Skip to main content

Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Aiuti di Stato e settore del trasporto aereo – Il Tribunale dell’UE conferma la compatibilità dell’aiuto di Stato concesso nel 2019 dalla Germania per il salvataggio della compagnia aerea Condor

Con la sentenza pubblicata il 18 maggio scorso, il Tribunale dell’Unione Europea (il Tribunale) ha respinto il ricorso presentato dalla società Ryanair DAC (Ryanair) volto ad annullare la decisione del 2019 (la Decisione) della Commissione europea (la Commissione) che nel 2019 aveva dichiarato compatibile con le norme del mercato interno l’aiuto di Stato erogato dalla Repubblica Federale di Germania nei confronti della società Condor Flugdienst GmbH (Condor).

Condor è una società che offre servizi di trasporto aereo principalmente a tour operator da diversi aeroporti in Germania ed è interamente controllata da Thomas Cook Group plc (il Thomas Cook). A causa della liquidazione giudiziale di quest’ultima, il 25 settembre 2019 Condor ha chiesto l’apertura di una procedura di insolvenza e la Repubblica Federale di Germania ha contestualmente notificato alla Commissione un aiuto di Stato sotto forma di prestito da 380 milioni di euro per un periodo di sei mesi al fine di consentire il proseguimento dell’attività di Condor fino al raggiungimento di un accordo con i creditori e la messa in vendita della società. Il successivo 14 ottobre 2019, senza avviare un procedimento di indagine formale ex art. 108 TFUE, la Commissione aveva approvato la misura adottata dichiarandola compatibile con le norme in materia di aiuti di Stato.

A sostegno del suo ricorso, Ryanair ha dedotto tra l’altro un’erronea applicazione e interpretazione degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (gli Orientamenti) con particolare riferimento ai punti 22, 44 lett. b) e 74 dei medesimi.

Conformemente al punto 22, una società appartenente ad un gruppo di imprese non è di norma idonea a ricevere aiuti di Stato “salvo i casi in cui si possa dimostrare che le difficoltà dell’impresa sono intrinseche e non sono il risultato di una ripartizione arbitraria dei costi all’interno del gruppo e che le difficoltà sono troppo gravi per essere affrontate dal gruppo stesso”. Tale riferimento nasce con l’obiettivo di evitare che un gruppo di società attribuisca in maniera artificiosa e arbitraria i propri costi, debiti o passività su un’entità del gruppo, potendo in tal modo beneficiare di aiuti di Stato a cui non avrebbe altrimenti avuto accesso. Nel caso di specie, Ryanair ha sostenuto l’adozione di una strategia artificiosa e arbitraria da parte gruppo Thomas Cook, il quale avrebbe appositamente causato il dissesto finanziario di Condor con l’obiettivo di accedere all’aiuto di Stato in parola. Tuttavia, come ricostruito dalla Decisione e confermato poi anche dal Tribunale, all’origine della messa in liquidazione di Condor vi è stata la cancellazione di ingenti crediti di cui essa era titolare nei confronti di Thomas Cook nel contesto di un (legittimo e non arbitrario) sistema di c.d. ‘cash pooling’ (ossia un sistema di accentramento dei fondi che funziona come una banca infragruppo).

Il Tribunale ha altresì respinto la censura vertente sul fatto che la Commissione avrebbe dovuto nutrire dubbi quanto al fatto che la misura soddisfacesse i requisiti di cui al punto 44 lett. b) degli Orientamenti. Secondo quanto statuito in tale punto, gli Stati erogano il beneficio se "... esiste un rischio di perturbazione di un servizio importante difficile da replicare e in cui sarebbe difficile per qualsiasi concorrente intervenire semplicemente…". Dunque, secondo Ryanair, la Commissione non avrebbe dimostrato che i) Condor fornisse un servizio ‘importante’ e che ii) detto servizio non potesse essere facilmente garantito da un concorrente. Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che l’impostazione fatta propria dalla Commissione fosse ragionevole alla luce del rischio legato al fatto che l’uscita di Condor dal mercato avrebbe lasciato un gran numero di passeggeri bloccati all’estero e che il loro rimpatrio da parte di altre compagnie aeree sarebbe stato difficile. Secondo il Tribunale, l’importanza del servizio deve essere considerata a prescindere dal fatto che la società in questione svolga "…un ruolo sistemico importante per l’economia di una regione dello Stato, o che le sia affidato un servizio di interesse economico generale o un servizio di importanza nazionale…".

