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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE/Concorrenza UE e ispezioni – Il Tribunale dell’UE annulla parzialmente le decisioni con cui la Commissione autorizzava ispezioni volte ad acquisire le prove di un’intesa anticoncorrenziale

Con le sentenze T-249/17T-254/17 e T-255/17 del 5 ottobre 2020 il Tribunale dell’UE (Tribunale) ha parzialmente accolto i ricorsi presentati da alcune imprese attive nel settore della grande distribuzione organizzata (le Società) avverso le decisioni adottate nel febbraio 2017 dalla Commissione Europea (Commissione) che ordinavano ispezioni presso le sedi delle Società (Decisioni) al fine di indagare scambi di informazioni potenzialmente anticompetitivi di cui la Commissione aveva avuto notizia.

I motivi di ricorso sollevati dalle Società inerivano essenzialmente a quattro profili.

Il primo riguardava la legittimità, nell’ambito delle ispezioni svolte dalla Commissione presso le sedi delle Società, del sequestro e dell’acquisizione di copie dei dati personali dei dipendenti. Il Tribunale ha dichiarato irricevibili le relative contestazioni, ritenendo che nel caso di specie, in difetto di una previa domanda di protezione da parte delle Società durante l’ispezione, il sequestro del materiale e l’estrazione di copie “non hanno potuto dar luogo all’adozione di una decisione impugnabile con la quale la Commissione abbia respinto, anche implicitamente, una simile domanda di protezione”. Con riguardo al connesso profilo della domanda di restituzione dei dati in parola presentata dalle Società, analogamente, il Tribunale ha poi ritenuto che la stessa non fosse formulata in termini sufficientemente precisi da far sì che la Commissione fornisse una risposta idonea a costituire un atto impugnabile.

Il secondo profilo riguardava, invece, la legittimità, rispetto ai principi fondamentali dell’Unione europea, dell’art. 20, par. 1 e 4 del Reg. 1/2003, ossia la base giuridica per l’adozione delle Decisioni, che stabilisce i poteri della Commissione in materia di accertamenti in relazione all’applicazione delle norme antitrust. Il Tribunale ha ritenuto infondate le relative censure che contestavano (a) una violazione del diritto ad un ricorso effettivo; nonché (b) una violazione del principio di parità delle armi e dei diritti di difesa.

In particolare, sub (a) il Tribunale ha ritenuto che “il sistema di controllo dello svolgimento delle operazioni di accertamento, costituito dall’insieme dei mezzi di ricorso messi a disposizione delle imprese sottoposte ad accertamento [ossia ricorso di annullamento, procedimento sommario, ricorso per responsabilità extracontrattuale]” soddisfi le condizioni individuate dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo al fine di riconoscere il diritto a un ricorso effettivo.

Con riferimento alle censure sub (b), invece, il Tribunale ha ritenuto che nella fase dell’indagine preliminare non può imporsi alla Commissione di indicare gli indizi alla base dell’accertamento, pena il venir meno dell’equilibrio tra le esigenze di tutela dell’efficacia delle indagini, da un lato, e dei diritti di difesa, dall’altro.

Il terzo profilo contestato riguardava una violazione dell’obbligo di motivazione. Anche questo ordine di censure è stato rigettato dal Tribunale che ha ritenuto che le Decisioni evidenziassero in maniera circostanziata il fatto che la Commissione disponesse di indizi sufficientemente seri da sospettare condotte anticompetitive. In proposito il Tribunale ha precisato che le decisioni di accertamento, nell’indicare le presunzioni che la Commissione intende verificare, devono descrivere l’infrazione ipotizzata ossia “il mercato presumibilmente coinvolto, la natura delle sospettate restrizioni alla concorrenza e i settori coperti dalla presunta infrazione”.

