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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Intese e settore del trasporto aereo di merci – il Tribunale dell’UE rigetta il ricorso di Martinair Holland contro la decisione della Commissione europea che l’aveva sanzionata per aver preso parte ad un cartello di fissazione di prezzi

Il 30 marzo scorso, il Tribunale dell’Unione Europea (il Tribunale) ha rigettato il ricorso in annullamento presentato dalla società Martinair Holland NV (Martinair) avverso la Decisione C (2017)1742 (la Decisione) della Commissione europea (la Commissione) che, in data 17 marzo 2017, ha sanzionato 19 vettori attivi nel trasporto aereo di merci (le società sanzionate), tra le quali la ricorrente, per aver preso parte, tra il 2001 e il 2006, ad un cartello globale avente ad oggetto la determinazione dell’ammontare di due specifiche componenti del prezzo del proprio servizio.

In particolare, secondo la Commissione le imprese avevano concordato i sovrapprezzi relativi ai costi del carburante (FSC) e quelli relativi ai costi per le misure di sicurezza (SSC). Il presente ricorso è uno dei numerosi presentati dalle società sanzionate, alcune delle quali hanno recentemente ottenuto una parziale riduzione della sanzione per questioni di prescrizione riferite a specifiche condotte.

I motivi di ricorso presentati da Martinair si sostanziano fondamentalmente nei seguenti tre elementi: (i) difetto di giurisdizione della Commissione per l’applicazione dell’articolo 101 TFUE e 53 dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE) ai cosiddetti “voli in entrata”, ovvero quelli da aeroporti all’esterno ad aeroporti all’interno dello SEE; (ii) violazione del principio di parità di trattamento; e (iii) omessa motivazione ed errore manifesto di valutazione in relazione a se il mancato pagamento di commissioni sui supplementi costituisce un elemento separato dell’infrazione.

Con riferimento al primo motivo, il Tribunale ha confermato la giurisdizione della Commissione. Se infatti il Regolamento n. 3985/87 prevedeva che tale competenza fosse esclusa per i voli tra stati UE e stati terzi, il successivo Regolamento n. 411/2014, ha invece esteso la competenza della Commissione anche a tale tipo di voli, non trovando pertanto sostegno alcuna differenza di disciplina per i soli voli “in entrata”. Sempre con riferimento a questo motivo, il Tribunale ha inoltre confutato le tesi della ricorrente su un errore nell’applicazione del cosiddetto qualified effects test, necessario affinché la Commissione abbia giurisdizione su condotte adottate al di fuori dello SEE secondo il diritto pubblico internazionale. Martinair aveva infatti criticato che la Commissione avesse sostenuto che l’aumento dei prezzi fosse conseguenza naturale del cartello. Richiamando il precedente Intel v. Commissione, il Tribunale ha confermato la corretta applicazione del test ritenendo non necessario dimostrare che tali effetti sul mercato interno e sullo SEE si fossero materializzati, essendo invece sufficiente che questi siano probabili. Secondo casistica e giurisprudenza consolidata, le intese orizzontali di price-fixing sono idonee a determinare un aumento dei prezzi a danno del consumatore e, nel caso di specie, il prezzo del trasporto aereo costituiva una variabile di costo per i corrieri che concorre alla determinazione del prezzo finale del bene importato. Peraltro, nel caso in rilievo non sussisteva alcuna prova di un’interruzione del nesso causale tra la condotta e l’aumento, e gli effetti delle condotte erano da ritenersi sostanziali, prevedibili ed immediati.

Il secondo motivo di ricorso è stato a sua volta respinto poiché la ricorrente, ad avviso del Tribunale, non ha dimostrato in alcun modo che altri vettori non sanzionati, ma menzionati nella Decisione, versassero nella medesima situazione e non ha dimostrato neanche che la Commissione disponesse di un insieme di prove contro tali vettori paragonabile a quello di cui disponeva contro di essa.

Il Tribunale ha rigettato infine anche il terzo motivo di ricorso, relativo al rifiuto concordato di applicare sconti sui sovrapprezzi. Tale condotta è infatti da ritenersi quale un elemento ulteriore rispetto al coordinamento per l’imposizione dei sovrapprezzi, di per sé idoneo a rafforzare la prevedibilità del prezzo finale del servizio offerto.

