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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della Concorrenza Italia / Concentrazioni e settore dei pagamenti – L’AGCM autorizza con condizioni la fusione tra SIA e Nexi

Con la Decisione del 12 ottobre scorso, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha autorizzato con condizioni la fusione per incorporazione (l’Operazione) di SIA S.p.A. (SIA) in Nexi S.p.A. (Nexi, congiuntamente con SIA, le Parti), entrambe attive nel settore dei servizi di pagamento.

A conclusione dell’Operazione, il capitale sociale della nuova entità sarà detenuto, per la parte non flottante, da Helmann & Friedman LC; CDP Equity S.p.A. / FSIA Investimenti S.r.l., Mercury UK HoldCo, EAGLE AIBC & Cy S.C.A., Intesa Sanpaolo S.p.A., AB Europe Luxembourg Investment S.à.r.l (congiuntamente, i Soci). Alla luce della documentazione societaria e del patto parasociale sottoscritto, nessuno dei Soci deterrà il controllo in via esclusiva della nuova entità, dal momento che nessuno di essi sarà in grado di nominare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, né godrà di particolari diritti di veto.

L’AGCM aveva deliberato l’avvio dell’istruttoria (già oggetto di commento nella nostra Newsletter) lo scorso 31 agosto, indicando che l’Operazione avrebbe potenzialmente inciso negativamente su numerosi mercati relativi al settore dei pagamenti. Tuttavia, a valle delle indagini svolte e delle informazioni acquisite, l’AGCM ha infine ritenuto che l’Operazione risultasse idonea a determinare criticità concorrenziali solamente nei mercati: (i) del processing delle carte del circuito Bancomat; e (ii) dei servizi di clearing dei c.d. prodotti non-SEPA, nel cui ambito rientrano, ad esempio, pagamenti MAV, RAV, Ri.Ba ed assegni elettronici.

Con riferimento al mercato del processing delle carte del circuito Bancomat, l’AGCM ha rilevato che, in Italia, tali attività possono al momento essere svolte esclusivamente dai c.d. centri applicativi, ossia soggetti a ciò autorizzati dalla Banca d’Italia. Ad oggi, gli operatori che godono di tale qualifica sono solamente tre: Nexi, SIA (le quali congiuntamente deterrebbero una quota superiore al 70% del mercato) e ICCREA, mentre un quarto operatore, Wordline S.A. (Wordline), ha ottenuto l’autorizzazione ad operare come centro applicativo a partire dal 2022. Dall’istruttoria è emerso che Nexi sostanzialmente si approvvigiona del servizio di processing proprio da Wordline, avvalendosi della piattaforma di quest’ultima e limitandosi a collocare commercialmente il servizio ai propri clienti. Ciononostante, l’AGCM ha rilevato che l’elevata quota di mercato detenuta dalle Parti potrebbe determinare la costituzione di una posizione dominante.

Con riferimento ai servizi di clearing dei prodotti non-SEPA, l’AGCM ha invece osservato, in primo luogo, che le transazioni non-SEPA sono state, negli ultimi anni, in costante diminuzione. Ciò premesso, l’AGCM ha comunque rilevato che la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle Parti risulterebbe superiore al 90%, dal momento che anche in questo mercato i servizi possono essere forniti solamente dai centri applicativi e l’unica alternativa alle parti è costituita da ICCREA, che detiene una quota inferiore al 10%. Wordline, anche in questo caso, entrerà nel mercato nel 2022, nonostante già oggi fornisca servizi tecnologici e di piattaforma a Nexi. L’AGCM, pur tenendo in considerazione che si tratta di un mercato in fase di esaurimento, ha ritenuto che l’Operazione potesse determinare la costituzione di una posizione di quasi-monopolio, in virtù dell’elevatissima quota di mercato detenuta congiuntamente dalle Parti.

