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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Intese e prosecutorial discretion - Il Tribunale dell’Unione Europea si sofferma sul tema della discrezionalità della Commissione nel valutare l’interesse dell’Unione a proseguire l’esame di un caso

Con la sentenza qui in commento il Tribunale dell’Unione Europea (il Tribunale), rigettando integralmente l’impugnazione proposta dall’European Association of Euro-Pharmaceutical Companies (EAEPC) per l’annullamento di una decisione della Commissione europea (la Commissione) adottata lo scorso 27 maggio 2014 (la Decisione del 2014), ha fornito alcuni chiarimenti circa la natura dell’ampia discrezionalità di cui è dotata la Commissione nell’ambito della sua attività istituzionale in materia antitrust.

La Commissione, mediante la Decisione del 2014, respingeva una denuncia presentata da EAEPC nel 1999 (la Denuncia del 1999) per carenza di interesse dell’Unione alla prosecuzione delle indagini sulle infrazioni ivi denunciate e relative alle condizioni generali di vendita proposte da GlaxoSmithKline SA (GSK), all’epoca Glaxo Wellcome SA, ai grossisti autorizzati in Spagna (l’Accordo).

Nel 1998 GSK aveva notificato l’Accordo alla Commissione al fine di ottenere un’attestazione negativa o una dichiarazione di esenzione individuale, procedura allora possibile ai sensi degli articoli 2 e 4 del Regolamento n. 17 del Consiglio del 6 febbraio 1962, primo regolamento di applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, oggi abrogato dal regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio. Nel dettaglio, l’Accordo denunciato prevedeva una distinzione tra i prezzi applicati ai grossisti per i medicinali destinati ad essere rivenduti entro i confini nazionali e quelli applicati per i medicinali destinati all’esportazione.

Con la Denuncia del 1999 EAEPC chiedeva alla Commissione di rifiutare il rilascio di un’attestazione negativa o di un’esenzione e di ingiungere alla GSK di porre fine alla politica di prezzi prevista dall’accordo. Nel 2001 la Commissione aveva, infine, confermato che l’Accordo costituiva una violazione dell’art. 101 (1) TFUE e che non soddisfaceva le condizioni di esenzione di cui all’articolo 101 (3), TFUE (la Decisione del 2001).

Successivamente GSK impugnava la Decisione del 2001 della Commissione. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CdG), in ultima istanza, confermava che l’Accordo costituiva una violazione dell’art. 101 ma rilevava che la Commissione non aveva eseguito un esame completo degli argomenti dedotti da GSK a proposito dell’esenzione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE (la Sentenza del 2009). GSK, infine, nel 2010 ritirava la domanda di attestazione negativa o di esenzione individuale del 1998 sottolineando che dalla notifica dell’accordo nel 1998 non aveva più fatto uso del sistema tariffario in Spagna e che le condizioni del mercato erano notevolmente cambiate.

In questo scenario, caratterizzato da diverse tappe che si collocano in una tempistica particolarmente dilatata, si inserisce l’impugnazione proposta EAEPC e integralmente rigettata dal Tribunale. Con la Decisione del 2014 oggetto dell’impugnazione la Commissione aveva ritenuto di non essere tenuta ad adottare una nuova decisione alla luce della Sentenza del 2009. La Commissione ha ritenuto che le disposizioni di cui agli articoli 265 e 266 TFUE, relative all’obbligo di pronunciarsi e di adottare i provvedimenti che dovessero rendersi necessari a seguito di una decisione di annullamento delle corti europee, non trovassero applicazione nel caso in esame.

In particolare, la Commissione ha ritenuto che (i) non poteva pronunciarsi su una richiesta di esenzione che era stata ritirata, (ii) non era tenuta ad agire sulla Denuncia del 1999 a causa dell'annullamento della decisione da parte CdG e (iii) che un denunciante ai sensi dell'articolo 7 del regolamento n. 1/2003 non può obbligare la Commissione ad adottare una decisione sull'esistenza o meno di un'infrazione, visto che la Commissione dispone di un potere discrezionale per quanto riguarda l’istruzione dei casi a seguito di una denuncia.

