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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza EU / Dawn raids e riservatezza dei documenti – La Corte conferma l’irricevibilità di un ricorso avverso una comunicazione non definitiva della Commissione in relazione ad operazioni svolte su documenti riservati

Lo scorso 17 ottobre la Corte di Giustizia dell’Unione europea (la Corte) ha rigettato il ricorso proposto da Alcogroup SA e dalla sua controllata Alcodis SA (congiuntamente, Alcogroup), avverso la sentenza con cui il Tribunale dichiarava irricevibili i ricorsi di Alcogroup diretti all’annullamento, in primo luogo, della decisione C (2015) 1769 del 12 marzo 2015 (la Decisione) della Commissione europea (la Commissione); e, in secondo luogo, della lettera della Commissione dell’8 maggio 2015, indirizzata ad Alcogroup nell’ambito delle indagini AT.40244 e AT.40054 (la Lettera).

Nell’ambito di due procedimenti distinti per accertare la sussistenza di altrettante potenziali intese, la Commissione ha condotto degli accertamenti ispettivi nei locali di Alcogroup. Durante questi accertamenti, è pacifico che la Commissione abbia consultato (pur senza acquisirli) numerosi documenti redatti ai fini della difesa di Alcogroup relativamente al primo procedimento; tali documenti, chiaramente identificati come coperti dal privilegio legale, non sono successivamente stati acquisiti. Ciononostante Alcogroup, sostenendo che la consultazione dei documenti avesse in sé viziato entrambi i procedimenti, ne ha richiesto la sospensione con effetto immediato. La Commissione, peraltro, sostenendo che il mero contrassegnare alcuni documenti non indichi che gli ispettori abbiano deliberatamente consultato e analizzato tutte le parti di tale documento (e.g. gli allegati di email, coperti da segreto professionale), ha declinato di sospendere i procedimenti con la Lettera. Il secondo procedimento è infine sfociato nella Decisione. Il ricorso di Alcogroup avverso Decisione e la Lettera, era già stato dichiarato irricevibile dal Tribunale (già segnalato in una precedente Newsletter).

La Corte ha confermato la qualificazione della Lettera adottata dal Tribunale. Quest’ultima, secondo il Tribunale, è un atto non definitivo, e dunque non idoneo in sé a determinare effetti pregiudizievoli permanenti in capo ad Alcogroup. Pertanto, non può essere oggetto di autonoma revisione. La Corte ha distinto tale situazione da quella, nota, in cui la Commissione esprime, attraverso una decisione o anche attraverso il mero silenzio, una posizione determinata sulla riservatezza di documenti acquisiti, potendosi in questo caso impugnare tale decisione. Nel caso di specie, invece, la Lettera non costituiva una presa di posizione sulla riservatezza dei documenti ma solo un’indicazione (endo-procedimentale) dell’assenza di rilevanza delle azioni compiute dagli ispettori (avere “contrassegnato” alcuni documenti, poi non acquisiti).

La vicenda potrebbe confermare l’interesse della Commissione a non lasciare spazio ad eccezioni infra-procedimentali che possano dilatare inutilmente i tempi della fase istruttoria. Risulterà interessante valutare come questa posizione, ora avallata dalla Corte, influenzerà i diritti di difesa dei soggetti sottoposti a indagini.

Riccardo Fadiga
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Abusi e mercato dei chip per TV e modem – La Commissione europea impone a Broadcom, come misura cautelare, la disapplicazione di alcune clausole contrattuali considerate abusive

Con la decisione dello scorso 16 ottobre – applicando una prerogativa rimasta inutilizzata per oltre 18 anni – la Commissione europea (Commissione) ha imposto a Broadcom Inc. (Broadcom o la Società) – società leader a livello globale nella produzione e commercializzazione di chip per ricevitori televisivi (i cc.dd. ‘set-top-boxes’) e per modem – di disapplicare alcune delle clausole contenute nei contratti conclusi con sei dei suoi più importanti clienti, in quanto considerate lesive del diritto europeo della concorrenza.

Tale decisione è stata emanata al termine di un’istruttoria all’uopo predisposta e conclusasi in data 26 giugno 2019, quando la Commissione ha anche inviato alla società una comunicazione degli addebiti (Comunicazione) tramite cui paventava la possibilità di applicare misure cautelari nei confronti della Società al fine di evitare il realizzarsi di seri danni alla concorrenza all’interno dell’Unione europea. Nella stessa data la Commissione ha anche comunicato a Broadcom l’avvio di un procedimento formale nei suoi confronti e mirato alla individuazione e determinazione di possibili pratiche abusive poste in essere dalla stessa in alcuni mercati ed in relazione ai rapporti contrattuali da questa conclusi. L’emanazione della suddetta Comunicazione va appunto letta alla luce di tale istruttoria, poiché volta a garantire l’effettività della decisione che la Commissione prenderà al termine dell’istruttoria principale – la quale potrebbe richiedere un periodo di tempo ancora relativamente lungo, data la complessità tecnica del settore interessato – ed in cui stabilirà in via definitiva se le pratiche poste in essere da Broadcom siano effettivamente contrarie al dettato normativo dell’articolo 102 TFUE.

