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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 04 settembre 2023

Diritto della concorrenza – Europa / Concentrazioni e rinvio alla Commissione ex art. 22 – La Commissione europea ha accettato le richieste di rinvio in merito alle concentrazioni “sottosoglia” Qualcomm/Autotalks e EEX/Nasdaq Power

Con i due comunicati stampa pubblicati lo scorso 17 e 18 agosto, la Commissione europea (la Commissione) ha reso noto di aver accettato le richieste di rinvio formulate da alcuni Stati membri ai sensi dell’articolo 22 del Regolamento (CE) n. 139/2004 (EUMR) affinché la Commissione valuti, ai sensi del predetto regolamento, due concentrazioni in cui il fatturato delle parti coinvolte e/o le caratteristiche dell’operazione non comportavano alcun obbligo di notifica né alla Commissione né ad alcuna autorità nazionale degli Stati membri. Le richieste riguardano in particolare le operazioni Qualcomm/Autotalks e EEX/Nasdaq Power.

La prima operazione consiste nella prospettata acquisizione di Autotalks Ltd, una società israeliana specializzata nella produzione di semiconduttori, in particolare chip “V2X” (vehicle-to-everything), da parte di Qualcomm Inc., una multinazionale statunitense che produce, inter alia, i medesimi chip. La richiesta di rinvio è pervenuta – a seguito di un invito della Commissione in tal senso – da parte di sette Stati membri (Belgio, Francia, Italia, Olanda, Spagna e Svezia), ai quali si sono successivamente aggiunti altri otto Stati membri (Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo, Romania e Slovacchia). Per la Commissione, l’operazione – che stando a fonti pubbliche avrebbe un valore che oscilla tra i 350 e i 400 milioni di dollari – ricade nell’ambito applicativo dell’articolo 22 EUMR che, è bene ricordare, permette agli Stati membri di chiedere alla Commissione di verificare gli effetti di operazioni anche quando queste non rientrano nella giurisdizione dei predetti Stati membri sulla base della propria normativa in materia di concentrazioni. L’operazione presenta delle possibili criticità concorrenziali in quanto porterebbe alla combinazione di due dei principali fornitori nello Spazio Economico Europeo (SEE) di questo innovativo tipo di chip che permette ai veicoli di comunicare sia con altri veicoli, sia con l’ambiente circostante (ad esempio telecamere, sensori e reti infrastrutturali) e che, pertanto, secondo la Commissione svolgono una funzione critica per garantire la sicurezza stradale, la gestione del traffico e le riduzioni delle emissioni legate alla circolazione stradale, nonché per lo sviluppo dei veicoli a guida autonoma.

La seconda operazione consiste invece nella prospettata acquisizione di Nasdaq Power, la quale tra le varie attività che svolge gestisce una piattaforma di scambio e clearing per i contratti future sull’elettricità di produzione dei Paesi nordici, Germania e Francia, da parte di European Energy Exchange (EEX), una società controllata da Deutsche Börse AG che gestisce la principale piattaforma di scambio di prodotti finanziari in ambito energetico in Europa. In questo caso, la richiesta di rinvio è pervenuta spontaneamente da parte della Danimarca e della Finlandia, alle quali si sono aggiunte in seguito Svezia e Norvegia. Per la Commissione, l’operazione giustifica l’applicazione dell’articolo 22 EUMR poiché comporterebbe la combinazione degli unici due fornitori di servizi di scambio e clearing per prodotti finanziari legati all’energia di produzione dei Paesi nordici con il rischio prima facie di un impatto pregiudizievole sulla stabilità e la prevedibilità dei prezzi dell’energia in Europa.

