Skip to main content

Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 27 marzo 2023

Diritto della concorrenza – Europa / Concentrazioni e settore delle telecomunicazioni – La Commissione europea ha approvato con condizioni l’acquisizione di VOO e Brutélé da parte di Orange S.A., accogliendo gli impegni sulle garanzie di accesso dei concorrenti alla rete fissa delle società coinvolte

Con la decisione del 20 marzo 2023, la Commissione europea (la Commissione) ha autorizzato con condizioni l’acquisizione da parte di Orange S.A. (Orange), principale operatore di telefonia fissa e mobile attivo in Francia e Belgio, delle società belghe VOO S.A. (VOO) e Brutélé S.C. (Brutélé), anch’esse attive nel mercato della telefonia fissa e mobile in alcune regioni del Belgio.

La decisione della Commissione fa seguito a un’indagine approfondita avviata nel luglio 2022. L’acquisizione aveva sollevato preoccupazioni circa i suoi effetti concorrenziali rispetto ad alcuni mercati regionali della telefonia fissa e mobile. In particolare, la Commissione aveva evidenziato: (i) la riduzione del numero di operatori attivi nelle aree coperte dalle reti fisse di VOO e Brutélé; (ii) il rischio di una significativa riduzione della concorrenza nei mercati in cui Orange, VOO e Brutélé sono concorrenti diretti (i mercati della fornitura al dettaglio di accesso internet a rete fissa, servizi audio-visivi e pacchetti congiunti di rete fissa e mobile); e (iii) l’incremento delle probabilità di coordinamento sui mercati al dettaglio interessati tra gli operatori rimanenti.

Con riguardo a tali rischi, Orange ha proposto una serie di impegni consistenti nell’obbligo per la società acquirente di garantire alla società concorrente Telenet B.V. (Telenet) l’accesso per un periodo decennale (i) alla infrastruttura di rete fissa di VOO e Brutélé nella regione della Vallonia (Belgio) e in alcune zone della città di Bruxelles, e (ii) alla futura rete in fibra ottica FTTP (fibre-to-the-Premises) di Orange, la cui installazione è prevista nei prossimi anni.

Tali condizioni sono state considerate sufficienti a eliminare i rischi per la concorrenza derivanti dall’operazione, in quanto permettono l’ingresso nell’immediato futuro di un nuovo operatore, come Telenet, nei mercati in questione.

La Commissione, con la decisione in commento, ha autorizzato un’operazione problematica sulla base di rimedi quasi-strutturali, dimostrando di avere una visione maggiormente pragmatica di questi mercati rispetto all’intransigenza mostrata in passato (si veda ad esempio il caso CKHutchison/O2 in questa Newsletter e sul quale è pendente ancora il ricorso avanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea).

Alberto Galasso

---------------------------

Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e telefonia mobile – L’AGCM ha sanzionato Telecom Italia per aver addebitato automaticamente un servizio aggiuntivo a pagamento ai propri clienti

Con il provvedimento pubblicato nello scorso bollettino settimanale, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha irrogato una sanzione pari a 2,1 milioni di euro a Telecom Italia S.p.A. (Telecom) per aver attivato automaticamente ai propri clienti titolari di scheda SIM ricaricabile “voce, dati, sms” un servizio aggiuntivo a pagamento in violazione dell’art. 65 del decreto legislativo n. 206/2005 (il Codice del Consumo).

Più nel dettaglio, nel mese di luglio 2022 Telecom ha comunicato ai propri utenti, sia via sms, sia attraverso avvisi pubblicati sul proprio sito internet che, a partire dal 1° settembre 2022, vi sarebbe stata una modifica delle condizioni contrattuali giustificata dalle “mutate condizioni di mercato” consistente nell’aumento dell’offerta di Giga e conseguente incremento fino a 2 euro della tariffa mensile. A fronte di questa comunicazione, all’utente venivano presentate non solo le “classiche” opzioni di recesso e cambio operatore senza costi aggiuntivi o penali, ma anche la possibilità – non prevista dalla normativa rilevante – di mantenere invariata l’offerta tramite l’invio di un sms dal testo “INVAR ON” ad un numero dedicato. Ebbene, proprio tale opzione ulteriore costituisce l’oggetto delle contestazioni dell’AGCM che in essa ravvisa un utilizzo strumentale dello ius variandi previsto dal decreto legislativo n. 259/2033 (il Codice delle Comunicazioni Elettroniche).