Su quest’ultimo punto la Commissione ha precisato, e il Tribunale ha accolto integralmente, che  spetta alla Commissione, dopo avere valutato, con tutta l’attenzione necessaria, gli elementi di fatto e di diritto addotti dalla parte autrice della denuncia, mettere a confronto la rilevanza dell’asserita infrazione per il funzionamento del mercato comune con la politica della concorrenza all’interno dell’Unione europea, al fine di adempiere nel miglior modo possibile al proprio compito di vigilanza sul rispetto degli articoli 101 e 102 TFUE previsto dall’art. 105 dello stesso.

Mario Cistaro
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Diritto della concorrenza Italia e tutela del consumatore / Diritto della concorrenza e programmi di compliance – Pubblicate le Linee Guida dell’AGCM in materia di programmi di compliance antitrust ai fini dell’applicazione dell’attenuante sulla sanzione da comminare in caso di illeciti anticoncorrenziali

Lo scorso 4 ottobre l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha pubblicato le proprie Linee Guida sulla compliance antitrust (Linee Guida), volte a fornire alle imprese degli orientamenti circa la definizione del contenuto dei programmi di compliance antitrust e i criteri che l’AGCM intende adottare nella valutazione di tali programmi ai fini del riconoscimento di una circostanza attenuante sulla possibile sanzione per illeciti anticoncorrenziali.

Quanto al contenuto del programma di compliance antitrust, parametro di riferimento fondamentale nella valutazione dello stesso è rappresentato dall’idoneità sostanziale di detto programma a svolgere una “funzione preventiva” degli illeciti antitrust. L’idoneità del programma dovrà essere valutata caso per caso in relazione alla natura, dimensione e posizione di mercato dell’impresa interessata, nonché con specifico riferimento al tipo di attività che questa svolge e ai conseguenti rischi antitrust a cui è esposta. Ciò presuppone un’approfondita analisi preventiva delle aree di ciascuna impresa nei quali vi possono essere i maggiori rischi di porre in essere illeciti antitrust, con la conseguente determinazione delle attività di prevenzione e/o gestione più adeguate per minimizzare o eliminare del tutto detti rischi. Il programma deve inoltre essere proporzionato alla complessità dell’organizzazione aziendale e all’articolazione dei livelli di management.

In termini di efficacia, l’AGCM ha identificato alcuni requisiti relativi sia al contenuto, sia all’effettiva attuazione del programma di compliance, il quale in primo luogo deve “…richiede[re] il chiaro riconoscimento del valore della concorrenza come parte integrante della cultura e della politica aziendale e l’impegno, continuo e duraturo, al suo rispetto…”. Ciò comporta altresì la destinazione di risorse sufficienti all’elaborazione, attuazione e monitoraggio del programma, nonché l’individuazione di un soggetto responsabile del programma che risponda direttamente ai vertici aziendali. Un programma di compliance antitrust efficace presuppone altresì lo svolgimento di un’attività di formazione adeguata alla dimensione e al contesto aziendale e l’aggiornamento periodico del personale con eventuale predisposizione di manuali e guide ad hoc. Inoltre, è fondamentale la definizione di processi gestionali idonei a ridurre il rischio di violazioni della normativa sulla concorrenza, ad esempio mediante l’adozione di modelli di reporting interno ovvero di un sistema di whistle-blowing, nonché lo svolgimento di attività periodica di due diligence, audit e approfondimenti periodici, consulenze legali di soggetti terzi e di ogni altra iniziativa che consenta il periodico monitoraggio e l’eventuale aggiornamento del programma. Anche l’adozione di un adeguato sistema di misure disciplinari e di incentivi funzionali al rispetto del programma e, più in generale, della normativa antitrust costituisce un importante elemento valutato dall’AGCM ai fini dell’accertamento dell’efficacia del programma.

