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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Piattaforme online e servizio di intermediazioni di alloggi a breve termine – Secondo l’avvocato generale Szpunar il servizio fornito da Airbnb costituisce un servizio della società dell’informazione

L’avvocato generale Szpunar (AG) si è pronunciato nell’ambito del rinvio pregiudiziale proposto dal Tribunale di primo grado di Parigi, avanti al quale si contestava alla società Airbnb Ireland UC (Airbnb) la violazione della c.d. “legge Huguet” che disciplina i requisiti per l’esercizio dell’attività di agente immobiliare in Francia. Nelle sue conclusioni, presentate il 30 aprile 2019, l’AG ha affrontato la questione giuridica oggetto del rinvio, ossia se le prestazioni fornite in Francia da Airbnb mediante una piattaforma elettronica gestita dall’Irlanda godano della libertà di prestazione di servizi prevista dalla direttiva sul commercio elettronico, i.e. la direttiva 2000/31/CE.

L’analisi della questione impone anzitutto di verificare se l’attività fornita da Airbnb possa essere qualificata come un servizio della società dell’informazione ai sensi della definizione contenuta nella direttiva 2015/1535/UE, che individua come tale il servizio che sia prestato a titolo oneroso, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale del destinatario. L’AG riconosce che l’elemento dell’onerosità e della prestazione su richiesta individuale del destinatario sono chiaramente riferibili all’attività di Airbnb. Al contempo, però, con riferimento agli altri due requisiti – considerato che il servizio di intermediazione della piattaforma sfocia comunque nell’uso di un alloggio, componente non elettronica del servizio fornito da Airbnb – occorre valutare se il servizio di Airbnb possa effettivamente dirsi fornito a distanza, senza la presenza simultanea delle parti e interamente mediante dispositivi elettronici.

Per risolvere tali questioni l’AG ricorre ai criteri enucleati dalla Corte di Giustizia dell’UE (CdG) nel caso Asociación Profesional Elite Taxi per verificare se un servizio fornito per via elettronica, il quale, considerato isolatamente, corrisponda a priori alla definizione di ‘servizio della società dell’informazione’, sia separabile o meno da altri servizi a contenuto materiale allo stesso correlati. Sulla base di tali criteri, ritenuti soddisfatti nel caso citato, la CdG aveva ritenuto che il servizio di intermediazione erogato da Uber dovesse essere considerato indissolubilmente legato a un servizio di trasporto e pertanto non potesse essere qualificato come un servizio della società dell’informazione.

Nel caso di Airbnb, invece, ad avviso dell’AG, nessuno dei due criteri sarebbe soddisfatto.

In particolare, il criterio della creazione di un’offerta di servizi non sarebbe soddisfatto, in quanto il mercato degli alloggi brevi esisteva ben prima dell’inizio delle attività di Airbnb e i locatori possono comunque rivolgersi ai canali tradizionali per offrire i loro beni. I servizi di alloggio, pertanto, non sono indissolubilmente legati al servizio fornito da Airbnb in quanto possono essere forniti indipendentemente da detto servizio. L’AG ritiene tuttavia l'elemento decisivo sia quello relativo al criterio relativo al controllo esercitato dall’operatore sulle condizioni della prestazione dei servizi a contenuto materiale. Sul punto, la circostanza che Airbnb non eserciti un controllo su tutti gli aspetti economicamente rilevanti del servizio di alloggio di breve durata (ubicazione degli alloggi e loro standard, prezzo, condizioni di locazione e condizioni di cancellazione, in quanto, con riguardo a queste  ultime Airbnb si limita a predefinire le opzioni disponibili, mentre la decisione finale spetta comunque al locatore) ha portato l’AG a concludere nel senso che il servizio elettronico fornito da Airbnb non soddisfa il criterio relativo all’esercizio del controllo dei servizi a contenuto materiale.

Secondo l’AG, le medesime considerazioni si applicano anche con riferimento ad altri servizi accessori forniti da Airbnb (servizi di fotografia, assicurazioni e garanzia per danni) che, in quanto facoltativi, sono separabili dal servizio fornito per via elettronica.

L’AG conclude suggerendo alla CdG di rispondere alla questione pregiudiziale nel senso che “…un servizio consistente nell’intermediazione, tramite una piattaforma elettronica, tra potenziali locatari e locatori che offrano prestazioni di alloggio di breve durata, in una situazione in cui il prestatore del servizio medesimo non eserciti un controllo sulle modalità essenziali delle prestazioni fornite, costituisce un servizio della società dell’informazione…”. Da tale conclusione deriverebbe per Airbnb la possibilità di beneficiare delle libera circolazione dei servizi dell’informazione tutelata dalla direttiva sul commercio elettronico.

