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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Intese e mercato degli autocarri – L’AG Rantos si pronuncia sull’applicabilità ratione temporis delle norme in materia di prescrizione contenute nella Direttiva Danni

Lo scorso 28 ottobre, l’Avvocato Generale Rantos (l’AG) – in risposta alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte provinciale di León in Spagna (Corte Provinciale) – ha rassegnato le proprie conclusioni (le Conclusioni) circa l’applicabilità ratione temporis delle norme sulla prescrizione delle azioni per il risarcimento dei danni causati da violazioni del diritto antitrust di cui alla direttiva UE n. 104 del 26 novembre 2014 (la Direttiva Danni).

Al fine di meglio comprendere le Conclusioni, appare utile riassumere brevemente le vicende procedurali che hanno portato alla domanda pregiudiziale. In data 19 luglio 2016, la Commissione europea (la Commissione) ha emanato la decisione (la Decisione) tramite cui ha sanzionato diverse case produttrici di autocarri per uno scambio di informazioni relativo ai prezzi di listino dei prodotti in questione. Un’impresa di trasporto– che aveva acquistato, tra il 2006 ed il 2007, tre autocarri da due dei produttori coinvolti nella Decisione aveva agito per il risarcimento danni dinnanzi al Tribunale commerciale di León (il Juzgado de lo Mercantil de León, Giudice Spagnolo) avverso tali produttori. Il Giudice Spagnolo aveva quindi parzialmente accolto la domanda attorea condannando i produttori di camion al pagamento di un risarcimento pari al 15% del prezzo di acquisto degli autocarri, rigettando inter alia le eccezioni di prescrizione avanzate dalle relative difese in base alla normativa civilistica spagnola in tema di responsabilità extracontrattuale, la quale prevede un termine di prescrizione di un solo anno. Sul punto, il Giudice Spagnolo ha invece considerato applicabile all’azione de quo il termine di prescrizione quinquennale indicato dalla normativa nazionale di recepimento della Direttiva Danni.

Le imprese produttrici di autoveicoli hanno presentato appello dinnanzi alla Corte Provinciale, ribadendo le proprie argomentazioni circa la prescrizione dell’azione attorea. In particolare, hanno sottolineato come il termine di un anno previsto dalla normativa spagnola sarebbe applicabile e lo stesso sarebbe decorso a partire dalla pubblicazione da parte della Commissione del comunicato stampa con cui comunicava l’adozione della Decisione, ossia il 19 luglio 2016. La Corte Provinciale ha, quindi, deciso di sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) – inter alia –alcuni quesiti circa l’applicazione ratione temporis della disposizione della Direttiva Danni in tema di prescrizione.

Sul punto l’AG ha innanzitutto voluto ribadire l’importanza di distinguere tra natura sostanziale o procedurale delle norme contenute nella Direttiva Danni. Le prime, infatti, non si applicano retroattivamente alle fattispecie antecedenti all’entrata in vigore della Direttiva Danni; mentre le seconde si applicano alle azioni avanzate successivamente all’entrata in vigore della stessa (ossia il 26 dicembre 2014) anche se relative a fatti antecedenti.

Alla luce di quanto sopra, l’AG ha ritenuto che la norma della Direttiva Danni relativa al termine di prescrizione applicabile alle suddette azioni è da considerarsi di natura sostanziale, in quanto mira a tutelare tanto il soggetto leso – al quale, pertanto, è riconosciuto un congruo lasso di tempo per raccogliere la documentazione necessaria a sostenere le sue pretese – quanto il responsabile del danno, evitando che la parte lesa possa ritardare a tempo indefinito l’esercizio del proprio diritto. Conseguenza diretta di tale determinazione, quindi, è il fatto che il termine di prescrizione quinquennale non trova applicazione nei riguardi di un’azione (come quella in esame) che – seppur presentata successivamente all’entrata in vigore della Direttiva Danni e delle disposizioni spagnole di attuazione (adottate nel maggio 2017) – riguarda fatti anteriori all’entrata in vigore di queste ultime.

Ciò premesso, l’AG ha tuttavia rilevato che l’azione presentata da RM non sia prescritta, in quanto il termine prescrittivo riconosciuto dalla normativa spagnola in tema di responsabilità extracontrattuale – come detto, applicabile all’azione in questione per le suesposte ragioni –decorre non dal giorno di pubblicazione del comunicato stampa da parte della Commissione, bensì dal giorno in cui la sintesi della Decisione è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (ossia il 6 aprile 2017). Sul punto, l’AG ha sottolineato come solo la sintesi della decisione (e non il comunicato stampa) garantisca al soggetto leso di prendere conoscenza di tutte le informazioni indispensabili all’esercizio del proprio diritto di rivalsa per il danno subito. L’AG ha altresì specificato che le vittime di violazioni del diritto antitrust non sono soggette ad un ‘dovere di diligenza’ che imponga loro di informarsi circa la pubblicazione di comunicati stampa.