I programmi considerati efficaci dall’AGCM sono meritevoli di considerazione al fine dell’ottenimento di un attenuante sulla eventuale sanzione per un’infrazione antitrust. L’impresa coinvolta in un procedimento istruttorio che intenda beneficiare di detta attenuante per il proprio programma di compliance dovrà presentare all’AGCM un’apposita richiesta accompagnata da una relazione illustrativa che spieghi (i) le ragioni per cui il programma possa ritenersi adeguato alla prevenzione degli illeciti antitrust; e (ii) le iniziative concrete poste in essere dall’impresa per l’effettiva ed efficace applicazione del programma.

Secondo le Linee Guida l’attenuante in esame può essere riconosciuta dall’AGCM sia a programmi di compliance adottati precedentemente all’avvio del procedimento istruttorio, sia a quelli adottati in seguito. Questi ultimi, tuttavia, a condizione che detti programmi siano stati “…adottati, attuati e trasmessi dalle Parti del procedimento entro sei mesi dalla notifica dell’apertura dell’istruttoria…”. Il momento di adozione del programma di compliance rileva comunque ai fini della quantificazione dell’attenuante da riconoscere, che non potrà essere superiore al 5% nel caso di programmi adottati ex novo dopo l’avvio dell’istruttoria, mentre può arrivare fino al 15% per programmi “…adeguati che abbiano funzionato efficacemente permettendo la tempestiva scoperta e interruzione dell’illecito prima della notifica dell’avvio del procedimento istruttorio…”.

Tuttavia, nelle fattispecie in cui è applicabile l’istituto della clemenza (ossia nel caso di cartelli), detta attenuante del 15% per il programma pre-avvio potrà essere riconosciuta solo qualora, a seguito della scoperta dell’illecito, l’impresa abbia presentato la domanda di clemenza prima dell’avvio del procedimento istruttorio e/o di eventuali ispezioni condotte dall’AGCM. Di contro, deve ritenersi manifestamente inadeguato un programma di compliance se, nell’ipotesi in cui sia applicabile l’istituto della clemenza, l’impresa interessata non provveda a porre termine all’infrazione e a presentare, il più rapidamente possibile, una domanda di leniency. Tali previsioni suscitano invero qualche perplessità, in quanto sembrerebbero contrastare con la natura squisitamente volontaria dell’istituto della clemenza previsto dalla normativa antitrust. Inoltre, stante da un lato il beneficio della piena immunità a chi per primo partecipa al programma di clemenza in relazione ad una data infrazione e, dall’altro, l’automatica valutazione di inadeguatezza in relazione ai programmi di compliance non seguiti da una domanda di leniency, è evidente che la possibilità di avere una attenuante per il programma di compliance aggiungerebbe ben poco al sistema degli incentivi a cooperare in relazione a possibili cartelli.

I programmi considerati manifestamente inadeguati non possono beneficiare di alcuna riduzione della sanzione sotto forma della relativa attenuante, salvo il caso in cui l’impresa presenti delle modifiche sostanziali al programma stesso dopo l’avvio dell’istruttoria, potendo in tal caso ottenere un trattamento premiale fino al 5%.

I programmi pre-avvio che non hanno dimostrato di funzionare in maniera del tutto efficace – non permettendo tempestivamente la scoperta e l’interruzione dell’illecito prima delle ispezioni da parte dell’AGCM – ma che comunque non risultino manifestamente inadeguati, possono beneficiare di un’attenuante sino al 10% della sanzione, a condizione che l’impresa integri adeguatamente il programma di compliance e inizi a darvi attuazione dopo l’avvio del procedimento istruttorio (e comunque entro sei mesi dalla notifica dell’avvio dell’istruttoria).

