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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza Italia / Concentrazioni e settore dell’occhialeria – L’AGCM ha avviato un procedimento istruttorio sull’acquisizione di Barberini S.p.A. da parte del gruppo Luxottica

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha aperto un’istruttoria per verificare l’impatto sulla concorrenza della possibile acquisizione dell’intero capitale sociale di Barberini S.p.A. (Barberini), una società attiva principalmente nella produzione e vendita di lenti in vetro di alta qualità non graduate per la protezione solare, da parte di Luxottica Group S.p.A. (Luxottica). L’operazione in parola (l’Operazione) già prevedeva, in anticipazione di possibili criticità antitrust, che Luxottica, per un periodo di cinque anni, avrebbe, tra le altre cose, mantenuto Barberini e le sue attività separate rispetto alle società di Luxottica, permettendo inoltre a Barberini di rinnovare alle medesime condizioni i contratti in essere ai clienti attuali che ne facessero richiesta, nonché di mantenere separata la propria contabilità.

La necessità di svolgere un’analisi più approfondita dell’Operazione è strettamente connessa alla necessità di verificare gli effetti della stessa alla luce della corretta definizione dei mercati interessati. In particolare, secondo l’AGCM l’Operazione interessa i mercati della: (i) produzione e distribuzione all’ingrosso di occhiali da sole; (ii) produzione e distribuzione all’ingrosso di lenti finite da protezione solare in versione c.d. plano (lenti plano); (iii) produzione e distribuzione all’ingrosso di sbozzi in vetro per lenti plano; e della (iv) produzione e distribuzione di lenti oftalmiche.

Con riferimento al (i) mercato della produzione e distribuzione all’ingrosso di occhiali da sole, il provvedimento di avvio evidenzia che Luxottica è attiva nella produzione sia di montature, sia di lenti, rivolgendosi a terzi solo per alcune componenti specifiche e/o quando il fabbisogno ecceda la capacità di produzione. L’AGCM ha rilevato che in alcuni precedenti in materia è stata considerata la possibilità di segmentare il mercato in base al livello di prezzo (base/lusso), al marchio (branded/unbranded) o allo stile dell’occhiale (classico/sportivo etc.). Inoltre, l’AGCM si è soffermata sul grado di sostituibilità tra gli occhiali dal sole con lenti in vetro e quelli con lenti in plastica (di più facile ed economica lavorazione) sottolineando come potrebbero essere prodotti scarsamente sostituibili, in forza della differenza di prezzo e delle caratteristiche del prodotto in termini di trasparenza, nitidezza e resistenza, elementi che secondo l’AGCM facilmente influenzano i comportamenti d’acquisto dei consumatori. La questione relativa all’esatta definizione del mercato dal punto di vista del prodotto è dirimente nel caso di specie, nella misura in cui Luxottica, considerando anche le quote di Essilor – con la quale come è noto vi è un processo di fusione in via di perfezionamento – possiede una quota tra il 40% e il 45% a livello europeo, quota che tuttavia aumenterebbe sensibilmente qualora si considerasse il mercato degli occhiali da sole con lenti in vetro come un mercato rilevante distinto. Barberini è attiva nel suddetto mercato con una quota de minimis inferiore all’1%. L’AGCM ha inoltre rilevato che la dimensione geografica del mercato in questione è comunitaria.

Con riferimento invece al (ii) mercato della produzione e distribuzione all’ingrosso di lenti finite per la protezione solare (c.d. lenti plano), l’AGCM rileva che anche in questo caso le lenti possono essere in vetro o in plastica. Sebbene Luxottica sostenga che vi sia un’ampia sostituibilità tra le due tipologie di prodotti, anche con riferimento a marchi iconici, e considerando l’aumento dell’utilizzo delle lenti in plastica, altri operatori hanno tuttavia sostenuto il contrario. Infatti, per la produzione di lenti in vetro sarebbero richiesti un diverso know how e investimenti specifici, tali da generare significative barriere all’ingresso. Inoltre, gli operatori sottolineano il ruolo leader di Barberini, che in ragione della qualità del prodotto e della capacità produttiva disponibile costituirebbe un interlocutore imprescindibile. Con riferimento al mercato – anch’esso di dimensione comunitaria – nella sua più ampia accezione, la quota congiunta di Luxottica, Essilor e Barberini raggiunge il 60-65% a livello europeo, percentuale che crescerebbe fino a circa l’85% qualora le lenti in vetro venissero considerate come un unico mercato distinto.

