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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza – Europa / Concentrazioni e settore delle prenotazioni alberghiere online – La Commissione Europea ha avviato un’indagine approfondita in merito all’acquisizione di eTraveli da parte di Booking

Con il comunicato stampa pubblicato lo scorso 16 novembre, la Commissione Europea (la Commissione) ha annunciato l’avvio di un’indagine approfondita (c.d. “fase 2”) in merito alla proposta acquisizione del controllo esclusivo di Flugo Group Holdings AB, società attiva nel mercato della fornitura di servizi di online travel agencies (OTA) per la prenotazione di voli aerei (comunemente nota come eTraveli), da parte di Booking Holdings (Booking), società attiva nel mercato della fornitura di servizi OTA per prenotazioni alberghiere nonché nella fornitura (tramite la piattaforma KAYAK) di servizi di metasearch, ovvero di comparazione delle offerte delle diverse piattaforme di booking online.

Ai fini di una corretta rappresentazione dell’operazione in parola, occorre evidenziare sin da ora l’irrilevanza, ai fini della valutazione della stessa, delle attività di metasearch operate da eTraveli tramite il marchio Flygresor, in quanto l’operazione prevede che il controllo esclusivo su tale business unit resti in capo al venditore non generando dunque alcuna sovrapposizione orizzontale tra le attività delle parti.

Muovendo alle preoccupazioni concorrenziali sollevate dalla Commissione, quest’ultima ritiene che la combinazione dei servizi offerti dalle parti sia idonea a comportare un significativo aumento delle barriere all’entrata nel mercato degli OTA per prenotazioni alberghiere, limitando la capacità dei concorrenti di Booking di accedere a nuovi clienti e innalzando i prezzi a discapito sia degli utenti finali, sia degli operatori alberghieri. Non bisogna infatti dimenticare che le piattaforme OTA operano in un mercato two-sided caratterizzato da effetti di rete indiretti (ossia si tratta di operatori che offrono i propri servizi ad entrambe le indicate categorie laddove il livello di attrattività delle piattaforme per gli uni dipende dalla maggior presenza degli altri). Inoltre, la Commissione ha manifestato la propria preoccupazione circa la possibilità che a valle del perfezionamento dell’operazione Booking ponga in essere strategie di self-preferencing attraverso KAYAK a scapito dei concorrenti di eTraveli a carattere conglomerale. Inoltre, a detta della Commissione, tale effetto preclusivo potrebbe risultare idoneo a ridurre significativamente le dinamiche concorrenziali anche nel mercato OTA per le prenotazioni alberghiere in quanto i servizi di prenotazione dei voli aerei costituirebbero un importante canale di accesso ai clienti del mercato per le prenotazioni alberghiere.

L’operazione, che si apprende essere attualmente oggetto di revisione anche da parte delle autorità competenti negli Stati Uniti e in Ucraina, è stata di recente approvata senza condizioni dalla Competition and Markets Authority del Regno Unito (CMA). In breve, se da un lato la CMA ha riconosciuto che Booking detiene una quota di mercato significativa nella fornitura di servizi OTA per prenotazioni alberghiere e che tale mercato è caratterizzato da consistenti barriere all’entrata, dall’altro ha concluso che l’operazione non solleva alcuna criticità concorrenziale principalmente in ragione della limitata quota di mercato detenuta da eTraveli nel Regno Unito e della presenza di molteplici concorrenti (alcuni molto significativi, come Skyscanner), nonché alla luce di ricerche di mercato che dimostrano come più dell’87% dei consumatori britannici che acquistano i biglietti aerei online preferiscano farlo direttamente dal sito della relativa compagnia aerea.