Dalle conclusioni in commento emerge come, nel settore delle piattaforme digitali, pur a fronte di alcuni elementi comuni, le peculiarità delle singole piattaforme siano da valorizzare ai fini della loro qualificazione giuridica che, pertanto, esige una valutazione caso per caso. Tale valutazione, peraltro, sembrerebbe avere esiti non scontati, come confermerebbero le pronunce adottate nei confronti di Uber e ora, ove le conclusioni dell’AG venissero confermate dalla CdG, di Airbnb.

Roberta Laghi
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Rapporti fra diritto comunitario e nazionale – Le conclusioni dell’avvocato generale sui rapporti tra pronunce in via pregiudiziale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e i giudizi nazionali

Lo scorso 30 aprile, l’Avvocato Generale (AG) Michal Bobek ha presentato le proprie conclusioni generali  (Conclusioni) nella causa C-260/17 relativa, in particolare, alle conseguenze della pronuncia resa in via pregiudiziale dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CdG) nell’ambito di un articolato giudizio incardinato in Ungheria.

La vicenda trae origine dalla previsione (contenuta nell’invito a manifestazione di interesse) relativa al requisito di un bilancio in positivo in almeno due degli ultimi tre anni di esercizio quale criterio per la partecipazione ad una gara per l’aggiudicazione di un appalto pubblico per la realizzazione di lavori infrastrutturali in un porto commerciale ungherese. La società Hotchief Ungheria, non avendo potuto partecipare alla gara per mancato soddisfacimento di detto requisito, aveva agito in giudizio (avviando un’assai complessa catena di giudizi, qualificata dall’AG come “tri-ciclica”) sostenendo che tale criterio economico fosse discriminatorio, essendo inidoneo a riflettere la capacità finanziaria dei candidati.

L’oggetto del rinvio ruota essenzialmente intorno alla possibilità per i giudici nazionali, ai sensi del diritto dell’Unione, di non dare esecuzione ad una pronuncia pregiudiziale della CdG. Infatti, la CdG, in via pregiudiziale, aveva stabilito che un criterio di capacità economica e finanziaria quale quello in questione non fosse di per sé illegittimo purché, oltre che non sproporzionato rispetto all’obiettivo perseguito, fosse oggettivamente idoneo a fornire le informazioni necessarie al riguardo circa i partecipanti alla gara. Nonostante tale pronuncia, la corte suprema ungherese non aveva proceduto ad esaminare tale oggettiva idoneità, come richiesto dalla CdG astenendosi da compiere valutazioni in tal senso ovvero formulare un nuovo quesito pregiudiziale.

Sul punto, l’AG chiarisce che laddove la CdG rinvii al giudice nazionale una valutazione oggettiva dei fatti sulla base dei chiarimenti formulati dalla stessa CdG, ciò debba avvenire, indipendentemente dal fatto che tale giudice abbia la competenza “diretta” per riesaminare la questione o che si tratti di un giudice d’appello o di ultima istanza (che, pertanto, dovrà rinviare all’autorità amministrativa o giudiziaria competente o procedere a tale valutazione), anche eventualmente disapplicando il diritto nazionale, ove necessario, al fine di dare corretta applicazione della pronuncia pregiudiziale della CdG.

Le Conclusioni affrontano, altresì, la questione relativa alla possibilità/necessità di azionare strumenti procedurali di riesame (previsti dal diritto nazionale) nel caso in cui i giudici non si siano conformati ad una pronuncia resa pregiudizialmente dalla CdG. A tal proposito, l’AG ritiene che, ai sensi del diritto dell’Unione, non sussista propriamente un obbligo di revisionare una decisione giudiziaria che non abbia debitamente tenuto in conto di una sentenza pregiudiziale della CdG (paradossalmente, anche qualora ciò significasse rimediare ad una incompatibilità proprio rispetto al diritto europeo); tuttavia, ciò diventa necessario laddove il diritto nazionale preveda un apposito mezzo di riesame, come nel caso di specie.

