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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza Italia / Intese e servizi di manutenzione sulle reti di telecomunicazioni – Il Consiglio di Stato rinvia all’AGCM per la rivalutazione delle condotte di Telecom e altre sei società nel mercato dei servizi di manutenzione sulle reti di Telecom

Il 23 dicembre scorso, il Consiglio di Stato (CdS) ha accolto i ricorsi di Telecom Italia S.p.A (Telecom); Sirti S.p.A.; Sielte S.p.A.; Site S.p.A.; Ceit Impianti S.r.l.; Alpitel S.p.A e Valtellina S.p.A. (Imprese di Manutenzione) avverso le sentenze del Tar del Lazio (TAR) che avevano confermato il provvedimento n. 25784 del 2015 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), con il quale era stata accertata l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, in violazione dell’art.101 del TFEU, nel mercato dei servizi di manutenzione correttiva sulle reti di telecomunicazioni di Telecom.

La vicenda trae origine dall’introduzione dell’art. 47, comma 2-quater, del decreto-legge n. 5 del 9 febbraio 2012, il quale prevedeva che “… l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni […] individua le misure idonee a: a) assicurare l’offerta disaggregata dei prezzi relativi all’accesso all’ingrosso alla rete fissa e ai servizi accessori […] b) rendere possibile, per gli operatori richiedenti, acquisire tali servizi anche da imprese terze operanti in regime di concorrenza …”. Con tale norma, il legislatore manifestava la propria intenzione di liberalizzare il settore dei servizi di manutenzione della rete telefonica di Telecom, consentendo agli operatori alternativi di acquistare tali servizi direttamente dalle imprese attive nel settore, senza l’intermediazione di Telecom. All’esito di una procedura d’infrazione comunitaria, che contestava l’ingerenza del legislatore nell’autonomia decisionale dell’autorità di regolazione, l’art. 47 è stato modificato prevedendo che l’AGCOM non debba ma semplicemente possa adottare le misure necessarie per la liberalizzazione del settore.

Dopo l’entrata in vigore della norma predetta, le società Wind S.p.A. (Wind) e Fastweb S.p.A. (Fastweb) hanno inviato alle Imprese di Manutenzione delle richieste di offerte per la fornitura dei servizi di manutenzione sul tratto di rete Telecom non appena il mercato sarebbe stato liberalizzato. Alla luce di alcune anomalie riscontrate nelle offerte delle Imprese di Manutenzione, Wind ha segnalato all’AGCM una presunta intesa restrittiva della concorrenza. Una segnalazione di analogo contenuto è poi stata inviata dall’AGCOM.

L’AGCM ha pertanto avviato l’istruttoria ed è pervenuta alla conclusione che le Imprese di Manutenzione, con il coordinamento di Telecom, avevano posto in essere un’intesa ‘per oggetto’ con l’obiettivo di prevenire l’evoluzione delle forme di erogazione disaggregata dei servizi tecnici accessori. Tale intesa si sarebbe articolata in due fasi: (i) uno scambio di informazioni nell’erogazione dei servizi di manutenzione correttiva su linee ULL della rete di accesso di Telecom e (ii) il coordinamento della condotta da tenere nel corso delle audizioni innanzi all’AGCOM nell’ambito di un procedimento di vigilanza sul mercato. Il TAR ha aderito alla ricostruzione dell’AGCM, respingendo i ricorsi presentati.

Con la sentenza in esame, invece, il CdS ha ritenuto fondato il motivo con cui le società appellanti hanno contestato il presupposto di base dell’intero procedimento e del provvedimento impugnato, ovvero l’esistenza, al tempo delle condotte contestate, di un mercato dei servizi di manutenzione. In particolare, il CdS ha evidenziato che l’art. 47, comma 2-quater, del decreto-legge n.5 del 2012 ha una natura meramente programmatica, che si evince dal rinvio al necessario atto di regolazione dell’AGCOM per la definizione delle modalità tecniche e commerciali di operatività di un mercato disaggregato dei servizi di manutenzione. In assenza di sviluppi in tale direzione, gli operatori alternativi restano vincolati all’intermediazione del soggetto titolare della rete per la fornitura dei servizi di manutenzione e, pertanto, il mercato non può essere considerato liberalizzato e disaggregato. Alla luce dell’imprescindibilità dell’intermediazione di Telecom per la fornitura di servizi di manutenzione sul proprio tratto di rete, il CdS ha ritenuto tecnicamente e giuridicamente inattuabili le proposte di preventivi avanzate da Wind e Fastweb che hanno generato l’intero procedimento oggetto di scrutinio.

