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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 17 aprile 2023

Diritto della concorrenza – Europa / Concentrazioni e settore informatico – La Commissione europea ha reso noto di aver inviato la comunicazione degli addebiti relativa alla proposta di acquisizione di VMware Inc. da parte di Broadcom Inc.

La Commissione europea (la Commissione), nell’ambito della c.d. fase II, aperta a fine dicembre 2022 e già oggetto di questa Newsletter, concernente a possibile acquisizione (l’Operazione) di VMware Inc. (VMware) da parte di Broadcom Inc. (Broadcom), nel tentativo di dare maggiore trasparenza alla sua azione amministrativa, ha reso noto con un comunicato stampa di aver adottato la comunicazione degli addebiti, che descrive gli esiti attuali delle indagini e valutazioni compiute sulla concentrazione.

Broadcom è un’azienda californiana che si occupa principalmente di produzione di semiconduttori ed hardware, mentre VMware è uno sviluppatore di software, specializzato in programmi di visualizzazione che permettono agli operatori IT di creare versioni virtuali di risorse informatiche (ad esempio hardware).

Quello dei software è un settore in cui Broadcom aveva già iniziato ad espandersi tramite le acquisizioni delle società CA Technology Inc. e Symantec Enterprise. L’acquisizione in commento potrebbe condurre – secondo quanto riportato nel comunicato stampa – alla creazione di una posizione di dominanza nei mercati delle Network Interface Cards (SmartNICs), degli Fibre Channel Host-Bus Adapters (FC HBA) e degli storage adapters, creando potenziali rischi per la concorrenza e i consumatori. In particolare, tramite l’Operazione, Broadcom potrebbe ostacolare i concorrenti rallentando o deteriorando l’accesso ai software di visualizzazione VMware tramite i loro hardware.

Nella ricostruzione della Commissione succintamente riportata nel suo comunicato stampa, l’Operazione potrebbe determinare un incremento dei prezzi, un decremento della qualità dei prodotti e un freno all’innovazione per i clienti aziendali e i consumatori.

Deve evidenziarsi la novità della circostanza per cui viene reso pubblico l’invio della comunicazione degli addebiti e una sintesi delle sue conclusioni preliminari e non solo la decisione finale (prevista entro il 21 giugno 2023). La Commissione sembra infatti volere, in questo modo, valorizzare un momento infra-procedimentale solitamente non pubblicizzato garantendo anche in questa circostanza il principio di trasparenza dell’agire delle istituzioni euro-unitarie.

Irene Ammendola

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Abuso di posizione dominante e settore digitale – Il Consiglio di Stato rinvia alla Corte di Giustizia cinque quesiti in tema di applicazione dell’art. 102 TFUE ai rifiuti di fornitura

Con l’ordinanza n. 3584/2023, adottata lo scorso 7 aprile (l’Ordinanza), il Consiglio di Stato (il CdS), ai sensi dell’art. 267 TFUE, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (la CGUE) cinque questioni pregiudiziali, volte a ottenere importanti chiarimenti in merito a diversi aspetti fondamentali relativi all’applicazione dell’art. 102 TFUE alle ipotesi di rifiuti di fornitura.

Il rinvio si inserisce nell’annosa vicenda che vede opposte all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) Alphabet Inc., Google Llc, Google Italy S.r.l. (congiuntamente, Google) fin dal 2021, e che aveva avuto origine quando l’AGCM aveva sanzionato Google per circa 102 milioni di euro per aver asseritamente violato l’art. 102 TFUE (la Decisione). Sia la Decisione, sia il successivo ricorso promosso da Google dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (il TAR Lazio), integralmente respinto, erano stati oggetto di commento in questa Newsletter. Rinviando, dunque, per una trattazione più estesa dell’intera controversia ai predetti contributi, ai fini dell’analisi dell’Ordinanza ci si limiterà a richiamarne solo i principali elementi fattuali e giuridici.