Infine, Ryanair ha lamentato l’inosservanza del punto 74 degli Orientamenti che prevedono la ‘condizione una tantum’ dell’aiuto concesso ad una società. In particolare, secondo Ryanair la Commissione non avrebbe valutato che il gruppo Thomas Cook e Condor avevano ricevuto altri aiuti di Stato negli ultimi 10 anni. Tuttavia, in assenza di elementi idonei a supportare tale allegazione, il Tribunale ha respinto anche questo motivo di ricorso.

La sentenza in commento offre quindi utili chiarimenti in merito alla valutazione della compatibilità degli aiuti di Stato concessi a gruppi di società in crisi, ricordando che è possibile beneficiarne solo se le difficoltà in cui versa una determinata società non sono il risultato di una ripartizione arbitraria dei costi all’interno del gruppo, e fornendo indicazioni utili circa la valutazione di tali circostanze in una fattispecie concreta.

Maria Spanò

-----------

Antitrust e lettere di orientamento – La Commissione europea avvia una consultazione sul progetto di aggiornamento relativa alle consultazioni informali in ambito antitrust

Con consultazione avviata il 24 maggio scorso, la Commissione europea (la Commissione) ha invitato le parti interessate a presentare osservazioni in merito al progetto di aggiornamento della (a dire il vero, poco nota) Comunicazione della Commissione sui c.d. orientamenti informali.

Attenuatasi l’esigenza di rigidità nell’uso di tale strumento, precedentemente avvertita e motivata dal fine di non ostacolare l’affermazione del sistema di autovalutazione introdotto dal Regolamento (UE) n. 1/2003, l’opportunità di un aggiornamento delle modalità di richiesta di orientamenti informali è stata infatti espressa in diverse occasioni recenti, non da ultimo nei documenti di valutazione dei regolamenti di esenzione per categoria nell’ambito della cooperazione orizzontale (in un’ottica di aggiornamento degli stessi) pubblicati a inizio maggio 2022. Lo scopo dell’iniziativa è infatti quello di rendere le lettere di orientamento uno strumento più flessibile ed efficace nell’aiutare le imprese che vertono in una situazione di autentica incertezza in merito all’applicabilità delle norme antitrust alla loro condotta, nonché idoneo ad aumentare la certezza del diritto in quanto si prevede che una versione non confidenziale  dell’orientamento (concordata con i richiedenti) venga resa successivamente accessibile al pubblico sul sito della Commissione.

In particolare, il testo della bozza di Comunicazione si concentra sui criteri che debbono essere cumulativamente soddisfatti per la sua applicazione. In primo luogo, il quesito deve riguardare questioni nuove o irrisolte, ovvero essere relativo a situazioni di applicazione del diritto che non risultano chiarite dal quadro giuridico dell’Unione e/o da orientamenti generali dell’Unione pubblicamente accessibili. In secondo luogo, la Commissione deve ritenere che un chiarimento della questione apporti un significativo valore aggiunto a seguito di una valutazione prima facie che tenga in considerazione:

-              l’importanza economica, sia effettiva, sia potenziale, dei beni e/o servizi oggetto della questione, tenendo in particolare considerazione gli interessi dei consumatori;

-              la pertinenza della questione alle priorità strategiche della Commissione e dell’Unione;

-              l’entità degli investimenti effettuati o da effettuare da parte delle imprese richiedenti relativamente alla condotta per la quale viene intrapresa la consultazione;

-              la possibilità che l’accordo e/o la pratica oggetto di consultazione riproducano un comportamento più diffuso e quindi di più ampia rilevanza.

Coerentemente con l’approccio sopra indicato, la Commissione non valuterà questioni simili o identiche a quelle sollevate in cause pendenti di fronte alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (la CGUE), alla Commissione o a giurisdizioni e autorità nazionali, nonché questioni ipotetiche o relative ad accordi o pratiche riguardanti il passato – mentre sarà possibile avviare una consultazione nei casi in cui l’accordo e/o la pratica in questione siano in uno stadio di progettazione sufficientemente avanzato.