Meno rilevanti, in termini di possibili impatti sulla concorrenza, sono (iii) e (iv) i mercati della produzione e distribuzione di lenti semilavorate, che tuttavia l’AGCM si riserva di esaminare accuratamente per valutare se è opportuno segmentarlo ulteriormente in base all’utilizzo finale delle lenti (occhialeria, dispositivi medici etc.), e il mercato delle lenti oftalmiche, che servono a porre rimedio a difetti visivi, nel quale Barberini e Luxottica hanno quote minimali.

In considerazione di quanto sopra, l’AGCM ha sottolineato come l’acquisizione di Barberini da parte di Luxottica determinerebbe un rafforzamento della posizione di quest’ultima quale unico operatore verticalmente integrato presente in tutti i livelli della filiera della produzione e vendita di occhiali da sole. Inoltre, l’Operazione produrrebbe una sovrapposizione orizzontale dell’attività delle parti coinvolte soprattutto con riferimento al mercato della produzione e distribuzione all’ingrosso di lenti plano, dove Essilor e Barberini sono attive con quote rilevanti (come indicato sopra). Dal punto di vista verticale invece, rileva l’AGCM che se si dovesse considerare l’accezione più ristretta dei mercati, l’Operazione potrebbe dar vita a possibili effetti escludenti. Questi sono connessi da un lato alla possibilità che Luxottica possa precludere a produttori concorrenti di occhiali l’accesso alle lenti plano finite e/o alle lenti semilavorate, poiché la capacità di Barberini potrebbe essere utilizzata esclusivamente per soddisfare le esigenze di Luxottica (input foreclosure). Dall’altro, vi è la possibilità che Luxottica decida di fornirsi di lenti semilavorate esclusivamente presso Barberini, privando altri fornitori di un importante cliente (customer foreclosure).

Per tali motivi, l’AGCM ha deliberato l’avvio dell’istruttoria in oggetto al fine di compiere accertamenti più specifici sulla natura e la dimensione dei mercati interessati, così da poter valutare l’effettiva esposizione ai rischi di foreclosure che l’Operazione potrebbe generare.

Leonardo Stiz
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Legal News / Intese restrittive e algoritmi – La CMA pubblica un report sull’utilizzo degli algoritmi

L’8 ottobre scorso la Competition & Markets Authority (CMA), l’autorità antitrust inglese, ha pubblicato uno studio sul possibile impatto che l’utilizzo di algoritmi può avere sul coordinamento tra imprese e sul fenomeno dei c.d. prezzi personalizzati (il Report). Con il Report, la CMA ha voluto presentare lo stato dell’arte degli studi relativi ai c.d. pricing algorithms (ossia quegli algoritmi utilizzati per determinare il pricing dei prodotti), evidenziando le problematiche di natura concorrenziale che possono emergere dal loro utilizzo. Come ricordato dalla stessa CMA, lo studio in commento si inserisce nell’acceso dibattito che si è sviluppato negli ultimi anni in merito al ruolo degli algoritmi (soprattutto nell'ambito mercati online).

In primo luogo, la CMA ricorda come già da tempo gli algoritmi vengono utilizzati, soprattutto sulle piattaforme online, per determinare i prezzi dei prodotti (si pensi ad esempio ai numerosi venditori che su piattaforme digitali quali Amazon utilizzano algoritmi che cambiano automaticamente il prezzo dei prodotti fissandolo al prezzo corrispondente a quello più basso di un concorrente).

Il Report evidenzia altresì come l’utilizzo degli algoritmi sia destinato a crescere di pari passo con il sempre maggiore accesso ai big data, che ne costituiscono un input determinante.