In piena linea con quanto già stabilito nel recente provvedimento sanzionatorio a carico di Wind Tre S.p.A. (Wind Tre) (già oggetto di commento in questa Newsletter), avente ad oggetto una condotta del tutto analoga, l’AGCM ha ritenuto che l’aggiunta dell’opzione per cui l’utente possa mantenere invariate le condizioni contrattuali a questi applicate sia una chiara dimostrazione che, per il professionista, l’offerta di Giga supplementari sia tecnicamente e commercialmente scindibile dall’offerta originaria, risultando così una componente aggiuntiva distinta e autonoma. Pertanto, i Giga aggiuntivi si qualificherebbero, ai sensi del Codice del Consumo, come un servizio accessorio che dovrebbe essere oggetto di un’offerta nuova per la cui accettazione si richiede la previa manifestazione di un consenso esplicito ed attivo dell’utente (cd. opt-in), e non un meccanismo di attivazione automatica che richieda che questi si attivi, invece, per manifestare il proprio rifiuto alla variazione contrattuale (cd. opt-out).

Di fatto, una simile condotta risulterebbe finalizzata a veicolare un servizio aggiuntivo acquisendo il consenso richiesto dalla normativa in un meccanismo di “silenzio assenso” con cui il professionista trarrebbe vantaggio dalla mera distrazione degli utenti, in pieno contrasto con il dettato dell’art. 65 del Codice del Consumo, il quale vieta esplicitamente di dedurre il consenso del consumatore per qualsiasi pagamento supplementare rispetto alle preesistenti condizioni contrattuali attraverso opzioni prestabilite.

Inoltre, sebbene Telecom abbia offerto le dovute garanzie relative al preavviso e al diritto di recesso, la condotta non risulta giustificabile nemmeno ai sensi della disciplina dello ius variandi poiché per l’AGCM sarebbe di per sé impossibile conciliare i requisiti di oggettiva necessità ed eccezionalità che sottendono a tale disciplina con la possibilità di mantenere invariata l’offerta originaria. Una simile alternativa evidenzia, infatti, come il professionista sia disponibile a rinunciare all’aumento dei prezzi con riferimento ad una porzione di utenti e la sua introduzione sarebbe quindi mirata al solo fine di mitigare il rischio di perdita di clientela, tramite il legittimo esercizio del diritto di recesso, che il professionista potrebbe dover sopportare in reazione all’imposizione unilaterale di condizioni contrattuali più onerose.

Alla luce di ciò, l’AGCM ha irrogato a Telecom una sanzione pari a 2,1 milioni di euro, tenuto conto, inter alia, dell’applicazione della circostanza aggravante della recidiva (riconosciuta alle imprese che, come Telecom, siano già state destinatarie di provvedimenti sanzionatori adottati ai sensi della disciplina consumeristica) e della circostanza attenuante (c.d. ravvedimento operoso) costituita dall’attivazione medio tempore di una procedura di rimborso per gli utenti che ne abbiano fatto richiesta. A ben vedere, si tratta di un trattamento sanzionatorio ridotto rispetto a quello riservato in precedenza a Wind Tre – a suo tempo sanzionata con 5 milioni di euro – in ragione principalmente della ben più ridotta platea di utenti interessati dalla manovra (all’incirca 1/4 in meno), nonché dell’assenza in tal caso di forme di ravvedimento operoso.