Le operazioni oggetto di commento costituiscono rispettivamente il secondo e il terzo caso in cui la Commissione ha accettato una richiesta di rinvio da parte degli Stati membri per operazioni c.d. “sottosoglia”, ossia che non ricadono nell’ambito della giurisdizione degli Stati membri che operano il rinvio, da quando sono state pubblicate le nuove Linee Guida sull’articolo 22 EUMR (le Linee Guida) nel marzo 2021, con il cambio di policy della stessa Commissione. Il primo era stato il ben noto caso della concentrazione Illumina/Grail. In particolare, si evidenzia, da un lato, che il rinvio operato in relazione all’operazione Qualcomm/Autotalks è il primo rinvio ex art. 22 richiesto dall’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato (AGCM) per una operazione sottosoglia. e, dall’altro, che permane la riluttanza a procedere con simili richieste da parte del Bundeskartellamt, ossia l’autorità della concorrenza tedesca, la quale ha dichiarato apertamente di non condividere le modalità applicative dell’articolo 22 EUMR indicate dalla Commissione.

Dopo più di due anni dalla pubblicazione delle nuove Linee Guida, il tema dell’applicabilità dell’articolo 22 EUMR sembra così riemergere con forza, soprattutto se si considera che nel prossimo futuro si vedranno presumibilmente anche i risultati dell’applicazione dell’articolo 14 del Digital Markets Act. Infatti, quest’ultimo, prevedendo in capo ai grandi operatori digitali, qualificati come “gatekeeper”, un obbligo di informativa di tutte le loro operazioni, indipendentemente dal superamento delle soglie di fatturato rilevanti, darà luogo a una trasparenza strutturale per il settore digitale che realisticamente fornirà ulteriore impeto allo strumento del rinvio ex articolo 22 EUMR. La pronuncia della Corte di Giustizia dell’UE sull’appello attualmente pendente nel caso Illumina/Grail contro la sentenza del Tribunale dell’UE, che ha confermato la competenza della Commissione in simili circostanze (già commentata in questa Newsletter), assumerà quindi una portata ancora più incisiva.

Niccolò Antoniazzi

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Diritto della concorrenza – Italia / Abusi e settore dei sistemi sigillanti – L’AGCM sanziona Roxtec per una strategia escludente riconducibile a condotte di sham litigation, registrazione abusiva di marchi ed azioni denigratorie

Con il provvedimento pubblicato lo scorso 16 agosto, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha sanzionato per oltre 15 milioni di euro le società Roxtec AB e Roxtec Italia S.r.l. (Roxtec) per abuso di posizione dominante in violazione dell’articolo 102 TFUE nel mercato dei sistemi sigillanti di tipo modulare destinati a diversi settori come la cantieristica navale, telecomunicazione, energetico, oil&gas, e utilizzati per consentire l’attraversamento di cavi e tubi in strutture di vario tipo (paratie e ponti di navi, muri, cabinet per reti di telecomunicazioni, cabine elettriche, ecc.) per proteggere contro fattori di rischio derivanti dall’ambiente esterno (come incendi, fumi o infiltrazioni d’acqua). Per l’AGCM, Roxtec avrebbe posto in essere una strategia escludente a danno del principale concorrente, Wallmax S.r.l. (Wallmax), per il tramite di una serie di richieste strumentali di registrazione di marchio UE, molteplici azioni giudiziarie nei suoi confronti e dei suoi distributori (c.d. sham litigation), nonché azioni volte a screditare Wallmax dinanzi ai suoi clienti.

Il caso ha tratto le mosse da una segnalazione di Wallmax che, nel 2018, ha segnalato una serie di condotte limitative della concorrenza che Roxtec avrebbe posto in essere a partire dal 2015 e volte ad impedire ad operatori concorrenti la produzione e commercializzazione di sistemi sigillanti basati su una tecnologia per cui Roxtec aveva ottenuto tutela brevettuale nel 1990, ma scaduta nel 2010.

