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Newsletter

Newsletter giudica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della Concorrenza – Italia / Abusi di dipendenza economica e contratti di franchising – L’AGCM chiude con impegni il procedimento avviato contro Original Marines.

Con il provvedimento pubblicato nel bollettino dello scorso 25 luglio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha chiuso con impegni il procedimento avviato per accertare il possibile abuso di dipendenza economica posto in essere da Original Marines S.p.A. (OM) a danno dei propri franchisee.

Secondo l’AGCM, gli elementi su cui si sarebbe basata la situazione di dipendenza economica, ossia quelli che avrebbero reso difficoltosa per gli affiliati, se non impossibile, la ricerca sul mercato di alternative commerciali “reali e soddisfacenti”, sarebbero riscontrabili in clausole contrattuali che prevedono ingenti impegni economici in capo ai franchisee. Tra tali oneri figurano quello di sopportare interamente i costi per la formazione del personale e per l’allestimento del punto vendita secondo i canoni imposti dall’affiliante (pena la risoluzione del contratto), nonché quello di installare, mantenere ed aggiornare a proprie spese un sistema informatico che consente la trasmissione giornaliera ad OM dei dati di vendita dell’esercizio. A ciò si aggiungono ulteriori imposizioni, quali il divieto di cessione del contratto senza il previo consenso dell’affiliante e il divieto di cedere a terzi il punto vendita senza offrire prelazione a OM.

Nel contesto appena descritto, la condotta potenzialmente abusiva viene innanzitutto individuata nell’imposizione di clausole contrattuali che prevedono l’impossibilità per l’affiliato di adottare autonomamente campagne promozionali, essendo queste invece esplicitamente subordinate all’onere di preventiva autorizzazione di OM “al fine di evitare concorrenza con gli altri Punti Vendita aderenti al programma Original Marines”. Inoltre, l’affiliato avrebbe subito l’imposizione di meccanismi di riassortimento automatico attraverso il controllo operato dal già menzionato sistema informatico e clausole che prevedono non solo l’impegno dell’affiliato ad acquistare periodicamente una quantità minima di prodotti appartenenti al cosiddetto assortimento standard, ma anche un obbligo di acquisto dei prodotti best-seller, anch’essi in tipologia e quantità determinate da OM. Alla luce di ciò, l’affiliante avrebbe quindi accentrato su di sé le principali scelte imprenditoriali del punto vendita, riversando invece sugli affiliati i rischi di impresa e condizionando significativamente la loro possibilità di operare efficacemente sul mercato.

Al fine di evitare di incorrere in sanzioni (e di incorrere in un formale accertamento dell’infrazione), OM si è impegnata ad eliminare dai propri contratti di franchising ogni riferimento a quantità minime e prodotti da acquistare obbligatoriamente, nonché ogni riferimento a listini prezzi “ufficiali”, al divieto di concorrenza tra rivenditori e ad eventuali autorizzazioni per il lancio campagne promozionali. Ad esito di consultazione pubblica, OM ha assunto infine l’ulteriore impegno a specificare che la possibilità ad essa riservata di imporre direttive vincolanti agli affiliati non verrà impiegata per alterare gli impegni sopra descritti.

Come già anticipato in questa Newsletter, il provvedimento in commento si inserisce nel contesto di un più ampio interesse dimostrato dall’AGCM verso l’abuso di dipendenza economica nei contratti di franchising, coerentemente con il procedimento recentemente concluso a carico di McDonald’s. Non resta quindi che vedere quale sarà l’esito del terzo procedimento AGCM pendente in materia (nei confronti di Benetton). Anche in tal caso sono stati presentati impegni.

Niccolò Antoniazzi

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Tutela del consumatore /Pratiche commerciali scorrette e settore dei social media – L’AGCM accetta gli impegni presentati da TikTok per promuovere un ecosistema digitale trasparente

Con i due provvedimenti PS11979 (il primo procedimento) e PS11990 (il secondo procedimento), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha accettato gli impegni presentati dalla società TikTok Technology Limited (TikTok) volti a chiudere due diverse indagini per pratiche commerciali scorrette nel settore dei social media.

