Skip to main content

Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza Italia / Intese e settore dei servizi di model management – Il TAR conferma la decisione dell’AGCM nel caso relativo all’intesa tra agenzie di modelle ma ordina di rideterminare la sanzione irrogata a Why Not S.r.l.

Con la sentenza n. 4405/2018 dello scorso 20 aprile, il TAR Lazio ha parzialmente accolto, nella parte relativa alla determinazione della sanzione, il ricorso di Why Not S.r.l. (la Ricorrente) avverso la decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) con la quale la Ricorrente era stata sanzionata per aver partecipato, insieme ad altre imprese attive nei servizi di agenzia per modelle di moda e all’associazione di categoria Assem (le Parti), ad un’intesa in violazione dell’art.101 TFUE.

Con la sentenza in commento, il TAR ha respinto tutti i motivi di ricorso della Ricorrente volti a contestare la ricostruzione dell’AGCM in merito all’effettiva esistenza dell’intesa. Come si ricorderà (si veda sul punto la Newsletter del 14/11/2016), l’attività oggetto dell’intesa in questione era quella dei servizi di agenzia per modelle e/o modelli (il c.d. model management), attraverso i quali vengono forniti ai produttori di abbigliamento/case di moda le diverse prestazioni (quali i contratti che riguardano l’effettuazione di sfilate, shooting fotografici, etc.) rese dalle modelle. L’AGCM aveva quindi accertato che le Parti avevano posto in essere un’intesa orizzontale segreta avente ad oggetto il coordinamento delle rispettive politiche commerciali di prezzo, coordinando così le offerte economiche ai clienti. In particolare, il coordinamento riguardava voci di prezzo quali: il prezzo di base della prestazione della modella (fee), i prezzi aggiuntivi relativi sia ai diritti di sfruttamento economico delle immagini tramite vari strumenti di comunicazione (c.d. diritti online), sia a prestazioni ulteriori delle stesse modelle, nonché la commissione percentuale (pari al 20%) corrisposta dal cliente all’agenzia.

Nel respingere le doglianze della Ricorrente, il TAR ha confermato, innanzitutto, che l’intesa in parola non potesse essere qualificata (come sostenuto dalla Ricorrente) come un’intesa verticale, nell’ambito della quale sarebbero state le case di moda (clienti delle Parti) a richiedere l’adozione di standard contrattuali uniformi per i servizi di model management. Infatti, come precedentemente sostenuto dall’AGCM, il TAR ha escluso che “…la mera partecipazione o presenza di un cliente in un accordo intercorrente tra numerose imprese impegnate allo stesso livello della filiera possa, per ciò solo, assorbire o connotare di verticalità una concertazione sostanzialmente orizzontale…”.

In merito alla prova della concertazione, il TAR ha riconosciuto come dall’impianto probatorio dell’AGCM, corredato da numerose prove documentali (quali scambi di email e verbali dell’associazione di categoria), fosse evidente l’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale per oggetto. La copiosità degli elementi endogeni a disposizione dell’AGCM è stata sicuramente facilitata dal fatto che l’istruttoria aveva preso le mosse dalle informazioni fornite da una delle parti in veste di leniency applicant. Proprio sul punto, il TAR ha ribadito, respingendo uno dei motivi di ricorso della Ricorrente, che le informazioni rese dal leniency applicant “…non limitano in alcun modo il potere dell’Autorità di libera valutazione giuridica dei fatti acquisiti…” e che pertanto era priva di censure la (successiva) attività istruttoria dell’AGCM (ispezioni, audizioni, richiesta di informazioni alle Parti) che le aveva consentito di accertare, integrando e ampliando le dichiarazioni inizialmente rese dal leniency applicant, un’intesa restrittiva anche più ampia del perimetro che prima facie poteva supporsi.

Pertanto, il TAR ha riconosciuto che l’AGCM abbia fornito una ricostruzione dei fatti “…basata su elementi endogeni sicuramente sufficienti a dimostrare la sussistenza della pratica collusiva, fondando l’accertamento dell’intesa […] su un insieme di evidenze gravi precise e concordanti che, nel loro complesso, delineano una linea comportamentale chiara e la cui congruenza non lascia spazio ad alcun tentativo di ricostruzione alternativa…”.