Le Conclusioni riportano un approccio differente a precedenti pronunce sia a livello europeo, sia italiano: i) a livello europeo, infatti, la CGUE in una precedente pronuncia pregiudiziale – rilasciata in data 28 marzo 2021 dietro richiesta del Tribunale circondariale di Lisbona relativa al caso ‘Cogeco’ (già oggetto di commento su questa Newsletter) – ha riconosciuto un certo grado di discrezionalità in capo agli Stati membri circa l’applicazione delle disposizioni della Direttiva Danni relative alla prescrizione. Le Conclusioni dell’AG, che comunque sono in linea con la pronuncia Cogeco nel qualificare come sostanziali le norme in materia di prescrizione, sembrano invece lasciare meno spazio a discrezionalità degli Stati membri in tal senso; ii) a livello italiano, le Conclusioni sembrano andare in senso contrario rispetto ad una pronuncia recente della Suprema Corte di Cassazione (Cassazione), la quale (con riferimento a un provvedimento adottato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha stabilito che il termine di prescrizione decorre dal momento in cui l’illecito ha assunto rilevanza pubblica, ossia in un momento significativamente antecedente alla pubblicazione del provvedimento sanzionatorio. Occorre a questo punto attendere per vedere se l’approccio sarà confermato dalla CGUE, con una sentenza che sarà di notevole interesse pratico dato il numero sempre più elevato di contenziosi simili a livello europeo (inclusa l’Italia).

Luca Feltrin

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Concentrazioni e settore medtech – La Commissione europea impone misure cautelari nell’ambito dell'acquisizione di Grail da parte di Illumina

Con il comunicato stampa pubblicato lo scorso 29 ottobre, la Commissione europea (Commissione) ha annunciato di aver imposto misure cautelari volte a preservare la concorrenza in seguito all’acquisizione di Grail da parte di Illumina (le Parti) (l’Operazione), perfezionatasi prima dell’autorizzazione da parte della Commissione, e pertanto (secondo la Commissione) in violazione del c.d. obbligo di standstill.

Illumina è una società con sede negli Stati Uniti attiva nel settore della genomica. Grail, anch’essa statunitense, sviluppa test di rilevamento del cancro basati su sistemi di sequenziamento.

A seguito del rinvio alla Commissione dell’esame dell’Operazione ai sensi dell’art. 22 del Regolamento UE n.139/2004 (si veda la Newsletter del 26 aprile scorso), nel luglio 2021 è stata avviata un’indagine approfondita (c.d. Fase II) volta ad accertare se dalla combinazione di Illumina e Grail potessero derivare limitazioni all’accesso ai sequenziatori di nuova generazione e ai reagenti, con possibile aumento dei prezzi degli stessi. Ciononostante, nell’agosto 2021 Illumina, manifestando il proprio dissenso rispetto alla decisione di rinvio alla luce dell’assenza di qualsivoglia attività di Grail nell’UE, ha deciso di attuare l’Operazione senza attendere il via libera della Commissione. Nel settembre 2021, la Commissione ha quindi inviato una comunicazione degli addebiti a Illumina informandola delle misure cautelari che essa intendeva adottare al fine di evitare il realizzarsi di seri danni alla concorrenza all’interno dell’Unione europea. Tali misure vengono ora imposte con la decisione del 29 ottobre qui in commento.

Per la prima volta a seguito dell’attuazione anticipata di una concentrazione, la Commissione ha imposto misure cautelari alle Parti al fine di prevenire danni imminenti e irreparabili nei mercati in cui sono attive. In particolare, la Commissione ha reso vincolanti le seguenti misure:


(i)  Grail dovrà essere mantenuta separata rispetto ad Illumina e verrà gestita da amministratori indipendenti nell’esclusivo interesse di Grail (e non anche di Illumina);


(ii)  Illumina e Grail non potranno scambiarsi informazioni confidenziali, salvo nel caso in cui sia richiesto dalla legge o ciò avvenga nel corso ordinario del loro rapporto di fornitura;


(iii)  Illumina dovrà accordare maggiori finanziamenti a Grail, al fine di supportarne lo sviluppo;


(iv)  gli accordi commerciali tra le parti dovranno riflettere le condizioni di mercato e non potranno favorire Grail a discapito dei suoi concorrenti;


(v)   Grail dovrà prepararsi allo scenario in cui la Commissione non dovesse approvare l’Operazione, annullandola.

