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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza – Europa / Abuso di posizione dominante e settore dei microprocessori LTE – Il Tribunale dell’UE annulla la decisione della Commissione del 2018 nei confronti di Qualcomm

Con la sentenza pubblicata il 15 giugno scorso, il Tribunale dell’UE (il Tribunale) ha annullato la decisione (la Decisione) della Commissione europea (la Commissione) che nel 2018 aveva inflitto un’ammenda di quasi un miliardo di euro a Qualcomm Inc. (Qualcomm) per abuso di posizione dominante nel mercato dei chipset c.d. “Long term evolution” (LTE), ossia i circuiti integrati che permettono a smartphone e tablet di connettersi alle reti mobili con la tecnologia 4G.

Ripercorrendo brevemente i fatti, la Decisione (oggetto di commento nella Newsletter del 29 gennaio 2018 aveva accertato una condotta abusiva ricondotta ad un accordo stipulato con Apple nel 2011 e in forza del quale Qualcomm si impegnava a concedere ad Apple “significativi” sconti a condizione che quest’ultima si rifornisse esclusivamente da essa per i chipset degli iPhone e iPad. In particolare, la Commissione aveva ritenuto che tali sconti determinassero effetti anticoncorrenziali in quanto riducevano gli incentivi di Apple a passare ad altri fornitori di chipset LTE concorrenti.

Venendo alla sentenza in commento, il Tribunale è stato particolarmente critico nei confronti della Commissione sugli errori procedurali da questa commessi nel corso delle indagini. Tra gli elementi rilevati, è emerso che la Commissione avrebbe violato i diritti di difesa di Qualcomm informando tardivamente la società dell’esistenza di alcune conference call e riunioni con terze parti (tra cui concorrenti di Qualcomm) utilizzate nella ricostruzione e nella definizione dell’oggetto dell’indagine. In particolare, tali informazioni sarebbero state trasmesse su richiesta di Qualcomm solo dopo l’adozione della Decisione e la Commissione avrebbe successivamente cercato di rimediare trasmettendo alla società una mera nota riassuntiva ma dai contenuti definiti non sufficienti per l’esercizio dei diritti di difesa. Ciò avrebbe comportato la violazione dell’art. 19 del Regolamento n. 1/2003 che obbliga la Commissione a registrare tali colloqui in una forma a sua scelta ma in grado di riprodurre integralmente quanto discusso ai fini dell’inserimento nei verbali nel fascicolo istruttorio a cui la parte può avere accesso per l’esercizio dei suoi diritti di difesa.

Inoltre, il Tribunale si è soffermato su alcuni errori in cui la Commissione è incorsa su aspetti chiave delle analisi contenute nella Decisione. In primo luogo, il Tribunale ha analizzato la censura mossa da Qualcomm concernente la non coincidenza tra la comunicazione degli addebiti (che faceva riferimento alla posizione dominante nel mercato dei chip LTE e UMTS), e la Decisione che ha considerato come unico mercato rilevante quello dei chipset LTE. Secondo il Tribunale Qualcomm avrebbe dovuto avere la possibilità di essere sentita e di adeguare la sua analisi alla luce della modifica dell’approccio della Commissione.

In aggiunta, il Tribunale, facendo tesoro di quanto argomentato nella pronuncia della Corte di Giustizia (oggetto di commento nella Newsletter del 31 gennaio 2022) relativa a Intel, ha valutato se nell’analisi riguardante la capacità di tali sconti di produrre effetti anticoncorrenziali la Commissione avesse preso in considerazione “…tutte le circostante di fatto pertinenti…”. Sul punto, il Tribunale, addentrandosi nell’analisi delle prove contenute nella Decisione a sostegno della ricostruzione della condotta abusiva, ha osservato che l’analisi degli effetti (che alla luce della sentenza Intel devono essere “concreti”) manchi di coerenza nella descrizione dei dispositivi e dei periodi cui si riferiscono gli elementi di prova indicati. La Commissione, dunque secondo il Tribunale, non avrebbe effettuato una dimostrazione specifica della correttezza del suo approccio per ciascun modello interessato né ha fornito dimostrazioni chiare e precise.