Con il provvedimento oggetto di commento, l’AGCM ha quindi confermato il proprio orientamento giurisprudenziale in tema di limiti imposti al professionista nella sua facoltà sia di imporre ai consumatori modifiche contrattuali unilaterali, sia di offrire loro opzioni ulteriori rispetto a quelle previste per legge per reagire a tali modifiche.

Niccolò Antoniazzi

---------------------------

Appalti concessioni regolamentazione / Danno da ritardo nel rilascio di un provvedimento amministrativo e riparto di giurisdizione – La Cassazione prende posizione in merito al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, nei casi di azione per il risarcimento del danno dovuto a ritardo colposo nell’emanazione di un provvedimento autorizzativo

Con l’ordinanza del 9 febbraio 2023 n. 35, la Suprema Corte di Cassazione (la Cassazione), in sede di regolamento di giurisdizione, ha stabilito che in caso di colposo ritardo nell’emanazione di un provvedimento autorizzativo (in questo caso, la Autorizzazione Unica per impianto di energia rinnovabile) (l’Autorizzazione Unica) sussiste la giurisdizione ordinaria, e non quella amministrativa, per l’esercizio dell’azione risarcitoria avviata dall’operatore economico leso. La decisione si pone in parziale dissenso con l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (il CdS) n. 20 del 2021 (l’Adunanza Plenaria).

La controversia da cui tra origine la vicenda era sorta tra la Regione del Veneto (la Regione) e la società Corpassa s.r.l. (la Ricorrente). La Ricorrente dopo aver ottenuto dal direttore del Bacino Idrografico di Belluno la concessione a derivare acqua ad uso idroelettrico dal torrente Rova de Caleda, aveva presentato un’istanza di rilascio dell’Autorizzazione Unica per la costruzione e l’esercizio dell’impianto idroelettrico. Con il ricorso si lamentava il fatto che il relativo procedimento amministrativo si era concluso dopo quattro anni, nonostante il termine “acceleratorio” di 180 gg fissato dal decreto legislativo n. 387 del 2003 (il Dlgs 387/2003), a causa delle condotte della Regione che sarebbero “contrarie alle regole di prudenza e correttezza” e al principio di leale collaborazione nei rapporti con i privati. Infatti, la Regione aveva convocato nel 2016 la Conferenza di Servizi per l’approvazione del progetto, che si era conclusa anche con esito positivo, ed era altresì stata conclusa l’attività istruttoria necessaria; tuttavia, la Regione aveva deciso di chiedere un nuovo parere all’Autorità di Bacino, chiedendo anche ulteriori contatti con le altre amministrazioni coinvolte.

Da tale aggravamento di istruttoria ne è derivato che l’Autorizzazione Unica è stata rilasciata solo nel 2018, sulla base di elementi che di fatto erano già in possesso dell’amministrazione già dal 2016 a seguito della Conferenza di Servizi. La ricorrente contestava quindi all’amministrazione di aver tenuto un comportamento contrario alle regole generali di buona fede che devono caratterizzare il rapporto dell’amministrazione con il cittadino, ma anche che l’ingiustificato ritardo nell’emanazione del provvedimento ha anche fatto perdere alla ricorrente la possibilità di beneficiare di alcuni incentivi per la costruzione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.

Quanto alla questione di giurisdizione, è opportuno osservare come la controversia principale, relativa alla richiesta di risarcimento del danno, si era incardinata ab origine dinnanzi al giudice civile (il Tribunale ordinario di Venezia) e l’eccezione di difetto di giurisdizione era stata sollevata dalla Regione, la quale sosteneva che il pregiudizio lamentato dalla ricorrente attenesse all’esercizio dell’azione amministrativa e che – in quanto tale – non configurasse un danno da lesione dell’affidamento del privato, ma piuttosto un danno da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo, che pertanto fa ricadere la controversia nella giurisdizione del giudice amministrativo. Per contro invece, la Ricorrente sosteneva che la giurisdizione su questa vicenda fosse quella del giudice ordinario.