La CMA individua due categorie di algoritmi: da un lato, quelli sviluppati dalle stesse imprese (solitamente di grandi dimensioni) per determinare i prezzi dei propri prodotti; dall’altro, quelli sviluppati da imprese esclusivamente specializzate nella progettazione di algoritmi. Poco sorprendentemente, la CMA evidenzia come i pricing algorithms siano utilizzati soprattutto da imprese attive nei mercati online, mentre nei mercati offline, a causa di alcune peculiarità proprie di questi mercati (si pensi, ad esempio, alla difficoltà di monitorare i prezzi, se non manualmente) l’utilizzo degli algoritmi non è ancora molto sviluppato. Su quest’ultimo punto, la CMA nota tuttavia come diverse grandi catene di supermercati (come Tesco e Sainsbury in Regno Unito) stiano utilizzando pricing tag elettronici, che permettono di adattare i prezzi ai mutamenti della domanda molto più rapidamente.

Nel Report, la CMA non manca di evidenziare come gli algoritmi generino numerosi effetti positivi (e pro-competitivi) come, ad esempio, dal lato dell’offerta, una diminuzione del costo del lavoro e maggiori efficienze, mentre, dal lato della domanda, possono fornire ai consumatori maggiori informazioni – tramite ad esempio meccanismi di alert – sulle variazioni di prezzo dei prodotti.

Con riguardo invece agli effetti negativi sulla concorrenza, la CMA illustra due possibili scenari. Il primo riguarda l’utilizzo dei pricing algorithms per monitorare una strategia collusiva già in essere. In questo caso, l’algoritmo può diventare un (efficace) strumento per facilitare la collusione, permettendo di individuare più facilmente (e rapidamente) eventuali comportamenti che si discostano dalla strategia accordata, riducendo possibili errori nonché eliminando (o quanto meno diminuendo) la c.d. agency slack, ossia quel fenomeno che si verifica quando l’intesa collusiva è stata decisa dal senior management di un’azienda mentre il personale addetto alle funzioni commerciali e di vendita – ossia i soggetti che di fatto si occupano del pricing – risponde ad incentivi diversi che non sono allineati agli obiettivi del cartello. Secondo la CMA, con l’utilizzo degli algoritmi, il rischio di un tale scenario può essere ridotto, in quanto vi è meno spazio di autonomia di tali soggetti nella determinazione dei prezzi.

Il secondo scenario illustrato dalla CMA si avrebbe quando l’algoritmo non solo facilita bensì crea lui stesso (o contribuisce a creare) il coordinamento (tacito) collusivo. L’ipotesi più probabile, secondo la CMA, può verificarsi quando le imprese decidono, invece di utilizzare dati e algoritmi propri, di delegare la formazione del proprio pricing a soggetti terzi (intermediari specializzati nello sviluppo di algoritmi) che offrono al contempo servizi anche a imprese concorrenti. In questo caso, secondo la CMA, si potrebbe rientrare in una ipotesi di intesa c.d. hub-and-spoke, ossia quello scenario in cui la collusione avviene attraverso un soggetto terzo, non direttamente attivo nello stesso mercato dei cartellisti.

Nel Report, la CMA si concentra altresì sui c.d. prezzi personalizzati, ossia quella pratica attraverso cui le imprese, tramite l’utilizzo di informazioni sui comportamenti e le caratteristiche dei consumatori, fissano prezzi diversi per ciascuna tipologia di consumatore, idealmente fissandoli ad un livello pari al c.d. prezzo di riserva, ossia la disponibilità massima dei consumatori stessi a pagare. La CMA ha analizzato numerose pubblicazioni e studi sul tema e, seppur riscontrando nella prassi una sempre maggiore applicazione di prezzi personalizzati, non ha individuato un trend specifico che possa far presumere comportamenti anticoncorrenziali. Inoltre, sul rapporto tra collusione tacita e prezzi personalizzati, la CMA ha riconosciuto come queste due pratiche possano difficilmente coesistere, alla luce della maggiore difficoltà di creare (e mantenere) comportamenti collusivi quando vi è la necessità di accordarsi su una moltitudine di prezzi diversi applicati per lo stesso prodotto.

Infine, la CMA evidenzia come un (illecito) coordinamento sui prezzi tramite l’utilizzo di algoritmi possa verificarsi soprattutto in mercati particolarmente concentrati e con un elevato grado di trasparenza e in settori nei quali vi è la necessità di (ri)determinare i prezzi frequentemente. L’adozione di prezzi personalizzati è più comune invece in mercati dove vi è assenza di concorrenza (ossia, in presenza di monopoli) e laddove è più facile raccogliere dati e informazioni sui comportamenti (e le preferenze) dei consumatori.