Particolari previsioni sono altresì dettate in materia di recidiva, che comporta una sostanziale riduzione dell’importo dell’attenuante, di programmi adottati nell’ambito dei gruppi di imprese, occorrendo che questi vengano attuati a livello di gruppo, nonché con riferimento alla valenza del programma di compliance che sia stato oggetto di impegni presentati dall’impresa per concludere il procedimento istruttorio senza l’accertamento di un’infrazione e resi obbligatori dall’AGCM, non sussistendo in tal caso alcuna “…presunzione di adeguatezza ed efficacia…” di detti programmi per ipotesi di condotte future.

Infine, l’AGCM ha individuato talune ipotesi eccezionali in cui l’esistenza di un programma di compliance può essere considerata come circostanza aggravante, ovverosia (i) il caso in cui il programma sia stato utilizzato per agevolare o nascondere l’infrazione, ovvero impedire, ostacolare o comunque ritardare l’attività istruttoria dell’AGCM e vi sia prova che le indicazioni contenute nel programma siano state concretamente seguite; (ii) il caso in cui l’impresa sia recidiva e abbia già beneficiato di una riduzione della sanzione all’esito della precedente istruttoria per aver adottato un programma di compliance. In tale circostanza si terrà conto di tale elemento in sede di commisurazione dell’aggravante per recidiva; e (iii) nel caso di applicazione dell’attenuante per il programma di compliance e successivo avvio di un procedimento per inottemperanza alla diffida dell’AGCM, tale elemento, pur non rappresentando una circostanza aggravante, potrà essere comunque preso in considerazione dall’AGCM al fine della determinazione della gravità dell’infrazione e, conseguentemente, della quantificazione della sanzione.

Le Linee Guida in commento si applicano ai procedimenti istruttori avviati dall’AGCM successivamente alla data della loro pubblicazione.

Martina Bischetti
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Pratiche scorrette e addizionali per pagamento con carta di credito -  L’AGCM ribadisce il divieto assoluto di sovrapprezzi in caso di pagamento con carte di credito ai sensi del Codice del Consumo

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha irrogato una sanzione nei confronti di Start Romagna S.p.A. (SR), società attiva nel servizio di trasporto pubblico locale nel territorio romagnolo, per una pratica commerciale scorretta consistente nella richiesta di sovrapprezzi collegati al mezzo di pagamento utilizzato dall’utente. In particolare, SR applicava, dandone informativa sul proprio sito web, una commissione aggiuntiva dell’1,15% sul prezzo del servizio offerto qualora l’utente effettuasse l’acquisto di determinati abbonamenti direttamente dal sito della compagnia, utilizzando una carta di credito per il pagamento. Tali condotte, secondo l’AGCM, si ponevano in violazione del Codice del Consumo, il quale, all’articolo 62, stabilisce che “…i professionisti non possono imporre ai consumatori, in relazione all'uso di determinati strumenti di pagamento, spese per l'uso di detti strumenti…”.

Nel 2012,  a seguito di un invito formale da parte della Regione Emilia Romagna, SR ha iniziato una collaborazione con una società intermediaria pubblica in grado di organizzare e gestire una specifica piattaforma informatica di pagamento per conto delle amministrazioni locali, nell’ambito di un’iniziativa regionale per la creazione di sistemi di pagamento più efficienti e vantaggiosi dei titoli di viaggio. Grazie a tale collaborazione, SR ha reso disponibile sul proprio sito web la possibilità di acquistare abbonamenti online. A fronte degli addebiti contestati dall’AGCM, SR si è difesa contestando di essere indicata quale “beneficiario” del sovrapprezzo in oggetto, come richiesto dall’art. 3, comma 4 del D.Lgs n. 11/2010, richiamato dall’articolo 62 del Codice del Consumo, ai fini dell’insorgere della responsabilità, poiché la commissione dell’1,15% veniva trasferita direttamente all’operatore del servizio di carte di credito. Inoltre, SR ha sostenuto come la scelta del canale di pagamento tramite carta di credito sarebbe imputabile direttamente alla società intermediaria, e non alla stessa SR. Pertanto, anche in virtù della portata assai limitata del canale online per l’acquisto dei biglietti, SR ha sostenuto di non essere responsabile per la condotta in oggetto.