La vicenda nasce dal rifiuto, opposto da Google ad Enel X Italia S.r.l. (Enel X Italia), di garantire la piena interoperabilità con Android Auto (AA) (applicazione sviluppata da Google, che permette di proiettare sullo schermo dei sistemi di infotainment delle auto le applicazioni installate sullo smartphone dell’utente), dell’applicazione JuicePass (applicazione sviluppata da Enel X Italia, funzionale alla gestione integrata di diversi servizi per la ricarica di veicoli elettrici). Secondo l’AGCM e il TAR Lazio, tale rifiuto costituirebbe una violazione dell’art. 102 TFUE, in quanto Google, sfruttando la propria posizione dominante sui mercati – a monte – dei sistemi operativi concessi in licenza e dei negozi online di applicazioni compatibili con Android, mediante tale condotta aveva escluso possibili concorrenti del servizio proprietario Google Maps nello “spazio competitivo” – a valle – dei servizi connessi alla ricarica di veicoli elettrici; uno “spazio”, questo, dove operano applicazioni con approccio generalista (come appunto Google Maps) e quelle più specialistiche, come JuicePass.

A sostegno del proprio ricorso – sia dinanzi al TAR Lazio, sia in sede di appello dinanzi al CdS – Google ha addotto numerosi motivi, tra i quali rilevano in particolare: (i) l’assenza delle condizioni per accertare un rifiuto abusivo di fornitura, (ii) l’oggettiva legittimità del proprio rifiuto opposto a Enel X; (iii) la mancata definizione, da parte dell’AGCM, del mercato rilevante in cui sarebbe attiva l’applicazione AA, che rappresenterebbe – ad avviso di Google – il vero oggetto della condotta ad essa contestata; e (iv) l’insufficienza (e, in subordine, l’erroneità) della delimitazione – effettuata dall’AGCM – dello “spazio competitivo” in cui sarebbero attive tanto Google Maps, quanto JuicePass. Prospettando in via preliminare nell’Ordinanza un’interpretazione evolutiva del 102 TFUE e della giurisprudenza in materia di rifiuti di fornitura, che tenga altresì in debita considerazione le caratteristiche proprie dei mercati digitali, il CdS sembrerebbe allo stato a propendere per la posizione assunta dall’AGCM e dal TAR.

Invero, i primi due quesiti si concentrano su una delle condizioni necessarie al fine di accertare un rifiuto abusivo di fornitura – ossia, l’indispensabilità dell’input a cui si chiede accesso per l’esercizio di una determinata attività su un mercato contiguo. A tal proposito, il CdS sottolinea come il concetto di “indispensabilità” debba essere declinato con grande ampiezza, in modo da ricomprendere situazioni come quella del caso di specie, dove l’interoperabilità con AA non appare a stretto rigore “indispensabile”, atteso che AA rappresenta un mero strumento di proiezione sullo schermo dell’infotainment dell’auto di un prodotto già esistente (vale a dire, le applicazioni già installate sullo smartphone), “e non, invece, uno strumento indispensabile in senso assoluto per il funzionamento di altri prodotti o servizi”. Del resto, secondo il CdS, nei mercati caratterizzati da una forte dinamica evolutiva, quali quelli digitali, è ben possibile qualificare come necessari anche quei prodotti o servizi che, in origine, erano stati ideati solo per una fruizione più comoda di prodotti o servizi già esistenti.

Mediante il primo quesito, quindi, il CdS domanda alla CGUE se il requisito di indispensabilità debba essere di stretta interpretazione, ovvero se possa ricomprendere situazioni in cui il “prodotto oggetto del rifiuto [non sia di per sé “indispensabile” per l’esercizio di una determinata attività, bensì] abbia essenzialmente la funzione di rendere più agevole e conveniente la fruizione di prodotti o servizi già esistenti”. Con il secondo quesito, il CdS domanda altresì se possa aversi un rifiuto abusivo di fornitura, laddove – come era accaduto nel caso di specie – l’impresa richiedente l’accesso all’input era già presente sul mercato interessato prima della richiesta, ed aveva continuato a crescere nonostante il rifiuto, e, al contempo, altri operatori in concorrenza con l’impresa richiedente l’accesso – ugualmente privi di tale accesso – avevano continuato ad operare sul medesimo mercato.

Il terzo e il quarto quesito concernono, più precisamente, l’identificazione dell’area di “speciale responsabilità” incombente in capo all’impresa dominante.

In particolare, con il terzo quesito il CdS domanda se l’inesistenza – al momento della richiesta – del prodotto o del servizio a cui si chiede accesso possa considerarsi quale giustificazione oggettiva del rifiuto stesso, ovvero se l’autorità antitrust debba analizzare, sulla base di parametri oggettivi, il tempo effettivamente necessario all’impresa dominante al fine di soddisfare la richiesta, sviluppando tale prodotto o servizio, oppure se sia invece esigibile che l’impresa dominante comunichi precisamente all’impresa richiedente la tempistica necessaria per lo sviluppo del prodotto/servizio richiesto.