Con l’istruttoria condotta nel primo procedimento, l’AGCM ha inteso indagare alcune modalità di presentazione degli acquisti effettuabili sull’app di monete virtuali utili a comprare dei servizi offerti da TikTok. Secondo l’AGCM TikTok non avrebbe garantito una chiara percezione delle condizioni e dei vantaggi economici sottesi all’acquisto e all’utilizzo di tali monete, il cui uso è frequente soprattutto tra i giovani maggiorenni per una full-experience dell’app. In particolare, sarebbero state poco chiare le informazioni circa il costo unitario delle monete virtuali in valuta reale (ad esempio in euro).

Con l’istruttoria condotta nel secondo procedimento, invece, l’intervento dell’AGCM si è focalizzato in relazione a una ipotesi di pubblicità non trasparente su TikTok in relazione alla possibile ingannevolezza della comunicazione commerciale diffusa dalla società Crystal Drops.Co (Crystal Drops) sull’app di TikTok, non accompagnata dalle normali avvertenze (quali hashtag adv o sponsored by) che consentono di riconoscere messaggi pubblicitari o contenuti brandizzati.

Entrambi i procedimenti si sono conclusi con l’accettazione degli impegni presentati da TikTok, quindi senza sanzione e senza accertamento dell’infrazione.

In riferimento al primo procedimento, TikTok ha apposto dei correttivi soprattutto in merito all’informativa delle condizioni economiche sugli acquisti effettuabili in app, la quale è stata resa più chiara e dettagliata al fine, soprattutto, di poter rendere consapevole l’utente sul reale valore economico del suo acquisto sull’app. Inoltre, l’utente avrà una visibilità chiara sugli acquisti effettuati in precedenza attraverso una apposita sezione di cronologia che offrirà in dettaglio il valore in euro dell’acquisto.

In relazione al secondo procedimento TikTok ha: (i) predisposto un documento vincolante che ribadisce la necessità di rendere visibile la promozione di un prodotto attraverso gli appositi hashtag; (ii) realizzato un’apposita sezione informativa online rubricata “Contenuto di brand su TikTok” rimarcando l’esigenza di una pubblicità trasparente; (iii) inserito nella sezione reclami una apposita categoria “Undisclosed branded content” che permetterà agli utenti di segnalare la pubblicità occulta sulla piattaforma e (iv) rinnovato la veste grafica delle condizioni e policy per gli utenti business in modo da sensibilizzare maggiormente anche i nuovi creator di contenuti sulla piattaforma circa la necessità di trasparenza dei contenuti promozionali.

Con i due provvedimenti in commento, l’AGCM ha confermato ancora una volta il suo interesse a perseguire un’attività di enforcement nel settore del digitale sempre più in espansione (piattaforme online, social media, app di ogni genere) e la cui direzione è ormai chiara: promozione di un ecosistema digitale trasparente.

Maria Spanò

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Pratiche commerciali scorrette e settore del trasporto aereo di linea – Il Consiglio di Stato conferma l’annullamento di un provvedimento sanzionatorio adottato dall’AGCM contro Ryanair per una policy relativa ai bagagli a mano

Con la sentenza 6426/2022, il Consiglio di Stato (CdS) ha rigettato il ricorso proposto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e ha avallato la sentenza del TAR che aveva a sua volta annullato la decisione dell’AGCM del 2019 di sanzionare Ryanair Designated Activity Company – D.A.C. (Ryanair) per avere messo in atto una pratica commerciale scorretta consistente nella riduzione delle dimensioni dei bagagli il cui trasporto viene garantito gratuitamente con l’acquisto di un biglietto aereo.

La vicenda – già oggetto di commento su questa Newsletter – ha ad oggetto l’introduzione da parte di Ryanair di una nuova policy, in vigore per i voli da effettuarsi a partire dal 1 novembre 2018, in virtù della quale la tariffa “basic” non avrebbe più incluso il trasporto di un “bagaglio a mano grande” delle dimensioni 55x40x23 cm. Per trasportare tale bagaglio, il passeggero avrebbe dovuto pagare un supplemento, alternativamente (i) acquistando l’imbarco prioritario (ii) acquistando un supplemento ad hoc del valore compreso tra 8 e 10 euro per un bagaglio del peso massimo di 10 kg ovvero (iii) pagando una somma di 20/25 euro direttamente in aeroporto al check-in oppure al gate. Resta comunque salva la possibilità, per gli acquirenti della tariffa basic, di trasportare in cabina senza costi aggiuntivi un bagaglio delle dimensioni di 40x30x20 cm. In sintesi, ciò che distingue la nuova policy di Ryanair rispetto a quella previgente – e che ha costituito oggetto di contestazione da parte dell’AGCM nel procedimento – è solamente una riduzione delle dimensioni del bagaglio compreso nella tariffa basic.