Infine, il quarto profilo contestato dalle Società ineriva alla violazione del diritto all’inviolabilità del domicilio. Sul punto, il Tribunale ha ricordato che, onde evitare che la decisione di accertamento sia arbitraria, occorre che la Commissione sia in possesso di indizi sufficientemente seri per poter ipotizzare un’infrazione. Ebbene, nel valutare la solidità degli indizi che possono giustificare l’adozione di una decisione di accertamento non può che adottarsi una soglia inferiore rispetto a quella che si applica nel valutare le prove che fondano l’accertamento di una pratica concordata. Ciò posto, il Tribunale ha ritenuto che gli indizi di cui disponeva la Commissione fossero sufficientemente seri per sospettare una pratica concordata consistente nello scambio di informazioni in merito agli sconti ottenuti sui mercati dell’approvvigionamento di determinati beni di largo consumo e ai prezzi sul mercato della vendita di servizi ai produttori di prodotti di marca. Al contrario, il Tribunale ha ritenuto che così non fosse con riguardo ad alcuni scambi di informazioni sulle strategie commerciali future delle imprese coinvolte e ha di conseguenza annullato le Decisioni nelle parti che riguardavano questa diversa presunta infrazione.

La sentenza in parola offre molteplici spunti di riflessione in merito alle opposte esigenze (accertamento dell’illecito e tutela dei diritti della difesa) che emergono in una fase delicata quale è quella dell’acquisizione delle prove da parte della Commissione. E se da un lato non può non notarsi nel Tribunale un certo favor verso la tutela dell’efficacia delle indagini condotte dalla Commissione, dall’altro emerge chiaramente che la tutela dei diritti di difesa richiede che l’autorizzazione alle ispezioni sia basata su indicazioni sufficientemente circostanziate circa un possibile illecito. Un criterio, quest’ultimo, comunque di difficilmente accertamento, soprattutto in considerazione dell’asimmetria informativa tra Commissione e società sottoposta ad indagine – soprattutto al momento delle ispezioni.

Roberta Laghi
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Abusi e mercato dei chipset per TV e modem – La Commissione accetta gli impegni offerti da Broadcom

Lo scorso 7 ottobre la Commissione europea (Commissione) ha reso vincolanti gli impegni offerti da Broadcom Inc. (Broadcom) per garantire la concorrenza nei mercati dei cosiddetti ‘systems-on-a-chip’ per decoder TV e modem.

I ‘systems-on-a-chip’ sono circuiti integrati che combinano varie componenti elettroniche in un'unica unità, costituendo il "cervello" di un decoder TV o di un modem.

Nell’ottobre 2019, la Commissione aveva emesso delle misure cautelari (si veda la Newsletter del 21 ottobre 2019) nei confronti della società americana Broadcom per avere prima facie abusato della propria posizione dominante nei mercati dei systems-on-a-chip per decoder TV, modem in fibra e modem xDSL. In particolare, la Commissione aveva ordinato la disapplicazione di alcune clausole, contenute nei contratti conclusi con sei produttori di decoder TV e modem, che inter alia prevedevano obblighi di acquisto esclusivi o quasi esclusivi e vantaggi commerciali non legati al prezzo, riconducibili secondo la Commissione a forme di bundling. L’imposizione delle misure cautelari veniva giustificata dalla probabile esistenza di una violazione del diritto antitrust (c.d. fumus boni iuris), nonché dalla necessità di evitare un danno imminente alla concorrenza (c.d. periculum in mora), tra cui quello derivante dal fatto che alcuni produttori di modem e decoder TV non avrebbero potuto partecipare alle future aste in relazione alla tecnologia Wi-Fi 6.

A seguito dell'imposizione delle misure cautelari, Broadcom ha offerto degli impegni che la Commissione ha sottoposto ad un market test, a valle del quale nel luglio 2020 Broadcom ha modificato e migliorato gli impegni proposti.

Con la decisione in commento la Commissione ha reso vincolanti per sette anni gli impegni proposti da Broadcom. Questi si rivolgono nei confronti di tutti i produttori di dispositivi (i cosiddetti OEM) e includono prodotti non coperti dalla decisione sulle misure cautelari. Più precisamente, all’interno dello Spazio Economico Europeo (SEE), Broadcom:
- non potrà richiedere a un OEM di acquistare da Broadcom una percentuale minima del suo fabbisogno europeo di systems-on-a-chip per decoder TV, modem xDSL e modem in fibra ottica; e

- non potrà subordinare la fornitura di systems-on-a-chip per decoder TV, modem xDSL e modem in fibra ottica, né la concessione di agevolazioni, alla circostanza che un OEM acquisti da Broadcom un altro di questi prodotti o qualsiasi altro prodotto che rientri nell'ambito degli impegni (ad es. systems-on-a-chip per modem via cavo, Front End Chips per decoder e modem e/o Wi-Fi Chips per decoder e modem).