Con questa Decisione, pertanto, il Tribunale ha avuto modo di precisare i limiti della giurisdizione della Commissione nell’applicazione della normativa antitrust con riferimento allo specifico settore del trasporto aereo di merci, nonché di specificare ulteriormente l’ambito di applicazione della dottrina degli effetti. Inoltre, la sentenza in questione pone un ulteriore tassello verso la conclusione di un procedimento dalla storia complessa, dato che il Tribunale aveva già pronunciato nel 2015 delle sentenze di annullamento per difetto di motivazione, in particolare per contraddizione tra motivi e dispositivo, della prima decisione della Commissione sulla stessa vicenda.

Niccolò Antoniazzi

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Diritto della concorrenza Italia / Sistemi di distribuzione e settore automotive – la Corte di Cassazione si pronuncia sulla legittimità dell’esclusione di un ex concessionario dalla riorganizzazione di un sistema distributivo

Con la sentenza n. 8585/2022 del 16 marzo scorso, la Prima Sezione della Cassazione ha rigettato un ricorso proposto da Società automobilistica calabrese S.r.l. (Sacal), ex concessionario della rete distributiva di FCA Italy S.p.A. (FCA), che lamentava l’illegittima esclusione dal nuovo sistema distributivo predisposto da quest’ultima, sancendo che la normativa antitrust non garantisce ad un’impresa che abbia fatto parte di una rete distributiva automotive il diritto di accedervi anche dopo la sua ristrutturazione.

La vicenda giudiziaria origina dall’azione avviata nel 2013 da Sacal dinanzi al Tribunale di Torino, con cui il concessionario chiedeva la condanna di FCA al risarcimento dei danni derivanti dal recesso di quest’ultima dal contratto di concessione in essere tra le parti dal 2003. A tale recesso, giustificato con la necessità di riorganizzare l’intera rete distributiva, non aveva fatto seguito alcun rinnovo della concessione da parte di FCA. A sostegno dell’illegittimità dell’esclusione, Sacal sosteneva che la condotta di FCA sarebbe stata in contrasto con la disciplina comunitaria antitrust. Se è vero che in linea di principio FCA ha facoltà di organizzare il proprio sistema distributivo con ampi margini di apprezzamento e può quindi scegliere se valersi di un criterio di selettivo di tipo quantitativo (come previsto ad esito della riorganizzazione) o di tipo qualitativo, ciò non comportava – ad avviso della parte attrice – una libertà illimitata nella scelta dei nuovi concessionari.

Secondo l’attrice, dal Regolamento (CE) n. 1400/2002 in materia di intese verticali nel settore automotive e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia si dedurrebbe che un sistema distributivo selettivo è legittimo “purché però la scelta dei rivenditori avvenga secondo criteri oggettivi d’indole qualitativa riguardanti la qualificazione professionale del rivenditore, del suo personale e dei suoi impianti”. Da ciò deriverebbe che, ferma la libertà del produttore di mutare i termini del proprio sistema distributivo, “il passaggio dal vecchio al nuovo sistema incide sulla sfera del concessionario originario e ne qualifica, per ciò solo, il legittimo interesse a che il produttore non usi del proprio diritto a scegliere la futura controparte abusandone in suo danno”.

Sul punto, la Cassazione afferma che, pur essendo condivisibili le premesse, è errata la conclusione che ne trae la ricorrente. La Suprema Corte chiarisce, in primo luogo, che una volta che il recesso sia stato esercitato legittimamente non esiste una situazione di diritto soggettivo da preservare in capo ai distributori originari a riacquisire la posizione di concessionario, ove la parte receduta voglia stipulare nuovi contratti di concessione in vendita, essendovi unicamente “una condizione di legittima aspettativa, in via di fatto, a che il rapporto venga nuovamente attivato con loro”. Tale conclusione è valida sia in caso di ristrutturazione del sistema distributivo, come nel caso in esame, che in caso di costruzione ex novo di una rete distributiva, scenario in cui “non vi sono situazioni soggettive di terzi giuridicamente rilevanti”.

La Cassazione dà conto di un’ulteriore allegazione di Sacal, volta a censurare la portata discriminatoria dell’operazione di ristrutturazione, che si sarebbe risolta nella mera esclusione di alcuni distributori già presenti sul mercato, come la stessa attrice, a favore di altri. Pur rilevando che l’argomento non ha pregio in sede di legittimità, essendo l’accertamento in essa contenuto riservato al merito, la Cassazione ha osservato che l’assenza di precedenti sul punto rendeva opportuno un approfondimento. Sul tema, la Suprema Corte prende atto della pronuncia della Corte di Giustizia nel caso C-158/11 del 2014, in cui il giudice europeo, interpretando il già citato Regolamento (CE) 1400/2002 ha sancito che “in un sistema di distribuzione basato su criteri quantitativi non è necessario che tali criteri siano oggettivamente giustificati e applicati in maniera uniforme e indifferenziata nei confronti di tutti i candidati all’autorizzazione”. Da tale premessa deve dunque ricavarsi che la libertà del produttore nella scelta dei proprio distributori il produttore “non è comprimibile da ipotetici e non previsti obblighi a contrarre, e non è sindacabile – in quanto tale – da parte del giudice”.