Ad esito del procedimento, l’AGCM aveva irrogato un provvedimento sanzionatorio pari a 3 milioni di euro nei confronti di Ryanair, ritenendo che la policy di cui sopra costituisse una pratica commerciale ingannevole nella misura in cui la società avrebbe omesso di inserire nell’importo base un servizio considerato “inevitabile” quale il trasporto di un bagaglio a mano delle dimensioni di 55x40x23 cm. In punto di diritto, il thema decidendum è dunque stabilire se il trasporto di un bagaglio delle dimensioni indicate costituisca o meno un servizio inevitabile.

Seguendo lo stesso percorso argomentativo già tracciato dal TAR, il CdS fornisce risposta negativo al quesito, rilevando in prima battuta come la normativa europea applicabile (nella specie, il Regolamento (CE) 1008/2008) non fornisca alcuna indicazione circa le misure del bagaglio da ritenersi indispensabile, limitandosi a imporre l’onere a carico dei vettori aerei di esplicitare i supplementi per servizi inevitabili e prevedibili. Sul punto è intervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza C-487/12 del 18 settembre 2014 (Sentenza Vueling), chiarendo che i bagagli a mano “devono essere considerati un elemento indispensabile del trasporto di passeggeri […] a condizione che tali bagagli a mano posseggano taluni requisiti ragionevoli, in termini di peso e dimensioni”. Il provvedimento dell’AGCM si rivela del tutto carente con riferimento a tale profilo, non fornendo alcuna ragione a sostegno della tesi secondo cui le nuove dimensioni del bagaglio a mano compreso nella tariffa basic sarebbero “irragionevoli”. Sulla scorta di tale rilievo, il CdS conferma l’annullamento del provvedimento sanzionatorio dell’AGCM già disposto dal TAR.

Alessandro Canosa

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Appalti, concessioni e regolazione / Decadenza della concessione e riparto di giurisdizione: le Sezioni Riunite del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana si pronunciano in proposito

Lo scorso 27 luglio 2022, con parere n. 419/22, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (CGA), all’esito dell’adunanza a Sezioni Riunite del 5 luglio 2022, si è pronunciato sul ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana proposto da un’impresa locale (l’Impresa o la Ricorrente) e avente ad oggetto l’annullamento del provvedimento con cui il Comune di Termini Imerese (il Comune) ha disposto la decadenza di una concessione.

Quanto ai fatti di causa, la concessione prevedeva che l’Impresa dovesse effettuare una serie di lavori in base ad un preciso piano di investimento. In merito all’esecuzione di tali lavori, tuttavia, le parti non trovavano un accordo facendo reciproche contestazioni. In tale contesto, il Comune, in virtù del mancato pagamento di alcuni canoni concessori, adottava un provvedimento di “revoca sanzionatoria” della concessione con atto del 15 dicembre 2020.

Con ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, l’Impresa aveva impugnato il provvedimento del Comune sollevando plurimi profili di illegittimità, tutti accomunati dalla sproporzione del provvedimento di “revoca” rispetto all’inadempimento contestato.

Ciò premesso, prima di entrare nel merito della vicenda contenziosa, il CGA si è interrogato sulla giurisdizione, dichiarando il proprio difetto e, per l’effetto, l’inammissibilità del ricorso.

Il percorso logico-argomentativo del CGA pone, anzitutto, la questione della corretta qualificazione del provvedimento impugnato e, in particolare, se questo debba essere qualificato come una revoca ‘vera e propria’ oppure come un provvedimento di decadenza.

La revoca è espressione del potere discrezionale con cui la P.A. può rivalutare, sotto un profilo di opportunità, l’interesse pubblico sotteso ad un provvedimento. Oggi tale potere è consacrato all’art. 21-quinquies della l. n. 241/1990.

La decadenza, al contrario, da un lato non è espressione di una (ri)valutazione dell’interesse pubblico e, dall’altro, non comporta l’esercizio di un potere discrezionale e autoritativo.

