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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 09 ottobre 2023

Diritto della concorrenza – Europa / Digital Services Act e marketplaces – Prima decisione del Tribunale UE in materia di DSA: accettata la richiesta di sospendere l'esecuzione della decisione della Commissione che designa l’Amazon Store come piattaforma online di grandi dimensioni

Il Tribunale dell’Unione Europea (il Tribunale) ha parzialmente accolto con ordinanza la richiesta di Amazon Service Europe Sàrl (Amazon) di sospendere l’esecuzione della decisione della Commissione Europea (la Commissione) dello scorso 25 aprile, che designava l’Amazon Store come piattaforma di grandi dimensioni (la Decisione), qualifica cui corrisponde il più severo di regolamentazione in base al Digital Service Act (DSA).

Amazon aveva immediatamente impugnato la Decisione, domandando l’applicazione di misure cautelari per sospendere gli obblighi previsti dal DSA di: (i) rendere pubblico un registro degli annunci pubblicitari sulla propria piattaforma (dove sono disponibili informazioni come l’oggetto della pubblicità, il soggetto richiedente, il periodo di pubblicazione e i destinatari) e (ii) fornire ai propri utenti un’opzione per la raccomandazione di annunci non basata sulla profilazione. I due obblighi avrebbero causato, a detta di Amazon, un grave pregiudizio per la piattaforma e una perdita significativa ed irreversibile della sua quota di mercato. In merito al secondo obbligo, Amazon lamentava, in particolare, che senza la possibilità di personalizzare gli annunci non sarebbe stata nella condizione di soddisfare a pieno le aspettative dei propri clienti e rendere loro la migliore esperienza di acquisto possibile.

Il Tribunale ha considerato, in primis, che Amazon non fosse stata in grado di quantificare il danno per la propria piattaforma, fornendo una stima trai 500 milioni e i 3,8 miliardi di dollari. Inoltre, ha ricordato come il DSA non richieda che non vi sia un sistema di raccomandazione degli annunci basato sulla profilazione, ma solamente che sia data la possibilità agli utenti di scegliere di non aderire a tale sistema.

In merito al secondo obbligo, al contrario, il Tribunale ha ritenuto meritevole di tutela la richiesta di Amazon di non rendere pubblico il registro degli annunci previsto dal DSA, che, a detta della piattaforma, conterrebbe dati confidenziali e fondamentali per l’esercizio della propria attività. La Commissione al contrario sosteneva che la maggior parte dei dati coperti dall’obbligo previsto dal DSA sarebbero già obbligatoriamente resi pubblici in base ad altre leggi in vigore dell’Unione.

Il Tribunale ha deciso di accettare la richiesta di Amazon basandosi sul presupposto che almeno una parte dei dati contenuti nella libreria di annunci sarebbero confidenziali, e che la pubblicazione degli stessi in questa fase, nelle more della definizione del giudizio, determinerebbe un pregiudizio al quale difficilmente si potrebbe porre rimedio. Il Tribunale non ha quindi approfondito la natura dei dati contenuti nell’obbligo in questione, lasciandone la più accurata analisi al procedimento principale.

Ad ogni modo, nell’ordinanza del Tribunale, quest’ultimo ha confermato che Amazon sta preparando una versione non confidenziale del registro degli annunci (posto che essa potrebbe essere obbligata a renderlo pubblico ad esito del giudizio).

L’ordinanza in commento costituisce la prima decisione dei giudici di Lussemburgo in tema di DSA: ora non resta che attendere di capire gli sviluppi del giudizio nella fase di merito, per sapere se Amazon sarà costretta a dare esecuzione a tutti gli obblighi richiesti dal DSA associati allo status di piattaforma di grandi dimensioni, inclusi quelli per il quale sono state adottate le misure cautelari in oggetto.

