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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza Italia / Cartelli e settore dei tondini di acciaio – Il Tar del Lazio ha annullato il provvedimento dell’AGCM con cui erano state sanzionate alcune società per aver posto in essere un’intesa restrittiva per oggetto nel mercato della produzione di tondini d’acciaio per cemento armato

Con il procedimento I742 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva accertato la sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza finalizzata al coordinamento delle politiche commerciali tra alcune imprese nel mercato della produzione di tondini d’acciaio. A seguito del provvedimento, le società sanzionate hanno proposto ricorso al Tar del Lazio (TAR), il quale, con diverse sentenze dal contenuto analogo, ha infine annullato  la decisione.

Secondo la ricostruzione dell’AGCM, l’intesa si sarebbe estrinsecata in due condotte tra loro collegate. Quanto alla prima condotta, le imprese avrebbero svolto delle riunioni con cadenza mensile presso la sede dell’associazione Nuovo Campsider (NC), parte di Federacciai, in occasione delle quali si sarebbero scambiate informazioni sensibili relative alle condizioni di approvvigionamento dell’input principale, costituito dal rottame ferroso. Secondo l’AGCM, le dinamiche di prezzo del settore fanno sì che il costo del rottame ferroso, di natura piuttosto variabile, si trasli rapidamente sul prezzo finale dei tondini d’acciaio, costituendone una fondamentale componente. In questo modo, le ricorrenti sarebbero state in grado, attraverso lo scambio di informazioni relative all’input, di prevedere il prezzo del prodotto finale applicato dalle concorrenti. Quanto alla seconda condotta, l’AGCM ha sostenuto che le imprese siderurgiche si sarebbero servite delle riunioni della Commissione Prezzi della Camera di Commercio di Brescia per verificare e ulteriormente definire ex ante i prezzi finali applicati sul prodotto oggetto dell’intesa.

Con la sentenza in commento il TAR ha accolto i ricorsi delle società essenzialmente in base a due diversi motivi, uno a carattere procedurale e uno sostanziale. Con riferimento al motivo di carattere procedurale, le ricorrenti hanno lamentato un vizio del provvedimento per violazione del termine massimo di avvio della fase istruttoria di cui all’articolo 14 l. n. 689/1981, il quale dispone che la contestazione dell’addebito, in caso di procedimenti amministrativi sanzionatori, deve avvenire entro 90 giorni dall’accertamento. Pur ricordando che il termine si riferisce non alla mera notizia dell’illecito ma alla sua piena conoscenza - il che permette una fase preistruttoria più lunga nel caso di violazioni complesse (si veda questa precedente Newsletter) -, il TAR ha stabilito che l’AGCM ha irragionevolmente protratto la fase preistruttoria senza che sussistessero valide ragioni. Il quadro istruttorio, secondo il TAR, risultava completo con le informazioni richieste e ottenute nel febbraio 2014 dalla Camera di Commercio di Brescia. Nonostante ciò, il procedimento è stato aperto quasi due anni dopo, nell’ottobre 2015, senza che nella decisione fosse data evidenza della necessità di attendere un lasso temporale così ampio. Secondo il TAR dunque, l’AGCM ha irragionevolmente protratto la fase preistruttoria, violando il principio di buon andamento della pubblica amministrazione e i principi generali di cui all’art. 6 CEDU e all’art. 41 della Carta Fondamentale dei Diritti UE.

