e relative ad interazioni tra i dirigenti delle Società documentavano in modo chiaro i contatti illeciti tra le imprese, così come la prosecuzione dell’intesa nel tempo.

Il CdS ha dunque confermato la correttezza dell’operato dell’AGCM e la solidità dell’impianto accusatorio, respingendo le doglianze della società sanzionata.

Sindri Federico Garces Lambert

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Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e settore energetico – Il Consiglio di Stato ha confermato la sanzione imposta a Green Network dall’AGCM per pratiche commerciali scorrette

Con la sentenza pubblicata lo scorso 31 ottobre, il Consiglio di Stato (il CdS) ha respinto il ricorso proposto da Green Network S.p.A. (GN) nei confronti della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR) che a sua volta aveva confermato la decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) che aveva sanzionato GN per pratiche commerciali scorrette nell’ambito della fornitura di gas ed elettricità ai consumatori.

In particolare, secondo l’AGCM, GN aveva attivato forniture non richieste di energia elettrica e gas naturale in assenza di una manifestazione di volontà dei consumatori, diffuso informazioni ingannevoli o omissive, nonché ostacolato il diritto di recesso dei consumatori. Inoltre, GN non aveva acquisito il consenso espresso ed informato del consumatore a confermare la propria volontà di addivenire alla sottoscrizione del contratto di fornitura mediante l’utilizzo di un supporto durevole, né consegnato ai consumatori la registrazione della telefonata e il modulo per il recesso, senza in ogni caso aver chiarito le modalità e i tempi per effettuarlo. Per questi motivi l’AGCM aveva irrogato una sanzione complessiva di 340.000 Euro.

Durante il giudizio di primo grado, nel quale GN aveva chiesto l’annullamento, ed in subordine la riduzione della sanzione, l’AGCM, con un ulteriore provvedimento (in autotutela) aveva ridotto la sanzione a complessivi 255.000 Euro, accogliendo l’istanza di riesame presentata da GN, secondo la quale, per stabilire il quantum della sanzione era stato erroneamente preso in considerazione il fatturato della società holding del Gruppo Green Network, anziché quello della società sanzionata. Nonostante ciò, quest’ultimo provvedimento dell’AGCM era stato nuovamente impugnato con ricorso per motivi aggiunti da GN. Il TAR, con sentenza n. 9763/2020, aveva tuttavia respinto il ricorso (come integrato da motivi aggiunti relativi al nuovo provvedimento) e confermato quanto stabilito dall’AGCM.

GN aveva quindi appellato la sentenza del TAR, riproponendo in sostanza i motivi addotti in primo grado invocando, inter alia, (i) l’insussistenza dell’illecito e il travisamento dei fatti; (ii) la mancanza di imputabilità soggettiva; e (iii) la mancanza dei presupposti in fatto e in diritto.

Il CdS nel respingere integralmente il ricorso di GN, ha in primo luogo rilevato che nel settore della fornitura di servizi di energia si deve tenere conto che il relativo mercato era, all’epoca dei fatti, “di recente liberalizzazione” e con una forte asimmetria informativa a discapito del consumatore – tutti elementi che ben esigono “uno standard di diligenza rafforzato in capo al professionista”. Al contrario, le evidenze raccolte dall’AGCM denotavano una gestione non in linea con tale standard, con numerosi episodi di attivazione di forniture nella totale mancanza di manifestazione di volontà ovvero in base a firme disconosciute o di altri familiari (spesso soggetti deboli).

Il CdS, in merito al secondo motivo di appello, ha affermato che a nulla rilevava il fatto che le condotte in questione erano state materialmente tenute da soggetti terzi – cosiddetti “procacciatori” – in quanto (i) è obbligo del professionista esercitare, con la stessa diligenza qualificata a lui richiesta, un assiduo e puntuale controllo sui soggetti di cui si avvale; e (ii) i vantaggi della condotta erano ad ogni modo riconducibili al professionista. Il sistema di controlli è stato ritenuto assolutamente inadeguato, e la remunerazione basata sul raggiungimento di soglie di contratti stipulati aveva persino incentivato la condotta aggressiva degli agenti.