Fabio Bifarini

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Intese e settore bancario – L’AG Rantos ha presentato le proprie conclusioni in merito all’applicazione della qualifica di “restrizione per oggetto” a uno scambio di informazioni tra concorrenti

Lo scorso 5 ottobre 2023, l’Avvocato Generale Rantos (l’AG) ha presentato le proprie conclusioni (le Conclusioni) in merito alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale portoghese della concorrenza (il Tribunale) circa l’interpretazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) con riguardo alle condizioni per cui uno scambio di informazioni tra imprese concorrenti possa essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto.

Nel caso di specie, l’Autorità garante della concorrenza portoghese (l’Autorità) aveva sanzionato uno scambio di informazioni tra undici istituti bancari (gli Istituti Bancari) ritenendolo una pratica concordata ai sensi dell’articolo 101 TFUE, restrittiva della concorrenza per oggetto.

Avverso tale sanzione, gli Istituti Bancari proponevano ricorso, lamentando che lo scambio di informazioni in questione non potesse essere considerato come una restrizione per oggetto e che l’Autorità avrebbe dovuto considerare gli effetti positivi sulla concorrenza determinati dall’intesa.

Secondo la ricostruzione presentata dagli Istituti Bancari, la natura delle informazioni scambiate era duplice: da un lato, vi erano informazioni relative a condizioni commerciali attuali e future (e.g. griglie complete di spread e variabili di rischio); dall’altro, vi erano informazioni sui risultati di produzione delle imprese (i.e. importi dei crediti concessi nel mese precedente). Tali dettagli sono stati tenuti in considerazione dal Tribunale, il quale, inter alia, ha rilevato anche come lo scambio (tenuto tra maggio 2002 e marzo 2013) fosse avvenuto tra imprese che comprendevano i sei maggiori istituti bancari del Portogallo, gestori dell’83% del totale degli attivi bancari di tutto il settore a livello nazionale.

In tale contesto, il Tribunale ha sospeso il giudizio per rivolgere alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) due questioni pregiudiziali. Con la prima si chiede se l’art. 101 TFUE possa ostare alla qualificazione di restrizione della concorrenza per oggetto di uno scambio di informazioni sulle condizioni commerciali e sui risultati di produzione, nel contesto di cui si è detto. In caso di risposta affermativa alla prima domanda, la seconda questione posta alla Corte di Giustizia riguarda se l’articolo 101 permetta tale qualificazione nel caso in cui non si siano accertati, né si sia cercato di individuare, efficienze o effetti favorevoli per la concorrenza risultanti dallo scambio.

Su tali quesiti l’AG Rantos ha fornito la propria valutazione. Per verificare l’applicabilità di detta qualifica, i due tipi di informazioni scambiate sono esaminate separatamente. Quanto alle informazioni sulle condizioni commerciali, in particolare sugli spread, l’AG considera tali scambi sui prezzi futuri come fonte di rischio di collusione particolarmente elevato, integrando quindi gli elementi per la qualifica di restrizione della concorrenza per oggetto. Proprio in virtù della natura particolarmente sensibile di tali informazioni, l’AG chiarisce inoltre che, anche supponendo che gli Istituti Bancari avessero provato dei vantaggi economici in capo ai consumatori, ciò non avrebbe escluso il carattere anticoncorrenziale dello scambio censurato.

Una diversa valutazione viene invece raggiunta per lo scambio di informazioni relative ai volumi di produzione, il quale aveva ad oggetto non informazioni future ma dati del mese precedente (con conseguente riduzione della probabilità di un esito collusivo).

L’AG conclude, quindi, che non siano ravvisabili elementi tali da accertare, in modo netto, il carattere dannoso di tali informazioni se prese singolarmente, e invita quindi l’Autorità (che aveva trattato i due tipi di informazioni come parte di un unico scambio) a dimostrare il nesso tra esse quali parti di uno stesso “piano” manifestamente anticoncorrenziale.