In ogni caso, la prospettata concentrazione non solo rappresenta la sesta operazione in fase 2 attualmente al vaglio della Commissione, ma sembrerebbe anche preludere ad un potenziale conflitto tra CMA e Commissione nella valutazione della medesima operazione (come recentemente verificatosi, a parti inverse, nella vicenda Cargotec/Konecranes). Non resta quindi che vedere quale sarà il tenore della decisione della Commissione e delle altre autorità coinvolte, e, in particolare, se le parti saranno in grado di negoziare un pacchetto di rimedi idoneo ad eliminare le criticità sopra esposte.

Niccolò Antoniazzi

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Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e settore della raccolta del risparmio – L’AGCM sanziona Poste Italiane per pratiche commerciali scorrette relative ai buoni fruttiferi postali

Con il provvedimento n. 30346, adottato lo scorso 18 ottobre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha irrogato a Poste Italiane S.p.A. (Poste Italiane) una sanzione pari a 1,4 milioni di euro per due pratiche commerciali scorrette riguardanti i buoni fruttiferi postali (i BFP).

In particolare, il procedimento ha riguardato due pratiche consistenti, rispettivamente, (a) nell’omissione (ovvero nella formulazione con modalità ambigue o decettive) durante la fase di collocamento di BFP di informazioni di particolare importanza relative ai termini di scadenza e di prescrizione dei BFP medesimi, nonché sulle conseguenze derivanti dallo spirare di detti termini (la Condotta A), e (b) la mancata informativa nei confronti di titolari di BFP prossimi alla prescrizione della perdita di interessi e capitale investito in caso di mancata richiesta di rimborso entro il termine di prescrizione, nonostante tale problematica fosse stata oggetto di un numero elevatissimo di segnalazioni giunte a Poste Italiane (la Condotta B).

Con riguardo alla Condotta A – qualificata come omissiva e/o ingannevole ai sensi degli artt. 21 e 22 del Codice del Consumo – l’AGCM ha evidenziato come nella documentazione predisposta da Poste Italiane nella fase di collocamento dei BFP: (i) non venivano indicate con sufficiente precisione – ossia non venivano individualizzate, mediante indicazioni che si riferissero esclusivamente al titolo sottoscritto dal singolo risparmiatore – né la durata specifica del BFP, né la data della sua scadenza, bensì era esclusivamente indicata la prescrizione decennale del diritto alla riscossione degli interessi maturati e del capitale versato alla scadenza dei titoli; (ii) veniva riportata la dizione “Capitale sempre rimborsabile”, idonea a generare nei sottoscrittori l’idea che, anche in caso di scadenza del titolo, quanto versato a titolo di capitale iniziale fosse recuperabile, (iii) omettendo al contempo di segnalare ai risparmiatori che le somme maturate a titolo di interessi e capitale relative a BFP scaduti, una volta decorso il termine prescrizionale decennale, vengono versate in un apposito fondo istituito per indennizzare i risparmiatori rimasti vittime di frodi finanziarie e da lì non possono più essere recuperate.

Con riguardo alla Condotta B, qualificata come non diligente ai sensi dell’art. 20, comma 2, del Codice del Consumo, l’AGCM ha ritenuto che Poste Italiane non abbia adottato un approccio sufficientemente proattivo e individualizzato nei confronti dei risparmiatori i cui BFP risultavano prossimi alla prescrizione, limitandosi a pubblicare annunci generalizzati sia negli uffici postali, sia sul proprio sito internet volti a sensibilizzare la clientela sui rischi derivanti da una intempestiva attivazione da parte dei risparmiatori delle procedure previste per il rimborso delle somme maturate (sebbene per gli utenti sia possibile accedere alla propria area personale sia sul sito di Poste Italiane, sia presso tutti gli uffici postali, al fine di consultare tutti i dettagli dei titoli sottoscritti).

La conformità delle indicazioni contenute nella modulistica alla regolamentazione specifica dei BFP e il grado di diligenza dimostrato dal professionista, tanto con riguardo alla Condotta A quanto con riguardo alla Condotta B, sono stati ritenuti insufficienti dall’AGCM, dal momento che, secondo quest’ultima, i BFP costituiscono investimenti a basso-rischio di interesse “soprattutto per consumatori con un reddito medio-basso e/o con un grado di istruzione finanziaria contenuto”, i quali richiedono l’adozione di “accorgimenti ulteriori che, pur non espressamente previsti, discendono comunque dall’applicazione del più generale principio di correttezza e buona fede a cui si ispira tutta la disciplina a tutela del consumatore”.