Le misure saranno applicabili fino all'esito finale dell'indagine approfondita della Commissione sull’Operazione (atteso entro il 4 febbraio 2022) e il loro rispetto sarà garantito da un monitoring trustee indipendente. Qualora le Parti dovessero violare una delle misure, rischiano di incorrere in una sanzione fino al 5% del loro fatturato medio giornaliero e/o in sanzioni fino al 10% del loro fatturato mondiale annuo.

Parallelamente, la Commissione continuerà a indagare se la decisione di Illumina e Grail di attuare l’Operazione prima dell’esito dell'indagine approfondita della Commissione costituisca una violazione dell’obbligo di standstill tale da comportare una sanzione fino al 10% del fatturato mondiale annuale delle società.

Come anticipato, si tratta di una decisione inedita, che dimostra la volontà della Commissione di utilizzare tutti gli strumenti nel suo arsenale per frenare un’operazione che ritiene essere restrittiva della concorrenza nell’UE pur in assenza di qualsiasi attività di Grail nella stessa UE, mandando quindi un segnale molto chiaro a società che si trovino in situazioni simili. Molto interessanti appaiono altresì le misure imposte per “sterilizzare” il controllo sull’impresa target in attesa della decisione finale sull’operazione. Resterà da vedere l’esito del contenzioso sulla legittimità dell’operato della Commissione innanzi ai giudici di Lussemburgo (caso T-227/21).

Luigi Eduardo Bisogno

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Concentrazioni e settore dei dati finanziari – La Commissione autorizza con condizioni l’acquisizione di IHS Markit da parte di S&P Global

Con il comunicato stampa del 22 ottobre scorso, la Commissione europea (Commissione) ha approvato, subordinatamente ad alcune condizioni, l’acquisizione di IHS Markit (IHS), società inglese attiva nella fornitura di dati di prezzo e di riferimento, identificatori, indici finanziari, valutazione e servizi di trading, così come feed e soluzioni di gestione dei dati, da parte di S&P Global (S&P, congiuntamente con IHS, le Parti), società con sede negli Stati Uniti e che offre servizi di rating di credito, valutazioni dei prezzi delle materie prime, identificatori di sicurezza, nonché dati e analisi per i mercati dei capitali e delle materie prime in tutto il mondo (l’Operazione).

L’Operazione era stata notificata lo scorso 3 settembre 2021 e la Commissione, a seguito delle proprie analisi istruttorie, aveva individuato potenziali criticità (fra cui, inter alia, una potenziale riduzione della concorrenza connessa ad un probabile incremento dei prezzi e una correlata diminuzione dell’ambito di scelta e degli incentivi all’innovazione) in una serie di mercati, segnatamente:

(i)  il mercato per le valutazioni di prezzo di petrolio, carbone, biocarburanti e prodotti petrolchimici, nel quale entrambe le società rappresentano due dei quattro maggiori operatori a livello globale. La Commissione ha inoltre indicato che tale mercato sarebbe caratterizzato da forti effetti di rete e da alte barriere all'ingresso;

(ii)  il mercato per gli identificatori di prestiti, nel quale IHS è leader a livello globale, grazie ai propri identificatori LoanX ID e dove anche S&P è attiva tramite la fornitura del proprio servizio CUSIP;

(iii)  il mercato della market intelligence dei prestiti a leva, nel quale S&P risulta essere il primario operatore globale, mentre IHS è un importante operatore a monte;

(iv)  il mercato per gli indici dei prestiti a leva, nel quale entrambe le Parti hanno una forte presenza e, a seguito dell’Operazione, affronterebbero una concorrenza limitata.

Al fine di risolvere le preoccupazioni concorrenziali, le Parti hanno offerto una serie di rimedi strutturali. Nello specifico:

  • la cessione delle attività e dei servizi offerti da IHS nel mercato per la valutazione dei prezzi delle materie prime, così completamente eliminando in radice la problematica sovrapposizione orizzontale in tale mercato;
    la cessione delle attività di emissione di CUSIP di S&P, nonché dei servizi connessi alle licenze di dati degli identificatori di prestiti CUSIP, in tal modo eliminando completamente anche in quest’area la sovrapposizione tra le Parti anche nel settore degli identificatori dei prestiti.
  • La cessione della classe di indici S&P Global’s leveraged loan 100 e del suo prodotto di market intelligence Leveraged* Commentary and Data. Secondo la Commissione, tale disinvestimento dovrebbe assicurare che l’entità risultante dall’Operazione non avrà alcun incentivo a escludere i concorrenti nel mercato a valle dei servizi di market intelligence sui prestiti a leva.