L’AG conclude suggerendo alla Corte di Giustizia di rispondere alle due questioni pregiudiziali nel modo seguente: in primo luogo, interpretando l’articolo 101 TFUE come non ostativo alla qualifica di uno scambio di informazioni sulle condizioni commerciali e sui risultati di produzione come restrizione della concorrenza per oggetto, se tale scambio ha incrementato la trasparenza e ridotto l’incertezza sul funzionamento del mercato; in secondo luogo, interpretando l’articolo 101 TFUE come idoneo a consentire la stessa qualificazione anche nel caso in cui non si siano accertati, né si sia cercato di individuare, efficienze o effetti favorevoli alla concorrenza derivanti dallo scambio di informazioni.

Sindri Federico Garces Lambert

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Diritto della concorrenza – Italia / Intese e settore della ghisa – L’AGCM ha avviato un’istruttoria per una potenziale intesa tra fonderie attive nella produzione di getti di ghisa

Con il provvedimento dello scorso 12 settembre 2023 (il Provvedimento) l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha avviato un procedimento nei confronti di C2MAC Group S.p.A., Fonderia Corrà S.p.A., Fonderie Orazio e Fortunato De Riccardis S.r.l., Fonderie Guido Glisenti S.p.A., Lead Time S.p.A., Pilenga Baldassarre Foundry S.r.l., Fonderie Mora Gavardo S.p.A. (congiuntamente, le Fonderie), volto ad accertare una asserita intesa restrittiva della concorrenza nel settore della produzione di getti di ghisa (il Procedimento).

Il Procedimento è stato avviato a seguito di una segnalazione pervenuta all’AGCM in data 3 aprile 2023 attraverso la piattaforma di whistleblowing, ossia lo strumento tramite cui chiunque sia in possesso di informazioni riservate su potenziali violazioni della concorrenza può interfacciarsi in modo anonimo con l’AGCM al fine di segnalare tali condotte.

Nel caso in questione, la segnalazione è giunta da un dipendente di una società cliente delle Fonderie (il Whistleblower), In essa è stato segnalato che, nei primi mesi del 2023, le Fonderie avrebbero richiesto aumenti contestuali e allineati dei prezzi praticati per i propri getti di ghisa. In particolare, il Whistleblower ha riferito che: (i) nonostante le variazioni dei prezzi di listino dei getti di ghisa da applicare per il secondo trimestre 2023 fossero già state concordate con il cliente, le Fonderie avrebbero “improvvisamente ed inspiegabilmente” richiesto alla società presso cui lavora un aumento di 80-100 euro/tonnellata rispetto ai propri prezzi di listino, adducendo come giustificazione un generico riferimento all’inflazione, all’innalzamento dei tassi di interesse ed all’aumento di alcune componenti delle voci di costo; (ii) l’allineamento delle condotte commerciali delle Fonderie sarebbe slegato da un effettivo aumento dei costi, come risulterebbe dall’esame degli indici elaborati da Assofond, l’associazione di categoria delle fonderie italiane, a cui anche le Fonderie in oggetto sono affiliate; nonché (iii) i suddetti incrementi non sarebbero stati richiesti da operatori attivi in altri Paesi europei (come Germania e Francia) e interverrebbero in un momento di sostanziale saturazione della capacità produttiva delle fonderie, per cui sarebbe di fatto estremamente difficile non accettare gli aumenti comunicati e rivolgersi ad altri fornitori.

Alla luce della segnalazione ricevuta e dalle proprie valutazioni preliminari, l’AGCM ha ipotizzato una intesa restrittiva della concorrenza tra le Fonderie avente a oggetto il coordinamento degli aumenti dei prezzi di listino dei getti di ghisa da applicare ai propri clienti nel medesimo arco temporale, quantomeno dei primi mesi del 2023. Ciò in quanto, dalla documentazione agli atti, le Fonderie avrebbero comunicato alla società del segnalante degli aumenti analoghi dei prezzi di listino dei getti di ghisa, senza che tale variazione fosse giustificata da corrispettivi aumenti dei costi. Con riferimento al mercato rilevante, l’AGCM ha indicato che l’asserita intesa sarebbe circoscritta al mercato della produzione dei getti di ghisa grigia e sferoidale. Tale mercato, dal punto di vista geografico, avrebbe dimensione quantomeno nazionale.