La Cassazione nel dirimere la controversia rileva che il ritardo è ascrivibile ad esclusiva responsabilità della Regione, la quale “…ha assunto condotte contrarie a regole di accortezza, prudenza e diligenza nella conduzione del predetto procedimento, anche in violazione dei principi di leale collaborazione nel rapporto con il privato…”; da ciò deriva che “…il danno da considerare ai fini della prospettata responsabilità della P.A., secondo le piane deduzioni svolte nell’atto di citazione, non è la conseguenza di un provvedimento amministrativo, la cui ritardata emissione, a ben vedere, rimane mero fatto storico, non deriva dal cattivo esercizio del potere autoritativo ma piuttosto dalla rottura della ‘fiducia’ che il privato nutre nella correttezza dell'agire amministrativo e sulla quale riposa la relazione giuridica tra questi e l’autorità...”.

Argomentando a partire dal rilievo della Ricorrente, secondo cui, in buona sostanza, l’amministrazione poteva e doveva rilasciare l’autorizzazione già sulla base della Conferenza di Servizi svoltasi nel 2016, la Cassazione significativamente rileva che “….la violazione del principio di affidamento attiene alle norme generali dell’ordinamento civile, che impongono di agire con lealtà e correttezza, la cui violazione può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto….”. Peraltro, prosegue la Cassazione, queste regole non attengono alle regole di legittimità amministrativa, nel senso che anche l’accertata legittimità degli atti dell’amministrazione, di per sé non esenta l’amministrazione dalla responsabilità per i danni comunque subiti dal privato per violazione degli obblighi di protezione inerenti al procedimento; sulla base di questo iter argomentativo la Cassazione declina il regolamento di giurisdizione a favore del giudice ordinario.

La pronuncia appare particolarmente significativa, non soltanto per la propria rilevanza pratica ma altresì, sul piano sistematico, per possibili difetti di coordinamento derivanti da pronunce di tenore (almeno parzialmente) differente tra i massimi organi della giurisdizione civile e di quella amministrativa. Non resta che vedere se e come tale possibile contrasto verrà composto in futuro.

Shirin Farvid

---------------------------

Energy / Riforma e Net Zero Industry Act – Pubblicata la proposta di normativa sull’industria a zero emissioni nette (Net Zero Industry Act)

In data 16 marzo 2023, la Commissione europea (la Commissione) ha pubblicato una proposta di regolamento sulla normativa sull’industria a zero emissioni nette (altrimenti nota come Net Zero Industry Act) che punta ad aumentare la produzione europea di tecnologie c.d. green, fondamentali per conseguire la neutralità climatica, come i pannelli solari, le batterie e gli elettrolizzatori, o i componenti chiave di tali tecnologie, come le celle fotovoltaiche o le pale delle turbine eoliche.

Prima di approfondire gli aspetti principali del Net Zero Industry Act, è bene ricordare il significato di “Net Zero”. Secondo le “Net Zero Guidelines” pubblicate dall’ISO (ossia, l’ente delle Nazioni Unite che si occupa di creare standard internazionali), con tale termine ci si riferisce a una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (generate dall’uomo) il più vicino possibile allo zero, con il fine ultimo di stabilizzare le temperature globali.

Il Net Zero Industry Act rappresenta quindi una delle principali iniziative annunciate dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen nel quadro industriale del Green Deal, presentato dalla Commissione l’11 dicembre 2019, che – come noto – fissa l’obiettivo di rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Tale iniziativa è inoltre in linea con l’impegno dell’Unione europea (l’UE) a favore di un’azione globale per il clima nel quadro dell’accordo di Parigi del 2016 sui cambiamenti climatici.