La Commissione ha ritenuto che l'Operazione, come modificata dagli impegni offerti, non sollevasse più alcun problema concorrenziale. Ancora una volta, la Commissione ha dimostrato una chiara preferenza per impegni di natura strutturale, e ciò non solo nell’aree di sovrapposizione orizzontale ma anche con riferimento a c.d. theories of harm di natura verticale (ove sarebbe meno complesso identificare impegni di natura comportamentale).

Luca Casiraghi

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Diritto della Concorrenza Italia / Intese e settore della distribuzione al dettaglio di farmaci – L’AGCM ha avviato un’istruttoria nei confronti dell’Ordine Interprovinciale dei Farmacisti di Bari-Barletta-Andria-Trani e di sedici farmacie di Altamura.

Nella sua adunanza del 19 ottobre scorso, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), ha deliberato l’avvio di un’istruttoria nei confronti di 16 farmacie del comune di Altamura (le Farmacie), in Puglia, e dell’Ordine Interprovinciale dei Farmacisti di Bari-Barletta-Andria-Trani (l’Ordine Interprovinciale). L’avvio dell’istruttoria ha origine nella segnalazione di un farmacista a sua volta attivo nel comune di Altamura e riguarda una serie di condotte, poste in essere a partire almeno dal 2014, volte a impedire o limitare l’applicazione di sconti sul prezzo dei medicinali. Tali condotte sarebbero state condivise con e, per certi versi, addirittura caldeggiate dall’Ordine Interprovinciale, il quale avrebbe convocato diverse riunioni per richiamare il rispetto delle regole del Codice Deontologico e della normativa in materia di sconti sui farmaci.

In particolare, tra la documentazione allegata alla segnalazione, compaiono:

(i)  il verbale di una riunione del 2014 durante la quale il Presidente dell’Ordine Interprovinciale ha lamentato l’applicazione di alcune tipologie di sconti;

(ii)  il verbale di una riunione speciale dell’Ordine Interprovinciale, tenutasi nel 2016 e indetta per discutere della crisi in cui versavano le Farmacie, la quale viene imputata al comportamento di alcuni farmacisti dediti alla “svendita di medicinali” “pur di rimanere a galla”. Durante tale incontro il Presidente suggerisce che i farmacisti si incontrino allo scopo di arginare tale fenomeno;

(iii)  una comunicazione e-mail che riporta i contenuti di un incontro tenutosi nel novembre 2017 diretto a limitare e rendere omogenea l’applicazione degli sconti e quindi ottenere un “ricavo decoroso evitando la concorrenza col nostro collega”.

Come ricorda l’AGCM nel provvedimento di avvio, la liberalizzazione avviata nel 2006 e completata nel 2012 ha aperto alla possibilità di applicare liberamente sconti sia sui farmaci per i quali è necessaria la ricetta medica, sia per quelli a vendita libera. In questo contesto devono essere valutati gli incontri oggetto dell’istruttoria, i quali erano dichiaratamente volti a cercare di concordare delle limitazioni di tali sconti.

L’AGCM ha rilevato che la possibile violazione potrebbe essere particolarmente grave dal momento che, sebbene limitata territorialmente al solo Comune di Altamura, coinvolgerebbe la quasi totalità di farmacie ivi esistenti (sedici su ventidue), nonché l’Ordine Interprovinciale.

Ciò considerato, l’Autorità ha deliberato l’avvio dell’istruttoria nei confronti delle Farmacie e dell’Ordine Interprovinciale, al fine di valutare se il comportamento tenuto da suddetti soggetti possa configurare un’intesa restrittiva della concorrenza nel mercato della distribuzione al dettaglio dei farmaci e dei prodotti parafarmaceutici. Se confermato, l’illecito sarebbe un ulteriore esempio della scarsa consapevolezza – da parte di alcune realtà imprenditoriali – della piena applicabilità della normativa antitrust anche a operatori di dimensioni relativamente ridotte e della gravità di qualsiasi condotta coordinata volta a incidere su variabili concorrenziali importanti quali prezzi e quantità.