Al riguardo, l’AG si è soffermato sulle eventuali responsabilità in capo agli Stati membri derivanti da decisioni assunte dai giudici nazionali in caso di mancata conformità ad una pronuncia pregiudiziale della CdG, ripercorrendo, in particolare, le tre condizioni sancite dalla giurisprudenza comunitaria in materia discendente dal caso Kobler, ossia, (i) che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, (ii) che si tratti di una violazione grave e manifesta e (iii) che sussista un nesso causale tra la violazione dell’obbligo incombente sullo Stato e il danno subito dai soggetti lesi; tali condizioni possono, tuttavia, essere derogate laddove uno Stato membro decidesse di stabilire condizioni meno restrittive. Spetta, comunque, al giudice nazionale accertare se l’inadempienza del giudice a quo  possa essere considerata alla stregua di una decisione adottata ignorando manifestamente o applicando in maniera totalmente infondata e illegittima la giurisprudenza della CdG.

Filippo Alberti
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Diritto della concorrenza Italia / Abuso di posizione dominante e settore del trasporto pubblico locale – L’AGCM conferma il principio secondo cui il concessionario deve fornire tutte le informazioni necessarie richiestegli dall’ente pubblico che intende sottoporre il servizio a procedura di gara

Con la decisione pubblicata lo scorso 29 aprile, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o l’Autorità) ha sanzionato la società SAD – Trasporto Locale S.p.A. (SAD o la Società) per un ammontare complessivo di €1.147.275 per aver posto in essere una condotta abusiva della propria posizione di dominanza nel mercato del trasporto pubblico locale di passeggeri su gomma (TPL) all’interno del territorio geografico della Provincia Autonoma di Bolzano (PAB o la Provincia), in violazione dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

In particolare, ad avviso dell’Autorità, in un mercato come quello in questione i cui servizi sono attualmente eserciti da 21 diversi concessionari – tra i quali figurano la stessa SAD, SASA S.p.A. e il Consorzio LiBus (composto da 19 società) – la Società avrebbe posto in essere una condotta abusiva di natura continuata volta ad impedire (o, comunque, ritardare) l’avvio, da parte della PAB, delle procedure amministrative necessarie e propedeutiche alla predisposizione della documentazione tecnica della procedura di gara per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale su gomma nel summenzionato territorio. In particolare, SAD si sarebbe inizialmente rifiutata di fornire le informazioni richiestele dalla Provincia di Bolzano (come detto, indispensabili per la summenzionata attività preparatoria) e, solo in un secondo momento, avrebbe acconsentito a comunicarle, in maniera, tuttavia, dilatoria e (almeno in prima istanza) incompleta. Così facendo, come rilevato dall’AGCM al termine dell’istruttoria, SAD avrebbe de facto ritardato sensibilmente  l’attività di preparazione della summenzionata procedura pubblica e, conseguentemente, la pubblicazione del bando di gara da parte di PAB, arrecando, così, un danno non solo ai potenziali concorrenti ma anche, in ultima analisi, ai consumatori finali.

Per meglio comprendere la ratio sottesa alla sopra-descritta condotta abusiva, è necessario ripercorrere brevemente la modalità di assegnazione dei suddetti servizi fino al giugno 2018 (mese in cui la Provincia di Bolzano è stata in grado di pubblicare il summenzionato bando di gara). I fornitori di tali servizi erano, infatti, affidatari diretti delle concessioni inizialmente stipulate nel 1985 (SAD addirittura dal 1966) e poi successivamente rinnovate nel tempo fino al novembre 2018. Ciascuna delle suddette concessioni includeva un determinato numero di linee di trasporto passeggeri che coprivano tutto il territorio dell’Alto Adige. Tramite l’adozione del nuovo sistema di assegnazione, entrato in vigore nel giugno 2018, la PAB – al fine di aumentare la qualità e l’efficienza dei servizi stessi – ha suddiviso il territorio interessato in quattro bacini territoriale (o “lotti”), assegnabili, per l’appunto, tramite gara pubblica. Così facendo, quindi, la Provincia ha voluto aprire il mercato interessato alla concorrenza ad imprese non solo locali, ma anche nazionali e straniere.

Per poter dare tempestivo avvio alle suddette procedure amministrative per la gara in questione, la PAB ha richiesto determinate informazioni agli attori attivi nel mercato e, in particolare, a SAD, la quale – in quanto incumbent, essendo monopolista legale e, pertanto, dominante sul mercato – deteneva le informazioni sensibilmente più rilevanti al fine di meglio definire le particolarità tecniche dei suddetti elaborati di gara. Al contrario delle altre società che sembrerebbero aver risposto prontamente alle richieste di informazioni ricevute, SAD si è, in primis, rifiutata di farlo e, solo in seconda battuta, ha fornito i dati richiesti con notevole ritardo.