Al fine di risolvere le suddette criticità concorrenziali, le Parti si sono impegnate a porre in essere una serie di misure correttive che consistono:

  1. nella rinuncia unilaterale alla tutela derivante da una clausola di esclusiva contenuta nei contratti di fornitura tecnologica e di piattaforma in essere con Worldline, in forza della quale quest’ultima non potrebbe rivolgersi ai clienti forniti da Nexi nel caso in cui la stessa Wordline operasse come subfornitore del servizio. Ciò al fine di rendere plausibile la prospettazione di Worldline come un effettivo concorrente;
  2. nella predisposizione (e il mantenimento fino alla data in cui il nuovo modello di fornitura del servizio sarà operativo) un’offerta chiara e trasparente relativa alla attività di acquiring processing delle carte domestiche alle banche che effettuano attività di merchant acquiring;
  3. nella predisposizione ed il mantenimento per un periodo limitato, trattandosi di un mercato in fase di esaurimento, di un’offerta chiara e trasparente relativa alla attività di clearing dei pagamenti non-SEPA alle banche clienti.

Come riconosciuto anche dall’AGCM e dalla Banca d’Italia, l’Operazione in commento rappresenta un ulteriore step del processo di consolidamento che da anni sta caratterizzando il settore dei pagamenti digitali. In proposito, è interessante notare come l’AGCM, tenuto conto delle evoluzioni del mercato (incluse quelle attese a breve-medio termine), ha comunque ritenuto che i mercati nella quale sono state individuate potenziali criticità concorrenziali fossero di dimensione nazionale e, pur avendo riconosciuto quote di mercato assai elevante, ha ritenuto che fossero sufficienti impegni di tipo comportamentale.

Luca Casiraghi

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Private enforcement e telecomunicazioni – La Corte d’Appello di Milano ordina la restituzione del risarcimento riconosciuto a Eutelia in primo grado

Con la sentenza del 6 maggio 2021 (la Sentenza) la Corte d’Appello di Milano (Corte) ha parzialmente accolto il ricorso proposto da Vodafone Italia S.p.A. (Vodafone) avverso la sentenza con cui il Tribunale di Milano (il Tribunale) aveva accertato che alcune condotte di Vodafone integravano una condotta di abuso di posizione dominante e aveva riconosciuto all’attore, Eutelia S.p.A. (Eutelia), il diritto al risarcimento del danno, quantificato in circa 29 milioni di euro (di cui è ora stata disposta la restituzione integrale).

Le condotte in questione riguardavano la fornitura ad operatori di telecomunicazioni non infrastrutturati (ossia senza una rete propria) del servizio di terminazione di chiamata da telefonia fissa a mobile e, in particolare, la terminazione delle chiamate destinate ad utenti abbonati a Vodafone. Tale servizio di terminazione costituisce per gli operatori non infrastrutturati un input essenziale per la fornitura dei servizi di telefonia ai propri clienti finali. In questo contesto, la Corte (sebbene in esito ad un iter argomentativo diverso) perviene alle medesime conclusioni del giudice di prime cure, concludendo che, poiché Vodafone ha offerto ai propri clienti finali servizi di telefonia (in particolare chiamate da rete fissa a mobile a clienti business) a un prezzo inferiore a quello a cui aveva offerto a Eutelia il solo servizio di terminazione, rendendo pertanto i prezzi offerti dalla stessa Vodafone sul mercato retail non replicabili dagli operatori non infrastrutturati, ha abusato della propria posizione dominante sul mercato a monte dei servizi di terminazione sulla propria rete mobile.

Si noti che le medesime condotte erano state oggetto di un’istruttoria svolta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) nei confronti dei tre operatori infrastrutturati dell’epoca (ossia TIM, Wind e Vodafone, ciascuno dominante nel mercato dei servizi di terminazione di chiamata sulla propria rete mobile) che si era conclusa nel 2007 con l’accertamento del carattere abusivo delle condotte di TIM e Wind, e con l’accoglimento degli impegni proposti da Vodafone, nei confronti della quale, pertanto, l’infrazione non era stata accertata.

