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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della Concorrenza Italia / Concentrazioni e settore della mobilità elettrica – L’AGCM avvia una istruttoria con riguardo a una JV tra Enel e Volkswagen

Con il provvedimento pubblicato in data 29 ottobre 2021, l’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato (AGCM) ha avviato una istruttoria di cd. Fase II nei confronti di una neocostituita joint-venture tra Enel X S.r.l. e Volkswagen Finance Luxemburg S.A. (le Parti): Enel X Mobility HPC S.r.l. (JV) avente ad oggetto la creazione e gestione sul territorio nazionale di una rete di infrastrutture di ricarica a elevata potenza, vale a dire superiore ai 100 kW (High Power Charge, HPC). L’operazione era stata originariamente notificata alla Commissione Europea in quanto rientrante nella sua giurisdizione esclusiva in virtù dei fatturati delle parti. Tuttavia, l’AGCM, data la rilevanza della JV sulla concorrenza del mercato interno nazionale, ha chiesto e ottenuto il rinvio da parte della Commissione Europea, risultando essere il soggetto più idoneo per la disamina del caso, il quale verrà dunque valutato secondo il diritto italiano.

Le preoccupazioni dell’AGCM sono legate alle sovrapposizioni orizzontali tra le Parti, imprese madri (e le rispettive controllate) nonché ai legami verticali delle stesse con l’attività prevista dalla JV. In particolare, l’AGCM teme che la costituzione della JV possa determinare la creazione o il rafforzamento di una posizione dominante tale da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza nei seguenti mercati rilevanti dal punto di vista orizzontale:

i) il mercato della costruzione e gestione di infrastrutture di ricarica HPC pubbliche per veicoli elettrici a batteria (Battery Electric Vehicle, BEV) in Italia, ove le Parti avrebbero una quota congiunta di circa il 45-50%; dal punto di vista verticale,
ii) il mercato nazionale della fornitura di servizi per la mobilità elettrica (E-mobility service provider, EMP), a fronte della presenza significativa di Enel nel medesimo (circa il 20-25%), e su cui l’AGCM ha ritenuto opportuno svolgere ulteriori accertamenti circa la capacità e gli incentivi delle Parti a precludere l’accesso ad operatori concorrenti attivi negli HPC;
iii) i mercati della produzione e vendita di autoveicoli (Original Equipment Manufacuring, OEM), ove è presente il gruppo Volkswagen (con una quota inferiore al 15-20%, peraltro suscettibile di essere rivista in funzione di una aggiornata segmentazione del settore con riguardo alle auto elettriche). In particolare, l’AGCM ha osservato come, “…sotto il profilo della capacità e degli incentivi delle Parti ad adottare comportamenti di input foreclosure, similmente a quanto affermato per il mercato degli EMP, sembra opportuno svolgere ulteriori accertamenti posto che, quantomeno in astratto, essi potrebbero essere alterati dalla costituzione, in capo ad un importante produttore di BEV quale il Gruppo VW, di una posizione dominante sul mercato della costruzione e gestione dei CP HPC”.

Inoltre, dubbi sono stati sollevati in riferimento alla natura e all’impatto del patto di non concorrenza firmato dalle Parti.

Resta ora da vedere quale sarà l’esito di questa fase II. Peraltro, sembra che nella valutazione della posizione della JV nel mercato sarà necessario tenere conto della natura dinamica e del futuro sviluppo del settore della mobilità elettrica e dei relativi mercati ad esso connessi, come quelli menzionati sopra. In particolare, come in parte riconosciuto dalla stessa AGCM, non si potrà trascurare l’impatto che il PNRR potrà determinare nel mercato grazie ai fondi stanziati, i quali potrebbero essere idonei – in termini di finanziamento e capacità di accesso - a supportare o creare nuovi stimoli tali da accrescere la concorrenza.

Maria Spanò

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Private enforcement e settore del trasporto marittimo – Il Tribunale di Milano ha condannato Moby e CIN al risarcimento del danno per abuso di posizione dominante nei confronti di Logistica Mediterranea S.p.A.