Il CdS afferma, inoltre, che in tema di c.d. “teleselling” la mera richiesta di un generico consenso alla registrazione della chiamata non equivale al requisito di informazione della modalità alternativa di conclusione del contratto richiesta dal Codice del Consumo (D.Lgs. n. 206/2005). Per di più “supporto durevole” (che permetterebbe una conclusione del contratto non per iscritto) è solo quello che permette al consumatore di conservare e verificare le informazioni a lui destinate per un tempo congruo. Ne consegue che non è sufficiente a rispettare la normativa consumeristica il fatto che la registrazione era conservata dall’operatore e consegnata al consumatore su espressa richiesta.

Il CdS conferma, infine, che il grado di diligenza richiesta al professionista non può essere parametrato solamente in base agli obblighi imposti dall’autorità di settore. Le discipline settoriali e quella di tutela generale del consumatore “pur destinate ad integrarsi, restano reciprocamente autonome, operando su piani diversi”. Secondo GN non poteva essere ritenuta aggressiva la condotta con cui esigeva il pagamento di quanto fornito, anche a seguito di attivazione non richiesta, poiché tramite il rimedio della c.d. procedura di ripristino prevista dalla delibera ARERA n. 153/2012 il consumatore avrebbe pagato un corrispettivo inferiore, predeterminato dall’ARERA a maggior tutela del consumatore. Il CdS, nel rigettare tale argomento, ha affermato che il suddetto rimedio ha natura ex post che, pertanto, non elide l’illeceità della condotta a monte e che si presenta come puramente facoltativo.

La pronuncia del CdS risulta di particolare interesse in quanto, da un lato, sancisce definitivamente la natura di alcune condotte in un mercato nell’ambito del quale si è osservata una grande attenzione alla tutela del consumatore da parte dell’AGCM (invero, ampio è il filone di casi decisi in questo settore, anche di recente) e dall’altro fornisce alcuni utili chiarimenti in merito alla relazione tra disciplina di settore e tutela generale del consumatore.

Fabio Bifarini

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Legal News / Applicazione in Italia del Digital Services Act – Sottoscritto un accordo di collaborazione tra l’AGCOM e la Commissione europea per l’applicazione del DSA

Con il comunicato stampa del 30 ottobre 2023, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha riferito di aver sottoscritto un accordo bilaterale di collaborazione con la Commissione europea (la Commissione) e, più precisamente, con la Direzione Generale per le reti, i contenuti e le tecnologie (DG CNECT), allo scopo di definire i canoni per l’applicazione a livello nazionale del Digital Services Act (DSA). Specularmente, con il comunicato stampa del 30 ottobre 2023, la Commissione, ha confermato la sottoscrizione dell’accordo con l’AGCOM.

Giova ricordare che, ai fini dell’applicazione a livello nazionale del DSA, lo stesso prevede l’individuazione dei c.d. Coordinatori dei Servizi Digitali (i Coordinatori), ossia autorità nazionali indipendenti che avranno l’obbligo di cooperare con la Commissione e con i Coordinatori degli altri Stati membri al fine dell’uniforme applicazione del DSA. A tal fine, il DSA prevede una serie di poteri attribuiti ai Coordinatori, che includono: (i) poteri istruttori (incluso il potere di effettuare ispezioni o richiedere informazioni ai soggetti parti del procedimento); e (ii) poteri di esecuzione (incluso il potere di ordinare la cessazione di condotte in violazione del DSA, di accettare impegni e/o imporre misure correttive, nonché di comminare sanzioni pecuniarie).

Con il comunicato stampa del 18 ottobre 2023, la Commissione aveva raccomandato agli Stati membri di accelerare il processo di designazione delle autorità nazionali competenti, evidenziando come la diffusione di contenuti illegali online in questo particolare momento storico rappresenti un’emergenza che richiede di agire unitamente e rapidamente. Con il comunicato stampa del successivo 23 ottobre 2023, la Commissione ha quindi comunicato di aver concluso i primi due accordi bilaterali di collaborazione con le rispettive autorità per i media e le telecomunicazioni di Francia e Irlanda.

In Italia, già con il Decreto-legge n. 123 del 2023 (D.L. 123/2023), l’AGCOM era stata designata come Coordinatore. Nel medesimo decreto, sono stati delineati i poteri che le sono stati attribuiti in conformità a quanto stabilito dal DSA. In particolare, il D.L. 123/2023 prevede che nell’esercizio del potere di richiedere informazioni ai soggetti prestatori di servizi di intermediazione online, l’AGCOM possa irrogare sanzioni fino ad un massimo dell’1% del fatturato del precedente esercizio, nel caso di informazioni incomplete, inesatte o fuorvianti. Inoltre, nel caso di accertate violazioni del DSA, l’AGCOM può irrogare sanzioni fino ad un massimo del 6% del fatturato del precedente esercizio, tenendo conto in ogni caso della gravità e della durata dell’infrazione, nonché dell’eventuale reiterazione. Infine, il D.L. 123/2023 prevede un ampliamento dell’organico dell’AGCOM di 23 unità, al fine dell’esercizio di tali compiti.

