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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza Italia / Abuso di posizione dominante e settore postale – L’AGCM avvia un procedimento nei confronti di Poste Italiane per verificare l’ottemperanza al provvedimento relativo alle condotte abusive sui grandi clienti business

Con la decisione dell’8 agosto 2018, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un procedimento nei confronti di Poste Italiane (Poste) per verificare la possibile inottemperanza al provvedimento del dicembre scorso con cui l’AGCM aveva sanzionato Poste per 20 milioni di euro in relazione all’abuso della sua posizione dominante nel settore della posta massiva nei confronti dei clienti c.d. business (il Provvedimento).

Come si ricorderà, con il Provvedimento l’AGCM aveva ritenuto che Poste avesse posto in essere un abuso in violazione dell’art. 102 TFUE consistente nell’aver adottato una strategia escludente nel mercato del recapito degli invii multipli di corrispondenza ordinaria, ossia quegli invii che i grandi clienti business quali banche, assicurazioni, compagnie telefoniche mandano alla propria clientela (come, ad esempio, l’invio degli estratti conto, degli avvisi di scadenza e delle bollette). In particolare, Poste avrebbe abusato della propria posizione dominante in tale mercato offrendo ai concorrenti (che devono necessariamente ricorrere ai servizi di Poste per il recapito nelle aree c.d. extra urbane, quali le zone rurali e meno densamente abitate dove è presente solo Poste), quale servizio intermedio per completare i propri servizi end-to-end di recapito, il solo servizio denominato Posta Massiva. Quest’ultimo avrebbe tuttavia un prezzo più elevato e una qualità tecnica inferiore rispetto invece ai servizi di posta certificata di Poste (in particolare del servizio Posta Time), riservati ai clienti finali. In tal modo, secondo l’AGCM Poste era riuscita a servire ai propri clienti finali delle tariffe che non potevano essere in alcun modo replicate dai concorrenti né da un punto di vista tecnico, né economico.

Tale strategia abusiva si completava, sempre secondo l’AGCM, con l’offerta selettiva, ai clienti degli operatori concorrenti, di servizi di posta certificata scontati rispetto al prezzo di listino e a copertura geografica estesa all’intero territorio nazionale. Tali (favorevoli) condizioni erano condizionate a clausole di esclusiva o vincoli su volumi.

L’AGCM con il Provvedimento, oltre ad irrogare una sanzione pecuniaria di Euro 20 milioni, aveva quindi ordinato a Poste di (i) porre fine all’infrazione e di astenersi dal tenere comportamenti analoghi e di (ii) presentare una relazione scritta al fine di dare conto delle iniziative adottate (la Relazione).

Con la Relazione, Poste aveva comunicato all’AGCM di avere predisposto un’offerta, destinata agli operatori alternativi, equivalente per prezzo, qualità e caratteristiche, al servizio Post Time nelle aree extraurbane (l’Offerta). Inoltre, Poste aveva comunicato di aver modificato i contratti con i clienti finali, eliminando, tra le altre, le clausole relative alla durata dei contratti, alle clausole fidelizzanti, a quelle di esclusiva o relative alla quantità dei volumi, nonché confermando la facoltà di recesso senza penali, sanzioni o modifiche di prezzo.

L’AGCM non sembra tuttavia ritenere che tali condotte siano sufficienti per ottemperare al Provvedimento. Innanzitutto, l’AGCM contesta a Poste che l’Offerta sia addirittura peggiorativa rispetto a quella comunicata nel corso del procedimento e che già l’AGCM aveva ritenuto insufficiente a far cessare l’infrazione.