Gli impegni presentano anche una dimensione extra-territoriale, applicandosi anche al di fuori dell’Unione europea (ma esclusa la Cina). La Commissione ha giustificato tale necessità sulla base delle economie di scala nel settore dei semiconduttori, le quali inducono i produttori di systems-on-a-chip a produrre grandi quantitativi per rimanere competitivi sul mercato. In particolare, in relazione a OEM esterni allo SEE, Broadcom:

-non potrà richiedere di acquistare dalla stessa più del 50% del suo fabbisogno di systems-on-a-chip per decoder TV, modem xDSL e modem in fibra ottica; e

- non potrà subordinare la fornitura di systems-on-a-chip per decoder TV, modem xDSL e modem in fibra ottica, né la concessione di agevolazioni, alla circostanza che un tale OEM acquisti da Broadcom più del 50% del suo fabbisogno per uno di questi prodotti, o per altri prodotti che rientrano nell'ambito degli impegni.

Con l’accettazione degli impegni offerti da Broadcom la Commissione ha concluso il procedimento in meno di un anno che, per gli standard europei, rappresenta una vera eccezione. La stessa Vice-Presidente della Commissione Vestager ha elogiato l’efficienza e la velocità con cui si è giunti a una conclusione della vicenda, in modo da intervenire in tempo utile sul mercato dei systems-on-a-chip’. Ciò induce inevitabilmente a pensare che lo strumento delle misure cautelari, in combinazione con l’adozione di impegni, verrà utilizzato sempre di più nei prossimi anni, in particolare nei mercati più dinamici. E che probabilmente l’esigenza del c.d. New Competition Tool (si veda la Newsletter dell’8 giugno 2020) possa essere meno pressante a fronte di un efficiente e rapida applicazione degli strumenti di enforcement esistenti.

Luigi Eduardo Bisogno
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Gun jumping e settore del trasporto gas – L’autorità polacca per la concorrenza infligge a Gazprom una sanzione di circa 6,5 miliardi di euro per non aver notificato un accordo di finanziamento congiunto per la costruzione del gasdotto Nord Stream 2

Con la decisione dello scorso 7 ottobre, l’autorità antitrust polacca (Autorità polacca) ha sanzionato Gazprom assieme ad OMV, Engie, Winthershal, Shell e Uniper per non avere notificato un accordo stretto nel 2017 per il finanziamento del gasdotto Nord Stream 2, che dovrebbe svilupparsi su un percorso di 1200 km dalla Russia alla Germania.

L’Autorità polacca aveva avviato nel 2018 un’indagine in merito a tale accordo di finanziamento ed ha concluso che ad esso è stata data attuazione in violazione delle regole della concorrenza, in quanto joint venture soggetta a previo obbligo di notifica ai sensi della normativa polacca in materia di concentrazioni. Già in precedenza, nel 2016, Gazprom e le altre società avevano abbandonato un progetto di costituzione di una joint venture per il finanziamento, la costruzione e la gestione del gasdotto in questione a seguito della decisione dell’Autorità polacca di aprire una indagine approfondita. Sembra quindi di capire che l’operazione sia stata “ripensata” in modo da evitare – almeno nell’intenzioni delle parti – un obbligo di notifica ai sensi della normativa in materia di concentrazioni-

La sanzione inflitta da Gazprom è la più alta mai imposta da un'autorità antitrust a una singola società e la sanzione totale è la più elevata mai inflitta in un singolo caso. Oltre alla sanzione pecuniaria, alle società è stato anche imposto di rescindere il contratto entro 30 giorni dalla decisione. Le sanzioni per le altre società sono state invece molto più contenute: 19,57 milioni di euro per OMV, 12,38 milioni di euro per Engie, 30,79 milioni di euro per Wintershal, 6,74 milioni di euro per Shell e 29,91 milioni di euro per Uniper.