Al fine di dare seguito alle preoccupazioni evidenziate dall’AGCM, Poste Italiane ha deciso di adottare già nel corso del procedimento un atteggiamento più proattivo nei confronti degli utenti interessati dalle condotte in questione, rendendo più chiari e trasparenti – online, presso gli uffici postali e sulla documentazione contrattuale e precontrattuale – le indicazioni riguardanti scadenze, termini di prescrizione e conseguenze dello spirare di tali periodi, e inviando ai sottoscrittori di BFP con titoli cartacei scaduti e prossimi alla prescrizione una lettera cartacea individualizzata finalizzata all’informarli del prossimo decorso del termine prescrizionale e delle conseguenze derivanti dallo spirare dello stesso. Sebbene tali iniziative non abbiano portato alla chiusura del procedimento senza l’accertamento dell’infrazione, le iniziative adottate da Poste Italiane si sono tradotte in una riduzione della sanzione da 3,5 a 1,4 milioni di euro.

Il provvedimento in commento rappresenta dunque un esempio di approccio particolarmente rigoroso da parte dell’AGCM con riferimento alle situazioni di disparità (anche) informativa tra il consumatore e il professionista, ben al di là di quanto la normativa di settore si preoccupa di garantire, in linea con le priorità di enforcement dell’AGCM nel settore assicurativo e finanziario in generale. Non resta che attendere se emergeranno ulteriori indicazioni in proposito all’esito dell’eventuale giudizio di impugnazione promosso da Poste Italiane nei confronti della decisione in commento.

Ignazio Pinzuti Ansolini

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Pratiche commerciali scorrette e settore dell’energia elettrica – L’AGCM sanziona ENEL ed altre agenzie partner per pratiche scorrette nella vendita di servizi energetici

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) con il provvedimento del 2 novembre, ha sanzionato per violazione della normativa in materia di pratiche scorrette, Enel Energia S.p.A. (Enel Energia) e Conseed S.r.l., Seed S.r.l., Zetagroup S.r.l., New Working S.r.l., RUN S.r.l. e Sofir S.r.l. (le agenzie partner), che esercitano attività di procacciamento di clienti per conto di Enel Energia, per un totale di oltre 5 milioni di euro.

La condotta censurata svolta dalle agenzie partner consisteva nella diffusione di informazioni ingannevoli per il tramite di messaggi preregistrati e operatori telefonici in ordine: i) alla presunta data di cessazione, prospettata come “imminente”, del mercato tutelato nel settore dell’energia, e invece concretamente prevista solo per il gennaio 2024; ii) alla conseguente necessità di dover stipulare un contratto sul mercato libero con la stessa Enel Energia; iii) alla sostanziale continuità dei servizi di gas e luce offerti in regime di mercato libero con il regime di mercato tutelato. L’AGCM ha anche rilevato profili di aggressività per le insistenti modalità di aggancio dei consumatori, alcuni dei quali non avevano prestato un consenso esplicito ad essere contattati per finalità di marketing. Una ulteriore criticità è stata individuata nello svolgimento, da parte di alcune delle agenzie partner, delle attività di vendita per mezzo di sub agenzie non autorizzate da Enel Energia. Alla luce di quanto sopra, l’AGCM ha accertato una violazione degli artt. 20, 21, 24 e 25 del Codice del Consumo.