Nella bozza vengono inoltre specificati gli elementi che le imprese devono indicare nella richiesta. In particolare, è previsto che le parti illustrino le motivazioni per cui la questione solleva criticità da ritenersi nuove o irrisolte, nonché che forniscano un’autovalutazione preliminare sull’applicabilità degli articoli 101 e 102 TFEU al caso concreto accompagnata da un quadro informativo esaustivo comprendente la necessaria documentazione (in cui debbono essere indicati con precisione eventuali segreti aziendali). Sebbene in linea di principio generale la Commissione deciderà sulla base delle informazioni ricevute, viene a questa riservata la facoltà di richiedere alle imprese informazioni supplementari.

La bozza precisa, inoltre, che la richiesta inviata dalle parti non pregiudica la possibilità della Commissione di avviare un procedimento relativamente ai fatti allegati e di conservare le informazioni ricevute per utilizzarle in eventuali successivi procedimenti. Con riferimento agli effetti prodotti dalle lettere di orientamento, invece, si precisa che queste non sono vincolanti né per i richiedenti, che restano i soli responsabili della valutazione della condotta sottoposta a consultazione, né per i terzi. Si chiarisce altresì che il contenuto delle lettere di orientamento non è vincolante, oltre che naturalmente per CGUE, anche per le giurisdizioni e/o le autorità nazionali, sebbene queste possano comunque tenerle in considerazione nel loro processo di valutazione delle specifiche condotte.

La bozza, sicuramente da accogliere con favore, delinea quindi un progetto volto ad ottenere uno strumento più flessibile per aiutare in particolare le imprese che adottano modelli di business emergenti e che intendano ottenere indicazioni concrete su come la Commissione intenda inquadrare possibili iniziative in materia di sostenibilità.

Niccolò Antoniazzi

---------------------

Appalti, concessioni e regolazione / Codice delle comunicazioni elettroniche e ruolo degli operatori privati - Il Consiglio di Stato chiarisce alcune questioni rilevanti in merito alle occupazioni di suolo pubblico per le reti di tlc

Il Consiglio di Stato (il CdS), con la sentenza n. 4101 del 24 maggio 2022 si è pronunciato su un ricorso proposto da un operatore di tlc e avente ad oggetto l’applicazione del d.lgs. 1° agosto 2003 n. 259 (“Codice delle comunicazioni elettroniche” – Codice Tlc) che, in via speciale e derogatoria, favorisce la realizzazione e sviluppo delle reti in fibra ottica.

La vicenda contenziosa origina dalle istanze di tale operatore presentate al Comune di Avellino al fine di alloggiare la propria rete di tlc in alcune vie del territorio comunale. In risposta alle istanze, il Comune di Avellino ha subordinato il rilascio dei titoli autorizzatori (i) alla preventiva approvazione di uno schema di convenzione da parte della Giunta comunale, nonché (ii) alla prestazione di un deposito cauzionale di 390.000 euro a garanzia degli obblighi previsti nel titolo autorizzatorio.

Con il ricorso di primo grado, l’operatore aveva impugnato il provvedimento del Comune di Avellino sollevando tre autonomi profili di illegittimità, contestando:

(i) in primo luogo, il mancato riconoscimento del silenzio assenso che, in ragione del tempo trascorso, si era formato sulle istanze che la società aveva presentato per la realizzazione, l’intervento e l’occupazione dell’area ex art. 88, comma 7, del Codice Tlc;

(ii) in secondo luogo, l’illegittimità dell’obbligo di pagamento del deposito cauzionale posto a garanzia del rispetto della convenzione che sempre il Comune aveva richiesto quale condizione per l’occupazione di suolo pubblico. L’imposizione del Comune contrasta con la disciplina speciale e derogatoria del settore delle comunicazioni elettroniche che garantisce alle reti di comunicazioni elettroniche un regime di sostanziale gratuità, vietando alle amministrazioni di imporre agli operatori oneri economici o finanziari di qualsiasi tipo (salvo alcune eccezioni);

(iii) in terzo luogo, infine, l’illegittimità della condizione a cui il Comune aveva subordinato il rilascio dell’autorizzazione, la quale costituirebbe un ulteriore (e pertanto illegittimo) onere procedimentale non previsto dalla disciplina contenuta nel Codice Tlc.