Per quanto riguarda il motivo sostanziale, il TAR ha accolto le doglianze delle ricorrenti con le quali si lamentava un difetto istruttorio nel provvedimento dell’AGCM con riferimento alla prova della sussistenza dell’intesa. L’AGCM infatti, secondo i giudici, non ha definito in maniera dettagliata l’idoneità dell’accordo a condizionare oggettivamente il mercato. In primo luogo infatti, non sono stati forniti elementi sufficienti per dimostrare la correlazione tra le informazioni scambiate in NC e le successive riunioni in sede camerale. L’assunto secondo cui lo scambio di informazioni sul rottame ferroso sarebbe stato idoneo a determinare la fissazione congiunta dei prezzi non è supportato da evidenze sufficienti, poiché l’AGCM non ha tenuto conto dell’incidenza sul prezzo finale anche di altri fattori. Infatti, nel provvedimento stesso è indicato che l’incidenza del rottame ferroso sul prezzo dei tondini varia da produttore a produttore, sulla base di elementi quali ad esempio l’efficienza produttiva delle diverse imprese. Sotto il profilo temporale inoltre, il TAR ha rilevato che le informazioni discusse in NC fossero poco rilevanti per le riunioni in Camera di Commercio, poiché la cadenza con la quale queste ultime si tenevano faceva sì che le informazioni sull’input fossero, nel frattempo, già diventate pubbliche. Le due condotte che secondo l’AGCM configuravano l’intesa, dunque, non erano effettivamente congiunte da un rapporto di complementarietà, come invece era sostenuto nel provvedimento sanzionatorio.

Con riferimento alla seconda condotta inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dall’AGCM, il TAR ha sottolineato come non vi siano vincoli normativi all’attività di determinazione di listini di mercato, che costituisce una delle funzioni tipiche assegnate alle Camere di Commercio. Le riunioni della Commissione Prezzi non erano secondo il giudice amministrativo idonee a condizionare l’attività delle società concorrenti, per l’ulteriore motivo che i prezzi rilevati si riferivano in realtà a una forcella determinata da un minimo e un massimo e le imprese si riservavano di applicare una scontistica individuale rispetto al prezzo rilevato. Da ultimo, secondo il TAR, l’AGCM non ha superato le spiegazioni fornite dalle imprese relativamente al fisiologico parallelismo e alla naturale volatilità dei prezzi nel settore interessato.

In conclusione, il TAR ha rilevato come l’analisi dell’AGCM, con riferimento al presunto scambio di informazioni, facesse riferimento a elementi indiziari da soli non sufficienti a dimostrare l’esistenza di un’intesa e a superare le spiegazioni alternative fornite dalle parti.

Per tali motivi, il TAR ha annullato il provvedimento sanzionatorio nei confronti di tutte le società coinvolte.

Leonardo Stiz
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Legal News / Indagine conoscitiva e settore dei c.d. Big Data – L’AGCom pubblica il proprio interim report nel contesto dell’indagine sui Big Data

Lo scorso 8 giugno, contestualmente alla pubblicazione del report da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) commentato nella Newsletter dell’11 giugno scorso, anche l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom) ha pubblicato il proprio report preliminare nel contesto dell’indagine conoscitiva congiunta sui Big Data, fornendo una panoramica sulle attività svolte e lanciando alcuni spunti per ulteriori approfondimenti e possibili tendenze e linee di policy.

Il report si divide in tre parti. La prima parte introduttiva è volta a sistematizzare la descrizione del fenomeno, anche sotto il profilo definitorio, passando in rassegna le principali caratteristiche dell’ecosistema dei Big Data, la catena del valore e specifiche caratteristiche dei mercati “digitali”.

In particolare, l’ecosistema dei Big Data presenta un grado di interconnessione tra i vari soggetti tale da rendere difficile l’identificazione dei singoli mercati: questo secondo l’AGCom determinerebbe un assetto di mercato in cui operano (poche) grandi imprese multinazionali, caratterizzate da un elevato grado di integrazione verticale in tutte (o quasi) le fasi, accanto a una miriade di piccole imprese specializzate. Inoltre, l’AGCom ha riscontrato la sussistenza di fallimenti di mercato legati all’esistenza di barriere all’entrata e allo sviluppo, riscontrabili in tutte le fasi della catena del valore. In ultimo nel report si rileva come (i) il fenomeno dei Big Data abbia reso la tradizionale distinzione “dati personali” e “non” del tutto obsoleta dal momento che risulta estremamente difficile stabilire ex ante cosa rappresenta un dato personale e cosa no; che (ii) l’asimmetria informativa tra utenti e operatori è pervasiva e strutturale. Non solo il consumatore non ha a disposizione tutte le informazioni di cui avrebbe bisogno per prendere una scelta informata, ma molti dei comportamenti, per essere efficienti, presupporrebbero un grado di conoscenza tecnica che va molto al di là delle competenze diffuse tra la popolazione; e, infine, (iii) un maggior grado di trasparenza risulterebbe spesso inutile laddove i consumatori non riescano, a causa di uno strutturale gap di conoscenze tecnologiche, a comprendere tali informazioni.