Alla luce di tali considerazioni, l’AGCM ha deliberato l’avvio del Procedimento, fissando il termine per la conclusione dello stesso al 31 dicembre 2024.

Luca Casiraghi

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Appalti, concessioni e regolazione / Contratti di appalto e settore portuale – Il Consiglio di Stato ha rigettato i ricorsi presentati da Poseidon s.r.l., sostenendo l’inapplicabilità del principio di autonomia privata in materia di rinnovo o proroga

Con la sentenza il Consiglio di Stato (CdS) ha respinto il ricorso presentato dalla società Poseidon s.r.l. in materia di appalti pubblici nel settore portuale. L’oggetto del contendere riguarda il tema della proroga tecnica e rinnovo contrattuale. Nel 2015, la società ricorrente aveva vinto una gara per l’affidamento del servizio di pulizia degli specchi acquei e la concessione in locazione di un’imbarcazione di proprietà del Comune di Molfetta. Il contratto aveva durata quinquennale. Alla sua scadenza, il Comune ha, prima, consentito la sua prosecuzione in regime di “proroga tecnica” e poi ha prefigurato la possibilità di rinnovare il contratto con la medesima società senza però formalizzare la stipula del nuovo contratto.

In tale contesto, il Comune di Molfetta ha indetto gare per l’affidamento di alcuni servizi che, secondo la società Poseidon, erano inclusi nell’ambito del contratto prorogato. Al tempo stesso, il Comune non ha proseguito l’iter per il rinnovo del contratto con tale società e ha revocato anche formalmente il provvedimento che prefigurava tale possibilità. Con plurimi ricorsi, la società Poseidon ha quindi impugnato gli atti relativi all’indizione delle nuove gare e la revoca del rinnovo contrattuale. Il TAR ha dichiarato i ricorsi inammissibili, mentre il Consiglio di Stato li ha riuniti e li ha respinti nel merito con la sentenza in esame.

La sentenza del CdS applica al caso di specie principi noti in tema di proroga tecnica e rinnovo di contratti pubblici.

In primo luogo, la sentenza statuisce che, in regime di proroga tecnica, l’amministrazione poteva legittimamente provvedere ad affidare con gara a terzi le prestazioni che erano incluse nei servizi oggetto del contratto prorogato. Infatti, la proroga tecnica è l’istituto che consente la prosecuzione del contratto scaduto per il tempo necessario al completamento delle procedure per l’affidamento del nuovo contratto. In altri termini, come ribadito nella sentenza in esame, la proroga tecnica “ha carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro; una volta scaduto un contratto, quindi, l’amministrazione, qualora abbia ancora necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazione, deve effettuare una nuova gara”. Questo a maggior ragione nel caso di specie, dove le prestazioni in esame non erano incluse nei servizi principali del contratto scaduto, ma meri servizi accessori che l’amministrazione aveva facoltà di richiedere all’originario appaltatore se e in quanto ne avesse avuto necessità.

In secondo luogo, la sentenza chiarisce che la proroga tecnica del contratto non può essere un “ponte” in attesa del rinnovo. Infatti, proroga tecnica e rinnovo non sono istituti complementari o nel senso che si ricorre alla prima quando non ci sono i presupposti per procedere al rinnovo del contratto oppure quando, pur essendoci tali presupposti, l’amministrazione non vi ha comunque interesse. In particolare, la sentenza ricorda che l’amministrazione non può procedere al rinnovo se il contratto originario non prevedeva espressamente tale facoltà e in ogni caso, anche se tale facoltà è prevista, l’amministrazione non è obbligata al rinnovo.