Con il quarto quesito – formalmente riferito alle sole piattaforme digitali, ma sul quale è verosimile attendersi una risposta da parte della CGUE applicabile in maniera trasversale a più mercati – il CdS domanda se un’impresa dominante sia tenuta a modificare i propri prodotti – o a svilupparne di nuovi – al fine di consentire a coloro che lo richiedono di accedervi, e se, in tal caso, l’impresa dominante debba tenere in considerazione le esigenze generali del mercato o quelle specifiche della singola impresa richiedente l’accesso, oppure ancora debba quantomeno fissare criteri oggetti per l’esame delle richieste che le vengono fatte, anche al fine di graduarne l’ordine di priorità.

Infine, con il quinto quesito, il CdS domanda alla CGUE se nel caso di rifiuti di fornitura relativi a prodotti o servizi, a monte, asseritamente indispensabili per l’esercizio di un’attività economica a valle, le autorità antitrust debbano definire e individuare con precisione il mercato rilevante a valle, e se questo possa anche essere solo potenziale.

L’Ordinanza risulta di grande interesse, in quanto, se tutti i quesiti supereranno il vaglio di ammissibilità (sembrando in qualche modo un tentativo di delegare alla CGUE la decisione sul merito dell’appello), permetterà alla CGUE di pronunciarsi compiutamente su numerosi elementi fondamentali nell’analisi dei rifiuti di fornitura, con applicazione non soltanto con riguardo all’analisi antitrust dei mercati digitali, ma anche con riguardo a mercati più “tradizionali”. Non resta, a questo punto, che attendere la pronuncia (e, prima di questa, le conclusioni che saranno rassegnate sul caso dall’Avvocato Generale).

Ignazio Pinzuti Ansolini

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Diritto della concorrenza – Italia  / Abuso di posizione dominante e settore della mobilità elettrica – L’AGCM avvia un’istruttoria nei confronti di Enel per possibile margin squeeze nel settore della ricarica dei veicoli elettrici

Con il provvedimento pubblicato lo scorso 14 aprile, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha reso noto di aver aperto un’istruttoria nei confronti di Enel X Way S.r.l., Enel X Way Italia S.r.l. ed Ewiva S.r.l. (congiuntamente, Enel), società del gruppo Enel attive nell’installazione e gestione delle infrastrutture di ricarica elettrica nonché nella fornitura di servizi di ricarica agli utenti finali, per un possibile abuso nei confronti dei concorrenti non integrati attivi nella fornitura dei servizi di ricarica elettrica.

In via di premessa, è opportuno specificare che la filiera dei servizi di ricarica elettrica risulta suddivisa in due segmenti principali, ciascuno dei quali – ad avviso dell’AGCM – idoneo a individuare un autonomo mercato rilevante di dimensione nazionale: (i) la costruzione e gestione di infrastrutture di ricarica pubbliche, la cui offerta è costituita dai Charge Point Operators (CPO), mentre la domanda è rappresentata dagli operatori di servizi di ricarica che intermediano l’accesso alle colonnine per i clienti finali (Mobility Service Provider, MSP; nonché e-Mobility Provider, EMP; (ii) la fornitura di servizi di ricarica alla clientela finale, ove gli MSP/EMP offrono il servizio di ricarica agli utenti detentori di un veicolo elettrico (che rappresentano la domanda finale), unitamente ad altre funzionalità accessorie (quali ad esempio modalità per il pagamento da remoto, la fornitura di ausili per la localizzazione e la prenotazione dei punti di rifornimento, servizi di navigazione, ecc.). Al fine di operare in qualità di intermediario tra l’utente finale e l’infrastruttura di ricarica, l’MSP è quindi in linea di principio costretto a concludere accordi di accesso e interoperabilità alle reti dei CPO.

Pur identificando mercati distinti, le attività di CPO e di MSP possono essere svolte da uno stesso soggetto verticalmente integrato. Il modello di business più diffuso appare essere quello in cui una stessa società o gruppo societario agisce sia come CPO, sia come MSP/EMP (è il caso del gruppo Enel). Rileva in ogni caso l’AGCM che è in via di sviluppo anche un modello alternativo, che vede società attive solo come MSP/EMP offrire il servizio di ricarica senza detenere propri punti di ricarica. Tale categoria di operatori necessita di un contratto di accesso e interoperabilità alla rete infrastrutturale dei CPO.