La seconda parte pone al centro dell’analisi l’individuo come produttore di dati grazie alle informazioni che dissemina con varie attività online (online footprint). Qui vengono affrontati i temi dell’uso massiccio di tecniche di profilazione degli utenti, evidenziando come tali tecniche presentino rischi sociali come le forme di discriminazione, spesso su base del funzionamento di specifici algoritmi, che rischia di estendersi oltre alla classica discriminazione di prezzo, a differenze nella popolazione fondate su etnia, religione, stato di salute e opinione politica. Ampio spazio è stato dato all’analisi del fenomeno delle APP ed a come la domanda di download di APP da parte degli utenti sia negativamente correlata, in modo statisticamente significativo, con il numero di permessi richiesti (in relazione all’accesso ai dati sensibili degli utenti); dall’altro come il prezzo delle APP fissato sul mercato sia negativamente correlato, in modo statisticamente significativo, al numero di permessi richiesti (ovvero, l’effetto dei permessi sull’uso di dati sensibili, quando significativo, riduce sensibilmente la probabilità che un’APP sia a pagamento). Per l’AGCom ciò mostrerebbe l’esistenza di uno “scambio implicito” del dato tra utenti da un lato e sviluppatori APP e piattaforma dell’altro, circostanza che incide sulle scelte del modello di business e, in particolare, sui dati come bene economico. Si è dato poi ampio conto dell’esistenza di cause di fallimento dei mercati (quali contrattazione incompleta, mercati impliciti, asimmetrie informative, posizioni di potere di mercato).

La terza parte si concentra sul pluralismo dell’informazione e sul ruolo dei social network, che sempre di più risultano svolgere un ruolo centrale nel settore dell’informazione e nella veicolazione di contenuti agli utenti. Le piattaforme digitali rappresentano uno strumento prioritario nella raccolta, nella conservazione e nell’utilizzo dei dati; una parte rilevante dei Big Data, infatti, è rappresentata dai dati che le piattaforme raccolgono dalle attività profilate che i singoli utenti svolgono in rete, compresi quelli relativi alle preferenze ideologiche e politiche e ai contenuti informativi letti, visualizzati, graditi, commentati e condivisi. Gli algoritmi tenderebbero a selezionare il messaggio seguendo una logica di tipo ‘commerciale’ che mira a proporre ciò di cui si ha bisogno e si è disposti ad ‘acquistare’ in quel momento. Una modalità che tenderebbe fisiologicamente per l’AGCom a tagliar fuori alcuni aspetti della corretta informazione. Ciò, unitamente alle azioni di condivisione di contenuti informativi compiute dagli utenti, faciliterebbe anche la proliferazione di notizie false e la propagazione virale di contenuti polarizzanti, fenomeni particolarmente rilevanti per informazioni relative alle scelte politiche.

In ultimo alcune indicazioni che sembrano svelare le linee di policy che potrebbe voler seguire l’AGCom: in conseguenza dell’esistenza di strutturali e duraturi fallimenti di mercato, sembra per l’AGCom necessario adottare un approccio ex ante alla regolamentazione del dato (e ai connessi algoritmi). Questo nuovo paradigma dovrebbe considerare che le asimmetrie informative tra utenti e operatori sono pervasive e strutturali, nonché la difficoltà di ripristinare condizioni di efficienza attraverso meccanismi di trasparenza e di consenso informato. 
Per l’AGCom “…in via preliminare, il nuovo paradigma necessita di aprire la scatola nera (black box) che regola i processi che avvengono all’interno dell’ecosistema dei big data, quali, tra gli altri, i momenti e le modalità di acquisizione del dato (data gathering & storage), il funzionamento degli algoritmi (algorithm accountability), i modi di conservazione e analisi (data analytics), le informazioni derivate, e gli usi (primari e secondari) che ne derivano. Rispetto a questi, e altri, aspetti si sa ancora troppo poco…”.