Con riguardo alla determinazione della sanzione, l’AGCM aveva preso in considerazione, come stabilito dalle Linee Guida in materia di sanzioni, il valore dei ricavi dei servizi oggetto dell’infrazione, realizzati dalla Ricorrente nell’ultimo anno intero di partecipazione all’infrazione. Tale valore era stato determinato sulla base dei ricavi complessivi derivanti dall’attività di model management, al netto del fatturato realizzato all’estero e da quello derivante dall’offerta delle prestazioni di modelle c.d. supertop/celebrity (che non erano stato oggetto del procedimento dell’AGCM). Tuttavia, ed è questo l’unico motivo di ricorso accolto dal TAR, l’AGCM aveva incluso voci che secondo la Ricorrente non rappresentavano propriamente fatturato, in quanto relative a meri riaddebiti di incassi che la Ricorrente aveva si percepito ma di competenze delle modelle. In particolare, si trattava di importi incassati per conto delle modelle a titolo di compenso per la prestazione professionale svolta e a queste retrocessi. Come evidenziato dal TAR, tali importi costituirebbero infatti “…un costo per il cliente dell’agenzia che offre i servizi di model management, cui corrisponde un corrispettivo per la modella, ma non anche per l’agenzia intermediaria…”. Quest’ultima infatti si limita a incassarli per conto della professionista e a retrocederli alla medesima, con corrispondente iscrizione alle pertinenti voci di ricavo e costo del proprio conto economico, e reciproca elisione di pari ammontare, rendendo così finanziariamente neutra tale operazione.

Il TAR ha quindi accolto il ricorso nella parte relativa all’entità della sanzione, ordinando all’AGCM una nuova determinazione della sanzione, inizialmente quantificata in circa euro 640.000.

Jacopo Pelucchi
----------------------------------------------------------------------

Energia / Giustizia amministrativa e certificati verdi - Il TAR Lazio accoglie i ricorsi di IREN Energia in merito alla centrale di Moncalieri, dichiarando l’illegittimità dei provvedimenti con cui il GSE aveva negato alla società un numero rilevante di CV

Lo scorso 3 maggio, con la sentenza n. 4860, il TAR Lazio ha accolto i diversi ricorsi (riuniti per ragioni di connessione) proposti da Iren Energia S.p.A. (Iren) avverso differenti provvedimenti con cui il GSE, con riferimento ai singoli anni di produzione (dal 2011 al 2013), aveva comunicato alla società l’avvenuta emissione di un numero di certificati verdi (CV) inferiore a quelli richiesti per la produzione termica attribuita alla sezione denominata 3° GT della centrale cogenerativa sita nel Comune di Moncalieri. In particolare, il GSE non ha considerato la “quota parte di energia termica distribuita alle reti gestite da Iren denominate ‘Le Vallette’ e ‘Torino Nord’”, note come “nuove reti”.

Il giudice di prime cure, seppur non ritenendo convincenti le censure della ricorrente in merito ad un difetto di motivazione dei provvedimenti, ha invece condiviso appieno le argomentazioni sostanziali in base alle quali Iren contestava che il GSE avrebbe espletato un’istruttoria del tutto inadeguata, incorrendo in un evidente travisamento dei fatti. Ad avviso della ricorrente, infatti, sarebbe ingiustificata la sottrazione dall’energia termica incentivabile della quota parte ipoteticamente ascritta alle citate nuove reti, in quanto – a differenza di quanto sostenuto dal GSE – i consumi degli utenti delle nuove reti non sarebbero stati compresi nei dati relativi alla produzione del 3° GT per gli anni oggetto di contestazione, trattandosi di utenti serviti dal calore prodotto dalla centrale cogenerativo di Torino Nord (destinata a soddisfare la domanda termica di tali utenti proprio in ragione della sua vicinanza con i punti di prelievo). Al riguardo, il GSE riteneva che non era possibile affermare ciò in quanto si tratterebbe di zone servite dalla sola centrale di Torino Nord, venendo nella specie in rilievo un’unica rete di teleriscaldamento connessa con le diverse centrali. Ne consegue che secondo la prospettazione del GSE, le reti in questione, non individuate per la produzione termica del 2010 sarebbero state aggiunte inammissibilmente nelle richieste degli incentivi per gli anni dal 2011 in poi.