Secondo il CGA, il provvedimento impugnato, pur essendo denominato “revoca sanzionatoria”, sarebbe un provvedimento di decadenza, essendo fondato sull’inadempimento dell’Impresa per omesso pagamento di canoni concessori.

Una volta qualificato il provvedimento, il CGA passa a verificare se la controversia possa rientrare nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a.) oppure se ricada in quella del giudice ordinario. Come noto, infatti, l’art. 7, comma 8, c.p.a. stabilisce che “[i]l ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa”.

L’art. 133, comma 1, lett. b), del c.p.a. attribuisce al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in materia di concessioni amministrative di beni pubblici. Al tempo stesso, la norma fa espressamente salve le “controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi” che restano assoggettate al regime generale della giurisdizione ordinaria.

Su questo profilo, la pronuncia in commento entra nel ‘cuore’ della vicenda processuale. Infatti, la vexata quaestio della giurisdizione in ordine alle controversie che si collocano nella fase esecutiva del rapporto concessorio di beni pubblici di cui all’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a. (e già nella precedente disciplina dettata dall’art. 5 della c.d. “Legge Tar” del 1971) è oggetto di ampio dibattito. In tal senso, il CGA dà atto, infatti, di due distinti orientamenti giurisprudenziali:

(a) secondo un primo orientamento, per così dire tradizionale, nel caso in esame sussisterebbe la giurisdizione del giudice amministrativo. In particolare, in virtù dell’ampio perimetro tracciato dall’art. 133, comma 1, lett. b) del c.p.a., la sua cognizione si estenderebbe anche a tutta la fase esecutiva del rapporto, essendovi comprese anche le controversie che coinvolgano i suoi aspetti genetici o funzionali (addirittura anche in assenza di impugnativa di un atto o provvedimento). Seguendo questa interpretazione, in sintesi, le controversie che riguardano la decadenza o la risoluzione di concessioni pubbliche andrebbero attribuite dunque alla giurisdizione amministrativa esclusiva;

(b) secondo un più recente orientamento, invece, l’ampia formulazione del c.p.a. andrebbe letta (e contemperata) alla luce dei principi sanciti dalla Corte costituzionale a partire dalla sentenza n. 204/2004 che individuano nell’esercizio del potere il presupposto imprescindibile per radicare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In parole più semplici, rispetto a controversie che involgono la fase esecutiva di un rapporto concessorio, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo può essere affermata nei soli casi in cui la P.A. intervenga con atti autoritativi incidenti sul rapporto concessorio sottostante ovvero quando contempli l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi (ad esempio, con un provvedimento di revoca ex art. 21-quinquies della l. n. 241/1990). Nei restanti casi, devono essere attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie nelle quali il petitum sostanziale è l’accertamento dell’adempimento o dell’inadempimento delle parti alle obbligazioni assunte nell’ambito del rapporto concessorio. Queste controversie, infatti, non coinvolgono sotto alcun profilo un controllo sull’esercizio del potere pubblico nella misura in cui l’Amministrazione si muove su un piano di parità con il privato.

Ciò premesso, il CGA aderisce a questo secondo e più recente orientamento giurisprudenziale, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Nella vicenda di causa, il Comune aveva accertato che il Ricorrente, pur a fronte di spese straordinarie anticipate anche per conto del Comune e oggetto di compensazione, non aveva corrisposto integralmente il canone previsto dalla concessione.

Secondo le coordinate interpretative da ultimo richiamate, essendosi il Comune limitato ad un mero accertamento dei presupposti fattuali e non essendo venuto in rilievo l’esercizio di alcun potere pubblico, il petitum sostanziale sarebbe rappresentato dall’accertamento dell’inadempimento delle obbligazioni assunte nell’ambito del rapporto concessorio, senza che ciò comporti un controllo sull’esercizio del potere pubblico. Giacché controversia relativa ad inadempienze contrattuali (peraltro di contenuto meramente patrimoniale), essa sarebbe dunque attratta dalla giurisdizione ordinaria.

La pronuncia del CGA appare apprezzabile per la sua chiarezza espositiva. Essa consentirà ai vari operatori del settore di avere uno ‘strumento’ di sicura utilità per orientarsi nella scelta della sede processuale (rectius del giudice) presso cui incardinare eventuali controversie aventi ad oggetto concessioni pubbliche.

Tommaso Filippo Massari

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