Pur riconoscendo che le condotte di Telecom e delle Imprese di Manutenzione fossero “… censurabili dal punto di vista del modello ideale di agire dell’operatore economico aperto alla concorrenza …”, il CdS ha ritenuto che l’AGCM avesse errato nel qualificare la fattispecie come un’intesa ‘per oggetto’. Applicando i principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza C-67/13 P, Groupement des Cartes Bancaires, il CdS ha evidenziato che la nozione di intesa per oggetto deve essere interpretata in modo restrittivo nel rispetto del principio dell’onere della prova. Il CdS ha, pertanto, stabilito che, alla luce della peculiarità del mercato in questione, l’AGCM “… avrebbe dovuto meglio istruire e comprovare sia la reale consistenza e contendibilità di quel mercato, sia – e conseguentemente – la configurabilità e la portata degli effetti paventati …”.

Infine, il CdS ha disposto che l’AGCM dovrà riesercitare la funzione amministrativa, conformandosi ai principi enunciati nella sentenza in esame. In particolare, il CdS ha espressamente previsto che la decisione dell’AGCM potrà spaziare da un “minimo” costituito dall’archiviazione della pratica a un “massimo” costituito da “una congrua rimodulazione riduttiva delle sanzioni irrogate”.

Per concludere, la sentenza in esame riveste particolare interesse nella misura in cui afferma che, anche di fronte a comportamenti in astratto incasellabili in schemi tipicamente anticoncorrenziali, nel caso di specie – tenendo conto delle peculiarità del mercato in questione – sarebbe stata necessaria un’attenta e approfondita disamina del contesto, valutando in concreto l’idoneità della condotta di alterare la concorrenza. Di particolare rilievo appare inoltre l’effetto conformativo della sentenza, nell’ambito del quale l’AGCM ritiene la facoltà di sanzionare i comportamenti accertati sebbene con una rimodulazione al ribasso della sanzione.

Luigi Eduardo Bisogno
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Bid rigging e servizi di ossigenoterapia e ventiloterapia domiciliare – Il Consiglio di Stato accoglie gli appelli dell’AGCM e annulla le sentenze del TAR favorevoli ai sei maggiori operatori di mercato

Con sei distinte sentenze pubblicate lo scorso 19 dicembre, il Consiglio di Stato (CdS) ha accolto i motivi d’appello presentati dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o l’Autorità) contro le altrettante pronunce del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR), tramite cui quest’ultimo aveva accolto i ricorsi presentati dalle società Oxy Live S.r.l. (Oxy); Medigas Italia S.r.l. (Medigas); Medicair Italia S.r.l. (Medicair); Vivisol S.r.l. (Vivisol); Eubios S.r.l. (Eubios); e Ter.Gas S.r.l. (Ter.Gas) avverso la decisione dell’Autorità del 21 dicembre 2016 (Decisione). Queste società erano state sanzionate per un ammontare complessivo pari a circa 17 milioni di euro, per aver posto in essere un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza, volta a falsare i procedimenti di indizione, oltre che il normale svolgimento, delle gare per la fornitura di servizi di ossigenoterapia (OTD) e ventiloterapia (VTD) domiciliare indette da alcune stazioni appaltanti: (i) So.Re.Sa S.p.A. (Gara Soresa); (ii) Asl Milano 1 (Gara Milano 1); e (iii) ASUR Marche (Gara Marche). In particolare:

(i) con riferimento alla Gara Soresa il CdS ha annullato le sentenze del TAR favorevoli a OxyTer.Gas e Eubios. Secondo il CdS, come originariamente sostenuto dall’AGCM, le società interessate avrebbero adottato una strategia collusiva volta a: (a) mantenere artificiosamente alto il prezzo del servizio di OTD in Campania (rifiutando il prezzo richiesto dall’amministrazione); (b) ostacolare l’indizione di una gara pubblica per l’affidamento del servizio (boicottando la proposta di accordo-quadro avanzata da So.Re.Sa S.p.A. (Soresa)); nonché (c) ripartirsi i lotti posti in gara da Soresa in una successiva procedura. Nello specifico, relativamente alla prima condotta, il CdS ha respinto la posizione accolta dal TAR secondo cui l’accordo tramite cui le società si erano impegnate a rifiutare il prezzo proposto dall’amministrazione non costituisse un comportamento illecito (dato il ruolo preponderante di Federfarma nella fissazione dei prezzi), e ne ha riconosciuto la natura anticoncorrenziale. A tal proposito ha ribadito che, indipendentemente dall’analisi del peso effettivo di Federfarma nel procedimento di fissazione (comunque non preponderante), non è mai consentito alle imprese di coordinare le proprie strategie commerciali. Circa la seconda condotta, il CdS ha respinto la posizione secondo cui l’Autorità avrebbe prodotto prove documentali insufficienti. Sul punto, infatti, il CdS ha sostenuto che tali elementi (sebbene mancasse la c.d. ‘smoking gun’) erano comunque atti a soddisfare lo standard probatorio richiesto al fine di dimostrare l’esistenza di una pratica collusiva. Il CdS ha inoltre ribadito che il ‘boicottaggio’ in esame non poteva trovare giustificazione nemmeno nell’idea di promozione degli interessi di categoria, come invece sostenuto dal TAR. In ultimo, relativamente alla terza condotta, il Consiglio ha annullato la rideterminazione del coefficiente di gravità dell’infrazione (ridotto al 15%) operata dal TAR e l’ha riportato all’originario 20%.

(ii) Con riferimento alla Gara Milano 1, il CdS ha annullato le sentenze del TAR favorevoli a Medicair e Medigas. Secondo la ricostruzione dell’AGCM, (anche) queste società avrebbero posto in essere un’intesa anticoncorrenziale relativa a quattro gare bandite dall’Asl Milano 1 (Asl) (tra il 2012 ed il 2014) per l’affidamento del servizio di VTD. Il TAR aveva accolto i motivi di ricorso presentati dalle due società e concernenti l’assenza di evidenze sufficienti a dimostrare l’esistenza di una pratica concertativa. Al contrario, il CdS ha pienamente sposato l’approccio dell’AGCM e ha riconosciuto che vi fossero prove sufficienti a dimostrare che le società interessate avevano coordinato la propria strategia al fine di boicottare le prime tre gare indette dall’Asl per così riuscire ad ottenere gran parte dei lotti costituenti la quarta gara ad un prezzo decisamente maggiore rispetto a quello originariamente voluto dall’amministrazione. Il CdS ha riconosciuto la complessiva validità delle evidenze prodotte dall’Autorità, le quali – benché suscettibili di diverse interpretazioni se considerate atomisticamente – erano, secondo il CdS, in grado di comprovare la sussistenza di una volontà collusiva tra le società. Il CdS ha inoltre reputato insufficienti gli studi economici prodotti dalle parti al fine di giustificare l’assenza di offerte per le prime gare sulla base della loro oggettiva inappetibilità sul piano economico e così provare l’assenza di una reale strategia concertativa volta al loro boicottaggio. In proposito, il CdS ha enfatizzato che si trattava di studi predisposti ex post, basati su “ipotesi discrezionali e per nulla scontate” (senza però criticarli puntualmente).

(iii) Per quanto concerne la Gara Marche, il CdS ha annullato la sentenza del TAR favorevole a Vivisol. Come sostenuto dall’AGCM, alcune società (tra cui la stessa Vivisol) – nonostante si fossero pre-qualificate e avessero contribuito attivamente alla definizione dei documenti di gara – si erano accordate sulla mancata partecipazione alla gara bandita da ASUR Marche nel 2010 per la fornitura di servizi di OTD e VTD nelle Marche, al fine di assicurare la proroga dei contratti di fornitura precedentemente sottoscritti, economicamente più favorevoli alle società coinvolte. Il CdS ha respinto la pronuncia del TAR secondo cui la mancata partecipazione delle parti non costituiva una intesa anticoncorrenziale, sulla base – inter alia – del fatto che il TAR non avrebbe tenuto in adeguata considerazione la clausola contenuta nel bando di gara secondo cui “… anche una sola offerta poteva portare all’aggiudicazione del servizio …”. Siffatta clausola, infatti, comportava un rischio elevatissimo per i soggetti partecipanti, la cui sopportazione – secondo il CdS – non trovava altra spiegazione che nella presenza di un coordinamento tra i partecipanti. Come specificato nella sentenza in esame, l’esistenza di un siffatto ‘pericolo’ poteva essere tollerato solo ed esclusivamente tramite l’esistenza di un accordo tra le società interessate volto a garantire che nessuna di queste presentasse effettivamente offerta alcuna. Solo così, infatti, la clausola in questione sarebbe de facto rimasta inutilizzata e l’opera di boicottaggio posta in essere avrebbe avuto reale successo.