Dunque, dopo aver autonomamente accertato la sussistenza di un comportamento abusivo da parte di Vodafone, la Corte esamina l’eccezione di prescrizione avanzata dalla stessa in relazione ad alcuni anni, accogliendola. In proposito, la Corte richiama la pacifica natura extracontrattuale della responsabilità per danno da illecito antitrust e il conseguente termine prescrizionale quinquennale, che decorre da quando il danneggiato ha (o avrebbe dovuto acquisire con l’ordinaria diligenza) conoscenza della condotta abusiva, del suo carattere illecito e del danno subito. Nel caso di specie, escludendo che il danno subito da Eutelia possa considerarsi come lungo-latente (ossia, che si materializza dopo un lungo tempo rispetto alla condotta in rilievo, posto che, trattandosi di un danno costituito da una perdita o da una diminuzione di profitto, esso era percepibile al danneggiato al più tardi al momento della redazione del bilancio alla chiusura dell’esercizio in cui il fatto si era verificato), la Corte ritiene che Eutelia abbia avuto conoscenza della condotta abusiva sin dalla data in cui – addirittura ben prima dell’avvio del relativo procedimento AGCM – la stessa aveva inviato a Vodafone una lettera in cui richiedeva l’applicazione di condizioni commerciali più favorevoli, dalla quale emergeva la conoscenza della condotta abusiva sia nei suoi elementi fattuali (offerta del servizio di terminazione ad un prezzo superiore a quello dei servizi di telefonia offerti ai clienti finali) che giuridici (illiceità della condotta alla luce della particolare posizione di Vodafone come operatore con una particolare forza di mercato nei mercati dei servizi mobili e dei servizi dell’interconnessione). Pertanto, in ragione del decorso del termine quinquennale, parte delle condotte abusive di Vodafone sono state ritenute prescritte.

Per la parte di condotte non prescritte, la Corte ha esaminato la questione di come debba essere quantificato il presunto danno subito da Eutelia. Sul punto, la Corte chiarisce che il criterio c.d. dell’overcharge può essere corretto in uno scenario di condotte anticoncorrenziali costituite da trattamenti differenziati applicati a soggetti terzi operanti nel mercato a valle, mentre non può esserlo in uno scenario come quello in discussione di condotte l’operatore dominante sul mercato a monte (della terminazione) è anche presente sul mercato a valle (dei servizi di telefonia retail) e le sue condotte svantaggiano i concorrenti attivi su tale mercato a valle. In questo caso, la Corte ha ritenuto che il danno cagionato a tali soggetti debba essere determinato individuando “quali sarebbero stati gli eventuali maggiori profitti che, presumibilmente ma ragionevolmente, il soggetto, operante nel mercato ‘a valle’ avrebbe potuto conseguire, nel caso in cui il soggetto dominante nel mercato ‘a monte’ non avesse tenuto la condotta anticoncorrenziale accertata.”

Ciò posto, per valutare quali maggiori profitti avrebbe potuto conseguire Eutelia in assenza delle condotte abusive di Vodafone, la Corte ha chiesto al CTU di accertare quanto segue (ipotizzando un controfattuale, ossia lo scenario che si sarebbe avuto ma che tenesse conto delle quote di mercato di Eutelia e di Vodafone, della struttura del mercato e delle possibili reazioni dei clienti):

  1. quali sarebbero stati, in assenza della condotta in rilievo, i diversi prezzi finali che Vodafone avrebbe potuto applicare per i servizi di fonia fisso-mobile alla clientela retail;
  2. se e in che misura, in assenza della condotta in esame, i diversi prezzi finali applicati da Vodafone avrebbero potuto incidere sui prezzi che Eutelia avrebbe applicato per i medesimi servizi alla stessa tipologia di clientela;
  3. la conseguente eventuale variazione dei margini di profitto unitario che, in assenza della condotta in esame, Eutelia avrebbe conseguito nella vendita di servizi di fonia fisso-mobile retail alla propria clientela;
  4. l’eventuale espansione del numero di clienti retail di servizi di fonia fisso-mobile serviti da Eutelia che in assenza della condotta in questione, si sarebbe potuto avere rispetto a quelli effettivamente serviti;
  5. i maggiori profitti che Eutelia avrebbe eventualmente ottenuto in assenza dell’infrazione, in ragione degli accertamenti di cui sopra.

In esito all’analisi di cui sopra il CTU ha tuttavia ritenuto che i margini di profitto di Eutelia non avrebbero subito modifiche e che non erano ipotizzabili effetti espansivi sulla sua base di clienti. Su questa base, la Corte ha concluso che, in ragione della condotta abusiva di Vodafone Eutelia non ha subito alcun concreto danno patrimoniale e che, pertanto, la stessa è tenuta a restituire a Vodafone le somme ricevute in esecuzione della sentenza di primo grado, con gli interessi al saggio legale. La sentenza è di grande interesse in quanto illustra in dettaglio l’iter argomentativo che accompagna l’identificazione del corretto controfattuale ai fini della risarcibilità del danno da illecito antitrust, un elemento cruciale in un tipo di contenzioso in costante crescita. Non resta ora che attendere la pronuncia della Cassazione, qualora Eutelia decidesse di impugnare la Sentenza.