La sentenza in commento riveste particolare interesse in quanto il Tribunale ha annullato integralmente la decisione della Commissione per motivi procedurali diretti a garantire il rispetto dei diritti della difesa, allineandosi peraltro alla rigorosa impostazione della pronuncia Intel quanto alla necessità di una disamina di “tutte le circostanze di fatto pertinenti”.

Maria Spanò

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Concentrazioni e settore del display advertising – Il Competition Appeals Tribunal del Regno Unito si pronuncia sul ricorso proposto da Meta contro il veto imposto dalla CMA all’acquisizione di Giphy

Lo scorso 14 giugno, il Competition Appeals Tribunal (CAT) si è pronunciato sull’impugnazione da parte di Meta Platforms Inc. (Meta) del veto posto dalla Competition and Markets Authority (CMA) all’acquisizione di GIPHY Inc. (Giphy). La sentenza in commento ha avallato le valutazioni sostanziali compiute dalla CMA, pur accogliendo una censura procedurale sollevata da Meta.

La vicenda, già oggetto di commento su questa Newsletter, verte attorno all’acquisizione da parte di Meta di un’impresa titolare della principale banca dati di GIF (ossia, brevi immagini animate della durata di alcuni secondi) al mondo nonché del motore di ricerca ad essa associato. Benché Giphy non producesse alcun fatturato nel Regno Unito e avesse solo da poco attuato negli Stati Uniti un meccanismo per monetizzare la propria attività al servizio dei brand (c.d. paid alignment service), la CMA ha ritenuto che l’acquisizione di un concorrente potenziale di Meta nel settore della pubblicità online, ancorché di ridotte dimensioni, desse adito a una sostanziale riduzione della concorrenza (anche) nel Regno Unito.

Nel confermare la valutazione di merito effettuata dalla CMA, il CAT coglie un’occasione inedita per stabilire regole e confini dell’innovativa theory of harm adottata dalla CMA, basata sul concetto di “concorrenza dinamica”. Secondo il CAT, la concorrenza da tutelare deve essere valutata come una gradazione di diverse “sfumature”: da un lato, la concorrenza “statica”, che concerne il mercato nel suo stadio attuale; dall’altro, la concorrenza “potenziale”, che concerne gli sviluppi potenziali e futuri che potranno scaturire dalle condizioni attuali di mercato; e infine, la concorrenza “dinamica”, la quale costituirebbe un concetto qualitativamente diverso rispetto a quelli di concorrenza statica e potenziale: secondo il CAT se le prime due valutano le dinamiche competitive in termini di quote di mercato e mercati rilevanti, la concorrenza “dinamica” descrive la concorrenza come processo, innescato da una minaccia competitiva costituita da un concorrente attuale o potenziale, che stimola le imprese incumbent a investire o innovare la loro attività, seguendo la logica schumpeteriana della distruzione creatrice. È questo tipo di concorrenza, secondo la CMA, che la concentrazione Meta-Giphy avrebbe danneggiato in modo sostanziale: l’acquisizione di Giphy da parte di Meta avrebbe costituito una minaccia attuale di un danno futuro al processo competitivo, nei termini di soppressione di una forza concorrenziale che avrebbe potuto innovare il mercato o spingere i concorrenti a innovare.

Dall’adozione di tale theory of harm – che secondo il CAT è pacificamente sussumibile sotto il dettato normativo dell’Enterprise Act, che menziona genericamente “a substantial lessening of competition” – discendono una serie di conseguenze di rilievo sul piano dell’analisi della concentrazione. Il primo concerne l’esame dei mercati rilevanti. Il CAT osserva che, se il caso avesse avuto ad oggetto un danno concorrenziale “statico”, le censure di Meta sarebbero state verosimilmente accolte. Ma poiché la CMA ha contestato un pregiudizio alla concorrenza “dinamica” (e ha dunque fondato la propria analisi sulle potenzialità in termini di innovazione della target e dell’incumbent), il CAT ritiene che l’analisi della CMA sia stata corretta: dato il contesto fluido e mutevole della concorrenza “dinamica”, la CMA, secondo in CAT, ha legittimamente preso in considerazione e definito molteplici mercati e tentato di catalogare le attività di Giphy all’interno di tale quadro.