In primo grado, con sentenza 17 aprile 2021, n. 1066, il Tribunale Amministrativo della Campania (il TAR Campania) aveva respinto il ricorso. La sentenza, resa in forma semplificata, si è limitata a prendere in considerazione, respingendolo, soltanto il primo motivo di ricorso (sul silenzio assenso) omettendo qualsiasi pronuncia in merito al deposito cauzionale e all’obbligo della preventiva approvazione di uno schema di convenzione.

In sede di appello, in riforma della sentenza di primo grado, il CdS ha invece accolto tutti i motivi di impugnazione proposti dall’operatore di tlc avverso il provvedimento del Comune di Avellino.

In primo luogo, quanto alla formazione del titolo per silenzio assenso, il CdS ha riconosciuto che il giudice deve limitarsi a compiere tre verifiche: (i) la verifica della presentazione dell’istanza e della documentazione minima tecnica completa nei suoi elementi essenziali; (ii) il decorso del tempo; (iii) l’inerzia dell’amministrazione. Il Codice Tlc prevede infatti che nel caso in cui la documentazione che correda l’istanza di rilascio del titolo autorizzativo sia incompleta, l’amministrazione sia tenuta a sollevare le carenze documentali all’operatore entro dei termini specifici e stringenti. In caso contrario, il decorso del termine determina in sé la formazione del titolo, senza che il giudice, in sede di impugnazione, sia tenuto a compiere quelle valutazioni che erano rimesse all’amministrazione (e non effettuate).

Quanto al deposito cauzionale, il CdS ha sottolineato che le occupazioni di suolo pubblico destinate alla realizzazione di reti di comunicazione elettronica possono essere assoggettate esclusivamente alla Tosap/Cosap (oggi canone unico), mentre è esclusa l’applicazione di un qualsivoglia ulteriore canone, indennità ed onere economico comunque denominato e a qualsiasi titolo richiesto. L’obbligo di pagamento del deposito cauzionale, pertanto, si porrebbe in contrasto con la disciplina speciale e derogatoria contenuta nel Codice Tlc.

Infine, quanto alla preventiva approvazione di uno schema di convenzione, il CdS ha chiarito che tale obbligo si ponga in contrasto con il regime derogatorio previsto dal Codice Tlc il quale prevede che il titolo autorizzatorio per la realizzazione di reti di comunicazione (e per la relativa occupazione di suolo pubblico) trova la sua esclusiva disciplina speciale nell’art. 88 del Codice Tlc, che non prevede l’adozione di alcuna convenzione con l’amministrazione.

In conclusione, il Codice Tlc ha introdotto, per un verso, un procedimento autorizzatorio accelerato e semplificato per i titoli abilitativi necessari alla realizzazione di nuove reti e, per un altro verso, ha uniformato e ridotto gli oneri economici a cui possono essere sottoposti i singoli operatori che sviluppano e gestiscono le reti, sottoponendo le occupazioni per le reti di tlc ad un regime di sostanziale gratuità.

La pronuncia in commento appare di estrema importanza. Oltre a chiarire le condizioni applicative dell’istituto del silenzio assenso, sottolinea in maniera chiara che le amministrazioni pubbliche non possano sottoporre gli operatori privati che intendano posare reti di comunicazioni elettroniche a condizioni diverse da quelle indicate dal Codice Tlc.

Tommaso Filippo Massari

---------------------

Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e gestione della rete autostradale – L’AGCM sanziona Autostrade per l’Italia S.p.A. per inottemperanza a una delibera che ordinava l’introduzione di un meccanismo di rimborso

Lo scorso 10 maggio 2022, con il Provvedimento n. 30143 (la Decisione di inottemperanza), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha sanzionato Autostrade per l’Italia S.p.A. (ASPI) con un’ammenda quasi simbolica (pari a 10.000 euro) per non aver tempestivamente ottemperato alla delibera n. 28604 del 2021 (la Decisione originaria), con la quale ASPI era stata condannata per aver posto in essere delle pratiche commerciali scorrette a danno degli utenti di buona parte della rete autostradale e in cui l’AGCM ordinava una serie di misure correttive a carico di ASPI.