In conclusione, le sentenze in commento bene illustrano l’approccio del CdS nell’esaminare sentenze del TAR che annullano (anche solo parzialmente) decisioni dell’AGCM. Infatti, il CdS ha dimostrato di adottare un’analisi attenta e molto critica nei confronti delle pronunce del giudice di prime cure, al fine di verificare la ‘tenuta’ del ragionamento da questo adottato in relazione alle evidenze disponibili.

Luca Feltrin
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Concentrazioni e settore della Grande Distribuzione Organizzata – L’AGCM approva l’acquisizione di diversi punti vendita in Sicilia da parte del Gruppo Arena

Lo scorso 20 dicembre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deliberato l’approvazione dell’operazione relativa all’acquisizione da parte di Fratelli Arena S.r.l. (società soggetta a direzione e coordinamento del Gruppo Arena) di 38 rami di azienda costituiti da 33 supermercati e 5 ipermercati situati in Sicilia (l’Operazione). Più precisamente, l’Operazione consiste nell’acquisizione da parte del Gruppo Arena del controllo esclusivo di tre gruppi di rami d’azienda, rispettivamente da SMA S.p.A., Distribuzione Cambria S.r.l. e Roberto Abate S.p.A. 

L’AGCM ha identificato quali mercati rilevanti del prodotto il mercato dei supermercati (da 400 a 2.499 mq, ossia tutti i supermercati, superette e ipermercati) e il mercato degli ipermercati (superiori a 2.500 mq, ossia ipermercati e grandi supermercati di dimensione pari o superiore ai 1.500 mq). L’AGCM ha individuato l’estensione geografica di detti mercati in curve isocrone di 15 (e non 20, come, invece, ipotizzato nel provvedimento di avvio, nonché in alcune precedenti decisioni) minuti di guida intorno ai punti vendita oggetto dell’acquisizione.

Nel corso dell’istruttoria sono state inviate richieste di informazioni a diversi operatori del settore; inoltre, l’AGCM ha incaricato la società The Nielsen Company S.r.l. di predisporre una ricerca di mercato a campione per la verifica della definizione dei mercati rilevanti, riscontrare le abitudini di consumo rilevanti in tale contesto e raccogliere ogni altra informazione utile ai fini della valutazione dell’Operazione.

Più nel dettaglio, tale ricerca di mercato ha analizzato il grado di sostituibilità tra le diverse tipologie di punti vendita (sia all’interno della Grande Distribuzione Organizzata, anche in relazione alle insegne, sia rispetto ai c.d. discount), nonché l’incidenza (invero, molto limitata in Sicilia) del fenomeno delle vendite online nel settore.

Nonostante il supermercato permanga quale prima scelta da parte dei consumatori (rispetto all’ipermercato, al discount ed alle altre tipologie di punti vendita), dalla ricerca emerge che il rapporto di sostituibilità tra le diverse tipologie di vendita sia di carattere asimmetrico.

Al termine del procedimento, l’AGCM ha ritenuto che l’Operazione fosse suscettibile di creare o rafforzare una posizione dominante in 20 mercati locali (supermercati), con quote di mercato non trascurabili (superiori al 25%, a seconda dei mercati locali interessati).

Pertanto, il Gruppo Arena si è impegnata a dismettere diversi punti vendita; a tal proposito, l’AGCM ha subordinato l’identificazione degli acquirenti (o affittuari) di tali punti vendita al soddisfacimento di alcuni requisiti, tra cui l’indipendenza, la capacità finanziaria, e l’approvazione da parte della stessa AGCM degli accordi di trasferimento dei punti vendita in questione.

L’AGCM non ha, invece, riconosciuto valenza autonoma alle misure di natura comportamentale presentate dal Gruppo Arena, qualificandole come rafforzative dei summenzionati rimedi di natura strutturale.

Complessivamente, la decisione in commento è di particolare interesse con riferimento all’analisi delle abitudini dei consumatori nella valutazione della portata restrittiva delle operazioni di concentrazione. Anche al di là dei casi strettamente relativi alla GDO, la decisione in commento rappresenta una chiara indicazione del fatto che l’Autorità non esiterà – se necessario – a commissionare surveys e ad analizzare in maniera dettagliata la c.d. diversion ratio (ossia gli indici in grado di cogliere gli effettivi rapporti di sostituibilità – e concorrenza reciproca – tra punti vendita inseriti nel medesimo mercato rilevante), senza limitarsi a un’analisi meccanica delle isocrone.