Tuttavia, l’AGCM ha ribadito il suo orientamento circa la necessità di interpretare in maniera stringente l’articolo 62 del Codice del Consumo, nel senso di un divieto assoluto per il professionista di prevedere un sovrapprezzo legato alla scelta di un determinato strumento di pagamento. Secondo l’AGCM, il divieto in parola si riferisce a qualsiasi sovrapprezzo collegato ad uno strumento di pagamento nei confronti degli utenti, di cui risponde il professionista indipendentemente dal fatto che la commissione sia pretesa da un partner bancario terzo. Infatti, l’imputazione del divieto di sovrapprezzo in capo al “beneficiario” del pagamento – ossia, in concreto, creditore delle somme trasferite mediante la transazione –  comporta che il professionista resti comunque responsabile della violazione qualora il sovrapprezzo sia indicato sul sito internet del medesimo e venga quindi in ogni caso applicato al consumatore nell’acquisto che viene effettuato sullo stesso.

Con riferimento alle altre osservazioni difensive proposte da SR, l’AGCM ha altresì sostenuto che la scelta di entrare in collaborazione con la società pubblica che gestisce la piattaforma e di mettere quindi a disposizione degli utenti un’ulteriore modalità di pagamento online per i propri servizi è in ogni caso riconducibile all’autonomia imprenditoriale di SR, che ha liberamente scelto di stipulare l’apposita convenzione.

Per tali ragioni, avuto riguardo alla gravità e la durata dell’infrazione – dal 2012 al 2017 – l’AGCM ha imposto a SR una sanzione di euro 20.000, ridotta a euro 15.000 in considerazione della situazione economica in perdita del professionista.

Leonardo Stiz
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Energy / Energia e sistemi di fatturazione - L’ARERA dice sì alla consultazione sugli impegni proposti da Sorgenia con riferimento sui sovrapprezzi richiesti per l’emissione delle fatture in formato cartaceo

Lo scorso 25 settembre, con la deliberazione n. 456/2018/S/com l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) ha dichiarato ammissibili gli impegni presentati da Sorgenia S.p.A. (Sorgenia) nel procedimento istruttorio avviato in data 19 aprile (con la determinazione DSAI/27/2018/com) per asserite violazioni in materia di fatturazione dei consumi energetici e, segnatamente, per l’applicazione di specifici corrispettivi al cliente finale per la ricezione delle fatture. Preme precisare che sono stati avviati contestualmente dei paralleli procedimenti, basati sulle stesse contestazioni, anche nei confronti di Edison Energia S.p.A. e di E.ON Energia S.p.A.

Per meglio comprendere la vicenda, risulta opportuno – seppur brevemente – effettuare delle precisazioni sia a livello fattuale, sia normativo. Il procedimento in questione, infatti, trae origine dalla trasmissione effettuata da parte dell’AGCM dei verbali di acquisizione della documentazione afferente un procedimento sanzionatorio avviato nei confronti di Sorgenia, dal momento che era emersa una ipotesi di eventuale violazione di competenza dell’ARERA. In particolare, dalla predetta documentazione, oggetto di rilevazione dal sito internet di Sorgenia e concernente le condizioni contrattuali dell’offerta commerciale denominata “Next Energy” per la fornitura di energia elettrica ai clienti domestici, è risultata l’applicazione da parte della società di un sovrapprezzo (pari ad 1 €) per la ricezione della fattura cartacea. A seguito di un contraddittorio tra  Sorgenia e l’ARERA, quest’ultima ha deciso di avviare il procedimento in questione, contestando la violazione di alcune disposizioni contenute nel Decreto legislativo n. 102 del 2014 (Decreto), con cui veniva attuata la direttiva 2012/27/UE e delineato un quadro di misure per la promozione e il miglioramento dell’efficienza energetica. In particolare, l’art. 9 del Decreto attribuisce all’ARERA il compito di assicurare che non siano applicati specifici corrispettivi ai clienti finali per la ricezione delle fatture; l’art. 16 predispone invece un regime sanzionatorio, prevedendo, inter alia, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria per la violazione del sopra citato art. 9 per un importo ricompreso da 300 a 5.000 euro per ciascuna violazione che, teoricamente, può essere interpretato come una sanzione per ogni fattura emessa e per la quale è stato richiesto un pagamento addizionale.