Per l’AGCM, sulla base di quadro probatorio che include una serie di documentazione interna di Roxtec ritenuta prova di chiaro intento escludente da parte dell’AGCM, il complesso delle azioni intraprese da Roxtec sarebbe risultato idoneo a restringere la concorrenza. Dalla decisione in commento risulta infatti che Roxtec ha di fatto marginalizzato un concorrente ritenuto importante (portando alla riduzione del suo fatturato di circa il 90%), determinando un danno alle dinamiche concorrenziali in termini di scelta per i clienti e di minore pressione competitiva sui prezzi. In particolare:

(i) le azioni giudiziarie intraprese da Roxtec (la maggior parte delle quali ritenute infondate) avrebbero avuto il precipuo obiettivo di depotenziare la capacità competitiva di Wallmax. La strategia sarebbe iniziata nel 2015, quando Wallmax ha cominciato ad essere percepito come un concorrente pericoloso. Da allora, sarebbero state intentate – tra il 2015 e il 2017 – molteplici cause in diverse giurisdizioni, prima in India, dove Wallmax aveva i propri impianti produttivi, poi in Europa (inclusa l’Italia) e negli Stati Uniti, per cercare di bloccare la commercializzazione dei suoi prodotti. Tali azioni sarebbero state promosse (secondo quanto ricostruito in base alla documentazione interna di Roxtec) con l’obiettivo sostanziale di danneggiare Wallmax, nella piena consapevolezza che, in assenza di una copertura brevettuale (ormai scaduta) e in presenza di un portafoglio di diritti di proprietà intellettuale “debole”, sarebbe eventualmente stato opportuno ricorrere ad approcci alternativi, quali il contenzioso tramite, ad esempio, azioni per concorrenza sleale;

(ii) le molteplici richieste di registrazione di marchio UE presso l’European Union Intellectual Property Office relative alla facciata principale del modulo passacavi brevettato (la maggior parte delle quali è stata rigettata) sarebbero state pretestuose e aventi l’obiettivo di compromettere indebitamente la possibilità per i concorrenti di immettere sul mercato prodotti basati sulla medesima funzione tecnica di quelli di Roxtec (ossia moduli passacavo sigillanti sfogliabili). Roxtec avrebbe cercato in questo modo di (a) estendere la protezione brevettuale ormai scaduta nel 2010 avvalendosi impropriamente del diritto dei marchi e (b) precostituirsi un inesistente diritto di proprietà intellettuale da far valere poi nelle azioni giudiziarie di cui sopra;

(iii) Roxtec avrebbe anche informato alcuni enti di certificazione per i prodotti in questione della circostanza che i certificati ottenuti da Wallmax non erano validi e avrebbe posto in essere un “pacchetto informativo” per denigrare quest’ultima dinanzi ai suoi clienti, avvalendosi ad esempio di argomentazioni pretestuose circa i presunti rischi connessi all’attivazione di rapporti commerciali con Wallmax.

Il caso in commento si inserisce nel filone di casi in cui l’AGCM ha contestato l’abuso dell’esercizio di diritti quale condotta rilevanti anche ai sensi dell’art. 102 TFUE. Tra i casi più recenti basti ricordare l’istruttoria contro Telecom Italia nel settore della rete a banda ultralarga (proc. A514-Condotte fibra Telecom Italia del 25 febbraio 2020, commentato in questa Newsletter, confermato dal TAR Lazio, si veda questa Newsletter del 7 marzo 2022) che ha accertato una complessa strategia escludente caratterizzata anche da condotte di sham litigation ed il caso A17-Mercati di manutenzione di dispositivi diagnostici del 30 marzo 2021 in cui, nel provvedimento di avvio e nella fase istruttoria si era analizzata – tra le altre – una possibile strategia denigratoria, ma in ultimo era stato chiuso senza accertamento di infrazione (si veda questa Newsletter del 31 maggio 2021). Anche a livello europeo, la Commissione lo scorso ottobre 2022 ha trasmesso uno statement of objections a Teva per uso improprio di brevetti e azioni denigratorie rispetto ad un farmaco rivale per la sclerosi multipla.

Sarà quindi interessante seguire l’esito del probabile ricorso dinanzi al TAR Lazio, che potrebbe dare l’occasione ai giudici amministrativi di chiarire la linea di demarcazione tra uso legittimo ed abuso di diritti nell’alveo della “speciale responsabilità” degli operatori in posizione dominante.