Jacopo Pelucchi
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Cartelli e azioni di risarcimento dei danni - L’Alta Corte inglese si pronuncia per la prima volta nell’ambito di un’azione per risarcimento danni antitrust follow on

Lo scorso 9 ottobre l’Alta Corte inglese (Alta Corte) ha emanato la sua prima decisione in un caso di azione per risarcimento danni antitrust follow on.

La vicenda trae origine dalla decisione del 2004 con cui la Commissione europea (Commissione) aveva accertato l’esistenza di un cartello ultradecennale tra varie imprese (tra cui ABB, convenuta nel giudizio in commento) attive nel settore dei cavi sottomarini e sotterranei ad alto voltaggio, consistente nella ripartizione di clienti e mercati, oltre allo scambio di informazioni sui prezzi, anche in relazione alla partecipazione a procedure ad evidenza pubblica o gare d’appalto.

La sanzione complessiva comminata dalla Commissione era stata di 302 milioni di euro; ABB, grazie all’ottenimento dell’immunità totale derivante dalla partecipazione al programma di clemenza, era così “sfuggita” all’applicazione di una sanzione che si sarebbe attestata intorno ai 33 milioni di euro.

Con l’azione follow on in questione, BritNed, una società che opera un collegamento elettrico sottomarino di potenza pari a 1.000 MW tra il Regno Unito e l’Olanda, agiva in giudizio al fine di ottenere un risarcimento dei danni superiore a 180 milioni di euro. Secondo l’attrice, infatti, tale somma avrebbe ristorato BritNed dagli effetti negativi derivanti dal cartello.

Mediante la sentenza in esame, l’Alta Corte ha, quindi, condannato ABB al risarcimento di 13 milioni di euro (dunque, un importo sensibilmente inferiore a quanto richiesto inizialmente da BritNed). Per quanto qui rileva, l’elemento chiave della pronuncia dell’Alta Corte è rappresentato dall’accertamento da parte del giudice della non volontarietà di ABB nel fissare un sovraprezzo nei confronti di BritNed. Ad avviso dell’Alta Corte, il sovraprezzo è stato di fatto una conseguenza fisiologica della partecipazione di ABB al cartello, senza che via sia stata un’influenza diretta o indiretta di quest’ultima rispetto all’overcharge trasferito su BritNed.

All’ottenimento di un tale esito che, viste le premesse, appare sostanzialmente positivo per ABB hanno contribuito alcuni fattori. Innanzitutto, contrariamente a quella che sarà verosimilmente la regola con la recente attuazione della c.d. Direttiva Danni in materia di risarcimento danni antitrust, l’Alta Corte non ha considerato presunto il pregiudizio derivante dal cartello. E’ stato, quindi, necessario procedere ad un accurato esame dei fatti rilevanti prima di poter giungere alla conclusione. Inoltre, le argomentazioni presentate dai consulenti economici di ABB sembrano essere state fatte proprie pressoché integralmente dall’Alta Corte, la quale ha rigettato la tesi avversaria di BritNed circa, inter alia, la rappresentazione di un mercato completamente differente in assenza del cartello accertato dalla Commissione nel 2014 (in particolare, grazie alla presenza di altri fornitori europei o asiatici, che avrebbero potuto erodere molto potere di mercato anche ad ABB).

La sentenza in commento rappresenta il primo caso di azione di risarcimento danni per violazioni del diritto della concorrenza che arriva alla sua naturale conclusione senza essere oggetto di un accordo transattivo. Inoltre, appare emblematica dell’atteggiamento che i giudici possono avere, e non solamente in Inghilterra, circa la necessità di procedere ad una verifica dei fatti alla base della vicenda anche in presenza di una decisione della Commissione che, in linea di principio, dovrebbe essere vincolante per i tribunali.

Si tratta ora di attendere se e in che termini verrà presentato appello avverso tale sentenza per mettere fine ad una vicenda i cui fatti costituenti risalgono al secolo scorso.

Filippo Alberti
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