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione – analogamente ad altre corti nazionali europee (tra cui si segnala a titolo esemplificativo la Corte d’Appello di Parigi, Élysée Shopping/Rolex, n. 14/07956) – riconosce ampi margini di libertà operativa ai produttori nella selezione dei distributori, limitando in misura significativa il sindacato giurisdizionale in materia. Essendo la prima pronuncia nel suo genere da parte della Cassazione, i principi di cui si è dato conto rappresentano ad oggi lo stato dell’arte giurisprudenziale sull’estensione della facoltà di un produttore nella predisposizione e implementazione del proprio sistema distributivo.

Alessandro Canosa

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Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e settore delle telecomunicazioni – l’AGCM sanziona Iliad per oltre un milione di euro per aver pubblicizzato in maniera ingannevole alcune sue offerte legate ai servizi di telefonia mobile

Con il provvedimento pubblicato il 29 marzo, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’Autorità) ha sanzionato per un milione e duecentomila euro Iliad Italia S.r.l. (Iliad) per due condotte realizzate nell’ambito della promozione pubblicitaria di alcune sue offerte per l’accesso ai servizi di telefonia mobile.

In particolare, l’Autorità ha:

  1. rilevato omissioni e carenze informative nell’ambito delle attività promozionali legate alle sue offerte, per quanto riguarda soprattutto le condizioni di accesso alla tecnologia 5G, legate alla copertura territoriale della rete Iliad e la compatibilità con detta rete del dispositivo telefonico dell’utente; e
  2. rilevato carenze informative nell’ambito delle attività promozionali di una particolare offerta per la quale si reclamizzavano “100 giga, minuti e sms illimitati in Italia e in Europa”, una formulazione che lasciava intendere una parità di offerta in Italia e in Europa.

Più nello specifico, con riguardo alla condotta sub 1, al termine dell’istruttoria l’Autorità ha appurato come, in relazione alle campagne pubblicitarie di quattro diverse offerte telefoniche, Iliad avesse reclamizzato la possibilità di accedere attraverso dette offerte alla tecnologia 5G senza specificare adeguatamente l’esistenza di determinate limitazioni all’accesso legate all’effettiva copertura sul suolo nazionale della rete dell’operatore e della compatibilità alla rete stessa col modello di dispositivo mobile in uso dal cliente. Secondo l’Autorità, il fatto che l’accesso effettivo alla tecnologia, seppur inclusa nelle offerte reclamizzate, fosse dipendente dai due fattori della copertura di rete e della compatibilità del dispositivo, integra un’informazione essenziale affinché il consumatore possa assumere una decisione commerciale consapevole, rischiando, diversamente, di vedere disattese le proprie aspettative nei confronti del servizio. Come peraltro è stato rilevato nel corso dell’istruttoria, il carattere ingannevole di questa condotta sarebbe confermato anche dal fatto che diversi clienti hanno presentato reclami a Iliad, lamentando di non essere stati in possesso delle necessarie informazioni legate all’accessibilità alla tecnologia 5G al momento dell’acquisto dell’offerta.

Con riguardo invece alla condotta sub 2, l’Autorità ha ritenuto che il messaggio promozionale sopra citato non permettesse di distinguere i limiti all’utilizzo dei giga quando l’utente si trova ad utilizzare il servizio roaming in Europa: dei “100 giga” reclamizzati, infatti, ne sono disponibili fuori dal territorio italiano soltanto sei. L’assenza di reclami all’operatore nei confronti della carenza informativa legata a questa particolare formulazione del messaggio pubblicitario non è, secondo l’Autorità, rilevante in quanto si tratta di un illecito di pericolo idoneo a produrre una lesione degli interessi dei consumatori.