Con la sentenza del 29 ottobre scorso, il Tribunale di Milano ha condannato Moby S.p.A. (Moby) e Compagnia Italiana di Navigazione S.p.A. (CIN), entrambe appartenenti al Gruppo Onorato S.r.l, al risarcimento del danno per l’abuso di posizione dominante posto in essere mediante l’interruzione illegittima delle relazioni contrattuali e degli accordi esistenti tra le parti e Logistica Mediterranea S.p.A. (Logistica Mediterranea). Logistica Mediterranea è una società che opera da decenni nel settore del trasporto marittimo di veicoli e semirimorchi tra Sardegna e la penisola; fino al 2016 essa acquistava circa l’80% dei servizi di trasporto di cui aveva necessità dalle società citate, senza essere tuttavia legata da alcun vincolo di esclusiva. Logistica Mediterranea godeva di tariffe e condizioni di pagamento agevolate e le variazioni del rapporto di anno in anno erano sostanzialmente relative alla sola parte delle tariffe applicate per il servizio di trasporto, mentre lo scambio annuale delle sottoscrizioni dei testi contrattuali avveniva solo in un secondo momento.

Nel gennaio 2016 Logistica Mediterranea decideva di acquistare dalla società Grimaldi Euromed S.p.A. (Grimaldi) il servizio di trasporto di alcuni semirimorchi su una tratta non servita dalle società appartenenti al Gruppo Onorato. Il giorno immediatamente successivo, CIN comunicava inaspettatamente il recesso dal rapporto contrattuale con l’attrice, con immediata disapplicazione delle condizioni tariffarie e di pagamento, sostenendo che Logistica Mediterranea non aveva sottoscritto ancora l’accordo relativo all’anno allora in corso. Lo stesso giorno, l’altro vettore marittimo, Moby, comunicava che a decorrere da quel giorno sarebbero venute meno le modalità di pagamento previste per Logistica Mediterranea e anche le tariffe che sarebbero state applicate non avrebbero beneficiato degli sconti preventivamente concordati. In giudizio, Moby ha giustificato tale modifica col mancato pagamento, da parte di Logistica Mediterranea, di alcuni noli marittimi, che le avevano fatto così accumulare un debito di oltre trecentomila euro.

L’attrice ha chiesto la condanna al risarcimento dei danni asseritamente conseguiti da tali condotte. Secondo il giudice, tale contestazione aveva trovato conferma nelle valutazioni svolte dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) nel provvedimento n. 27053, che è stato oggetto, insieme agli esiti della sua impugnazione, di commento in questa stessa Newsletter . In detto provvedimento, l’AGCM ha rilevato l’esistenza di una posizione dominante in capo a Moby/CIN e la sussistenza di un ingiustificato pregiudizio economico causato ai clienti che anche provvisoriamente si erano approvvigionati presso altri armatori (boicottaggio diretto), nonché l’applicazione discrezionale di sconti ai clienti che si affidavano esclusivamente ai loro servizi (boicottaggio indiretto). E’ stato ritenuto dal giudice che le giustificazioni delle convenute non potessero ritenersi accettabili in quanto, da una parte, la formale accettazione degli accordi per l’anno 2016 non era soggetta ad alcun termine particolare e non vi era stata comunque alcuna sollecitazione precedente alla comunicazione e, dall’altra, la giustificazione addotta circa il mancato pagamento del debito non era stata comunicata all’attrice all’epoca dei fatti ma era emersa soltanto a seguito della costituzione in giudizio.