Alessia Delucchi

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Appalti, concessioni e regolazione / Il Consiglio di Stato si pronuncia in tema di in-house providing

Il 22 ottobre 2021, con la sentenza n. 7093/2021, il Consiglio di Stato si è pronunciato in ordine alla legittimità di un affidamento diretto in favore di una società in-house (affidamento in-house) da parte di un Comune detentore di una partecipazione minimale all’interno della medesima società in-house. La sentenza offre, in particolare, spunti di riflessione sulla definizione della nozione di controllo analogo congiunto.

Il contenzioso da cui trae origine la pronuncia in commento riguarda la decisione di un piccolo comune della provincia di Brescia (Comune) di disporre un affidamento in-house alla società Servizi Comunali S.p.A. (Servizi Comunali o società in-house). Servizi Comunali è compartecipata da un numero elevato di Comuni di varie province lombarde e ha ad oggetto la gestione dei servizi pubblici degli enti locali soci. L’affidamento in questione è stato censurato dalla società Aprica S.p.A. (“Aprica”) che ha, inter alia, sollevato l’insussistenza dei presupposti per un affidamento in-house sotto due profili: i) l’inesistenza di un controllo analogo congiunto da parte del Comune sulla società in-house; ii) l’inadeguatezza dell’istruttoria condotta dal Comune per giustificare l’affidamento in-house anziché ricorrere ad una procedura ad evidenza pubblica. Con la sentenza di primo grado n. 280/2021, il Tar Lombardia – Sezione distaccata di Brescia (Tar) aveva accolto il ricorso, annullando l’affidamento in-house.

  •  In sede di appello proposto dalla società in-house, il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza di primo grado confermando la legittimità dell’affidamento sulla base delle seguenti considerazioni: quanto al presupposto del controllo analogo congiunto, il giudice di appello ne ha ravvisato la sussistenza ritenendo priva di rilevanza l’entità minimale della partecipazione del Comune alla società in-house. Una partecipazione “pulviscolare”, come nel caso di specie, al capitale sociale di una società in-house non esclude, infatti, la sussistenza del controllo analogo congiunto se i soci pubblici sopperiscono alla propria debolezza in sede assembleare “…stipulando patti parasociali al fine di realizzare un coordinamento tra loro…”. Nella causa al vaglio del Consiglio di Stato, il controllo analogo congiunto era assicurato da una serie di elementi, frutto di concertazioni e accordi tra i soci pubblici, che la sentenza in commento ha messo in evidenza. Tra tali elementi rientrano: i) la presenza di un comitato ad hoc, in cui tutti gli enti locali sono rappresentati alla pari, titolare di un potere di influenza sulla nomina dei membri del C.d.A. e del Collegio sindacale e del potere di approvare in via preliminare i regolamenti da adottarsi da parte del C.d.A.; ii) il riconoscimento ai singoli Comuni di poteri inibitori in relazione a iniziative e decisioni contrastanti con i propri interessi nell’espletamento del servizio; e iii) la possibilità di recedere dall’affidamento in-house per l’ipotesi di divergenze dalle decisioni del comitato;
  • quanto alla dedotta carenza dell’istruttoria condotta dal Comune, il Consiglio di Stato ha ravvisato un indebito sconfinamento della pronuncia di primo grado nella sfera riservata alle valutazioni dell’amministrazione. La scelta se operare un affidamento in-house oppure esperire una procedura ad evidenza pubblica richiede valutazioni di opportunità e ponderazione di interessi pubblici che sono soggette ad un sindacato “esogeno” (i.e. esterno) da parte del giudice amministrativo. Ai fini della legittimità di un affidamento in-house, è sufficiente, che l’amministrazione abbia dato conto delle ragioni di interesse pubblico che giustificano tale scelta senza necessità di comprovare l’esistenza di fallimenti di mercato e le relative valutazioni sono sindacabili solamente nella misura in cui affette da illogicità, contraddittorietà o ingiustizia manifeste. Nel caso di specie, il giudice di appello ha concluso che il Comune avesse assolto alla propria funzione con una relazione puntuale che metteva in evidenza i vantaggi dell’affidamento a Servizi Comunali e la congruità dell’offerta economica ricevuta.

La pronuncia in commento stabilisce delle coordinate interpretative che, auspicabilmente, siano idonee a mettere dei punti fermi in ordine ai presupposti legittimanti l’affidamento in-house. Si osserva che la scelta dell’in-house dovrebbe, a legislazione vigente e immutata, mantenere un ruolo secondario e derogatorio rispetto al principio – di derivazione eurounitaria e cristallizzato nel codice dei contratti pubblici – di apertura al mercato (nelle forme delle gare ad evidenza pubblica) per l’ottenimento di prestazioni da parte delle pubbliche amministrazioni.

Alessandro Paccione

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