L’Autorità polacca ha motivato la severità della propria sanzione verso Gazprom sostenendo che, inter alia, (i) le società avrebbero dimostrato un intento elusivo ponendo in essere il progetto in forma diversa rispetto al 2016 allo scopo di aggirare lo scrutinio dell’autorità; (ii) Gazprom già gode di una posizione dominante nel mercato del gas; (iii) il progetto aumenterebbe ulteriormente la forza negoziale di Gazprom in tutta l'UE e farebbe inevitabilmente aumentare i prezzi del gas, poiché aumenterebbe anche la dipendenza dei consumatori europei da un unico fornitore.

Non resta che attendere il proseguo della vicenda di fronte al Tribunale per la protezione dei consumatori e della Concorrenza, dato che le società coinvolte hanno 30 giorni per impugnare la decisione della Autorità Polacca e Gazprom ha già annunciato che chiederà la riforma della decisione.

Luca Casiraghi
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Diritto della concorrenza Italia/Intese e servizi di audit – Il Consiglio di Stato conferma la sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale nell’ambito della gara Consip per i servizi di audit alla PA

Lo scorso 6 ottobre il Consiglio di Stato (CdS) ha pubblicato le sentenze con le quali ha deciso sui ricorsi proposti da KPMG S.p.A. (KPMG), KPMG Advisory S.p.A. (KPMGA), Deloitte Consulting S.r.l.(Deloitte), Deloitte & Touche S.p.A. (D&T), Ernst & Young S.p.A. (EY), Ernst&Young Financial Business Advisors S.p.A. (EYFBA), PricewaterhouseCoopers S.p.A. (PWC), e PricewaterhouseCoopers Advisory S.p.A. (PCWA) (congiuntamente, le Ricorrenti) avverso le sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (TAR) che avevano confermato il provvedimento con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva ritenuto che esse avessero posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza. Nel fare ciò il CdS ha altresì ripristinato il livello delle sanzioni originariamente imposte dall’AGCM e temporaneamente ridotte dal TAR.

L’intesa alla base della vicenda e accertata dall’AGCM concerneva una pratica concordata finalizzata a condizionare l’esito della gara bandita da Consip S.p.A. (Consip) per l’affidamento dei servizi di supporto e assistenza tecnica per l’audit dei programmi cofinanziati dall’Unione europea (la Gara AdA), attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei 9 lotti disponibili. Secondo l’AGCM, le Ricorrenti, coordinandosi a livello di network, avrebbero presentato offerte tecnicamente equivalenti tra i diversi lotti, coordinando le proprie offerte economiche per evitare di proporre offerte caratterizzate da sconti elevati sovrapponendosi l’una all’altra.

Nell’appello, le Ricorrenti censurano la scelta del giudice di prime cure di ritenere soddisfatto lo standard probatorio in materia di pratiche concordate. Secondo le Ricorrenti, infatti, l’AGCM non avrebbe fornito gli elementi probatori che confermavano la sussistenza di contatti qualificati e causalmente connessi con l’alterazione delle dinamiche della Gara AdA, nonché gli elementi endogeni alla base dell’accertamento dell’intesa.

Il CdS, tuttavia, ha fatto proprio il principio secondo cui l’esistenza di una pratica concordata possa emergere dalle prove indirette indicative dell’esistenza di un accordo, e quindi anche da contatti indiretti, nella misura in cui essi sono idonei ad alterare il libero gioco della concorrenza. In tale contesto fattuale, il CdS ha ritenuto che il parallelismo dei comportamenti possa essere considerato prova di una concertazione qualora la concertazione stessa ne costituisca l’unica spiegazione plausibile. Il CdS ha quindi ritenuto che una condotta concertata emergesse “chiaramente” dall’osservazione delle offerte economiche presentate nella Gara AdA; inoltre, secondo il CdS, le Ricorrenti avrebbero fornito una diversa spiegazione lecita delle loro condotte e dei loro contatti (la cui fattuale esistenza non era contestata nel caso di specie). Il CdS ha pertanto respinto l’appello delle ricorrenti.