Altrettanto degna di nota la sezione della sentenza dedicata all’analisi sostanziale del pregiudizio alla concorrenza dinamica derivante dalla concentrazione, il quale – secondo il CAT – deve essere valutato come segue: (i) punto di partenza dell’analisi è una valutazione della concorrenza “statica” e delle condizioni di mercato vigenti al momento dell’operazione; (ii) a ciò deve fare seguito una valutazione della concorrenza “potenziale”, ossia una un’estrapolazione prognostica dei trend di mercato attuali; infine, (iii) l’analisi dell’elemento “dinamico” mira infine a individuare le aspettative circa le possibili evoluzioni di mercato in un lasso di tempo generalmente quinquennale. Tra i fattori che possono rilevare in questo contesto, il CAT menziona le intenzioni che hanno spinto le parti all’acquisizione, il valore economico attribuito ai caratteri dinamici della target, la contestabilità del mercato interessato nonché le capacità di monetizzazione dell’elemento dinamico. Benché il CAT sembrerebbe non condividere molte delle valutazioni compiute dal CMA sui punti in esame, ha confermato la validità dell’impostazione metodologica dell’analisi della CMA.

L’ampiezza delle motivazioni addotte e la mole delle novità introdotte – ben oltre quelle di cui si è dato conto in questa sede – rendono la pronuncia in commento una delle più innovative e controverse nel recente panorama antitrust, e sicuro tema di futuro dibattito in seno alla comunità accademica e forense.

Alessandro Canosa

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Intese e settore delle unità a disco ottico – La Corte di Giustizia annulla in parte la decisione della Commissione Europea ma conferma le sanzioni irrogate

Lo scorso 16 giugno 2022, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (la CGUE) con quattro pronunce sostanzialmente coincidenti, adottate su ricorsi presentati da Sony Corporation e Sony Electronics Inc., Sony Optiarc Inc. e Sony Optiarc America Inc., Quanta Storage Inc. e Toshiba Samsung Storage  Technology Corp. e Toshiba Samsung Storage Technology Korea Corp. (le Ricorrenti), annullando la sentenza emessa dal Tribunale dell’UE (il Tribunale) ha riformato in parte la decisione della Commissione Europea (la Commissione) che aveva sanzionato le ricorrenti per un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’art. 101 TFUE, confermando, tuttavia, la sanzione stessa.

La controversia trova la sua origine nel 2009, quando la Commissione avvia un articolato procedimento nei confronti di numerose imprese attive nel settore della produzione e distribuzione di unità a disco ottico (le UDO), accusate di aver posto in essere un’intesa unica e continuata nei primi anni del duemila, volta a neutralizzare la concorrenza sui prezzi in occasione delle gare d’appalto indette da Dell e HP per l’individuazione dei fornitori di UDO per i propri dispositivi elettronici fissi e portatili.

L’intesa così individuata, che consisteva in scambi continui di informazioni su base bilaterale tra tutti i partecipanti all’accordo, i quali risultavano avere piena conoscenza delle intenzioni degli altri partecipanti alle gare d’appalto ancor prima dell’avvio di esse, era stata qualificata dalla Commissione nella Decisione finale del 2015 (la Decisione) come un accordo per il coordinamento dei prezzi, ed aveva così determinato l’irrogazione di sanzioni pecuniarie per un totale oltre 115 milioni di euro.
Il Tribunale, adito dalle Ricorrenti per ottenere l’annullamento della parte della Decisione che le riguardava o, in subordine, la riduzione della sanzione, aveva respinto il ricorso. Avverso tale pronuncia, le Ricorrenti hanno proposto appello dinanzi alla CGUE, chiedendone l’annullamento totale, e domandando altresì l’accoglimento dei motivi di ricorso respinti in primo grado, sulla base di quattro motivi, vertenti rispettivamente: (i) sulla constatazione di più infrazioni distinte; (ii) sull’esistenza di un’infrazione unica e continuata; (iii) sulla durata dell’infrazione; e (iv) sull’ammontare delle ammende inflitte.