Nonostante il sopra citato provvedimento dell’AGCM, impugnato prima dinnanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (TAR) e successivamente dinnanzi al Consiglio di Stato, non potesse essere considerato ancora definitivo, il giudice ha ritenuto di non aderire all’istanza di sospensione svolta dalle convenute, in quanto non ritenuta obbligatoria e foriera solo di ritardi nel giudizio, mentre ha dato rilievo alle prove desumibili dagli atti di indagine dell’AGCM che hanno confermato la dedotta posizione dominante delle società citate e le loro condotte ritorsive nei confronti dei clienti che si erano, anche provvisoriamente, affidati ai servizi di Grimaldi. In altre parole, Logistica Mediterranea era stata vittima diretta, mediante un rifiuto a contrarre, di tale boicottaggio verso l’attività di Grimaldi, e le condotte poste in essere nei suoi confronti sono da ritenersi alla stregua di una “punizione” per essersi servita del nuovo collegamento offerto da Grimaldi.

Il Tribunale ha quindi parzialmente accolto le domande di Logistica Mediterranea, liquidando i danni subiti dall’attrice in euro 408.376,00 per ciò che attiene i maggiori costi per il trasporto autoveicoli ed euro 432.724,00 per i semirimorchi. Ad essi ha aggiunto la liquidazione del danno non patrimoniale, in considerazione della riprogrammazione svolta e dei tempi richiesti dalle circostanze, calcolato in euro 300.000,00. Il giudice ha anche accolto la domanda delle convenute per il pagamento, da parte di Logistica Mediterranea, dei noli marittimi non saldati tra il 2015 e il 2016.

Con riferimento al Provvedimento, esso è stato parzialmente annullato dal TAR, il quale ha escluso la cosiddetta entry fee e ha disposto la caducazione della fattispecie del boicottaggio indiretto, imponendo altresì all'AGCM di rideterminare la sanzione. Di conseguenza, col provvedimento n. 29868, l’AGCM ha ridimensionato la sanzione di circa il 75%, riducendola a solo 1 milione di euro.

Alessia Delucchi

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Abuso di posizione dominante e settore del PET –L’AGCM ha concluso una istruttoria ritenendo di non avere elementi sufficienti per dimostrare che la condotta di Husky integri una restrizione illecita della concorrenza.

Con la decisione pubblicata sul bollettino del 15 novembre scorso, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha chiuso il procedimento A537 avviato nel gennaio 2020 nei confronti di Husky Injection Molding Systems Ltd, Husky Italia S.r.l. e Husky Injection Molding Systems S.A. (Husky) senza accertare alcuna infrazione, riconoscendo l’insufficienza degli elementi probatori raccolti a sostegno dell’ipotesi di abuso contenuta nel provvedimento di avvio dell’istruttoria.

Secondo quanto indicato nel provvedimento in commento, il Gruppo Husky costituisce il leader mondiale nella fornitura di macchine e servizi per l’industria della plastica. Per quanto rileva nello specifico il perimetro dell’indagine dell’AGCM, Husky è attiva sui due mercati della (i) produzione di macchinari per la produzione dei semilavorati in PET; e della (ii) produzione degli stampi che gli stessi macchinari utilizzano per la produzione dei semilavorati. Husky risulta quindi un operatore verticalmente integrato con quote nei due suddetti mercati a livello globale rispettivamente del 70-75% e del 50%.

Con il provvedimento d’avvio l’AGCM aveva contestato al Gruppo Husky di aver posto in essere una strategia di vendita abbinata di natura tecnica tale da rendere meno efficiente l’uso di stampi prodotti dai concorrenti sui macchinari di nuova generazione prodotti da Husky. Nello specifico, a partire dal 2014, Husky avrebbe apposto sui propri macchinari un sistema basato su sensori elettronici in grado di far funzionare il macchinario a piena velocità solo in presenza di uno stampo Husky, dotato di uno speciale chip elettronico -ID tag - riconosciuto dal macchinario.