Non solo. Il TAR aveva infatti accolto alcune delle istanze delle Ricorrenti relativamente all’ammontare delle sanzioni, escludendo che l’intesa potesse essere qualificata come segreta, e, pertanto, annullando l’incremento del 10% che l’AGCM aveva ritenuto appropriato. In primo luogo, il CdS ha accolto l’argomentazione proposta dall’AGCM con appello incidentale secondo cui il carattere della segretezza emerge in intese come quella di specie “…se non altro perché essa non era certo palesata al pubblico”; e, in secondo luogo, ha condiviso la qualificazione già ipotizzata dall’AGCM dell’intesa come “molto grave”, e, di conseguenza, ripristinato l’entry fee del 25% originariamente comminata dall’AGCM.

Le sentenze in esame concludono un procedimento di durata quasi quinquennale, confermando – in linea con una giurisprudenza costante – la tesi della deducibilità dell’esistenza di un’intesa in violazione della normativa antitrust dall’assenza di una spiegazione alternativa per il comportamento delle parti in presenza di contatti tra esse, anche ove non sia provato il contenuto di tali contatti.

Riccardo Fadiga
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Intese e radiotaxi – L’AGCM ha sanzionato Consortaxi, Taxi Napoli, Radio Taxi Partenope e Desa Radiotaxi per avere posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza vietando ai tassisti aderenti ai rispettivi radiotaxi di aderire e utilizzare piattaforme concorrenti

Nella sua adunanza del 15 settembre 2020, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deciso di sanzionare le società Consortaxi, Taxi Napoli S.r.l. (Taxi Napoli), Radio Taxi Partenope S.c. a r.l. (Radio Taxi Partenope) e Desa Radiotaxi S.r.l.s. (Desa Radiotaxi) (collettivamente, le Parti) per aver posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’articolo 101 TFUE.

In primo luogo, l’AGCM ha trovato evidenza del fatto che le Parti – tramite un incontro tra i propri rappresentanti legali – hanno definito e sottoscritto, in data 15 novembre 2018, un accordo (l’Accordo) che vietava ai tassisti aderenti a ciascuno dei quattro servizi di radiotaxi in parola di utilizzare qualsiasi applicazione diversa da quelle approvate e utilizzate dai radiotaxi stessi, di fatto impedendo l’ingresso sul mercato di altre piattaforme. Più nello specifico, le Parti avevano convenuto che “…[i] tassisti aderenti alle predette strutture non potranno utilizzare altre applicazioni oltre quelle in uso alle singole Compagnie…” e che “…[c]on tale decisione, anche i tassisti avranno la certezza di condividere il lavoro con colleghi che si impegnano per obiettivi comuni, tendenti alla fidelizzazione della Compagnia alla quale hanno aderito”. Secondo l’AGCM, dunque, nel documento è esplicitata la finalità anticompetitiva dell’intesa, ossia il mantenimento della posizione detenuta da ciascuna impresa di radiotaxi sul mercato e la creazione di un fronte comune e compatto per impedire l’ingresso e lo sviluppo dei nuovi operatori.

Inoltre, l’AGCM si è concentrata su diverse condotte tese a dare esecuzione all’Accordo nei confronti dei tassisti che si avvalevano di applicazioni diverse da quelle del radiotaxi di appartenenza. Secondo l’AGCM, particolarmente esplicative in merito all’efficacia di tali condotte sono le email di alcuni tassisti che confermavano l’avvenuta disdetta a Mytaxi. Ad esempio, in una email inviata da un tassista a Taxi Napoli in data 24 gennaio 2019, si legge: “Come da te richiesto di fare una sola scelta o la 0818888 o la Mytaxi ho scelto di restare [con] la 0818888”.

Alla luce di quanto sopra, l’AGCM ha deciso di irrogare alle società Consortaxi, Taxi Napoli, Radio Taxi Partenope e Desa Radiotaxi sanzioni amministrative pecuniarie tra i 2.500 e 6.000 euro circa. Interessante notare che, nel processo di determinazione della sanzione, l’AGCM ha applicato il punto 34 delle Linee Guida (ai sensi del quale “[l]e specifiche circostanze del caso concreto […] possono giustificare motivate deroghe dall’applicazione delle presenti Linee Guida, di cui si dà espressamente conto nel provvedimento che accerta l’infrazione…”) e ha applicato una riduzione delle sanzioni dell’80%. Il motivo di tale riduzione è stato ricondotto all’emergenza sanitaria da Covid-19, ancora in corso, in quanto – come riportato dall’AGCM – questa ha determinato un significativo crollo della domanda di taxi a livello locale (pari a circa l’80%), determinando una gravissima crisi delle imprese del settore.