La normativa prevede sostegni in particolare per otto tecnologie strategiche a zero emissioni nette, ovvero: i) le tecnologie solari fotovoltaiche e termiche; ii) l’energia eolica onshore e le energie rinnovabili offshore; iii) le batterie e i mezzi di stoccaggio; iv) le pompe di calore e l’energia geotermica; v) gli elettrolizzatori e le celle a combustibile; vi) il biogas/il biometano; vii) la cattura e lo stoccaggio del carbonio; e viii) le tecnologie di rete (collettivamente, le Tecnologie Strategiche). Su scala diversa, le misure contenute nel Net Zero Industry Act prevedono sostegni anche per altre tecnologie a zero emissioni nette (ad esempio per le tecnologie per i combustibili alternativi sostenibili, le tecnologie avanzate per produrre energia da processi nucleari con una quantità minima di rifiuti del ciclo del combustibile, i piccoli reattori modulari e i relativi combustibili).

Tale proposta di regolamento prevede una serie di azioni e strumenti volti a creare condizioni migliori per quei settori che sono fondamentali per azzerare le emissioni nette entro il 2050 mediante le tecnologie di cui sopra. Soffermandoci sugli aspetti più importanti, la normativa introduce e tempi più brevi (al massimo 12 mesi) per le procedure di rilascio delle autorizzazioni per i progetti di fabbricazione di tecnologie a zero emissioni nette e prevede l’istituzione di punti di contatto unici negli Stati membri.

Inoltre, viene introdotto il concetto di “progetti strategici per tecnologie a zero emissioni nette” per le iniziative che coinvolgono le Tecnologie Strategiche (i Progetti Strategici). Sulla base del Net Zero Industry Act, i Progetti Strategici dovrebbero ricevere uno “status prioritario” a livello nazionale, che assicuri un trattamento amministrativo rapido, e beneficiare delle procedure di autorizzazione più veloci possibili, in linea con la legislazione nazionale e dell’UE (oltre alla circostanza per cui sono considerati di rilevante interesse pubblico). Inoltre, tali progetti dovrebbero usufruire, se del caso, di trattamento urgente in tutte le procedure giudiziarie e di risoluzione delle controversie.

Infine, tra le novità più rilevanti, si rileva anche la creazione: (i) di accademie europee dell’industria a zero emissioni nette, ognuna delle quali specializzata in una determinata tecnologia, che andranno a proporre programmi di miglioramento del livello delle competenze e di riqualificazione; e (ii) della Piattaforma “Europa a zero emissioni” che riunirà gli Stati membri e la Commissione per assisterli congiuntamente in merito all’attuazione del Net Zero Industry Act, nonché per facilitare lo scambio di informazioni tra le parti interessate.

Il Net Zero Industry Act sarà adottato secondo la procedura legislativa ordinaria e, pertanto, i vari atti legislativi dovranno essere discussi e ottenere l’accordo del Parlamento europeo e del Consiglio. Tuttavia, la Commissione confida che i co-legislatori trattino tale iniziativa in via prioritaria e ne auspica l’adozione nel minor tempo possibile.

Mila Filomena Crispino

---------------------------

Legal News / Abuso di posizione dominante e settore delle telecomunicazioni – Operazioni “sotto-soglia” ancora sotto i riflettori: dopo la sentenza della Corte di Giustizia in Towercast, l’Autorità garante della concorrenza del Belgio apre un’indagine per possibile abuso di posizione dominante nei confronti di Proximus

A meno di una settimana dalla pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia nel caso Towercast dello scorso 16 marzo l’autorità garante della concorrenza del Belgio (l’Autorità) – con comunicato stampa del 22 marzo 2023 – ha reso noto di aver aperto un’indagine per presunto abuso di posizione dominante nei confronti di Proximus (uno dei principali operatori di servizi di telecomunicazione in Belgio) in relazione all’acquisizione di Epnet, operatore concorrente nella fornitura di servizi di comunicazione a banda larga all’ingrosso e al dettaglio e che era stato anche cliente di Proximus per i servizi all’ingrosso. L’operazione non raggiungeva le soglie di fatturato per una revisione preventiva da parte dell’autorità nazionale (né della Commissione europea). La posizione preliminare dell’Autorità è che sussistano “seri indizi di ostacoli sostanziali alla concorrenza” connessi all’operazione.

