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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Revisione delle norme in materia di aiuti di Stato – La Commissione semplifica le norme per gli aiuti strumentali a programmi dell’UE e a sostegno della transizione verde e digitale

Lo scorso 23 luglio, la Commissione europea (Commissione) ha pubblicato un regolamento (accompagnato da un press release e un Q&A) che estende l’ambito di applicazione del regolamento generale di esenzione per categoria (regolamento (UE) n. 651/2014, GBER) a due ulteriori categorie di aiuti di Stato: (i) gli aiuti concessi dalle autorità nazionali per progetti finanziati attraverso alcuni programmi dell'UE e (ii) determinate misure di aiuto a sostegno della transizione verde e digitale.

L'inclusione nel GBER di queste categorie di aiuti ne comporta l’esenzione dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione europea, facilitandone la rapida attuazione da parte degli Stati membri, naturalmente nei limiti in cui vengano rispettate le condizioni del GBER e non si determinino indebite distorsioni della concorrenza nel mercato unico.

In particolare, nell’ambito degli aiuti applicabili al finanziamento nazionale di progetti o prodotti finanziari che rientrano in determinati programmi dell'UE, gli Stati membri potranno attuare direttamente:

  • operazioni di finanziamento e di investimento sostenute dal Fondo InvestEU (a sostegno di operazioni di investimento in settori caratterizzati da fallimenti di mercato);
  • progetti di ricerca, sviluppo e innovazione che hanno ricevuto un “marchio di eccellenza” nell'ambito dei programmi-quadro Orizzonte 2020 o Orizzonte Europa; nonché progetti di ricerca e sviluppo o azioni di Teaming cofinanziati nell'ambito dei programmi Orizzonte 2020 o Orizzonte Europa;
  • progetti di cooperazione territoriale europea (cd. “Interreg”).

Nell'ambito degli aiuti a sostegno della transizione verde e digitale, anche al fine di facilitare l’attuazione dei piani di ripresa nazionali, saranno direttamente attuabili:

  • aiuti in relazione aa progetti di efficienza energetica nell'edilizia (inclusa la possibilità di combinare tali aiuti con aiuti per impianti per l’energia rinnovabili, infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici o investimenti nella digitalizzazione dell'edificio);
  • aiuti finalizzati alle infrastrutture di ricarica e rifornimento di elettricità e idrogeno per veicoli stradali a basse emissioni;
  • aiuti relativi a reti fisse a banda larga, reti mobili 4G e 5G, alcuni progetti transeuropei nell'ambito dell'infrastruttura per la connettività digitale e determinati buoni per finanziare il collegamento a internet.

In un’ottica di semplificazione, l’intervento della Commissione è quindi tra l’altro finalizzato ad agevolare l’adozione da parte degli Stati Membri dei finanziamenti necessari per sostenere una ripresa sostenibile dagli effetti economici della pandemia da coronavirus.

Luigi Eduardo Bisogno

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Diritto della concorrenza Italia / Gare pubbliche ed intese restrittive – Il Consiglio di Stato conferma le sanzioni dell’AGCM nel settore dei rifiuti sanitari

Con le sentenze pubblicate il 16 luglio, il Consiglio di Stato (CdS) ha confermato il provvedimento sanzionatorio reso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) nel caso I816 – Gara So.re.Sa. rifiuti sanitari Regione Campania. All’esito di tale procedimento, l’AGCM aveva rinvenuto l’esistenza di una intesa restrittiva per oggetto, nella forma di una pratica concordata, posta in essere nell’ambito della gara per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti sanitari delle aziende sanitarie ed ospedaliere della Regione Campania.

La gara oggetto del procedimento era stata indetta da So.re.Sa. S.p.A. (Soresa), la centrale di acquisto regionale in materia sanitaria della Regione Campania ed era articolata in 6 lotti; il criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In estrema sintesi, l’AGCM aveva osservato un parallelismo di comportamenti tra le parti, consistente nella mancata sovrapposizione nella partecipazione ai vari lotti di gara. Secondo la ricostruzione operata dall’AGCM, tale parallelismo non avrebbe costituito il frutto di un’autonoma scelta individuale delle società ma l’esito di una decisione concertata. A supporto dell’ipotesi accusatoria, l’AGCM aveva addotto una serie di evidenze, tra cui scambi di e-mail tra le parti del procedimento ed appunti manoscritti prelevati presso le imprese coinvolte. Inoltre, ad avviso dell’AGCM, il coordinamento tra le parti del procedimento sarebbe stato facilitato dalla scelta condivisa di avvalersi del medesimo consulente esterno per la predisposizione delle relazioni tecniche.