Cecilia Carli

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Concentrazioni e settore della distribuzione di carburante – L’AGCM ha approvato l’acquisizione da parte IP delle attività italiane del gruppo Esso, subordinandola ad una serie di impegni comportamentali

Con la decisione dello scorso 1° agosto 2023, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha approvato, all’esito di una approfondita istruttoria di c.d. Fase II e subordinatamente ad alcune condizioni di natura comportamentale, l’acquisizione da parte Italiana Petroli S.p.A. (IP) delle attività petrolifere c.d. downstream di Esso Italiana S.r.l. (Esso, congiuntamente con IP, le Parti) (l’Operazione).

Secondo quanto risulta dalla decisione in commento, l’Operazione consiste nell’acquisizione del controllo esclusivo, da parte di IP di una società di nuova costituzione nella quale Esso conferirà: (i) tutte le proprie attività petrolifere c.d. downstream in Italia, con esclusione del ramo relativo ai lubrificanti e ai prodotti chimici; (ii) le partecipazioni nelle seguenti società: Sarpom S.r.l. (75,04%) che detiene e gestisce la raffineria di Trecate per conto di Esso; Engycalor Energia Calore S.r.l. (100%) che è proprietaria di un deposito di bitumi a Napoli; nonché Disma S.p.A. (12,5%) che detiene il deposito di stoccaggio di carburante per aviazione da cui è rifornito l’aeroporto di Malpensa; (iii) i contratti di fornitura di bitume e altri prodotti (benzine e gasoli); e infine, (iv) tutti i propri asset logistici e il magazzino idrocarburi. Il contratto di acquisizione prevedeva altresì una clausola di non concorrenza che prevede che Esso si astenga per un periodo di cinque anni dallo svolgere in Italia attività in concorrenza con quelle oggetto del business ceduto.

L’Operazione è stata notificata lo scorso 10 maggio 2023 ed il successivo 19 giugno 2023 l’AGCM ha ritenuto opportuno avviare un’istruttoria ai sensi dell’art. 16, comma 4 della legge no. 287/1990 (c.d. Fase II), in quanto ha rilevato che l’Operazione fosse suscettibile di ostacolare in modo significativo la concorrenza effettiva nei mercati della vendita all’ingrosso e al dettaglio dei prodotti petroliferi extra-rete, nonché della distribuzione di carburanti per autotrazione su rete stradale ordinaria e autostradale (sull’avvio dell’istruttoria si veda anche la nostra Newsletter del 3 luglio 2023).

Nello specifico, l’AGCM nel corso del procedimento ha rilevato come l’Operazione, da un lato, rafforzasse la posizione di un operatore verticalmente integrato in tutte le fasi della filiera, in posizione di controllo di due delle principali raffinerie presenti in Italia, di un’ampia e capillare rete logistica e importante fornitore delle c.d. pompe bianche (ossia le stazioni di servizio indipendenti che non fanno parte del circuito delle maggiori compagnie di distribuzione di carburante). Dall’altro lato, l’AGCM ha rilevato che l’entità risultante dall’Operazione avrebbe costituito l’unico operatore nazionale a controllare contestualmente due importanti marchi “storici” nella distribuzione di carburanti in Italia, diventando di gran lunga il primo operatore in termini di consistenza della rete (con circa il 29% degli impianti, rispetto al 18% del secondo operatore del mercato) e di volumi (con una quota di quasi il 25%), con una presenza ramificata su tutto il territorio italiano. L’AGCM ha osservato in proposito che solo tre altri operatori concorrenti controllano reti con marchi diffusi a livello nazionale, due dei quali hanno tuttavia quote di mercato e notorietà notevolmente inferiori rispetto ai marchi di IP ed ESSO. Inoltre, dall’analisi delle caratteristiche strutturali dei mercati rilevanti, l’AGCM ha ritenuto non verosimile nel prossimo futuro un ingresso sostanziale di nuovi operatori o un allargamento delle reti distributive concorrenti.