Epnet era cresciuto negli anni come uno dei maggiori operatori alternativi per la fornitura di servizi broadband sul mercato belga, con particolare attenzione al segmento dei servizi ad alta velocità. Nel 2022 – date le fragili condizioni finanziarie – aveva presentato istanza di tutela dai propri creditori ed il tribunale competente, nel gennaio 2023, aveva avviato un processo di riorganizzazione societaria monitorata dall’autorità giudiziaria. In questo contesto, diverse società avevano presentato un’offerta di acquisizione per evitare la bancarotta dell’azienda, tra cui Proximus, che aveva in ultimo presentato l’offerta migliore (circa 20,5 milioni di euro). Con la sentenza del 21 marzo 2023, il Tribunale delle imprese di Gand aveva quindi ordinato il trasferimento delle attività di Edpnet a Proximus (che acquistava il 100% di Edpnet).

L’operazione – non raggiungendo, come detto, le soglie di fatturato per una revisione da parte né dell’Autorità né della Commissione europea – non era stata soggetta ad alcun controllo preventivo. Tuttavia, l’Autorità – considerandola sotto la lente delle disposizioni nazionali sull’abuso di posizione dominante – ha deciso di aprire un’indagine per verificare la possibile esistenza di una condotta abusiva. E ciò, sulla scia della sentenza Towercast (si veda la nostra Newsletter del 20 marzo 2023), che ha confermato la possibilità per un’operazione di concentrazione c.d. sotto-soglia di poter esser scrutinata ex post ai sensi delle disposizioni sull’abuso di posizione dominante. A conclusione della propria indagine, l’Autorità potrebbe financo ordinare alle parti di sciogliere l’operazione.

L’apertura dell’indagine in commento è particolarmente interessante nella misura in cui trattasi della prima iniziativa nazionale a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea in Towercast e sarà interessante vedere se e come anche altre autorità nazionali seguiranno il suo esempio. Invero, l’Autorità già nel 2016 aveva preso in considerazione l’imposizione di misure cautelari per un possibile abuso di posizione dominante nel contesto dell’acquisizione del birrificio Bosteels da parte di AB InBev, dopo che Alken-Maes, controllata di Heineken, aveva chiesto all’Autorità di bloccare l’operazione sotto-soglia. L’Autorità aveva già allora ritenuto di poter applicare l’articolo 102 TFUE alle operazioni di concentrazione ma ciò solo in presenza di credibili indizi circa l’esistenza di effetti restrittivi sulla concorrenza, diversi ed ulteriori rispetto a quelli della concentrazione stessa.

Guardando all’Italia, lo scorso ottobre il Consiglio di Stato ha confermato l’annullamento della sanzione di circa 10 milioni imposta dall’AGCM a TicketOne per una strategia escludente che includeva anche l’acquisizione di quattro tra i principali promoter nazionali (si veda la nostra Newsletter del 2 novembre 2022). In tal sede, pur annullando la sanzione per difetto di istruttoria, il Consiglio di Stato aveva riconosciuto la possibilità di scrutinare ex post operazioni di concentrazione qualora dovessero incidere sull’assetto concorrenziale del mercato.

In conclusione, se da un lato la giurisprudenza Illumina/Grail ed il revival dell’articolo 22 del Regolamento UE sulle concentrazioni ha portato ad una maggiore attenzione sulle operazioni di minori dimensioni, dall’altro la giurisprudenza Towercast e l’iniziativa in commento sembrano inviare un chiaro segnale alle imprese circa il possibile scrutinio ex post, da parte delle autorità nazionali, anche delle operazioni non soggette a controllo preventivo; aumentano quindi verosimilmente i profili di analisi per le imprese da dover considerare nelle proprie strategie M&A e di gestione dei rischi connessi.

Cecilia Carli

---------------------------