In primo luogo, il CdS ha confermato che le condotte oggetto del procedimento costituivano un’intesa restrittiva della concorrenza per oggetto. Richiamando il proprio consolidato orientamento sul punto, il CdS ha infatti ricordato che le condotte che mirano al coordinamento delle strategie di partecipazione a gare d’appalto sono per loro stessa natura dannose per la concorrenza, poiché il danno al processo concorrenziale è talmente significativo da rendere inutile la dimostrazione degli effetti concreti sul mercato.

A difesa della propria posizione, le parti del procedimento hanno sostenuto che l’esito della gara fosse dovuto non già ad un accordo collusivo bensì all’interesse di ciascun partecipante a prestare il servizio unicamente nell’area in cui era già gestore uscente. Ad avviso del CdS, tale spiegazione, pur astrattamente plausibile, non esclude che tale intento sia stato perseguito in modo illecito in considerazione delle evidenze relative ai contatti con le imprese concorrenti e con la circostanza dell’utilizzo del medesimo consulente esterno che secondo l’impostazione accusatoria metteva al riparo le parti dalla reciproca concorrenza coordinandone la condotta.

Inoltre, le ricorrenti hanno sostenuto che, anche ove le parti avessero coordinato la propria strategia di gara, tale condotta sarebbe comunque lecita sotto il profilo antitrust, in quanto riconducibile all’esenzione di cui all’articolo 101, comma 3 TFUE. In particolare, le parti hanno sostenuto che tale condotta fosse foriera di significativi benefici per la stazione appaltante e, in ultima analisi, per i pazienti campani – sotto questo profilo, ad avviso delle ricorrenti, la miglior prova dei benefici derivanti dalla collaborazione tra le parti sarebbe rinvenibile nei risultati della gara, che dimostrerebbero come, pur essendosi trovate a competere con altre imprese di significativa dimensione, le parti abbiano presentato su tutti i lotti offerte particolarmente competitive. Il CdS ha però respinto tale argomento, ritenendo che non può escludersi che la qualità delle offerte tecniche presentate dalle imprese partecipanti al cartello sarebbe stata superiore nel caso in cui queste si fossero confrontate direttamente per l’aggiudicazione dei singoli lotti. Soprattutto, ad avviso del CdS, non è stato provato che l’accertata spartizione dei lotti di gara fosse indispensabile al fine di realizzare le ipotizzate efficienze, così escludendo in radice l’applicazione dell’articolo 101, comma 3 TFUE.

Infine, il CdS ha aderito alla ricostruzione prospettata dall’AGCM in punto di quantificazione della sanzione. Da un lato, il CdS ha confermato il giudizio di gravità dell’infrazione, valorizzando la circostanza che le parti del procedimento comprendessero i principali gestori uscenti nel mercato di riferimento, nonché una società di consulenza attiva su tutto il territorio nazionale. Dall’altro, il CdS ha ritenuto che l’AGCM abbia anche adeguatamente motivato l’applicazione di un ulteriore incremento del 15% della sanzione (cd. entry fee), che risulta giustificato dal fatto che l’infrazione ha interessato un servizio (raccolta, trasporto e conferimento di rifiuti sanitari) necessario sia per le ASL sia per l’intera popolazione della regione.

In considerazione di tutto quanto sopra, il CdS ha confermato il provvedimento sanzionatorio dell’AGCM e la relativa sanzione pecuniaria. In definitiva, la vicenda in commento conferma l’interesse dell’AGCM per le ipotesi di collusione in sede di gara pubblica – circostanza che, unita alla possibile esclusione dalle gare pubbliche come conseguenza di violazione della disciplina antitrust, impone di intensificare gli sforzi di compliance delle imprese attive in tale settore.

Luca Villani

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Intese e settore dei diritti sportivi – L’AGCM chiude il subprocedimento cautelare relativo ad alcune clausole dell’accordo fra TIM e DAZN

In data 27 luglio 2021, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha concluso il procedimento cautelare relativo ad alcune clausole dell’accordo fra TIM S.p.A. (TIM), DAZN Limited e DAZN Media Services S.r.l. (DAZN e con TIM, le Parti) per la visione delle partite del campionato di calcio di Serie A nel triennio 2021-2024 (l’Accordo). Secondo l’AGCM, alla luce delle misure presentate dalle Parti, riassunte nel prosieguo, allo stato non sussistono i presupposti (più precisamente, il periculum in mora) per intervenire.