Quanto ad Enel Energia, l’AGCM ha ritenuto che, in violazione dell’art. 20 del Codice del Consumo, essa non abbia agito con la necessaria diligenza professionale non avendo predisposto un efficace sistema di organizzazione, gestione, controllo e prevenzione delle modalità con cui le agenzie partner e i sub agenti ad esse collegati contattavano la clientela e acquisivano nuovi contratti sul mercato libero dell’energia. Secondo l’AGCM mancava anche un efficace sistema di repressione delle condotte illecite, consistente tra l’altro in possibili violazioni relativamente al trattamento dei dati personali dei consumatori. Non è stato ritenuto sufficiente ad escludere la sanzione il meccanismo di controllo post-vendita tramite le check e quality calls (le prime consistevano in chiamate effettuate a campione ai soli utenti che avessero sottoscritto un contratto; le seconde, pur riguardando la totalità dei clienti che avessero sottoscritto un contratto, avevano il solo scopo di acquisire la conferma della ricezione della proposta contrattuale e di verificarne l’autenticità e l’effettiva volontà del cliente a procedere con la stipula). Altrettanto insufficiente è stata ritenuta l’attività svolta da i.Nextra per conto di Enel Energia volta ad evitare che un nominativo che avesse espresso uno specifico diniego fosse contattato.

Rispetto alla condotta di Enel Energia, l’AGCM ha inoltre evidenziato che i sistemi di remunerazione dalla stessa previsti a favore degli agenti incentrati sul numero di clienti acquisiti erano tali da creare un forte incentivo in capo agli agenti ad acquisire, in qualsiasi modo (e quindi anche mediante pratiche scorrette), la sottoscrizione di contratti da parte dei consumatori.

Nonostante Enel Energia abbia comunicato che a partire dall’agosto 2022 non si servirà del canale telefonico per il procacciamento di clienti (salvo riservarsi per il futuro, nel rispetto di alcune misure di prevenzione, l’uso dello stesso), rimane una sanzione pecuniaria di 3,5 milioni a suo carico per aver indotto, tramite le agenzie partner, i consumatori al passaggio al mercato libero mediante pratiche ingannevoli, mancando della necessaria diligenza richiesta al professionista.

Il provvedimento in commento rappresenta un esempio di approccio particolarmente rigoroso da parte dell’AGCM in ordine alla responsabilità legata tra l’altro alla culpa in eligendo e in vigilando degli intermediari utilizzati per l’attività di procacciamento della clientela, nonché la critica mossa a meccanismi di remunerazione basati sul numero di clienti acquisiti. Entrambi aspetti da tenere presenti in un’ottica di compliance aziendale, ferma restando la possibilità che l’esito di un’eventuale impugnazione fornisca ulteriori indicazioni in proposito.

Francesca Incaprera Huerta

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Appalti, concessioni e regolazione / Tassa Extraprofitti e giurisdizione amministrativa – Il TAR Lazio ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti da diversi operatori nel settore dell’energia per mancanza assoluta di giurisdizione

Con 15 sentenze di analogo tenore tutte pubblicate il 16 novembre del 2022, il Tribunale amministrativo per il Lazio (TAR) ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti da diversi operatori del settore dell’energia contro gli atti e le circolari emanati dall’Agenzia delle Entrate in attuazione del c.d. “contributo straordinario contro il caro bollette” previsto dall’art. 37 del D.L. 21 marzo 2022, n. 21 (il c.d. “Decreto Ucraina”). Il TAR ha dunque respinto le domande di annullamento e le richieste di rinvio alla Corte Costituzionale circa la legittimità dell’art. 37, in quanto ha rilevato il difetto di giurisdizione amministrativa, la carenza di interesse dei ricorrenti alla decisione e, in ogni caso, la carenza di giurisdizione anche da parte del giudice tributario che, pertanto, non potrà essere adito con la translatio iudicii.

La vicenda originava dall’adozione da parte del Governo Draghi di una tassa sugli extraprofitti maturati dagli operatori del settore energetico in seguito all’eccezionale aumento del prezzo dell’energia dovuto al conflitto in Ucraina e alle relative tensioni internazionali. Più precisamente, al fine di contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico, il citato art. 37 del Decreto Ucraina ha introdotto un prelievo fiscale sugli operatori del settore dell’energia fossile pari al 25% del maggior fatturato prodotto nel periodo 2021-2022 rispetto a quello dell’anno precedente.