La CGUE ha accolto il primo motivo, ritenendo che nella Decisione la Commissione avesse violato il diritto di difesa delle Ricorrenti considerando la condotta rilevante come composta da singole infrazioni ciascuna in violazione dell’art. 101 TFUE in maniera autonoma. Tale qualificazione, infatti, era difforme da quanto ricavabile dallo Statement of Objections (SO), sul quale le imprese avevano fatto affidamento nelle loro difese. Secondo la CGUE, se è vero che un’infrazione unica e continuata è quasi sempre caratterizzata da diverse condotte protratte in un lungo periodo di tempo, ciò non può necessariamente portare alla conclusione che ciascuna delle singole condotte, presa singolarmente, debba costituire necessariamente anche una violazione “standalone” dell’art. 101 TFUE. Da ciò consegue, secondo la CGUE, che “…quando la Commissione intende contestare alle ricorrenti di aver partecipato non solo ad un’«infrazione unica e continuata», ma anche a più infrazioni distinte corrispondenti a comportamenti che compongono tale infrazione, essa deve precisare e motivare la qualificazione giuridica di infrazione giuridica che essa attribuisce a ciascuno di tali comportamenti...”. Non essendovi stata, nel caso di specie, un’adeguata motivazione sul punto, la CGUE ha ritenuto che la Commissione sia venuta meno all’obbligo di motivazione dei provvedimenti al quale è soggetta in forza dell’art. 296 TFUE.

I restanti motivi di impugnazione, invece, sono stati integralmente respinti.

Tra i vari motivi respinti è interessare rilevare che la CGUE non ha accolto la ricostruzione offerta dalle Ricorrenti secondo cui, negli anni interessati dalla condotta, vi sarebbe stato un periodo di otto mesi durante il quale l’intesa sarebbe venuta meno, impedendone così la qualificazione come intesa unica e continuata. Secondo la CGUE, infatti, non è necessario che un’impresa ponga in essere necessariamente tutti i singoli comportamenti anticoncorrenziali che compongono l’infrazione – è infatti sufficiente che, anche tenuto conto della prassi invalsa tra le parti dell’intesa, “l’impresa sia al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri partecipanti all’intesa nel perseguimento dei medesimi obiettivi, o [possa] ragionevolmente prevederli ed [essere] pronta ad accertarne il rischio”. Naturalmente, il grado di coinvolgimento dell’impresa verrà tenuto debitamente in considerazione, ma non al fine della qualificazione dell’intesa, bensì nella valutazione della sua gravità.
Dall’accoglimento del primo motivo e dal rigetto dei tre restanti, è derivato (i) l’annullamento totale della sentenza del Tribunale, (ii) l’annullamento parziale della Decisione della Commissione, nella parte in cui alle imprese venivano contestate, oltre che la partecipazione ad un’intesa unica e continuata, anche singole violazioni corrispondenti alle singole condotte poste in essere nel periodo interessato dall’intesa, e (iii) la conferma della restante parte della Decisione della Commissione, ivi compresa quella relativa alle sanzioni, il cui ammontare rimane confermato.

Il caso risulta particolarmente interessante in quanto, ancora una volta, ribadisce la necessità di un rigoroso rispetto dei diritti della difesa (sebbene spesso ciò non si traduca in pratica in una rimodulazione della sanzione).