Al fine di risolvere le criticità concorrenziali individuate dall’AGCM, IP ha offerto una serie di impegni di natura comportamentale (gli Impegni), i quali – a seguito di una serie di modifiche richieste dall’AGCM, includono: (i) la messa a disposizione a operatori terzi non verticalmente integrati per un periodo di 15 anni di capacità sul sistema integrato Genova-Milano (SIGEMI) idonea a consentire il transito e lo stoccaggio di prodotti petroliferi nella misura complessiva del 40% delle quantità di benzina, del 30% della quantità di diesel e del 90% dei volumi di gasolio riscaldamento immessi al consumo nei mercati extra-rete da IP nel 2022; (ii) la messa a disposizione – per un periodo di 5 anni, a favore di operatori terzi e ad un prezzo orientato al costo – di 12.000 tons di benzina, 12.000 tons di GPL e 6.330 tons di kerosene; nonché (iii) la revisione dei contratti con tutti i c.d. branded wholesaler (ossia operatori indipendenti che hanno sottoscritto con Esso un contratto di esclusiva per il rifornimento di carburante, ottenendo in sub-licenza l’uso del marchio), prevedendo una riduzione delle quantità minime di acquisto e la facoltà per questi ultimi di svincolare dall’esclusiva il 30% del fabbisogno di fornitura degli impianti su rete ordinaria da loro serviti nelle oltre 500 aree ritenute critiche dall’AGCM.

Avendo considerato i suddetti impegni come idonei ad eliminare le criticità concorrenziali individuate in tutti i mercati rilevanti, ad esito dell’istruttoria l’AGCM ha dunque autorizzato l’Operazione senza che siano stati necessari impegni di natura strutturale.

Luca Casiraghi

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Abuso di posizione dominante e settore delle telecomunicazioni – il Consiglio di Stato ha accolto l’appello dell’AGCM che aveva sanzionato Telecom Italia per una condotta di c.d. margin squeeze

Tramite la sentenza del 7 agosto 2023, il Consiglio di Stato (CdS) ha accolto l’appello dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), riformando la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR) e confermando la decisione dell’AGCM che aveva sanzionato Telecom Italia S.p.A. (Telecom) e Telecom Italia Sparkle S.p.A. (Sparkle) sua controllata, per abuso di posizione dominante nel mercato dei servizi all’ingrosso di terminazione SMS su propria rete, con effetti sul mercato al dettaglio dei servizi di invio massivo degli SMS informativi aziendali.

La questione prende le mosse da un provvedimento dell’AGCM (già commentato in questa Newsletter del 2018), con il quale Telecom era stata sanzionata per circa 3,7 milioni di euro. L’AGCM aveva all’epoca accertato che Telecom era verticalmente integrata operando sia nel mercato a monte dei servizi di terminazione SMS, ove detiene una posizione di monopolio con riferimento alla propria rete, sia in quello al dettaglio della vendita degli SMS bulks alle imprese, per mezzo della controllata Sparkle. Avvalendosi di tale integrazione verticale e potere di mercato nel mercato a monte, secondo l’AGCM Telecom aveva reso il margine potenziale per i concorrenti nel mercato al dettaglio (Operatori D43), insufficiente a coprire i costi specifici per fornire i servizi ai clienti finali (c.d. margin squeeze), il tutto allo scopo di estrometterli dal mercato. Il margin squeeze era stato accertato dall’AGCM applicando un c.d. “prezzo soglia” per l’offerta del servizio nel mercato a valle della vendita di SMS bulks al di sotto del quale si determina compressione illegittima ex art. 102 TFEU.