Filippo Alberti
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Legal News / Abuso di posizione dominante e mercato della pubblicità sui motori di ricerca – L’Autorità antitrust francese irroga 150 milioni di multa a Google per mancata trasparenza nelle regole per l’utilizzo di Google Ads

Con il suo comunicato stampa pubblicato in data 20 dicembre 2019, l’Autorité de la concurrence francese (l’Autorità) ha reso noto di aver sanzionato Google per abuso di posizione dominante nel mercato dell’advertising online. Il procedimento che ha condotto alla sanzione ha interessato più nello specifico Google Ads, ossia il servizio della società di Mountain View che permette alle aziende o ai singoli clienti di inserire annunci pubblicitari che vengono visualizzati tra i risultati sponsorizzati del motore di ricerca.

Per poter utilizzare Google Ads, l’inserzionista deve accettare di rispettare una serie di regole definite da Google per la tutela dell’utente finale (le Regole). Ad esempio, vi è il divieto per gli inserzionisti di vendere prodotti o servizi che, di norma, sono gratuiti oppure di presentare all’utente contenuti che diversi da quelli che erano stati sottoposti a Google. Inoltre, viene imposta la massima trasparenza nei confronti dei consumatori al momento dei pagamenti. Nel caso di mancata compliance con le Regole, Google può rifiutare la pubblicità, bloccare il sito o persino sospendere l’account dell’inserzionista che non può più inserire annunci tramite Google Ads.

Secondo quanto riportato l’Autorità, gli elementi dell’istruttoria avrebbero dimostrato che Google aveva tenuto un comportamento vietato dalle norme poste a tutela della concorrenza sotto più aspetti. In primo luogo, la formulazione delle Regole era poco chiara, di difficile comprensione e non basata su definizioni specifiche. Ciò aveva l’effetto di lasciare gli inserzionisti in una situazione di incertezza giuridica ed economica, essendo questi ultimi esposti alla mutevole interpretazione delle Regole da parte di Google (e quindi ad una eventuale sospensione del loro sito o anche del loro account) che non erano in grado prevedere ed evitare. In secondo luogo, proprio alla luce della poca chiarezza delle Regole, secondo l’Autorità, Google le applicava in maniera discriminatoria, sospendendo alcuni siti e lasciando attivi altri, sebbene con contenuti simili. Così, ad esempio, Google aveva temporaneamente sospeso più volte il sito o i siti della società Gibmedia (a seguito della cui segnalazione l’Autorità ha avviato il procedimento) e il suo account di Google Ads, prima di sospenderli definitivamente nel 2015, per violazione di varie Regole, pur mantenendone attivi altri con contenuti comunque simili e, come riporta l’Autorità, addirittura sostenendone lo sviluppo.

Su queste basi, l’Autorità ha imposto a Google una multa di 150 milioni di euro, ordinando alla società, inter alia, di chiarire le Regole per l’utilizzo della sua piattaforma pubblicitaria e le procedure di sospensione degli account e dei siti degli inserzionisti.

La stessa Autorità ha sottolineato come Google abbia attuato queste pratiche anticoncorrenziali, nonostante i numerosi procedimenti antitrust di cui è stata oggetto negli ultimi anni. A tal proposito, si ricorda che la Commissione europea (la Commissione) ha infatti inflitto nei suoi confronti sanzioni per condotte differenti, ma che costituivano comunque un abuso di posizione dominante, nei casi Google Shopping, Google Android e Google Search AdSense (quest’ultimo conclusosi a marzo 2019).

Stante la sinteticità del comunicato stampa, per una piena valutazione del caso in commento sarà necessaria una attenta analisi della decisione quando verrà pubblicata, con particolare riferimento alla ratio decidendi seguita dall’Autorità francese con particolare riferimento all’effetto che tali condotte avrebbero potuto avere sulla concorrenza. La decisone risulta comunque già ora rilevante soprattutto alla luce del recente interesse da parte della Commissione e delle autorità nazionali nei confronti delle piattaforme digitali. A riprova di ciò, in Francia, l’Autorità ha creato un’unità a loro dedicata, attiva da gennaio 2020.

Mila Filomena Crispino
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