Ad avviso dell’Autorità, attraverso tale condotta, SAD avrebbe provato ad ostacolare la decisione della PAB non solo di introdurre lo strumento della gara pubblica quale modalità di assegnazione delle concessioni ma anche di suddividere il territorio altoatesino in diversi bacini. Come sostenuto dall’Autorità nella decisione oggetto del presente commento, SAD non avrebbe, tra l’altro, addotto giustificazioni oggettive al rifiuto e al ritardo nella trasmissione delle informazioni richieste. A tal proposito, in particolare, l’Autorità ha ribadito il principio – oramai consolidato in giurisprudenza – secondo cui il concessionario in via esclusiva di un determinato servizio pubblico locale (come SAD) “…è tenuto, ai sensi dell’art. 102 TFUE, a fornire tutte le informazioni richieste dall’Ente che intende mettere a gara detto servizio”. Peraltro, l’AGCM, pur riconoscendo l’esistenza di un obbligo inderogabile in capo all’ente pubblico coinvolto di tutelare la riservatezza dei dati forniti dal concessionario, ha chiarito che tale diritto alla riservatezza non possa essere utilizzato quale ‘scudo’ dietro cui giustificare un siffatto rifiuto (o ritardo).

Alla luce di quanto sopra, è ragionevole attendersi il ricorso da parte della Società dinnanzi al TAR Lazio per l’annullamento della decisione in esame. In ogni caso, provvedimento in commento conferma il ruolo chiave svolto dal diritto antitrust, ed in particolare del divieto di abuso di posizione dominante, per garantire che la concorrenza per il mercato possa essere assicurata con particolare riferimento agli specifici obblighi informativi (pre-gara) risiedenti in capo al concessionario uscente.

Luca Feltrin
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Intese verticali e società di radiotaxi – Il TAR accoglie i ricorsi avverso i provvedimenti con cui l’AGCM aveva dichiarato che gli obblighi di non concorrenza nei rapporti tra gli operatori di radiotaxi ed i tassisti stessi costituissero una restrizione della concorrenza

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR) con 5 sentenze sostanzialmente analoghe, pubblicate lo scorso 29 aprile, ha accolto i ricorsi proposti da Taxiblu – Consorzio Radiotaxi satellitare Società Cooperativa (Taxiblu), nonché da Radiotaxi 3570 Società Cooperativa (Radiotaxi 3570), Yellow Tax Multiservice S.r.l. (Yellow Tax), Società Cooperativa Samarcanda a r.l. (Samarcanda), Autoradiotassì - Società Cooperativa a r.l. (Autoradiotassì), per l’effetto annullando nella misura in cui si riferivano alle ricorrenti i due provvedimenti con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva imposto a giugno 2018  a queste società cooperative di gestione di radiotaxi di Milano e Roma (nonché alla società Cooperativa Pronto Taxi 6645 – Società Cooperativa (Pronto Taxi 6645))  l’adozione di misure idonee ad eliminare le intese restrittive della concorrenza da queste poste in atto (i Provvedimenti).

Con i due provvedimenti in discorso, l’AGCM aveva accertato che la previsione, negli atti che disciplinano i rapporti tra le predette società e i tassisti aderenti, di clausole che individuano specifici obblighi di non concorrenza, costituisse un’infrazione del divieto di intese restrittive della concorrenza previsto dall’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), e che avesse avuto un effetto restrittivo della concorrenza tale da ostacolare o precludere l’accesso al mercato rilevante di imprese concorrenti, ed in particolare di Mytaxi Italia S.r.l. (Mytaxi), società dalla cui denuncia aveva avuto origine l’indagine dell’AGCM.

Il TAR ha rilevato che la struttura argomentativa impiegata dall’AGCM non chiarisse efficacemente le caratteristiche strutturali dell’intesa, in particolare riconducendo il rapporto tra singoli tassisti e operatore di riferimento ad una pluralità di intese verticali sulla mera base dell’esistenza delle clausole di non concorrenza, e così tralasciando completamente di addurre la necessaria dimostrazione dell’esistenza di una rete parallela di accordi e della sussistenza di una effettiva comunanza di interessi in capo agli operatori ai diversi livelli della catena produttiva. Inoltre, il TAR ha considerato contraddittori o in ogni caso non convincenti sia (i) numerosi snodi argomentativi dell’AGCM, a partire dalla qualificazione dei tassisti come parte dell’intesa e allo stesso tempo come danneggiati dall’intesa stessa, in modo “antitetico” rispetto al “concetto stesso” di intesa, sia (ii) l’accertamento istruttorio concretamente svolto.