A seguito dell’adozione del contributo straordinario, l’Agenzia delle Entrate emanava alcuni atti e circolari di natura esplicativa funzionali a chiarire la portata del contributo, anche con riferimento alle modalità di calcolo della base imponibile. Gli operatori energetici, in modo da provocare un rapido intervento del “giudice delle leggi”, avevano tempestivamente impugnato tutti gli atti emanati davanti al giudice amministrativo chiedendo l’annullamento degli atti e, contestualmente, la proposizione di un rinvio alla Corte Costituzionale, lamentando l’incostituzionalità dell’art. 37 del Decreto Ucraina per contrasto con diversi principi costituzionali, tra cui, in particolare, i principi di ragionevolezza, proporzionalità e eguaglianza, nonché per contrasto con le libertà fondamentali previste dai Trattati Europei, e per violazione del diritto di proprietà, garantito anche a livello CEDU.

Senza affrontare il merito della vicenda, il TAR si è pronunciato per l’inammissibilità dei ricorsi in quanto ha ritenuto, in primo luogo, che il contributo straordinario fosse una imposizione di natura tributaria e che gli atti adottati dall’Agenzia delle Entrate non avessero in alcun modo integrato la norma primaria che, pertanto, rimaneva l’unica fonte dell’imposizione contestata dai ricorrenti. Per tale ragione, il TAR ha escluso la natura di atti amministrativi generali degli atti impugnati, in quanto privi di portata normativa. In secondo luogo, e in linea con tale ricostruzione, il TAR ha poi rilevato la carenza di interesse dei ricorrenti che, anche ove avessero ottenuto la caducazione degli atti impugnati, non avrebbero potuto comunque sottrarsi all’imposizione tributaria che discendeva direttamente dalla legge. In terzo luogo, il TAR ha escluso di poter sollevare una questione di legittimità costituzionale in quanto, stante l’assenza di giurisdizione, l’art. 37 del Decreto Ucraina non era applicabile al giudizio in corso e, pertanto, un eventuale rinvio alla Corte Costituzionale su tale punto sarebbe stato inammissibile per difetto di rilevanza.

In conclusione, il TAR ha ulteriormente precisato che gli atti impugnati, privi di natura innovativa, oltre a non rientrare nella giurisdizione amministrativa, non spettavano nemmeno alla giurisdizione tributaria che, per come attualmente strutturata, consente al contribuente di contestare la pretesa tributaria solamente in ipotesi tassative e, in particolare, solamente in sede di contestazione del diniego del rimborso di quanto versato, ovvero in sede di impugnazione di un eventuale avviso di accertamento per omesso versamento.

Pertanto, a sentire il TAR, gli operatori energetici che volessero portare all’attenzione della Consulta la legittimità dell’art. 37 del Decreto Ucraina avrebbero due alternative: (a) procedere con il pagamento del contributo, per poi richiedere il rimborso e contestare il relativo diniego, ovvero (b) attendere l’adozione di un accertamento dall’Agenzia delle Entrate per poi impugnarlo. Entrambe tali ipotesi sarebbero poi decise davanti al giudice tributario e, proprio in tale sede, gli operatori potrebbero riproporre le censure di incostituzionalità dell’art. 37 del Decreto Ucraina, al fine di ottenere che la questione venga rimessa alla Corte Costituzionale. In ogni caso, secondo l’impostazione del TAR, data la mancanza di provvedimenti amministrativi, e la natura prettamente tributaria della vicenda, la strada davanti al giudice amministrativo sembra preclusa, salvo una diversa posizione del Consiglio di Stato che potrà essere chiamato, in sede di impugnazione, ad esprimersi sulla questione.

Enrico Mantovani