Roberta Laghi

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Tutela del Consumatore / Pratiche commerciali scorrette e settore dei comparatori online – L’AGCM ha sanzionato Facile.it con una multa di €7 milioni per aver adottato pratiche ingannevoli ed aggressive nei settori assicurativo e finanziario

Con la decisione dello scorso 13 ottobre (la Decisione), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha concluso il procedimento (il Procedimento) avviato in data 9 febbraio 2021, sanzionando le società Facile.it Mediazione Creditizia S.p.A. (Facile Mediazione) e Facile.it Broker di Assicurazioni S.p.A. (Facile Broker) (congiuntamente, Facile.it) per un ammontare complessivo pari a €7 milioni per aver posto in essere due pratiche commerciali scorrette – in violazione della normativa italiana a tutela del consumatore di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005 (il Codice del Consumo) – nell’espletamento della propria attività di comparazione e di preventivazione, effettuata tramite il sito www.facile.it, nei settori finanziario ed assicurativo (quest’ultimo specializzato in polizze RC Auto).

La prima delle suddette violazioni (la Prima Violazione) consiste, secondo quanto accertato dall’AGCM, in una pratica ingannevole – in violazione degli articoli 21 e 22 del Codice del Consumo – concretizzatasi per il tramite di due distinte condotte tramite cui Facile.it ha omesso di fornire ai consumatori informazioni rilevanti ai fini di garantire una scelta commercialmente consapevole tra le diverse offerte assicurative e/o finanziarie riportate nel sito www.facile.it. In particolare, secondo l’AGCM Facile Mediazione non ha chiarito che dopo avere optato per una delle soluzioni proposte quest’ultima è potenzialmente soggetta ad una successiva modifica (in senso peggiorativo) delle condizioni e dei termini economici inizialmente prospettati. Facile Broker, sempre secondo l’AGCM, non ha fornito un’adeguata informativa ai consumatori presentando in maniera indistinta risultati relativi a compagnie ed intermediari assicurativi, nonché polizze con risarcimento diretto e indiretto.

La seconda violazione (la Seconda Violazione), invece, è consistita in una pratica commerciale aggressiva – in violazione degli articoli 24 e 25 del Codice del Consumo – concretizzatasi per il tramite di due diverse condotte tramite cui Facile.it ha sollecitato in maniera insistente gli utenti al fine di convincerli ad acquistare prodotti o sottoscrivere polizze assicurative per le quali non avevano espresso il proprio interesse, andando così a condizionare in maniera indebita il processo di scelta degli stessi. Al riguardo, l’AGCM ha dapprima rilevato che Facile Broker non avrebbe chiarito in maniera adeguata che Prima non è una compagnia d’assicurazione, bensì una società di intermediazione di prodotti assicurativi che offre polizze di compagnie estere e che prevedono un risarcimento in forma indiretta. Una volta chiarito ciò, Facile Mediazione avrebbe proposto in maniera insistente al consumatore prodotti assicurativi abbinati ai prestiti personali. L’AGCM si è focalizzata soprattutto sulla comparsa di un pop-up che si apriva automaticamente una volta selezionato uno specifico finanziamento finalizzato ad enfatizzare i vantaggi della polizza in esame e presentando il ‘pulsante’ per l’adesione in maniera accentuata rispetto a quello di rifiuto. Dal punto di vista della condotta aggressiva, l’AGCM ha altresì censurato il fatto che il Call Center del sito www.facile.it effettuasse un’attività di insistente sollecitazione contattando coloro che – pur avendo salvato il preventivo offerto dall’attività di comparazione – non avevano tuttavia espressamente richiesto di essere contattati.