Inoltre, a seguito delle audizioni condotte con i principali operatori concorrenti (tra cui Nextive, Consorzio AREL, GPS, Assopostale), sarebbe emerso che “…i contratti contestati nel provvedimento dell’Autorità non sono stati modificati da Poste, quanto meno con riguardo ai prezzi applicati ai clienti finali e, in alcuni casi, essi sono stati anche oggetto di rinnovo, ancorché tacito…”. Di conseguenza, i prezzi praticati da Poste ai clienti finali nelle aree Extra-Urbane risulterebbero ad oggi più bassi di quelli offerti ai concorrenti, rendendo così non replicabile tale offerte.

Con l’avvio del procedimento di inottemperanza, da concludersi – salvo proroghe – entro il 28 febbraio 2019,  Poste rischia nuovamente una sanzione fino al 10% del proprio fatturato.

Jacopo Pelucchi
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Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e settore dell’energia - Il Tar rigetta il ricorso di Edison avverso un provvedimento dell’AGCM in materia di pratiche commerciali scorrette

Con la sentenza n. 8699/2018, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Tar) ha confermato il provvedimento (Provvedimento) adottato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) nel 2011 nei confronti di Edison Energia S.p.A. (Edison).

Con il Provvedimento, l’AGCM aveva accertato due pratiche commerciali scorrette poste in essere da Edison (attraverso il teleselling e la rete di vendita presente sul territorio): da un lato, l’attivazione di forniture non richieste a consumatori (in assenza della manifestazione di un consenso espresso o, in qualche caso, apponendo  firme false a sottoscrizione dei contratti); e, dall’altro, la connessa pratica rappresentata dalla diffusione di informazioni ingannevoli o incomplete finalizzata alla sottoscrizione dei contratti di fornitura.

E’ utile ricordare che all’avvio del procedimento innanzi all’AGCM, erano state individuate anche altre due condotte sospette (essenzialmente, le modalità aggressive di marketing e ostruzione all’esercizio del diritto di ripensamento che sarebbero state adottate da Edison); tuttavia, al termine dell’istruttoria, la stessa AGCM aveva ritenuto di procedere alla contestazione solamente delle due summenzionate infrazioni, sanzionando Edison complessivamente per € 360.000 (€180.000 per ciascuna pratica).

Nella pronuncia in commento, il Tar ha, preliminarmente, rigettato le argomentazioni di Edison circa la sussistenza di un conflitto di competenze tra AGCM e l’Autorità  di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) con riferimento alla valutazione delle condotte di esame. Al riguardo, il giudice di prime cure, oltre a rilevare, seppur incidentalmente, un profilo di inammissibilità formale in relazione a tale censura mossa da Edison, ha chiarito che le pratiche sopra descritte non possono essere ricondotte unicamente alla violazione di codici di condotta (attività imputabile all’ARERA, a fronte di una più ampia tutela del consumatore svolta, invece, dall’AGCM).

Il Tar si è quindi soffermato sul primo motivo di ricorso presentato da Edison, con il quale, in buona sostanza, contestava una propria culpa in vigilando, sostenendo di aver adottato idonei meccanismi finalizzati ad evitare comportamenti illeciti da parte dei propri agenti. Il collegio giudicante ha, invece, ritenuto insufficienti le cautele adottate da Edison per il monitoraggio delle condotte dei propri agenti, quali, ad esempio, il fatto di prevedere meccanismi premiali esclusivamente per il numero di vendite realizzate, in assenza, invece, di appropriate misurazioni della qualità del servizio reso e di penali graduali a seconda dell’illeciti accertati (la risoluzione contrattuale era prevista solo come extrema ratio in caso di violazione degli obblighi da parte degli agenti).

Più in generale, il Tar ha ricordato come il grado di diligenza professionale richiesta alle aziende debba considerarsi maggiormente rafforzato in comparti, quali quello energetico, in cui l’asimmetria informativa tra professionista e consumatore risulta essere particolarmente accentuata.