Secondo la tesi accusatoria dell’AGCM, in aggiunta alla descritta modifica tecnica sui nuovi macchinari, Husky avrebbe altresì: (i) negato ai clienti di fornire loro, su specifica richiesta, i cosiddetti codici di sblocco, che avrebbero consentito di ripristinare la normale funzionalità dei macchinari Husky anche nell’ipotesi di impiego di stampi della concorrenza; (ii) minacciato di non fornire l’assistenza tecnica ai clienti che avessero installato stampi della concorrenza sui macchinari Husky; (iii) adottato azioni di denigrazione nei confronti dei concorrenti, paventando ai clienti il possibile peggioramento della qualità dei preformati PET qualora realizzati con stampi non originali Husky; nonché (iv) imposto ai clienti una limitazione o un annullamento della garanzia sul macchinario in caso di utilizzo di stampi prodotti da terzi.

Al termine dell’istruttoria, l’AGCM ha tuttavia ritenuto che dalle evidenze raccolte non emergessero elementi in grado di confermare quanto ipotizzato in sede di avvio dell’istruttoria. Nello specifico, con riferimento all’ipotesi di vendita abbinata è stato rilevato che:

(i) ai clienti non risultava preclusa la possibilità di acquistare dalla società, anche in prima fornitura, il solo macchinario senza stampi;

(ii) la riduzione della velocità di produzione dei macchinari Husky di ultima generazione operava sia nel caso di utilizzo di stampi di concorrenti, sia nel caso di impiego di stampi della stessa Husky non dotati del sistema ID tag;

(iii) la velocità del funzionamento dei macchinari – peraltro limitata a una riduzione del 10% rispetto alla velocità massima raggiunta dai macchinari a pieno regime - non costituiva l’unico parametro rilevante di valutazione del prodotto, dovendosi tenere conto altresì del prezzo, dell’interoperabilità delle stampe e dell’affidabilità.

Quanto alle altre condotte di Husky asseritamente volte a dissuadere i clienti dall’utilizzare stampi di concorrenti, l’AGCM ha osservato che:

(i) l’utilizzo di codici di sblocco in grado di rimuovere il limite alla velocità di funzionamento del macchinario costituiva un intervento a carattere meramente temporaneo;

(ii) circa le ulteriori ipotesi di condotte abusive, le risultanze istruttorie risultavano circoscritte a due e-mail inviate da Husky. Nella prima, Husky si limitava a paventare ad un cliente la possibilità di incorrere in limitazioni della garanzia dei macchinari ove utilizzati con stampi di terzi, in conformità con la prassi del settore. La seconda conteneva invece una proposta commerciale di Husky rivolta ad un potenziale cliente nella quale la società si riservava la facoltà di interrompere la vendita del proprio macchinario laddove l’acquirente avesse avuto intenzione di utilizzarlo con stampi di terzi. Sul tema, l’AGCM ha (curiosamente) osservato che tale contenuto risultava estraneo alle condizioni generali di vendita praticate da Husky.

A corredo di tali conclusioni l’AGCM ha ribadito che, in ossequio alla giurisprudenza e ai recenti casi della Commissione europea in materia di tying tecnologico, la presenza di prove concrete circa la portata restrittiva, ancorché potenziale, della condotta di Husky costituisce una condizione necessaria e imprescindibile per l’accertamento di una violazione dell’articolo 102 TFUE.

La decisione in commento appare di sicuro interesse, non solo in quanto si tratta di un caso conclusosi senza l’accertamento di alcuna infrazione, ma altresì perché tale esito è stato basato non solo su elementi di fatto (i.e. assenza di prove) bensì anche su valutazioni giuridiche circa la portata restrittiva degli abusi di posizione dominante. La decisione fa seguito ai casi di abuso decisi a marzo contro Siemens, GE e Philips, anch’essi conclusisi senza accertamento di infrazione e già oggetto di commento su questa Newsletter.

Alessandro Canosa

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Tutela del Consumatore / Pratiche commerciali scorrette e settore bancario – L’AGCM ha accettato gli impegni proposti da FinecoBank

Con la decisione del 9 novembre scorso (la Decisione), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha accettato e reso obbligatori gli impegni presentati da FinecoBank S.p.A. (FinecoBank) nell’ambito del procedimento PS12018 (il Procedimento).