Com’è noto, per imporre determinate misure cautelari la Commissione deve previamente effettuare un’analisi dettagliata degli elementi probatori a sua disposizione e dimostrare, in maniera puntuale, l’esistenza sia del c.d. fumus boni iuris (in tal caso, la probabilità fondata dell’esistenza di una violazione del diritto antitrust), sia del periculum in mora (ossia, la necessità di evitare un danno imminente ed irreparabile alla concorrenza). A tal proposito, la decisione della Commissione ha in primis stabilito che la Società risulterebbe, in via preliminare, avere abusato nella propria posizione dominante in tre differenti mercati del prodotto, ossia nei mercati dei cc.dd. ‘systems-on-a-chip’ (per ricevitori televisivi, dei modem della fibra e dei modem xDLS), concludendo contratti con sei dei suoi clienti più rilevanti – produttori a livello globale di ricevitori TV (‘set-top boxes’) e di modem – che presentavano le seguenti clausole contrarie alla normativa antitrust:

• clausole di fornitura esclusiva (o quasi esclusiva) e vantaggi commerciali (come, ad esempio, sconti e altre tipologie di condizioni favorevoli non legate all’elemento di prezzo) a favore del cliente a patto che quest’ultimo acconsentisse a rifornirsi esclusivamente (o quasi) da Broadcom per i prodotti di cui sopra;

• clausole tramite cui Broadcom garantiva ai clienti attivi nel mercato separato dei ‘systems-on-a-chip’ relativi ai modem via cavo delle condizioni contrattuali particolarmente favorevoli a condizione che questi si rifornissero esclusivamente (o quasi) presso la Società per quanto concerne i chip di cui necessitavano.

La Commissione ha quindi ritenuto che permettere la sopravvivenza di tali clausole avrebbe compromesso irrimediabilmente l’efficacia della decisione finale, con effetti immediati sul livello competitivo di tali mercati. Per tali ragioni, la Commissione ha quindi imposto a Broadcom di: i) cessare unilateralmente l’applicazione delle clausole descritte sopra e di informare i propri clienti che queste non saranno più applicate; e ii) evitare di adottare le medesime clausole, o similari, in altri contratti che saranno conclusi con tali clienti in futuro o, comunque, di astenersi dal porre in essere comportamenti che hanno il medesimo effetto sul mercato.

Tale decisione – nei cui confronti Broadcom si oppone fermamente, ritenendo che le clausole oggetto d’analisi non abbiano alcun effetto sulla libertà di scelta dei propri clienti – è di notevole rilevanza, specialmente al fine di interpretare quello che sarà l’approccio della Commissione nel prossimo futuro. Infatti, come sostenuto dalla neo-riconfermata Commissaria alla concorrenza UE, Margrethe Vestager, durante la sua audizione dinnanzi al Parlamento europeo, le misure cautelari rivestiranno un’importanza sempre maggiore in relazione ai mercati tecnologici caratterizzati da un forte dinamismo interno, in quanto strumento fondamentale per assicurare un rispetto effettivo della normativa antitrust.

Luca Feltrin
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Diritto della concorrenza Italia / Abuso di posizione dominante e mercato della vendita di energia elettrica – Il TAR Lazio respinge i ricorsi di Enel S.p.A. e Green Network S.p.A. e accoglie parzialmente quelli di Enel Energia S.p.A. e Servizio Elettrico; accolti invece i ricorsi di Acea S.p.A. e Areti S.p.A.

Con le sentenze del 2 ottobre 2019, il Tribunale Amministrativo Regionale Lazio (TAR Lazio) ha respinto i ricorsi presentati da Enel S.p.A. (Enel) e Green Network S.p.A. (GN) ed ha accolto parzialmente quelli presentati da Enel Energia S.p.A. (EE) e Servizio Elettrico Nazionale S.p.A. (SEN). Il TAR Lazio ha, invece, accolto pienamente i ricorsi presentati da Acea S.p.A. e Acea Energia S.p.A. (Acea) e Areti S.p.A. (Areti).