Nella Decisione originaria l’AGCM aveva accertato una pratica commerciale scorretta consistente (i) nel mancato adeguamento dei pedaggi richiesti da ASPI agli utenti della rete autostradale in occasione di lavori di manutenzione che avevano comportato significativi allungamenti dei tempi di percorrenza; nonché (ii) nelle modalità informative omissive, inadeguate o intempestive riguardanti le procedure di rimborso messe a disposizione degli utenti in occasione di disagi alla viabilità particolarmente gravi.

A fronte di queste risultanze, la Decisione originaria aveva condannato ASPI ad un’ammenda pari a 5 milioni di euro, ordinandole contestualmente di predisporre un meccanismo di rimborso progressivo di parte dei canoni riscossi nella misura in cui fossero riconducibili alla pratica censurata. L’AGCM ha ritenuto che nei primi mesi successivi alla notificazione della Decisione originaria ASPI non si fosse attivata per la predisposizione di tali rimborsi, avviando pertanto un procedimento per inottemperanza.

Successivamente all’avvio di quest’ultimo, ASPI ha presentato un articolato programma di misure e investimenti, anche infrastrutturali, diretto a sanare i vizi censurati dall’AGCM che proseguirà per tutto il 2022. Tra questi interventi, riveste primaria importanza il programma di c.d. cashback, che consiste nel rimborso progressivo del pedaggio pagato dagli utenti in proporzione a (i) entità del ritardo subito rispetto ai normali tempi di percorrenza, in ragione della presenza di uno o più cantieri lungo il tragitto, e (ii) lunghezza del percorso effettuato dall’utente sull’autostrada.

Restano fuori dal programma di rimborso, invece, quei ritardi non imputabili alla gestione del concessionario, come ad esempio quelli causati da traffico intenso o da condizioni metereologiche avverse, nonché quei ritardi che risultino poco rilevanti, o per la loro entità in termini assoluti (ritardi inferiori a 10 minuti) o per la loro limitata incidenza (ritardi compresi tra 10 e 15 minuti per una lunghezza del viaggio superiore a 100 km).

Il programma di cashback viene, peraltro, accompagnato da una campagna informativa che l’AGCM ha riconosciuto essere particolarmente capillare, condotta sia su mezzi di comunicazione tradizionali sia su internet, finalizzata a raggiungere la maggior parte dell’utenza della rete autostradale (con particolare attenzione alle aree più interessate dai disagi dovuti ai lavori di manutenzione), nonché dalla predisposizione di meccanismi rapidi e user-friendly per la corresponsione del rimborso (tramite apposita applicazione e, in futuro, tramite anche un sito web predisposto ad hoc, nonché, infine, per gli utenti con competenze digitali limitate, mediante la creazione di un numero verde gratuito).

L’AGCM ha valutato positivamente, nel loro insieme, le misure prospettate da ASPI, apprezzando particolarmente la velocità del sistema di rimborso, una volta a regime, e il fatto che i criteri adottati per la valutazione dei tempi di percorrenza medi in assenza di cantieri (usati come parametro di raffronto per l’analisi dell’incidenza dei singoli cantieri sui tempi di percorrenza effettivamente verificatisi) sono destinati a risolversi in un rimborso ritenuto vantaggioso per i viaggiatori. Per questi motivi, e anche in virtù del limitato lasso di tempo in cui ASPI non ha dato seguito alla Decisione originaria, l’AGCM si è risolta ad irrogare la sanzione di soli 10.000 euro, pari al minimo edittale. Come sempre più spesso accade, tuttavia, la possibile effettiva esposizione finanziaria dipende in misura decisiva da iniziative di private enforcement. Nel caso di specie, si tratta soprattutto di una class action organizzata da Altroconsumo che potrebbe avere una ampia diffusione.