Il TAR aveva annullato il provvedimento dell’AGCM rilevando che: (i) le modalità con cui il test del concorrente altrettanto efficiente era stato condotto, in particolare la determinazione del “prezzo soglia” utilizzato, non fossero corrette; e (ii) comunque, non risultassero adeguatamente provati gli effetti anticoncorrenziali derivanti dalla condotta in questione, sicché l’illiceità della condotta sarebbe stata semplicemente affermata dall’AGCM in re ipsa ma non dimostrata. Tale decisione era stata appellata dall’AGCM presso il CdS.

Il CdS, ribaltando le valutazioni del giudice di prime cure, in primo luogo ha evidenziato la correttezza del “prezzo soglia” considerato dall’AGCM, rilevando che “…deve ritenersi immune dai vizi di legittimità riscontrati in primo grado il test di replicabilità posto in essere dall’Autorità, avendo analizzato, con metodologia esente da vizi di irragionevolezza o travisamento dei fatti, gli elementi di costo presi alla base del calcolo della soglia critica perché un concorrente altrettanto efficiente possa operare profittevolmente sul mercato…”. Il CdS ha più volte richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) in materia, in particolare ribadendo, contrariamente a questo sostenuto dal TAR, come “…per valutare la correttezza della politica in materia di prezzi applicata da un’impresa dominante, occorre, in linea di principio, fare riferimento a criteri relativi ai prezzi basati sui costi sostenuti dall’impresa dominante stessa e sulla strategia di quest’ultima…”.

Con riguardo alla prova degli effetti anticoncorrenziali, il CdS ha sottolineato come la giurisprudenza della CGUE non ritiene necessaria la prova che il comportamento dell’impresa in posizione dominante abbia concreti effetti anticoncorrenziali, risultando sufficiente che la condotta abusiva “possa in astratto” produrre effetti anticoncorrenziali. Inoltre, il CdS puntualizza che tali effetti “potenzialmente” anticoncorrenziali, sono stati sufficientemente provati dall’AGCM.

Da ultimo, il CdS si è pronunciato con riferimento alle questioni prospettate nell’appello incidentale dalla stessa Telecom e da Sparkle, riguardanti l’asserita errata definizione del mercato a monte della terminazione SMS e l’asserita errata qualificazione di Telecom quale impresa monopolista nel mercato della terminazione su rete mobile Telecom. Tale censura trovava fondamento nell’esistenza di un livello “intermedio” della filiera in cui opera un insieme variegato di soggetti (tra cui i c.d. “aggregatori”), che acquista e rivende traffico SMS che termina sulla rete degli Operatori D43. Il CdS ha ritenuto di rigettare tale appello incidentale affermando che “… gli operatori del mercato secondario hanno sempre e comunque la necessità di stipulare un contratto di interconnessione con l’operatore di terminazione, nel caso di specie Telecom, il quale disciplina le condizioni economiche e tecniche di erogazione del servizio. Ne consegue che l’operatore di destinazione è l’unico soggetto a poter consegnare (terminare) gli SMS agli utenti della propria rete, per cui l’MNO di terminazione detiene la totalità della quota di mercato di SMS terminati sula propria rete, con conseguente posizione dominante sulla stessa…”.

In conclusione, il CdS ha accolto in pieno l’appello dell’AGCM, riformando la sentenza del TAR e ristabilendo la decisione originaria, rigettando invece gli appelli incidentali di Telecom e Sparkle. Tale sentenza, inoltre, appare in linea con la speculare sentenza del CdS dello scorso 14 aprile 2023 (già commentata in questa Newsletter), con la quale era stato ristabilito analogo provvedimento dell’AGCM emanato nei confronti di Vodafone per analoga condotta.

Irene Indino

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Abuso e settore dei servizi di traghettamento – Il TAR del Lazio ha rimesso alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale riguardante il termine di 90 giorni per l’avvio del procedimento istruttorio per accertare un illecito antitrust

In data 1° agosto 2023, con l’ordinanza n. 12962/2023, il Tribunale Amministrativo per il Lazio (TAR) ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (GCUE) un quesito pregiudiziale sull’applicabilità del termine decadenziale di novanta giorni, previsto dall’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Legge n. 689/1981), ai procedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) per accertare gli illeciti antitrust.