Le sentenze di cui sopra interessano i provvedimenti con cui, lo scorso 8 gennaio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o Autorità) aveva sanzionato per oltre 93 milioni di euro il Gruppo Enel e per oltre 16 milioni di euro il gruppo Acea per abuso di posizione dominante nei mercati della vendita retail di energia elettrica in cui tali operatori offrono il servizio pubblico di maggior tutela, destinato a venir meno a partire dal 1° luglio 2020 (per più dettagli, si veda la nostra Newsletter del 14 gennaio 2019).

Con le sentenze n. 11960/2019 e n. 11976/2019, il TAR Lazio ha accolto i ricorsi presentati da Acea e Areti affermando che il provvedimento dell’Autorità nei loro confronti risultava nel suo percorso motivazionale “gravemente lacunoso”. Più nello specifico, l’AGCM non è stata in grado di chiarire, né di prospettare a livello presuntivo, in che modo i dati detenuti in via esclusiva da Areti sul posizionamento dei concorrenti nel mercato libero (non indicativi della capacità di attrarre clientela del mercato a maggior tutela) avrebbero potuto essere utilizzati da ACEA per la definizione o il monitoraggio di una strategia per il passaggio della clientela dal mercato a maggior tutela a quello libero. Nell’accogliere i ricorsi, quindi, il TAR Lazio ha evidenziato l’insussistenza delle condotte illecite contestate dall’AGCM, nel suddetto provvedimento sanzionatorio, riconoscendo quindi la totale correttezza dell’operato delle società del Gruppo Acea.

Con le sentenze n. 11954/2019, n. 11957/2019, e n. 11958/2019, invece, il TAR Lazio ha confermato le tesi dell’Autorità secondo cui le società del gruppo Enel avrebbero posto in essere una strategia escludente volta a sfruttare la posizione dominante detenuta nel mercato della vendita retail di energia elettrica a danno dei competitors.

Più nello specifico, in relazione ad Enel, che aveva incentrato la difesa sulla sua estraneità alle condotte tenute da SEN e EE (motivo per cui non ha chiesto la riduzione della sanzione), è infatti necessario sottolineare che il TAR Lazio ha accolto le motivazioni dell’AGCM circa la sua responsabilità non (o almeno non principalmente) in ragione della presunzione semplice in tema di parent company liability, ma in forza di una strategia unitaria volta a far migrare quanti più clienti possibile dalla società operante a maggior tutela (SEN) alla società del mercato libero (EE) in vista del passaggio definitivo verso il nuovo sistema liberalizzato.

Allo stesso tempo, il TAR Lazio ha accolto parzialmente i ricorsi presentati da EE e SEN. Sono stati, infatti, ritenuti fondati i motivi con cui le ricorrenti hanno contestato la quantificazione della sanzione essendo “esorbitante e fondata su parametri illegittimi: la presunta gravità della condotta, la presunta durata dell’abuso, il fatturato considerato.” Di conseguenza, il giudice amministrativo ha imposto all’AGCM di ricalcolare la sanzione secondo nuovi parametri, tra cui la ridotta durata della condotta anticoncorrenziale (come confermato dal TAR Lazio, perdurata dal 2015 al 2017 e non dal 2012).

In ultimo, il TAR Lazio ha respinto il ricorso di GN con cui contestava l’Autorità di non avere tenuto conto delle sue denunce nei confronti delle politiche di winback praticate dal Gruppo Enel.

Si attendono ora gli sviluppi legati all’impugnativa innanzi al Consiglio di Stato, già stata annunciata da Enel.

Filomena Crispino
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Abuso di posizione dominante e settore farmaceutico – L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato avvia un’istruttoria sui prezzi eccessivi di un farmaco per la cura di una malattia ultra-rara

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) con provvedimento dell’8 ottobre 2019 (il Provvedimento) ha deliberato l’avvio di un procedimento nei confronti di alcune società appartenenti al gruppo Leadiant (Leadiant o la Società) per un presunto abuso di posizione dominante sul mercato italiano della produzione e vendita dei farmaci a base di acido chenodesossicolico (CDCA) per la cura di una malattia ultra-rara, la xantomatosi cerebrotendinea (CTX).

L’AGCM ha avviato il procedimento sulla base di una segnalazione di Altroconsumo che denunciava la richiesta ad AIFA da parte di Leadiant di prezzi sproporzionati per l’Acido Chenodesossicolico Leadiant (il Farmaco) ad AIFA. Il Provvedimento da inoltre atto che segnalazioni analoghe sono state ricevute anche dalle autorità della concorrenza in Olanda, Belgio e Spagna.