Sembrerebbero dunque emergere dal report alcune grandi sfide per gli operatori ma sono stati anche accesi i riflettori su un possibile ruolo dei regolatori per assicurare il level playing field e la tutela delle garanzie degli utenti.

Cecilia Carli
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Attività di segnalazione e consultiva  e trasporto pubblico locale - L’AGCM impugna la proroga dell’affidamento diretto del servizio di trasporto pubblico locale di Roma ad Atac

Con il provvedimento (Provvedimento) deliberato lo scorso 24 aprile 2018 (e pubblicato sul Bollettino n. 22 del 11 giugno 2018), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha disposto l’impugnazione del provvedimento di proroga (Deliberazione n. 2/2018) dell’affidamento in-house del trasporto pubblico locale di Roma (Affidamento) ad Atac S.p.A. (Atac), a seguito del mancato adeguamento del Comune di Roma Capitale al parere motivato reso dalla stessa AGCM lo scorso 13 febbraio.

L’origine della vicenda risale al 10 novembre 2017, data di pubblicazione del parere dell’AGCM (già commentato in una precedente Newsletter), che formulava alcune osservazioni di natura concorrenziale in merito alla memoria della Giunta del Comune di Roma Capitale n. 55/2017 che aveva incaricato i competenti uffici comunali di intraprendere le azioni necessarie alla prosecuzione dell’Affidamento oltre la scadenza fissata al 3 dicembre 2019.

L’AGCM veniva quindi a conoscenza della summenzionata Deliberazione n. 2/2018 con la quale l’Assemblea Capitolina, discostandosi dal suo parere, ha definitivamente disposto la proroga dell’Affidamento ad Atac per ulteriori due anni rispetto alla scadenza originaria (e cioè sino al 4 dicembre 2021). Le ragioni sottese a tale decisione sembrerebbero fondarsi principalmente su due criteri: da un lato, la garanzia di continuità del servizio pubblico locale, al fine di evitare il pericolo imminente derivante dall’interruzione dello stesso; dall’altro, la salvaguardia degli asset e avviamento aziendale.

La Deliberazione, inoltre, sembrerebbe in qualche maniera alludere alla necessità della proroga al fine di realizzare le condizioni per la futura predisposizione di una gara per l’affidamento del servizio, in ossequio ai principi di concorrenza, universalità, efficienza, economicità e qualità, già richiamati nel parere dell’AGCM del novembre 2017. Sul punto, l’AGCM, nel Provvedimento in commento (che, di fatto, riporta il testo del parere reso lo scorso 13 febbraio), chiarisce che solo laddove si verificasse la scadenza del contratto di servizio nelle more della conclusione della procedura competitiva per l’affidamento del servizio stesso “…potrebbero ricorrere i requisiti per l’applicazione dell’art. 5, par. 5, Reg. CE n. 1370/2007 che consentono a codesto Comune di procedere alla proroga dell’affidamento del servizio, la quale sarebbe, in ogni caso, ammessa solo per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura…”.

Pertanto, l’AGCM smentisce la sussistenza delle circostanze eccezionali che, ai sensi della normativa applicabile, giustificherebbero il ricorso alla proroga dell’affidamento diretto, qualificando un pericolo – del tutto teorico – di interruzione del servizio come non imminente, essendo vigente il contratto di servizio con scadenza al 3 dicembre 2019, lasso di tempo entro il quale vi sarebbero tutti i presupposti per pianificare l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale nel Comune di Roma secondo procedure competitive. Peraltro, l’AGCM sottolinea come l’Amministrazione Comunale abbia erroneamente connesso in maniera esclusiva ed inscindibile l’obiettivo di continuità del servizio pubblico con la precaria situazione economico – finanziaria di Atac, la quale, inevitabilmente, aveva fatto ruotare gran parte della sostenibilità del Piano Concordatario a cui è soggetta proprio sull’ottenimento della proroga dell’Affidamento.

L’AGCM sembra, dunque, intenzionata a dare battaglia su questo fronte; si attendono, dunque, gli sviluppi processuali della vicenda, il cui interesse avrà inevitabilmente ripercussioni anche fuori dall’ambito strettamente antitrust.

Filippo Alberti