Il Procedimento era stato avviato lo scorso 1° aprile 2021 al fine di accertare una presunta pratica commerciale scorretta, in possibile violazione degli articoli 20, 24 e 25 del d. lgs. n. 206/2005 (il Codice del Consumo), relativa alle nuove condizioni economiche di conto corrente offerte da FinecoBank, comunicate a tutti i correntisti nel marzo 2021, con una lettera a firma dell’amministratore delegato avente come oggetto “Proposta di modifica unilaterale di contratto ai sensi dell'art. 118 del Decreto Legislativo n. 385/93 (TUB)” (la Lettera). Con tale Lettera, FinecoBank comunicava l’introduzione della propria facoltà di recedere dal rapporto di conto corrente in presenza di tre condizioni: (i) una giacenza sul conto corrente stesso di liquidità maggiore a 100.000 euro; (ii) l’assenza di finanziamenti collegati; nonché (iii) l’assenza di qualsiasi forma di investimento in prodotti di risparmio gestito o amministrato.

L’AGCM aveva ipotizzato che, per mezzo della suddetta modifica contrattuale, FinecoBank intendesse esercitare pressione sui propri correntisti per indurli a sottoscrivere servizi finanziari o di gestione del risparmio con condizioni economiche onerose, al fine di dirottare la liquidità eccedente la quota di 100.000 euro verso forme di finanziamento o investimento maggiormente profittevoli per la stessa, lasciando come unica alternativa la chiusura del conto. Secondo l’AGCM, tale alternativa risulterebbe penalizzante per i correntisti, vista l’esistenza di c.d. switching cost a carico di questi ultimi nel trasferimento del conto corrente presso un diverso istituto di credito. Pertanto, nell’ottica dell’AGCM, la condotta adottata da Finecobank avrebbe potuto integrare una violazione del Codice del Consumo.

Al fine di risolvere i profili di illegittimità emersi nel corso del Procedimento, FinecoBank ha proposto una serie di impegni (gli Impegni), i quali prevedono:

  • l’offerta ai propri clienti di corsi interattivi on-line di educazione finanziaria relativi alla gestione e programmazione delle proprie risorse, illustrando nello specifico i vantaggi e svantaggi della scelta di mantenere giacenze sul conto;
  • l’attuazione di un sistema informatico che segnali al cliente, via e-mail o tramite l’app di FinecoBank, la sussistenza delle tre condizioni rilevanti per l’esercizio del recesso introdotto con la lettera del 18 marzo 2021;
  • l’illustrazione a tutti i clienti interessati delle opzioni per ridurre l’ammontare delle giacenze inutilizzate, ossia: (a) la negoziazione individuale dei costi di giacenza secondo listino e senza discriminazioni; (b) il trasferimento, senza alcuna spesa addebitata da FinecoBank, delle giacenze in eccesso ad un’altra banca presso cui il cliente sia già titolare di un conto; (c) l’acquisto gratuito di titoli di stato italiani; e (d) la compravendita di strumenti finanziari tramite la piattaforma online di FinecoBank, autonomamente oppure tramite il supporto di un consulente finanziario;
  • la pubblicazione sul proprio sito web di una informativa chiara e intuitiva sugli Impegni;
  • la limitazione della facoltà di FinecoBank di recedere dal contratto nei confronti dei correntisti che non dispongano di un ulteriore conto corrente aperto presso un diverso istituto di credito e la restituzione agli stessi delle commissioni di esecuzione ordini su titoli e di sottoscrizione fondi, percepite da FinecoBank in relazione alle operazioni di investimento effettuate da tali clienti dalla data di ricezione della Lettera, fino alla data di pubblicazione degli Impegni.

L’AGCM ha ritenuto che gli Impegni proposti da FinecoBank fossero idonei a sanare i possibili profili di scorrettezza della pratica commerciale contestata, eliminando in via permanente e strutturale potenziali condizionamenti per i correntisti. Di conseguenza, l’AGCM ha concluso il Procedimento senza accertare alcuna violazione ed irrogare alcuna sanzione.

Luca Casiraghi

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