Come già illustrato nella nostra Newsletter del 12 luglio 2021 il 6 luglio 2021 l’AGCM aveva deliberato l’avvio di un procedimento nei confronti di TIM e DAZN al fine di accertare la sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, consistente nell’Accordo di distribuzione del servizio in streaming di DAZN che, a seguito della vittoria della stessa DAZN nella gara indetta dalla Lega Nazionale Professionisti, includerà le partite del campionato di calcio di Serie A per le prossime tre stagioni. In estrema sintesi, nel provvedimento di avvio l’AGCM aveva contestato le possibili restrizioni della concorrenza discendenti: (i) dalle previsioni che asseritamente avrebbero limitato commercialmente e tecnicamente DAZN nell’offerta di servizi di televisione a pagamento, in thesi riducendo la capacità di quest’ultima di proporre sconti agli utenti e di scegliere ulteriori modalità di trasmissione; (ii) dalle previsioni dell’accordo che, a causa dell’ampia esclusiva riconosciuta a TIM, avrebbero ostacolato la possibilità per gli operatori di telecomunicazioni concorrenti di TIM di applicare sconti o di concedere ai propri utenti voucher promozionali per l’offerta dei contenuti relativi alle partite di Serie A.

Alla luce di una valutazione preliminare del quadro probatorio e del rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per la concorrenza nelle more della definizione dell’istruttoria, l’AGCM aveva avviato, contestualmente a quest’ultima, anche un subprocedimento cautelare, conclusosi con la decisione in commento.

All’esisto di tale subprocedimento, l’AGCM ha rilevato che non sussiste il periculum in mora per l’applicazione delle misure cautelari, anche grazie alle spiegazioni e alle misure che sono state presentate dai due operatori.

In primo luogo, le Parti si sono impegnate a fare in modo che nulla nell’Accordo potesse limitare TIM nel commercializzare, e TIM si è impegnata a fare in modo che – già a partire dal 1 agosto 2021 – il servizio offerto da DAZN (il Servizio DAZN) anche a clienti di altri operatori, senza subordinare l’adesione a quest’ultimo alla (previa, contestuale o successiva) sottoscrizione di un abbonamento ai servizi di accesso offerti da TIM. Secondo l’AGCM, tale misura è idonea a impedire a TIM di svolgere un’asserita attività di pre-emption sul mercato in cui ha una posizione dominante sfruttando l’Accordo; inoltre, permetterà a clienti di altri operatori di acquisire il Servizio DAZN alle stesse condizioni dei clienti di TIM.

In secondo luogo, con riferimento alla previsione contenuta nell’Accordo relativa all’asserita limitazione della facoltà di DAZN di proporre sconti e promozioni, le Parti si sono impegnate a non considerare applicabili eventuali previsioni dell’Accordo che potessero essere così interpretabili.

In terzo luogo, DAZN si impegnata a garantire ai clienti che si trovano in determinate aree con particolari limiti infrastrutturali l’acquisto in via prioritaria di un decoder di DAZN, che consentirà loro di fruire di una soluzione di back-up su digitale terrestre che sarà accessibile in caso di effettivi problemi di visione del Servizio DAZN.

In quarto luogo TIM si è impegnata a garantire l’accesso al servizio multicast dalla stessa offerto, tramite il quale si potrà procedere alla definizione di un’apposita roadmap relativa alla introduzione dei necessari adattamenti delle proprie app e per la progressiva abilitazione degli apparati a tale funzionalità.

Su questa linea, DAZN si è impegnata a porre in essere apposite iniziative tecniche di interconnessione con gli operatori di rete mobile, ponendo in essere i necessari investimenti infrastrutturali, volti ad evitare i rischi di congestione della rete, coerentemente con l’Atto di indirizzo pubblicato dall’AGCom in merito a queste vicende.

Le misure appena rappresentate sono apparse idonee a evitare un pregiudizio sia per i consumatori finali del servizio, in termini di libertà di scelta fra alternative disponibili e di qualità del servizio, sia nei confronti degli altri operatori media e di telecomunicazioni che avevano presentato varie segnalazioni.

A tal fine, l’AGCM continuerà a monitorare l’effettiva implementazione delle misure prospettate. Bisognerà ora attendere l’esito dell’istruttoria e vedere se le Parti risulteranno vittoriose anche in quest’ultima.