Nel Provvedimento l’AGCM individua il mercato rilevante interessato dalla condotta asseritamente abusiva sulla base del principio attivo contenuto nel farmaco (livello ATC 5 della Anatomical Therapeutic Classification) e pertanto coincidente con i soli farmaci a base di CDCA. Quanto alla dimensione geografica, il mercato avrebbe dimensione nazionale in ragione delle differenze esistenti tra le politiche sanitarie dei diversi Paesi e i diversi regimi regolatori di accesso al mercato.

L’AGCM ritiene che Leadiant sia dominate su detto mercato in ragione anzitutto di barriere di natura regolatoria. Infatti, la qualificazione – come nel caso di specie – di un farmaco come ‘orfano’, ossia destinato alla cura di patologie tanto rare da non consentire generalmente alle imprese che lo producono la copertura dei costi legata al suo sviluppo, prevede, in ragione della disciplina europea applicabile, che l’impresa produttrice goda di un’esclusiva commerciale della durata di dieci anni. Pertanto, nel caso in parola tale esclusiva impedirà, nel territorio dell’UE, la registrazione di farmaci con la medesima indicazione terapeutica fino al 2027.

Dunque, se da un lato deve escludersi la possibilità che altre imprese farmaceutiche possano concorrere con Leadiant sul mercato interessato, dall’altro l’AGCM nota che l’unica alternativa potenziale al Farmaco è costituita dalle preparazioni galeniche e, in particolare, da quelle realizzate in farmacia sulla base delle indicazioni della Farmacopea europea o di quelle nazionali degli Stati Membri. In Italia tali preparazioni galeniche erano state effettivamente utilizzate per il trattamento dei pazienti affetti da CTX fino al 2016, anno in cui la farmacia ospedaliera che produceva tali preparazioni galeniche ha interrotto l’attività in seguito all’uscita dal mercato della produzione di CDCA del suo fornitore storico.

Nello stesso anno Leadiant ha stipulato con la società P.C.A. S.p.A. (PCA) produttrice di CDCA un accordo di esclusiva in virtù del quale quest’ultima si è impegnata a vendere esclusivamente a Leadiant tale materia prima per la produzione e commercializzazione del Farmaco.

L’accordo di esclusiva stipulato da Leadiant con PCA, pertanto, combinato con l’esclusiva normativa relativamente allo svolgimento dell’attività commerciale derivante dalla qualificazione del Farmaco come orfano “… sembrerebbe impedire ad altri soggetti, potenziali produttori di preparati magistrali a base di CDCA in Italia […] l’accesso alla principale fonte di produzione di materia prima attiva sul mercato, rappresentata da PCA, precludendo l’unico spazio - pur circoscritto - di accesso da parte degli stessi al mercato della produzione e vendita di farmaci contenenti tale principio attivo …”.

L’AGCM censura quindi la condotta di Leadiant, ritenendola parte di una strategia volta ad ottenere un prezzo di vendita molto alto per la vendita del Farmaco in Italia “… nella consapevolezza che sul mercato […] non vi possono essere altri farmaci sostituibili …”. Tale ampia strategia includerebbe, infatti, anche una condotta dilatoria e ostruzionistica tenuta dalla Società in occasione delle negoziazioni con AIFA, così da costringere quest’ultima ad accettare per il Farmaco una proposta di prezzo che essa ritiene “… ingiustificata sotto il profilo dei costi e della domanda potenziale …”.

A tre anni dal caso Aspen l’AGCM torna ad occuparsi, nuovamente con riferimento al settore farmaceutico, della fattispecie dell’abuso di posizione dominate sub specie di prezzi eccessivi, confermando così una particolare sensibilità in relazione ad un settore ed una fattispecie che presentano risvolti particolarmente significativi anche alla luce dei primari interessi in gioco. Resta ora da vedere se le valutazioni contenute nel Provvedimento saranno confermate anche ad esito dell’istruttoria.

Roberta Laghi
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Abusi e settore delle manifestazioni equestri – L’AGCM sanziona la Federazione Italiana Sport Equestri (FISE) per inottemperanza agli impegni ed abuso di posizione dominante

Con il provvedimento pubblicato il 16 ottobre scorso, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha accertato (i) il mancato rispetto degli impegni resi obbligatori con provvedimento del giugno 2011 e (ii) l’abuso di posizione dominante da parte della Federazione Italiana Sport Equestri (FISE) per aver posto in essere una strategia escludente volta a precludere agli Enti di Promozione Sportiva (EPS), associazioni e società sportive concorrenti, la possibilità di competere nell’organizzazione di manifestazioni e gare equestri amatoriali, con particolare riferimento alle specialità Attacchi e Salto a Ostacoli.