Ignazio Pinzuti Ansolini

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Diritto della concorrenza – Italia / Intese e settore dell’editoria scolastica – L’AGCM accetta gli impegni presentati da Zanichelli Editore S.p.A. e chiude il procedimento istruttorio I848, avviato per accertare un’intesa tra i principali editori di libri scolastici

Con la decisione del 24 maggio 2022, pubblicata sul bollettino dello scorso 13 giugno, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha reso obbligatori gli impegni presentati dalla società Zanichelli Editore S.p.A. (Zanichelli) nell’ambito del procedimento istruttorio I848 (il Procedimento), avviato lo scorso 1° dicembre 2020 nei confronti delle società De Agostini S.p.A., Mondadori Education S.p.A., Rizzoli Education S.p.A., Pearson Italia S.p.A., Zanichelli Editore S.p.A. (congiuntamente, le Case editrici), nonché dell’Associazione Italiana Editori e dell’Associazione Nazionale Agenti Rappresentanti e Promotori Editoriali (congiuntamente, le Associazioni) al fine di accertare l’esistenza di violazioni dell’art. 101 TFUE.

Nello specifico, il Procedimento aveva avuto origine in relazione a talune clausole di gradimento inserite nei contratti tra le case editrici e la loro rete di promotori, volte a limitare la facoltà dei secondi ad assumere mandati da diversi editori in concorrenza tra loro, subordinando tale possibilità all’approvazione della casa editrice già contrattualizzata col promotore. Analoghe criticità sono successivamente state riscontrate nei contratti collettivi stipulati dalle Associazioni, i quali contengono una clausola di non concorrenza idonea a garantire l’uniforme organizzazione dei rapporti verticali su tutto il territorio nazionale e per tutti gli operatori.

Nel periodo fra marzo e maggio 2021, le Case Editrici e le Associazioni hanno presentato degli impegni volti a rimuovere le criticità concorrenziali evidenziate dall’AGCM. Tutte le Case editrici – ad eccezione di Zanichelli – hanno sottoposto all’AGCM una proposta pressoché uniforme, in forza della quale si sarebbero impegnate: (i) a rinunciare per cinque anni all’esercizio della clausola di gradimento nei confronti di tutti gli agenti/promotori delle rispettive reti commerciali; nonché (ii) a votare in tutte le sedi delle rispettive associazioni di categoria a favore della soppressione della clausola relativa al divieto di concorrenza. Analogamente, le Associazioni si sono impegnate: (i) ad eliminare dai propri contratti la previsione relativa al divieto di concorrenza dei promotori editoriali; e (ii) a non reintrodurre in futuro un analogo divieto. L’AGCM, a seguito del market test, in data 16 novembre 2021, ha approvato e reso vincolanti gli impegni proposti dalle Case editrici (ad eccezione, come detto, di Zanichelli) e dalle Associazioni, chiudendo nei loro confronti il procedimento, senza accertare alcuna infrazione e dichiarando contestualmente che lo stesso sarebbe proseguito nei confronti della sola Zanichelli.

Il successivo 18 febbraio 2022, Zanichelli ha presentato all’AGCM un’istanza di riammissione in termini per la presentazione di impegni, già inclusiva di una proposta sostanzialmente equivalente a quella presentata dalle altre Case editrici. L’AGCM ha ritenuto idonea la proposta di Zanichelli, anche in considerazione del fatto che la stessa, già alla fine di gennaio 2022, avesse comunicato la rinuncia delle clausole di gradimento ai propri promotori, così da rendere operativi i propri impegni già a partire dalla campagna di acquisto dei libri scolastici 2022, allineando in tal modo la tempistica di attuazione dei propri impegni a quella delle altre Case editrici.

La decisione in commento conferma l’attenzione dell’AGCM nei confronti degli operatori del settore dell’editoria scolastica, da anni caratterizzato da un elevata concentrazione, dovuta ad uno stabile numero di operatori e delle rispettive quote di mercato. Il settore in questione era infatti già stato oggetto di un precedente procedimento nel 2007, volto ad analizzare una possibile attività di coordinamento tra i maggiori operatori al suo interno. Meritevole di attenzione appare altresì la rimessione in termini di un operatore che aveva optato per non presentare impegni nei termini di legge. Appare invero da salutare con favore l’Approccio pragmatico e sostanzialistico adottato dall’AGCM nel ritenere ammissibili anche impegni tardivi, in considerazione delle difficoltà insite nel portare avanti procedimenti ibridi, ossia accettando gli impegni solo per alcune parti.