Francesco Castracane degli Antelminelli

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Imprese energivore ed agevolazioni – L’ARERA pubblica una risoluzione con disposizioni urgenti in materia di agevolazioni alle imprese a forte consumo di energia elettrica

In data 28 settembre 2023, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) ha pubblicato la Delibera n. 434/2023/R/EEL avente ad oggetto disposizioni urgenti in materia di agevolazioni alle imprese a forte consumo di energia elettrica (anche note come imprese “energivore”) (la Delibera).

Come noto, sono imprese energivore quelle che hanno consumi elevati di energia elettrica (e.g. acciaierie). A seguito della decisione positiva della Commissione europea (la Commissione) del 2017 in materia di aiuti di stato sulle misure a sostegno di tali imprese in Italia, gli energivori possono usufruire di sconti sugli “oneri di sistema” pagati in bolletta, in particolare sulla componente c.d. “Asos”, ossia quella destinata al sostegno alle fonti di energia rinnovabile e alla cogenerazione.

A tal fine, le imprese energivore presentano annualmente alla Cassa per i servizi Energetici e Ambientali (CSEA) un’autodichiarazione necessaria all’inserimento nel cosiddetto “elenco delle imprese a forte consumo di energia elettrica” e all’assegnazione della classe di agevolazione per l’anno di competenza, tramite un sistema telematico finalizzato alla raccolta delle medesime dichiarazioni (il Portale Energivori). Tale Portale Energivori viene, di norma, aperto in una sessione ordinaria entro il 30 settembre di ciascun anno per l’attribuzione della classe di agevolazione applicabile nell’anno successivo.

Con la Comunicazione (2022/C 80/01), la Commissione ha ritenuto opportuno, anche per il conseguimento degli obiettivi del Green Deal, rivedere la disciplina in materia di aiuti di Stato concessi per agevolare lo sviluppo di attività economiche nel settore dell’energia. A seguito di ciò, tutti i Paesi membri dell’Unione europea (quindi, anche l’Italia) hanno espresso il loro accordo per adeguare i regimi di aiuto esistenti per renderli conformi a tale “Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore del clima, dell’ambiente e dell’energia”.

In questo contesto, vista l’esigenza di modificare la disciplina relativa alle agevolazioni agli energivori, con la Delibera l’ARERA ha chiesto alla CSEA di sospendere in via d’urgenza l’apertura del Portale Energivori per le autodichiarazioni ai fini dell’inserimento nell’elenco delle imprese a forte consumo di energia elettrica per l’anno 2024, che era prevista appunto per lo scorso 30 settembre.

Contestualmente, è stato avviato un processo di revisione di tali agevolazioni che sarà soggetto ad una verifica di compatibilità da parte della Commissione con le Linee Guida CEEAG di cui sopra valevoli dal 1° gennaio 2024. Tra le modifiche previste dalla nuova disciplina, si segnala una revisione dei criteri necessari per accedere alla misura, dell’intensità delle agevolazioni, nonché l’introduzione del concetto di “condizionalità” secondo cui gli energivori dovranno rispettare dei criteri (da valutare ex post) durante l’anno relativo all’agevolazione.

In ragione della Delibera, l’apertura del Portale Energivori non è avvenuta entro il 30 settembre 2023. A seguito delle previste disposizioni dell’ARERA, CSEA ha indicato sul proprio sito che comunicherà, esclusivamente a mezzo circolare, la data esatta di apertura del Portale Energivori per il 2024.

Bisognerà quindi aspettare l’inizio del nuovo anno per capire come si strutturerà nel dettaglio la nuova disciplina delle agevolazioni applicabili alle imprese energivore, e il generale auspicio è che ciò non determinerà gravi aumenti dei costi per il mercato ed in ultima analisi a danno dei consumatori.

Mila Filomena Crispino

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