FISE è un’associazione riconosciuta dal CONI avente lo scopo di promuovere e disciplinare l’attività equestre in Italia. Con il provvedimento dell’8 giugno 2011, l’AGCM ha imposto a FISE degli impegni finalizzati a impedire che questa, abusando dei suoi poteri regolatori, limitasse lo svolgimento di manifestazioni ed attività equestri sia tramite condotte poste in essere nei confronti di associazioni concorrenti, sia attraverso l’applicazione nei confronti dei propri tesserati o affiliati di disposizioni statutarie federali che avrebbero impedito a tali soggetti di aderire ad altre associazioni che svolgevano attività ludica o sportiva nel campo degli sport equestri. In base agli impegni, l’attività equestre non sarebbe più stata di esclusiva competenza della FISE, se non nelle ipotesi in cui tale attività fosse svolta a livello agonistico in ambito CIO/FEI. In altre parole, FISE si impegnava a permettere il libero svolgimento delle attività equestri in forma amatoriale.

A discapito degli impegni, a partire dal luglio 2017, FISE ha ristretto il perimetro dell’attività amatoriale mediante l’adozione di nuovi regolamenti maggiormente restrittivi, l’invio di lettere di diffida a EPS e, in generale, a operatori del settore, e la mancata stipula di convenzioni con gli EPS e le altre società ed associazioni sportive. Secondo l’AGCM, FISE avrebbe pertanto violato gli impegni assunti poiché ha preteso di stabilire le regole dello svolgimento dell’attività amatoriale, limitando fortemente l’ambito di operatività dei propri concorrenti e ampliando la propria sfera di attività.

In parallelo, l’AGCM ha altresì accertato un abuso di posizione dominante da parte di FISI. L’AGCM ha dapprima accertato la posizione dominante di FISE sul mercato dell’organizzazione di eventi sportivi equidi essenzialmente in virtù delle sue prerogative regolatorie che le consentono di determinare le condizioni a cui altre imprese possono accedere al mercato e svolgervi le loro attività. L’AGCM ha ritenuto che gli stessi comportamenti di FISE che hanno determinato l’inottemperanza agli impegni assunti abbiano integrato anche una fattispecie di abuso escludente nella misura in cui hanno ostacolato o limitato l’accesso al mercato dell’organizzazione di manifestazioni equestri a soggetti terzi rispetto a FISE.

Nella motivazione, l’AGCM si è limitata a richiamare la decisione della Commissione Europea AT 40208 International Skating Union, che ha confermato il principio secondo cui le regole sportive dalle federazioni sono soggette alle regole della concorrenza dell’UE – quando il soggetto in questione esercita un’attività economica – e le norme sportive devono perseguire un obiettivo legittimo ed essere proporzionate. Nel caso in esame, l’AGCM ha ritenuto che le giustificazioni di FISE, inerenti alla necessità di garantire la sicurezza di una disciplina sportiva particolarmente pericolosa fossero pretestuose, dal momento che FISE e gli EPS sono tenuti al rispetto delle medesime norme.

Nel contesto della quantificazione della sanzione, l’AGCM ha qualificato il mancato rispetto degli impegni, finalizzati ad assicurare lo svolgimento di attività amatoriale in ambito equestre, e l’abuso accertato nei confronti delle organizzazioni concorrenti di FISE, come violazioni gravi del diritto della concorrenza. In maniera quantomeno poco lineare, alla luce dell’asserita gravità delle infrazioni, l’importo base della sanzione è stato determinato sulla base di una percentuale pari a solo il 5% del valore dei ricavi rilevanti. Inoltre, dal momento che la medesima condotta ha generato due infrazioni distinte, l’AGCM ha applicato i principi relativi al cumulo giuridico stabiliti dall’articolo 8 della legge n.689/81, secondo cui, se una azione o una omissione viola diverse disposizioni per le quali è prevista l’applicazione di sanzioni amministrative, si applica la “sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata fino al triplo”. L’AGCM ha deciso pertanto di incrementare la sanzione del 72%, fissandola nella misura di circa 450 mila euro.

Del provvedimento in esame si nota, in particolare, la peculiarità della motivazione relativamente al calcolo della sanzione finale, non essendo chiare le ragioni che hanno portato l’AGCM a determinare l’importo base della sanzione applicando il 5% al valore delle vendite dei beni a cui si riferiva l’infrazione e ad incrementare la sanzione esattamente del 72% in ragione del cumulo giuridico.

Luigi Eduardo Bisogno
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