In tale contesto e considerata la ‘rigidità’ del regime sanzionatorio previsto, Sorgenia ha presentato gli impegni, dichiarati ammissibili dall’ARERA e che possono essere suddivisi come segue:

-     Impegno n. 1: Sorgenia si impegna a restituire a tutti i clienti domestici (sia attivi, sia cessati) i corrispettivi in questione dal mese di luglio 2014 (pertanto la restituzione non  sarà limitata ai soggetti che hanno sottoscritto la citata offerta commerciale ‘Next Energy’). Per quanto riguarda i clienti con contratto attivo, la restituzione avverrà attraverso la detrazione del relativo importo dall’ammontare da pagare da parte del cliente nella prima fattura utile. Per i clienti con contratto cessato, invece, essa sarà effettuata, ove possibile, tramite corresponsione in fattura oppure con una sola rimessa diretta tramite assegno. Con riferimento alle tempistiche, Sorgenia si impegna a restituire ai clienti con contratti attivi le suddette somme nella prima fattura e comunque entro 90 giorni dalla notifica di delibera di approvazione degli impegni. Per i clienti con contratto cessato la restituzione avverrà con le modalità citate entro otto mesi dalla richiamata data di notifica;

-      Impegno n. 2: Sorgenia si impegna, verso i clienti con contratto attivo ai quali è stato applicato un sovrapprezzo, ad intraprendere delle iniziative volte ad aumentare la consapevolezza e la sensibilità degli stessi rispetto ai propri consumi e alle possibili scelte di risparmio energetico. In particolare, tali iniziative consisteranno (i) nell’invio di una prima comunicazione recante una analisi personalizzata dei propri consumi, con annessi suggerimenti tesi a rendere più efficienti i consumi e inoltre verranno indicati ai clienti i contratti attraverso i quali accedere al servizio di Sorgenia per avere ulteriori informazioni sull’andamento dei consumi e verrà anticipata la possibilità di aderire gratuitamente all’offerta di un servizio di check-up energetico. La società ha previsto anche una seconda fase che prevede (ii) che decorsi 6 mesi dall’invio della prima comunicazione, Sorgenia invierà una seconda analisi sulla base dei dati storici unitamente ad un buono (pari al 100% del costo) per l’accesso al servizio di check up energetico. Riguardo ai tempi di attuazione, la prima comunicazione avverrà nella prima fattura utile e comunque entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento di approvazione degli impegni. La seconda a distanza di 6 mesi dalla prima comunicazione;

-     Impegno n. 3: Sorgenia si impegna ad effettuare l’attività di verifica di conformità dei contratti attualmente in essere sia per la fornitura di energia sia per quella di gas rispetto alla vigente normativa di settore di rango primario e secondario. A tal fine verrà costituito un gruppo di lavoro (composto da legali ed esperti di regolazione interni) che analizzerà i testi contrattuali. Al riguardo Sorgenia invierà all’ARERA il primo report con l’esito di tale attività di verifica entro tre mesi dalla notifica del provvedimento di approvazione degli impegni. L’impegno avrà una durata fino al 31 dicembre 2024 e la Società invierà il citato report con cadenza annuale (entro il 31 dicembre di ciascun anno solare).

Non resta che attendere le eventuali osservazioni che i soggetti interessati potranno presentare entro il termine di 30 giorni.

Gloria Panaccione