Sul punto, negli atti difensivi Iren ha ampiamento dimostrato – come condiviso dal TAR – che la differenza tra le richieste di CV avanzate fino al 2010 e quelle dal 2011 in poi sarebbe dovuta alla novità costituita dall’entrata in esercizio proprio nel 2011 della centrale cogenerativa di Torino Nord, il cui calore sarebbe stato distribuito alle “nuove reti”. Al riguardo, la ricorrente ha altresì chiarito che le nuove reti non erano incluse nella documentazione inerente alla produzione termica fino al 2010 per diversi motivi, tra cui (i) il fatto che la rete ‘Le Vallette’ già autonoma e alimentata da un impianto cogenerativo risalente agli anni Ottanta, sarebbe stata connessa alla rete distributiva del calore generato dalla nuova centrale; e (ii) sarebbe entrata in funziona la “nuova rete” di Torino Nord. Al contrario, il fatto che le nuove reti siano state incluse nella documentazione relativa alle successive annualità, dipenderebbe da una volontà della società di rendere evidente - in un’ottica di massima trasparenza – il mancato conteggio del calore fatturato da queste nuove reti per l’emissione dei CV spettanti per la produzione termica della Sezione 3° GT di Moncalieri.

Il giudice adito, riconoscendo che il ragionamento del GSE, basato sul fatto che per individuare la produzione effettivamente incentivabile il consumo delle nuove reti (i.e. la percentuale di detto consumo rispetto a quello complessivo dell’intera rete) avrebbe dovuto essere scomputato dalla produzione ascrivibile alla sezione operante in assetto cogenerativo (3° GT), ha ritenuto che tale impostazione fosse corretta sul piano logico “…solo in presenza di una situazione impiantistica invariata, e cioè quando l’estensione della rete (ad es. con l’aggiunta di nuove reti) avvenga a parità di altre condizioni. Solo in questa ipotesi, infatti, dall’incremento delle dimensioni dell’unica rete potrebbe discendere un aumento della produzione (anche) della centrale cogenerativa...”. Il TAR riporta l’esempio di un sistema composto da una sola centrale cogenerativa servente un’unica rete di utenze, in cui dunque l’intera produzione sarebbe in ipotesi rilevante ai fini dell’incentivazione. Solo in tal caso, sarebbe ragionevole supporre che l’aggiunta di una nuova rete al sistema comporterebbe l’innalzamento del livello della produzione di energia termica, con la conseguenza che se (sempre ai fini dell’incentivazione) di questa nuova rete non si dovesse tener conto (in forza di vincoli normativi, perché realizzata dopo una certa data come previsto dal D. Lgs. n. 20/2008 e cioè dopo il 31 dicembre 2009) sarebbe giustificata la detrazione dei relativi consumi dal computo dell’energia prodotta.

Pertanto, il TAR aggiunge che “…questa conclusione non sarebbe più corretta nel caso di un sopravvenuto mutamento delle condizioni di partenza del sistema, come ad es. nell’ipotesi di contestuale (rispetto all’estensione determinata dal collegamento della “nuova rete”) attivazione di una nuova centrale di produzione energetica (aggiuntiva rispetto a quella originaria): ciò in quanto l’incremento di produzione determinato dall’ingresso nel sistema delle nuove utenze non potrebbe essere automaticamente ricondotto all’originaria centrale cogenerativa, occorrendo considerare l’afflusso nell’intero sistema anche dell’energia prodotta dalla nuova centrale”. Nel dimostrare la correttezza dell’impostazione di Iren, il giudice aggiunge che in base ad un argomento logico, è possibile escludere l’ascrivibilità del maggior consumo alla produzione della centrale originaria: se l’energia prodotta dalla nuova centrale è uguale o superiore a quella consumata dalle nuove utenze (o al contrario, se il consumo delle nuove utenze è inferiore alla “nuova” produzione) allora si potrà ritenere che le nuove utenze non abbiano causato un incremento della produzione della centrale iniziale.