Mila Filomena Crispino
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Concentrazioni e violazione dell’obbligo di notifica – L’AGCM sanziona Acea, Mediterranea Energia, e Alma per non avere comunicato l’operazione di acquisizione del controllo congiunto di Pescara Distribuzione Gas

Con il provvedimento n. 28350 [Link] dello scorso 15 settembre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha sanzionato Acea S.p.A. (Acea), Mediterranea Energia Soc. Cons. a r.l. (Mediterranea Energia) e Alma C.I.S. S.r.l. (Alma), rispettivamente per un ammontare pari a circa 150.000, 1.000 e 1.500 euro, per aver omesso di comunicare all’AGCM l’acquisizione di controllo congiunto sulla società Pescara Distribuzione Gas S.r.l. (Pescara Distribuzione), violando in tal modo l’articolo 16, comma 1, della legge n. 287/1990.

Nello specifico, l’operazione è consistita nell’ingresso di Acea nel capitale sociale di Pescara Distribuzione attraverso l’acquisizione del 25,5% del capitale detenuto da Mediterranea Energia e del 25,5% del capitale sociale detenuto da Alma. Dunque, se prima dell’operazione Pescara Energia era controllata congiuntamente da Alma e Mediterranea Energia (che detenevano ciascuna il 50% del capitale sociale), a valle dell’operazione il capitale era detenuto al 51% da Acea, al 24,5% di Mediterranea Energia e al 24,5% di Alma, che esercitavano congiuntamente il controllo su Pescara Distribuzione in quanto le disposizioni statutarie conferivano anche ai soci di minoranza il potere di indirizzare l’attività economica della società.

La concentrazione appena descritta non ha sollevato alcuna problematica quanto ad ipotetici effetti negativi sul mercato in cui operano le società coinvolte. Ciononostante, l’AGCM ha comunque sanzionato le tre società per aver implementato l’operazione nel marzo 2019, mentre la comunicazione all’Autorità è stata effettuata solamente il 18 maggio 2020.

Acea, Mediterranea Energia e Alma hanno cercato di giustificare la propria condotta sostenendo che l’operazione di acquisto del controllo congiunto di Pescara Energia sarebbe stata interconnessa con una seconda operazione, relativa all’acquisizione, da parte delle stesse società, del controllo congiunto di Alto Sangro Distribuzione Gas. S.r.l. Tale operazione era stata oggetto di un contratto preliminare concluso tra le parti il 10 marzo 2020 e comunicata all’AGCM, congiuntamente all’acquisizione di Pescara Energia, il 18 maggio 2020.

Tuttavia, l’AGCM non ha rilevato elementi sufficienti a configurare l’interdipendenza tra le due operazioni sopra citate, aggiungendo inoltre che, anche ammettendo tale circostanza , sarebbe in ogni caso sussistito un ritardo nella comunicazione all’AGCM, sanzionabile ai sensi dell’articolo 19, comma 2, della legge n. 287/1990. Infatti, anche ammettendo tale ricostruzione le due operazioni avrebbero dovuto esser comunicate prima della conclusione della prima tra esse, e non prima della conclusione della seconda, come avvenuto nel caso in questione.

Quanto all’ammontare delle sanzioni, l’AGCM non ha ritenuto grave la condotta delle parti in considerazione del fatto che l’operazione, pur in ritardo, è stata comunicata spontaneamente anche se la durata dell’infrazione (pari 14 mesi) è stata piuttosto significativa.

La decisione in commento conferma ancora una volta la particolare attenzione che l’AGCM, al pari di molte altre autorità antitrust europee (che però tendono a irrogare sanzioni assai più significative), pone in riguardo alle violazioni procedurali della disciplina di controllo delle concentrazioni.

Luca Casiraghi
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