Il Tar non ha, infine, ritenuto meritevoli di accoglimento neppure gli altri due motivi di ricorso proposti da Edison, entrambi attinenti all’incongruità dell’importo sanzionatorio comminato; in particolare, il Tar ha precisato (ribadendo un concetto oramai consolidato) come, ai fini dell’applicazione della recidiva (qui quantificata in € 20.000) nella vicenda in questione, non fosse necessaria la commissione della stessa tipologia di illecito, quanto l’accertamento di altre violazioni della normativa applicabile in materia di pratiche commerciali scorrette.

Filippo Alberti
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Moral suasion e ruolo degli influencer – Stop dell’AGCM alla pubblicità occulta sui social network 

I social network sono di nuovo nel mirino dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che ha di recente confermato il suo interesse per il fenomeno del c.d. influencer marketing. Tale fenomeno consiste nella diffusione su blog, vlog e social network (come Facebook, Instagram, Twitter, Youtube, Snapchat, Myspace) di foto, video e commenti da parte di blogger e influencer che mostrano sostegno o approvazione per determinati brand, generando un effetto pubblicitario.

Già nel luglio 2017 l’AGCM era intervenuta rispetto al fenomeno in commento, invitando alcuni di principali influencer e le società titolari dei relativi marchi visualizzati a conformarsi alle prescrizioni del Codice del Consumo, onde evitare forme di pubblicità occulta. L’AGCM aveva inviato a tali operatori lettere di c.d. moral suasion, individuando dei criteri generali di comportamento e richiedendo di rendere chiaramente riconoscibile la finalità promozionale di tutti i contenuti diffusi a tale scopo dai suddetti influencer tramite social network, mediante l’inserimento di apposite avvertenze (ad es. la dicitura “#pubblicità” seguita dal nome del marchio promosso).

Gli operatori destinatari delle suddette comunicazioni hanno recepito le indicazioni dell’AGCM, la quale, in un comunicato del dicembre 2017, si era dichiarata soddisfatta del risultato ottenuto con tale intervento, sebbene confermando la sua intenzione di continuare a monitorare il fenomeno, adottando, di volta in volta, le misure più opportune.

E proprio in considerazione del crescente ricorso a tale forma di comunicazione, inizialmente utilizzata da personaggi di una certa notorietà ma sempre più diffusa anche presso un numero considerevole di utenti dei social network con un numero di follower non particolarmente elevato, l’AGCM ha di recente reso noto di aver esteso il proprio raggio di intervento, avendo inviato comunicazioni di moral suasion anche ad influencer con un numero di follower non elevatissimo, sebbene di rilievo.

Nel proprio comunicato, pubblicato lo scorso 6 agosto, l’AGCM ha in primo luogo ricordato la portata generale del divieto di pubblicità occulta, applicabile, come tale, anche con riferimento alle comunicazioni diffuse tramite i social network, non potendo gli influencer lasciar credere di agire in modo spontaneo e disinteressato se, in realtà, stanno promuovendo un brand. L’AGCM ha poi riconosciuto come la visualizzazione di prodotti unitamente al posizionamento sull’immagine di un tag o un’etichetta che rinviano al profilo Instagram o al sito del brand, pur essendo idonei ad esprimere un effetto pubblicitario, possono tuttavia non essere sufficienti, in mancanza di ulteriori elementi idonei a rendere evidente per tutti i consumatori l’eventuale natura promozionale delle comunicazioni.

Non resta ora che vedere se gli influencer e i brand destinatari di tali ulteriori ammonimenti da parte dell’AGCM si conformeranno alle indicazioni della stessa, rimuovendo i profili di criticità rilevati con riferimento alla tutela dei consumatori. È comunque innegabile che tale nuovo intervento dell’AGCM costituisce un’ulteriore riprova della sempre maggiore attenzione dimostrata nei confronti del fenomeno di influencer marketing di dimensioni crescenti, destinato, per espressa ammissione dell’AGCM, ad essere oggetto di una continua attività di monitoraggio e di ulteriori e future misure da parte di quest’ultima.

Martina Bischetti