Con la Decisione in esame l’AGCM ha inteso ancora una volta ribadire i requisiti che una pratica commerciale – specialmente se finalizzata alla comparazione di prodotti forniti da terzi – deve avere al fine di garantire una corretta informazione in capo ai consumatori e, pertanto, l’adozione di decisioni commerciali consapevoli.

Luca Feltrin

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Legal News / Autorità indipendenti e questioni di competenza – Il Consiglio di Stato si pronuncia sul tema dei conflitti di competenza tra AGCM e AGCOM

Il primo ottobre 2021, con la sentenza n. 6596/2021 (la Sentenza), il Consiglio di Stato (il CdS) si è pronunciato in ordine alla legittimità di un provvedimento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) intervenuto a sanzionare una condotta già punita come pratica commerciale scorretta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), confermando la competenza esclusiva di quest’ultima e per l’effetto annullando il provvedimento AGCOM.

Il contenzioso da cui trae origine la Sentenza in commento si inserisce in un nutrito filone giurisprudenziale in materia di competenza delle Autorità indipendenti. In particolare, tale contenzioso coinvolge Telecom Italia S.p.A. (TIM) e il contenuto, reputato illecito da entrambe le Autorità, di una offerta commerciale della medesima consistente nell’offrire la ricarica della scheda cellulare ad un certo prezzo non corrispondente al suo valore reale. Tale condotta era stata dapprima sanzionata dall’AGCM a titolo di pratica commerciale scorretta e solo in seguito l’AGCOM era intervenuta per contestare l’elusione del divieto di applicazione di costi fissi di ricarica. TIM ha quindi impugnato la decisione dell’AGCOM deducendo, in primo luogo, il difetto di competenza di quest’ultima e, in secondo luogo, l’insussistenza dell’illecito. Con la sentenza di primo grado n. 448/2021, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (il TAR Lazio) aveva rigettato il ricorso, affermando la sussistenza della competenza dell’AGCOM e ritenendo legittima nel merito la contestazione mossa a TIM.

In sede di appello, il CdS ha accolto le censure di TIM in ordine al difetto di competenza dell’AGCOM e, per l’effetto, ha annullato la sanzione irrogata da quest’ultima. Il CdS, in particolare, è giunto a tale conclusione sulla base di un excursus normativo e giurisprudenziale da cui ha ricavato il principio della prevalenza (in senso escludente) della disciplina delle pratiche commerciali scorrette (“disciplina generale”) sulle discipline settoriali. In altre parole, una condotta che integri allo stesso tempo una pratica commerciale scorretta e un altro e diverso illecito, ai sensi di una normativa settoriale, è punibile solo per la prima. I relativi appigli normativi sono gli artt. 19, comma 3 e, soprattutto, 27, comma 1-bis del Codice del Consumo.

In virtù di tale prevalenza, i rapporti tra la disciplina generale e quelle speciali non sono improntabili ai criteri di matrice penalistica della specialità e dell’assorbimento, bensì a quello dell’incompatibilità. Come chiarito dal CdS, “la regola generale è che, in presenza di una pratica commerciale scorretta, la competenza è dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. La competenza delle altre Autorità di settore è residuale e ricorre soltanto quando la disciplina di settore regoli <<aspetti specifici>> delle pratiche che rendono le due discipline incompatibili”. In altre parole, ai fini della prevalenza delle discipline settoriali è necessario che esse dispongano obblighi di comportamento che siano incompatibili (i.e. in contrasto) con quelli stabiliti dalla disciplina generale in ordine alle pratiche commerciali scorrette. Ne deriva, nel caso di specie, che la complementarità delle due discipline (quella generale e quella settoriale sul divieto di costi fissi di ricarica) non dava luogo a quel rapporto di incompatibilità idoneo a rendere recessiva la competenza dell’AGCM rispetto a quella dell’AGCOM, la quale è, dunque, nei fatti intervenuta senza averne titolo. Di qui l’illegittimità della sanzione comminata da quest’ultima.

La Sentenza in commento stabilisce delle coordinate interpretative che c’è da auspicare siano idonee ad evitare duplicazioni di procedimenti e sanzioni per fattispecie identiche e/o analoghe. È interessante notare che il CdS non abbia ritenuto necessario evocare il principio del ne bis in idem, ritenendolo recessivo rispetto al qui brevemente tratteggiato criterio di incompatibilità.

Alessandro Paccione

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