Inoltre, il DSA dispone altresì l’istituzione di un Comitato Europeo per i Servizi Digitali (c.d. European Board for Digital Services – il Comitato), composto dai Coordinatori di ciascuno Stato membro e dalla Commissione, avente come compito principale quello di sostenere l’azione congiunta (in forma di indagini, raccomandazioni o pareri) degli Stati membri e della Commissione nell’applicazione del DSA. A seguito dell’accordo, l’AGCOM sarà quindi parte del suddetto Comitato.

In conclusione, sebbene l’insediamento del Comitato sia prevista per il prossimo febbraio 2024, gli accordi bilaterali già conclusi con i Coordinatori nazionali permetteranno di assicurare anche a breve termine coerenza nell’applicazione del DSA, per contrastare il fenomeno della diffusione di contenuti illegali online (incluse fake news ed hate speech) in linea con gli obiettivi del Regolamento.

Irene Indino

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Indagine di mercato e settore digitale – La CMA ha precisato i principali temi della propria istruttoria nel settore delle infrastrutture cloud

Il 17 ottobre 2023, la Competition and Markets Authority britannica (la CMA), attraverso la pubblicazione di una “lettera degli addebiti” (issues statement), ha dato conto dei risultati preliminari dell’istruttoria sul settore delle infrastrutture cloud. Tale procedimento era stato avviato dalla CMA a seguito di un rinvio proposto il 5 ottobre 2023 dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni britannica, l’Office of Communications (Ofcom, insieme alla CMA, le Autorità), che aveva rilevato che tale mercato è connotato da alcune caratteristiche potenzialmente idonee a determinare restrizioni della concorrenza.

Nel novero delle cc.dd. infrastrutture cloud rientrano una serie di prodotti e soluzioni, tra cui la messa a disposizione di server e altri servizi di connettività, che permettono una ampia serie di attività online, tra cui l’operatività di siti web e le reti intranet aziendali. Nell’ambito dei rispettivi procedimenti, le Autorità hanno evidenziato, da un lato, la particolare concentrazione del mercato, alla luce della presenza di un numero ristretto di concorrenti, tra cui Amazon Web Services e Microsoft Azure che, da soli, aggregano una quota di mercato superiore al 70%. Dall’altro, hanno riscontrato la presenza di importanti barriere tecniche e ostacoli per i clienti a passare da un fornitore di servizi cloud ad un altro concorrente.

In particolare, nel documento in commento, la CMA ha individuato una serie di caratteristiche dell’attuale assetto del mercato potenzialmente restrittive della concorrenza, tra cui (i) la presenza di barriere tecniche al passaggio tra infrastrutture cloud concorrenti, (ii) la presenza di rilevanti costi per il trasferimento di dati da un’infrastruttura cloud all’altra, (iii) le politiche di scontistica particolarmente incisive attuate dagli operatori che disincentiverebbero l’utilizzo di più infrastrutture parallelamente, e (iv) l’esistenza di problemi di interoperabilità dei software su infrastrutture cloud concorrenti.

In relazione a questi temi, la CMA, anche se in un’ottica solo propositiva, ha identificato una serie di possibili rimedi, sia strutturali, sia comportamentali, tra cui la previsione di standard tecnici comuni per le diverse infrastrutture cloud, la imposizione di generali obblighi di interoperabilità e meccanismi per la limitazione dei prezzi di trasferimento dei dati tra le diverse infrastrutture.

Questa iniziativa si inserisce in un contesto di una continuata attenzione alle tematiche digitali da parte della CMA che, nel maggio 2023, si era già fatta promotrice di un’indagine sull’impatto dei modelli di intelligenza artificiale i cui risultati erano già stati commentati in questa Newsletter.

La CMA ha invitato le imprese coinvolte e gli altri operatori del settore a presentare le proprie osservazioni, in particolare rispetto ai temi evidenziati nell’issues statement, entro il 9 novembre 2023.

Alberto Galasso