Nel caso de quo, pertanto, emerge come il GSE non abbia sollevato alcuna contestazione sulla circostanza (dirimente) dell’entrata in esercizio della centrale di Torino Nord contestualmente all’attivazione delle nuore reti (nel 2011), con conseguente impossibilità di condividerne il ragionamento, fondato sulla menzionata ipotesi della parità di condizioni di partenza. Non resta che attendere l’attuazione di tale decisione, a fronte dell’illegittimità di un numero significativo di CV negati dal GSE.

Gloria Panaccione
--------------------------------------------------------------

Legal news / Antitrust e settore finanziario - L’enforcement nei confronti delle partecipazioni di minoranza: il punto di vista della Federal Trade Commission

Nel contesto del rinnovato interesse per il rilievo antitrust delle partecipazioni di minoranza, l’acting director (AD) della Federal Trade Commission (FTC), Bruce Hoffman, ha indicato quali tipologie di minorities potranno attrarre lo scrutinio della FTC in virtù dei loro profili anticoncorrenziali. Più in particolare, l’AD ha distinto tra horizontal shareholdings/ownership (HS) e cross-shareholdings/ownership (CS).

La prima tipologia è quella che riguarda le partecipazioni in più imprese concorrenti detenute dai medesimi azionisti, i cui effetti sulle dinamiche competitive sono stati di recente oggetto di scrutinio della Commissione Europea nella valutazione della concentrazione Dow/DuPont. L’AD sottolinea al riguardo che la dimostrazione degli effetti restrittivi della concorrenza collegati agli HS non sia affatto pacifica in ambito scientifico e rimanga inesplorata nella prassi decisionale delle autorità garanti della concorrenza.

Ben diverso è invece il caso della seconda tipologia di partecipazioni che fa riferimento ai casi di partecipazioni incrociate tra concorrenti. Gli effetti restrittivi generati dai CS sono stati oggetto di analisi da parte della FTC, la quale spesso è intervenuta per rimuovere i loro effetti sulla concorrenza imponendo rimedi di natura strutturale.

Proprio recentemente, la FTC, ad esito della valutazione dell’acquisizione da parte di una società di servizi di marketing (Red Ventures) di un’altra impresa attiva anch’essa nei servizi di marketing con specifico riferimento all’editoria su internet (Bankrate), ha imposto che venisse ceduta una delle controllate di Bankrate, Caring.com. La FTC ha individuato nelle partecipazioni minoritarie in Red Ventures detenute da due dei suoi azionisti di riferimento la principale causa degli effetti restrittivi sulla concorrenza generati dall’operazione.

Per chiarezza e procedendo con ordine: due azionisti di Red Ventures detenevano in totale una partecipazione in Red Ventures del 34%, oltre che del potere di nominare due dei sette amministratori che componevano il suo consiglio di amministrazione. Secondo l’FTC, queste partecipazioni avrebbero consentito, pur senza assurgere a vero e proprio controllo, ai due azionisti di esercitare congiuntamente un’influenza significativa sull’organo amministrativo di Red Ventures. Infine, con l’acquisizione indiretta da parte di quest’ultima di Caring.com i due azionisti avrebbero avuto un interesse immediato a condizionarne le strategie a beneficio del principale sito web concorrente di Caring.com, APlaceforMom.com, che risultava anch’esso gestito dagli stessi due azionisti.

Secondo la FTC la dismissione di Caring.com era necessaria per impedire il probabile esercizio del potere di mercato di cui sarebbe venuta a disporre Red Ventures, e i probabili effetti di coordinamento tra i due principali siti concorrenti nel mercato rilevante.

Sembra evidente che con il suo intervento l’AD della FTC abbia riportato i temi legati all’enforcement antitrust nei confronti delle partecipazioni di minoranza su un terreno più classico, già esplorato, per le autorità garanti della concorrenza, riducendo non poco gli spazi di intervento che teorie più invasive, quali quella sugli HS, pretendono di riservarsi.

Mario Cistaro