Luca Casiraghi

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Concentrazioni e settore dell’editoria – L’AGCM ha autorizzato con condizioni l’operazione con cui Artoni Group e SRH acquisiranno il controllo congiunto del distributore nazionale Press-Di.

Con il provvedimento pubblicato nel bollettino dello scorso 13 giugno, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha autorizzato l’operazione di acquisizione del 51% del capitale sociale del distributore nazionale Press-Di Distribuzione Stampa e Multimedia S.r.l. (Press-Di) da parte dei distributori locali Artoni Group S.p.A. (Artoni) e SHR S.r.l. (SHR e congiuntamente, le parti acquirenti) che, insieme ad alcune modifiche delle regole di corporate governance, ha determinato il passaggio ad una situazione di controllo congiunto con la società venditrice Mondadori S.p.A. (Mondadori). L’operazione in esame è stata autorizzata a valle di un’istruttoria approfondita (c.d. fase II) per meglio analizzarne i possibili effetti anticoncorrenziali (come già commentato in questa Newsletter), condizionatamente all’attuazione dei rimedi di natura comportamentale proposti dalle parti.

L’operazione coinvolge alcuni tra i più importanti operatori del mercato della distribuzione nazionale di quotidiani e periodici, dove Press-Di rappresenta il secondo operatore per dimensione con quote pari a 20-25% (dietro a M-Dis Distribuzione Media S.p.a. (M-Dis), leader del settore con quote pari al 35-40%), e di quello della distribuzione locale dei medesimi prodotti, dove i distributori delle parti acquirenti sono l’unico operatore presente in svariate aree geografiche del Centro-Nord Italia.

L’AGCM ha espresso le proprie preoccupazioni in merito alla possibilità sia di effetti escludenti in relazione alle forniture, sia di preclusioni agli sbocchi nei mercati rilevanti. Tramite la partecipazione detenuta al capitale sociale, le parti acquirenti secondo l’AGCM avrebbero infatti potuto indurre Press-Di ad adottare comportamenti giustificati dal solo fine di supportare la loro espansione tramite la revoca dei mandati (anche parziale), oppure la modifica unilaterale in peius delle condizioni dei contratti, già in essere con altri distributori locali; così facendo Press-Di avrebbe pertanto potuto determinare non solo l’uscita dal mercato dei concorrenti delle acquirenti ma anche una significativa riduzione del loro valore commerciale. Secondo l’AGCM l’operazione avrebbe inoltre potuto indurre le acquirenti a precludere l’accesso dei distributori nazionali concorrenti di Press-Di agli ambiti locali da loro serviti ovvero a peggiorare le condizioni applicate ai medesimi riducendone la capacità competitiva.

Al fine di mitigare le criticità sopra esposte, le parti hanno proposto un articolato set di rimedi comportamentali con una durata di 5 anni. Si è previsto innanzitutto il divieto di revoche (anche parziali) al mero scopo di favorire l’espansione delle acquirenti e l’inserimento di un preavviso di sei mesi per le ipotesi legittime di revoca, ovvero quelle esclusivamente motivate da ragioni puramente commerciali (come, ad esempio, il ritardo nei pagamenti e nelle consegne). Inoltre, l’operatività delle clausole risolutive espresse nei contratti già in essere viene vincolata al mancato soddisfacimento di alcuni Key Performance Indicators ivi indicati. Ulteriori impegni che sono risultati determinanti sono stati il blocco del flusso informativo tra Press-Di e le parti acquirenti sui rapporti intrattenuti con i reciproci concorrenti, il rispetto del principio di non discriminazione in tali rapporti e l’estensione delle misure appena illustrate a tutti i mandati futuri.

Con questo provvedimento l’AGCM ha, ancora una volta, dimostrato un certo pragmatismo nell’autorizzare operazioni subordinatamente all’adozione di impegni comportamentali (e non strutturali), superando preoccupazioni potenzialmente legate alla necessità di monitorare nel tempo la corretta esecuzione di tali impegni.

Niccolò Antoniazzi

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