Inoltre, il TAR ha dichiarato che l’asserito danno concorrenziale, non consistente nella preclusione a MyTaxi dell’ingresso sul mercato, bensì meramente nelle limitazioni frapposte alla crescita di cui MyTaxi aveva potuto godere (inferiore alle proprie aspettative), esuli in realtà dall’ambito di vigilanza dell’AGCM; i giudici amministrativi hanno infatti ritenuto che il Provvedimento risultasse essere frutto di una “deviazione dalla funzione tipica del provvedimento antitrust”, sconfinando in “un’attività latu sensu regolatoria”.

Le sentenze in discorso, avendo “smantellato” in modo sistematico i Provvedimenti, anche attraverso argomentazioni invero insolite nel panorama giurisprudenziale relativo alle intese verticali, risultano essere certamente interessanti, nonché potenziali fonti di ulteriori elaborazioni teoriche generali in sede eventuale di ulteriore impugnazione.

Resta infine da vedere quale possa essere l’impatto di questo contenzioso sui procedimenti in corso dell’AGCM relativi a pratiche simili asseritamente poste in essere altresì nelle città di Napoli e Torino.

Riccardo Fadiga
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Tutela del Consumatore / Giustizia amministrativa e comparatori turistici online – Il TAR Lazio annulla i provvedimenti a carico di diversi operatori riconoscendo in particolare l’illegittimità della contestata ‘credit card surcharge’

Con le sentenze nn. 5524, 5360 e 5361 pronunciate in data 29 aprile e 2 maggio, il TAR Lazio ha annullato parzialmente i provvedimenti, con cui l’AGCM aveva concluso diversi procedimenti istruttori in materia di pratiche commerciali scorrette nei confronti di imprese che operano come agenzie e comparatori turistici online attraverso i siti www.opodo.it, www.govolo.it, www.edreams.it, nella parte in cui veniva a queste contestata una asserita violazione dell’art. 62 del Codice del Consumo relativo al cd. ‘credit card surcharge’ (CCS).

Prima di entrare nel merito della pronuncia, preme chiarire che l’AGCM aveva contestato diverse condotte agli operatori in questione, tra cui l’asserita presentazione di informazioni non sufficientemente trasparenti e di immediata comprensione per i consumatori in merito all’identità ed alle responsabilità del soggetto che offre il servizio di intermediazione,   all’identità della piattaforma per le prenotazioni alberghiere e, in alcuni casi, la previsione di un numero per l’assistenza telefonica post-vendita a tariffazione maggiorata. Con riferimento al CCS, le contestazioni dell’AGCM hanno riguardato l’asserita applicazione di un supplemento di prezzo in relazione alla tipologia di carte di pagamento utilizzate per l’acquisto di voli. Ciò, era la tesi dell’AGCM, in quanto era inserito di default, nella schermata rilevante, il prezzo corrispondente ad un eventuale acquisto con lo strumento di pagamento “più economico” e l’importo così prospettato sarebbe invece stato incrementato se il consumatore avesse optato di pagare con una carta di credito diversa. Per maggiori dettagli si rimanda alla newsletter del 22 gennaio 2018.

Sul punto il TAR, avallando in toto le tesi prospettate dai ricorrenti, ha ritenuto che la condotta realmente censurata dall’AGCM, al di là della formale qualificazione giuridica datane, non può essere considerata una CCS ma al più una possibile omissione delle informazioni rilevanti sul prezzo offerto di default (c.d. price display). Al riguardo, sebbene l’AGCM formalmente contestava al professionista una CCS), in realtà essa ha offerto elementi a supporto della diversa tesi del c.d. price display.

Secondo l'accertamento del TAR, emerge quindi una palese contraddittorietà in quanto l’AGCM avrebbe contestato una pratica, i.e. il CCS  (in base all’art. 62 del Codice del Consumo), diversa da quella che emerge dalle risultanze istruttorie e dal corredo motivazionale dei provvedimenti, ossia la eventuale violazione dell’art. 22 del Codice del Consumo.

Giunto alla suddetta conclusione, il giudice di prime cure ha quindi ritenuto di assorbire anche le censure relative alla violazione del principio del legittimo affidamento in quanto la stessa AGCM in precedenti provvedimenti aveva esplicitamente approvato l’attuale conformazione  del price display dei siti delle tre società ricorrenti.

Alla luce di tali elementi, il TAR ha pertanto annullato la sanzione irrogata con riferimento al CCS, pari rispettivamente per Go Voyages a 245.000 euro, per eDreams a 290.000 euro e per Opodo a 55.000 euro.

Gloria Panaccione