Ciò considerato, l’Autorità ha ritenuto di sanzionare Iliad per un milione e trecentomila euro, successivamente ridotti a un milione e duecentomila in ragione del fatto che l’operatore versa in una situazione economica non positiva, con un bilancio in perdita. Resta da vedere quali saranno i prossimi sviluppi con riguardo al rapporto tra nozione di illecito di pericolo e sforzo probatorio richiesto all’Autorità, in particolare nel caso di una successiva impugnazione del provvedimento da parte di Iliad.

Alessia Delucchi

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Appalti, concessioni e regolazione / Contratti pubblici e diritto di accesso – il TAR Lazio afferma che sussiste in capo alla società partecipante ad una gara di appalto il diritto di accesso alla documentazione tecnica di tutti i concorrenti al fine di far valere in giudizio i propri interessi

Con la sentenza n. 3394 del 25 marzo 2022 (la Sentenza), il Tribunale Regionale Amministrativo per il Lazio (TAR) ha affermato che sussiste in capo alla società partecipante ad una gara d’appalto (la Ricorrente) il diritto di accedere alla documentazione tecnica di tutti i concorrenti (i Controinteressati) al fine di far valere in giudizio i propri interessi.

La Ricorrente aveva partecipato ad una procedura indetta da Roma Capitale (la Resistente) per l’affidamento di servizi di mensa scolastica e, non essendo risultata vincitrice, aveva presentato istanza di accesso agli atti dei Controinteressati. La Resistente accoglieva l’istanza solamente in riferimento alla documentazione amministrativa, mentre rigettava la richiesta di accesso a quella tecnica contenente le offerte. La Ricorrente procedeva quindi ad impugnare il provvedimento di diniego, lamentando la violazione del proprio diritto alla difesa e il difetto di motivazione. Nel caso di specie, la conoscenza del contenuto delle offerte era particolarmente rilevante dal momento che i concorrenti avrebbero gareggiato solo sulla base di criteri qualitativi, mentre il prezzo avrebbe assunto la forma di un costo fisso.

Il TAR, nell’accogliere il ricorso e nell’ordinare alla Resistente l’esibizione integrale della documentazione di gara in favore della Ricorrente, ha svolto le seguenti considerazioni:

  • il combinato disposto dell’art. 22 della l. n. 241/1990 (Legge sul procedimento amministrativo) e dell’art. 53 del d. lgs. n. 50/2016 (Codice Appalti) inquadra il diritto di accesso alla documentazione di gara come un principio generale dell’attività amministrativa e un diritto dei soggetti che abbiano un “interesse diretto, concreto e attuale” collegato ad una situazione giuridicamente tutelata e agli atti per cui è proposta l’istanza;
  • nonostante l’art. 53, comma 5, lettera a), del Codice Appalti stabilisca una esclusione all’accesso per le informazioni fornite nell’offerta che, secondo le motivazioni dell’offerente, costituiscono segreti tecnici o commerciali, lo stesso articolo al successivo comma 6 ne introduce una deroga espressa nel caso in cui il concorrente voglia far valere in giudizio i propri interessi in relazione alla procedura di affidamento. La base legislativa offerta dal comma 6 pone quindi la Ricorrente in una posizione giuridica qualificata e differenziata, dal momento che la sua partecipazione alla gara è già considerata dall’ordinamento quale presupposto legittimante l’accesso e non occorre quindi una specifica indagine in ordine al suo interesse. Inoltre, la Ricorrente, volendo esercitare il proprio diritto alla difesa, soddisfa i requisiti per avvalersi della deroga all’esclusione del diritto di accesso;
  • la Resistente non aveva comunque motivato il diniego in sede di adozione del provvedimento: solo nella memoria difensiva compare come giustificazione il riferimento alla presenza, all’interno della documentazione tecnica, di informazioni inerenti strategie aziendali e commerciali e a specifiche esperienze operative. Secondo il TAR, tali informazioni sono inserite nell’offerta allo scopo di definire l’identità aziendale e a descrivere precise scelte strategiche e non rientrano nella nozione di ‘segreti tecnici e commerciali’ che legittimano l’eccezione alla regola dell’accesso. Al contrario, queste sono espressione dell’autonomia negoziale e imprenditoriale della concorrente, che è libera di calibrare la propria proposta anche alla luce della propria esperienza nel mercato.

La rilevanza della Sentenza risiede certamente nell’interpretazione particolarmente restrittiva dell’ipotesi di esclusione dal diritto di accesso per segreti tecnici e commerciali, nonché nella conferma dell’importanza del diritto di accesso come strumento fortemente tutelato per i partecipanti delle gare per la difesa dei propri interessi in giudizio.

Elena Scanzano

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