Ignazio Pinzuti Ansolini

------------------

Legal news / Abusi e pubblicità online – La CMA avvia un’istruttoria contro Google per un possibile abuso di posizione dominante

Il 26 maggio scorso, la Competition and Markets Authority britannica (la CMA) ha annunciato l’avvio di un’istruttoria nei confronti di Google per un possibile abuso di posizione dominante sui mercati dell’intermediazione della pubblicità online.

La decisione della CMA segue di qualche mese l’avvio di un’altra istruttoria nei confronti di Google e Facebook, aperta contestualmente dalla CMA e dalla Commissione europea (la Commissione), per un presunto accordo segreto volto a restringere la concorrenza sui medesimi mercati (già oggetto di commento su questa Newsletter).

Come già rilevato in sede di precedente commento, il mercato del trading degli spazi pubblicitari online è imperniato su tre elementi essenziali: (i) l’ad server, cui fa ricorso il venditore dello spazio pubblicitario, ossia un sistema di gestione degli spazi che identifica e profila l’utente che accede alla pagina, entrando in contatto con i marketplace per il trading degli spazi; (ii) il marketplace per la compravendita di spazi pubblicitari, che mette in contatto venditori e acquirenti per la creazione di aste sugli spazi pubblicitari (nel caso in cui l’asta abbia oggetto un volume di spazi contenuto, i marketplace generalmente non offrono visibilità sui prezzi delle aste); e (iii) gli ad buying tools, strumenti di intermediazione che gli acquirenti di spazi pubblicitari devono impiegare per l’accesso ai marketplace e alle aste.

Su ciascuno dei tre fattori in commento, Google deterrebbe secondo la CMA una posizione dominante. Secondo quanto si evince dal comunicato stampa ufficiale in commento, l’Autorità britannica ipotizza che Google abbia fatto leva sul potere di mercato che eserciterebbe sull’intera value chain della pubblicità online per vincolare sia la domanda, sia l’offerta di spazi pubblicitari all’utilizzo dei propri ad server, marketplace e ad buying tools. Le condotte ipotizzate avrebbero assunto le forme del tying, del self-preferencing nonché della limitazione arbitraria dell’interoperabilità dei software concorrenti rispetto a quelli di Google. Molte informazioni in merito alle condotte che potranno costituire oggetto di contestazione al termine dell’istruttoria sono ricavabili da procedimenti analoghi, in stadio più avanzato, aperti in altre giurisdizioni: su tutti si segnalano i procedimenti aperti nell’estate del 2021 dalla Commissione europea e da 22 Stati americani, nonché la decisione dell’Autorità antitrust francese che ha sanzionato Google per oltre 200 milioni ad esito di settlement, unitamente all’adozione di impegni, per un abuso analogo a quello ipotizzato dalla CMA in questa sede.

Sul punto, è opportuno segnalare che il mercato della intermediazione della pubblicità online sia già stato oggetto di attenzione da parte della CMA nel luglio 2020, quando l’Autorità britannica ha pubblicato l’esito di una lunga indagine settoriale relativa alle piattaforme online e alla pubblicità nel mondo digitale. L’indagine aveva già portato alla luce le criticità concorrenziali che secondo la CMA caratterizzano i mercati in esame. Alla conclusione dello studio non aveva tuttavia fatto seguito l’apertura di un’istruttoria. La CMA chiudeva infatti la propria indagine constatando come, data la natura strutturale degli ostacoli posti alla concorrenza nel settore, la normativa antitrust in vigore – volta a indagare specifiche condotte e a correggerne gli effetti distorsivi – fosse insufficiente per rendere realmente competitivi i mercati in esame. Si rendeva necessario, secondo la CMA, introdurre una nuova disciplina di carattere regolatorio che consentisse all’Autorità di intervenire ex ante con misure più ampio respiro. L’approvazione di tale disciplina in sede legislativa era attesa per quest’anno, ma nelle ultime settimane il Governo inglese ha fatto filtrare la propria contrarietà ideologica a un intervento così incisivo sul mercato, e ha comunicato la volontà di posticipare la discussione sulla riforma a un momento successivo. È dunque plausibile che tale vicenda abbia influenzato la decisione della CMA in merito all’apertura dell’istruttoria. Non resta che vedere quali saranno gli esiti.

Alessandro Canosa

--------------