Sulla scorta di tali premesse fattuali, il procedimento in oggetto trae origine da una segnalazione proveniente da un operatore afferente a tale secondo modello di business, che ha evidenziato una serie di anomalie nel pricing praticato all’ingrosso da Enel X in qualità di CPO. Nello specifico, stando agli estremi della denuncia le società segnalate, “… dopo aver acquisito una posizione dominante come CPO, operano in modo da acquisire la stessa come MSP attraverso l’offerta di tariffe che di fatto rendono gli altri Service Provider impossibilitati ad operare sul mercato italiano sia con servizi al pubblico (consumer) che alle flotte (business) ed essere competitivi”.

In concreto, il segnalante contesta – e l’AGCM ipotizza – che Enel abbia praticato dei prezzi all’ingrosso agli MSP/EMP per l’accesso alla propria rete di colonnine eccessivamente elevati per consentire una redditività minima agli MSP/EMP se comparati con i prezzi al dettaglio praticati ai clienti finali dalla società del gruppo attiva come MSP/EMP attraverso la propria app “Enel X Way”. Secondo l’Autorità, ciò avverrebbe sia con riferimento ai prezzi unitari praticati al dettaglio sia - e ancor più - con riferimento ai cosiddetti “pacchetti” o “offerte flat” che consentono di prelevare un certo numero di kWh mensili a una cifra complessiva predeterminata. A titolo di esempio, si evidenzia che, mentre per le ricariche AC Enel avrebbe praticato un prezzo all’ingrosso pari a circa 67 centesimi a kWh, il prezzo proposto al dettaglio dalla stessa ai clienti finali era pari a 58 centesimi, toccando un minimo di 31 centesimi nel caso di adozione delle offerte flat.

Con l’istruttoria in commento, che segue la valutazione dell’operazione Ewiva, chiusa con una piena autorizzazione nonostante il rinvio richiesto alla Commissione EU (commentata in questa Newsletter) l’AGCM continua il monitoraggio di un settore economico in rapida evoluzione, oggetto di una crescente regolamentazione nazionale ed europea per la sua strategicità nel settore della transizione ecologica nonché di cospicui flussi di investimento pubblico e privato.

Alessandro Canosa

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Appalti, concessioni e regolazione / Incameramento automatico della cauzione provvisoria - Il Consiglio di Stato ha chiesto alla CGUE di valutare la legittimità del meccanismo di incameramento automatico della cauzione provvisoria in caso di esclusione

Con l’ordinanza del 6 aprile 2023 n. 3571, il Consiglio di Stato (CdS) ha rinviato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) la questione della compatibilità con il diritto europeo, e in particolare con i diritti fondamentali previsti anche alla Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU), dell’obbligo di incameramento automatico della garanzia provvisoria in caso di esclusione di un’impresa partecipante alla gara, contenuta nella previgente disciplina di cui all’art. 75 del d. lgs. n. 163 del 2006 (Codice Appalti del 2006). Il CdS, in particolare, ha evidenziato la natura sostanzialmente penale della misura in esame e la conseguente incompatibilità con i principi europei di una applicazione automatica della stessa che prescinda da un accertamento della colpevolezza e gravità della condotta che ha dato luogo all’esclusione.

La vicenda originava da una procedura di gara per l’affidamento di un appalto integrato per la progettazione ed esecuzione di una scuola primaria del Comune di Milano, in cui uno degli operatori partecipanti alla gara veniva escluso in ragione della presentazione, tra i vari documenti che costituivano l’offerta, di un preventivo successivamente rivelatosi falso. In applicazione della normativa prevista dal Codice Appalti del 2006, la stazione appaltante procedeva a disporre l’esclusione del concorrente e il contestuale incameramento della cauzione provvisoria – il cui versamento per un valore pari al 2% del valore complessivo dell’appalto costituisce, salvo particolari casi, un requisito inderogabile di partecipazione alla gara.

L’operatore escluso contestava l’incameramento della cauzione lamentando, da un lato, l’inconsapevolezza della falsità del documento – redatto da un consulente esterno – e, dall’altro, la sproporzione della perdita della cauzione (pari a € 97.370) rispetto alla marginalità del documento falso rispetto all’economia della gara, in quanto esso era relativo ad una prestazione secondaria (per un valore di circa € 16.000) assolutamente marginale rispetto al valore complessivo dell’appalto (avente un valore di circa € 9 milioni).