Mila Filomena Crispino

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Appalti, concessioni e regolazione / Ordinanze contingibili e urgenti e servizio di gestione dei rifiuti - Il Tar Basilicata interviene: no alla definizione unilaterale dei corrispettivi

In data 28 luglio 2021, con la sentenza n. 535, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (TAR) ha accolto in parte il ricorso proposto da un’impresa operante nel mercato dei servizi e del facility management (l’impresa ricorrente) contro il Comune di Matera (il Comune) riguardo un’ordinanza contingibile e urgente (ordinanza) che aveva imposto alla ricorrente l’espletamento del servizio di igiene urbana nel territorio comunale (servizio) dall’1 settembre 2017 al 31 dicembre 2017.

L’impresa domandava: (i) l’annullamento del provvedimento tout court per insussistenza dei presupposti di contingibilità e urgenza; (ii) l’annullamento parziale del provvedimento nei limiti in cui fissava autoritativamente il prezzo per lo svolgimento del servizio; nonché (iii) la condanna del Comune alla corresponsione dell’adeguamento dell’originario corrispettivo contrattuale.

Quanto ai fatti di causa, nel 2014 la ricorrente aveva ricevuto l’affidamento del contratto del servizio pubblico di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti nel Comune. Allo scadere del contratto, anziché bandire una nuova gara, il Comune ha adottato una serie di ordinanze contingibili e urgenti che hanno avuto il duplice effetto di far continuare in capo all’impresa l’espletamento del servizio a condizioni economiche unilateralmente stabilite nei provvedimenti d’urgenza. A fronte della ‘ennesima’ ordinanza, la ricorrente ha adito il TAR.

Il ricorso proposto dall’impresa, articolato in più domande, lamentava l’abuso dello strumento extra ordinem dei provvedimenti contingibili e urgenti da parte del Comune.

Il TAR ha accolto la domanda sull’illegittimità della fissazione in via unilaterale del prezzo sulla scorta della considerazione che, anche ammettendo l’esistenza di una situazione di necessità, detta situazione non può giustificare la determinazione autoritativa del corrispettivo del servizio “… in quanto, con riferimento a tale questione, l’interesse pubblico all’adozione di atti extra ordinem va necessariamente coordinato con i valori, pure essi di rango costituzionale, della libera iniziativa economica […] e della ragionevolezza …”. In effetti, le ordinanze contingibili e urgenti sono strumenti atipici e derogatori al principio della legalità dell’azione amministrativa che si giustificano solo ed esclusivamente a fronte di (e nei limiti di) situazioni di necessità e indifferibile urgenza. In questo contesto, se in linea teorica e astratta si può prefigurare una situazione di pericolo per la salute pubblica talmente grave da richiedere ad un’amministrazione di ordinare ad un privato di smaltire rifiuti senza prima esperire una gara pubblica, la determinazione unilaterale del prezzo del servizio non sembrerebbe svolgere alcuna utilità pratica in relazione alla descritta situazione emergenziale e, in caso di servizio non remunerativo come nel caso di specie, avrebbe la sola finalità – per definizione non contingibile e non urgente – di far conseguire all’amministrazione un risparmio di spesa.

In ordine al terzo profilo, ossia la domanda di condanna del Comune alla corresponsione di un corrispettivo adeguato, il TAR ha declinato la propria giurisdizione in favore del giudice ordinario a cui spetta la cognizione delle controversie concernenti la corresponsione del compenso per la gestione del servizio di smaltimento rifiuti secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

In attesa di un eventuale appello dinanzi al Consiglio di Stato, la sentenza in commento è rilevante nella misura in cui chiarisce un punto essenziale: una situazione di emergenza sanitaria può giustificare l’imposizione di una prestazione personale ma non anche la determinazione autoritativa delle condizioni economiche di tale medesima prestazione. La definizione del corrispettivo può, infatti, essere rinviata ad una negoziazione successiva tra le parti senza che ciò pregiudichi l’efficacia dell’azione amministrativa extra ordinem. Siffatto principio, che appare ragionevole, dovrebbe disincentivare e porre un freno alla prassi di ordinanze contingibili e urgenti utilizzate in maniera strumentale non tanto al fine di affrontare emergenze (sanitarie e/o ambientali), bensì per conseguire risparmi di spesa pubblica mediante la definizione in via autoritativa di corrispettivi non remunerativi e al di sotto di quelli di mercato.

Alessandro Paccione

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