Il contenzioso da cui trae origine l’ordinanza di rinvio in commento riguarda l’impugnazione da parte di Caronte & Tourist S.p.A. (Caronte), del provvedimento adottato dall’AGCM che ha sanzionato Caronte per aver posto in essere un abuso di posizione dominante mediante l’imposizione di prezzi eccessivi per il servizio di traghettamento di veicoli nello stretto di Messina, già commentato in questa Newsletter. Caronte, tra i motivi di doglianza, ha lamentato la violazione dell’articolo 14 della legge n. 689/1981, avendo l’AGCM avviato il procedimento per l’accertamento dell’illecito antitrust oltre il termine (perentorio) di novanta giorni previsto dalla citata disposizione, con la conseguente decadenza dal potere di accertare la violazione.

Il TAR ha dapprima richiamato i principali orientamenti giurisprudenziali in materia. Nello specifico, ai sensi del primo e più risalente filone, l’articolo 14 della legge n. 689/1981 non veniva considerato applicabile ai procedimenti antitrust in quanto avente natura suppletiva in assenza di una disciplina speciale, che è invece veniva considerata individuata – con riferimenti ai procedimenti istruttori dell’AGCM – nel d.P.R. n. 217/1998 contente il regolamento di procedura dei procedimenti in materia antitrust. Secondo l’interpretazione più recente, invece, tale previsione sarebbe applicabile anche ai procedimenti antitrust e il termine di novanta giorni decorrerebbe dal momento in cui si è compiuta, o si sarebbe dovuta ragionevolmente compiere, anche in relazione alla complessità della fattispecie, la fase di c.d. pre-istruttoria intesa a verificare la plausibile esistenza di una infrazione, lasciando tuttavia al giudice amministrativo la valutazione sulla tempestività dell’AGCM nell’aprire un’istruttoria sulla scorta degli elementi disponibili.

Alla luce delle pronunce giurisprudenziali richiamate, il TAR ha ritenuto necessario sollevare un quesito pregiudiziale alla GCUE volto a verificare la compatibilità con l’ordinamento europeo e, nel caso specifico, con l’articolo 102 TFUE, dell’articolo 14 legge n. 689/1981 che, secondo la corrente interpretazione, imporrebbe all’AGCM di avviare il procedimento istruttorio per l’accertamento di un abuso di posizione dominante entro il termine decadenziale di novanta giorni, decorrente dal momento in cui l’AGCM ha la conoscenza degli elementi essenziali della violazione, potendo questi ultimi esaurirsi nella prima segnalazione dell’illecito.

Nell’indicare i motivi che giustificherebbero la rimessione del quesito pregiudiziale, il TAR ha anzitutto invocato la sussistenza di un interesse dell’Unione Europea alla corretta applicazione delle disposizioni di legge per la repressione degli illeciti anticoncorrenziali e ha ricordato che la Commissione europea è soggetta al solo obbligo di concludere il procedimento entro un termine ragionevole, secondo quanto statuito dalla CGUE. Inoltre, il TAR ha sottolineato la complessità che caratterizza l’attività amministrativa dell’AGCM e, quindi, la necessità per quest’ultima di procedere a tutte le verifiche necessarie per poter formulare correttamente la contestazione e la circostanza secondo cui l’imposizione di un termine decadenziale potrebbe minare l’autonomia e la discrezionalità dell’AGCM che sarebbe soggetta all’obbligo di avviare le istruttorie secondo un criterio meramente cronologico, senza poter invece dettare le priorità da seguire.

Sarà interessante attendere la pronuncia della GCUE sul punto non solo per uniformare il dettato giurisprudenziale italiano, ove peraltro, pendono numerosi casi in cui la questione in parola è determinate, ma anche perché la presenza di un termine di decadenza perentorio per l’apertura di un procedimento volto all’accertamento di un illecito antitrust sembrerebbe costituire attualmente un unicum nel panorama europeo.

Sabina Pacifico