In sede di appello, per quanto qui interessa, il CdS ha operato un rinvio pregiudiziale alla CGUE rilevando, da un lato, che il meccanismo dell’incameramento della cauzione – specie se di importi elevati - si traduce in un provvedimento a contenuto fortemente afflittivo e, pertanto, di natura “penale”, secondo la giurisprudenza CEDU; e, dall’altro, che l’automaticità dell’incameramento della cauzione a fronte di un qualsivoglia provvedimento di esclusione, e in assenza di una responsabilità ameno colposa, non è in linea con vari principi dell’Ordinamento europeo e, in particolare, con quelli di proporzionalità, colpevolezza, giusto processo, nonché con il diritto di proprietà dell’operatore.

Spetterà dunque alla CGUE valutare la compatibilità di tale meccanismo con i principi e diritti fondamentali invocati dal CdS, anche con riferimento ad altre ordinanze di rinvio che nell’ultimo periodo sono state adottate dal CdS sullo stesso tema.

In conclusione, la pronuncia in commento conferma l’attenzione recentemente riservata dalla giustizia amministrativa sulla compatibilità con i diritti fondamentali degli operatori del regime dell’incameramento automatico della cauzione in caso di esclusione del partecipante ai sensi del Codice Appalti del 2006. Sul punto, è opportuno ricordare che sia il successivo d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice Appalti 2016) sia il nuovo d.l.gs n. 35 del 2023 (Codice Appalti 2023) prevedono sul punto una disciplina diversa che non prevede, in caso di esclusione del partecipante, l’automatico incameramento della cauzione. Nondimeno, i principi che saranno espressi dalla CGUE potranno avere un impatto più generale in relazione alle ipotesi in cui viene imposto ad un privato un sacrificio economico significativo non correlato ad una effettiva valutazione del disvalore e della colpevolezza della condotta.

Enrico Mantovani

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Regolamentazione e tutela del pluralismo – L’AGCOM ha indetto una consultazione pubblica per la definizione delle Linee guida per la verifica dell’esistenza di posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo

Il 12 aprile 2023, l’Autorità Garante delle Comunicazioni (AGCOM) ha pubblicato la delibera con cui ha avviato una consultazione pubblica per la definizione di Linee guida per la verifica dell’esistenza di posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo, in attuazione dell’articolo 51, comma 5, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208. Tale norma definisce i criteri di valutazione che l’AGCOM deve prendere in considerazione al fine di stabilire se una impresa o un gruppo di imprese si trovino in una situazione di significativo potere di mercato lesiva del pluralismo.

Nello specifico, tali criteri riguardano i ricavi delle imprese coinvolte generati nel sistema integrato delle comunicazioni (SIC), il livello di concorrenza statica e dinamica all'interno del SIC, le barriere all'ingresso nello stesso, la convergenza fra i settori e mercati, delle sinergie derivanti dalle attività svolte in mercati differenti ma contigui, l’integrazione verticale o conglomerale delle imprese coinvolte, la disponibilità e il controllo di dati, il controllo diretto o indiretto di risorse scarse necessarie (quali le frequenze trasmissive), le dimensioni di efficienza economica dell'impresa (anche in termini di economie di scala, gamma e rete), nonché gli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi, anche con riferimento ai programmi di informazione, delle opere cinematografiche, dei prodotti e servizi editoriali e online.

La futura adozione di queste Linee guida risponde alle esigenza di apprestare nuovi strumenti di valutazione - in particolare, di analisi del rischio – e nuovi modelli di tutela a fronte della radicale trasformazione del panorama dell’intrattenimento audiovisivo e dell’offerta di informazione avvenuta negli ultimi anni, per effetto della digitalizzazione e della progressiva affermazione delle grandi piattaforme attive a livello globale, le quali hanno da tempo acquisito una posizione di controllo dell’accesso all’interno dei rispettivi ecosistemi digitali, tanto da esercitare, come rilevato dal legislatore europeo nel regolamento sui mercati digitali “…un controllo su interi ecosistemi di piattaforme nell’economia digitale” (v. Digital Markets Act, considerando 3).

Le imprese interessate debbono far pervenire i propri contributi alla consultazione entro il termine (indicato come “perentorio”) di quarantacinque giorni dalla pubblicazione della delibera.

Sabina Pacifico