Skip to main content

Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Cartelli e settlement – La Commissione irroga sanzioni per 564 milioni di euro in relazione a quattro cartelli a danno dei produttori di automobili

Di recente pubblicazione la notizia che la Commissione europea (la Commissione) ha concluso gli accertamenti relativi alla consumazione di quattro cartelli accettando una transazione (settlement), ad esito della quale le imprese, per la loro cooperazione nell’indagine e dopo aver ammesso la loro partecipazione alle infrazioni, si sono viste accordare tutte una riduzione dell’ammontare della sanzione del 10%.

Procedendo con ordine: il primo cartello, sanzionato con 346 milioni di euro, ha riguardato il trasporto marittimo di automobili da e verso l’Unione Europea, dove cinque spedizionieri, tra cui la società giapponese MOL, poi graziata dalla Commissione per aver rivelato l’esistenza del cartello, hanno scambiato regolarmente, tra il 2006 e il 2012, informazioni commerciali strategiche sull’aumento dei prezzi collegato alle fluttuazioni del costo del petrolio e monetarie. Le altre quattro società hanno ciascuna beneficiato di una riduzione del 10% della sanzione in virtù dell’applicazione del programma di clemenza.

Il secondo cartello ha avuto ad oggetto la fornitura delle candele di accensione del motore all’interno dello Spazio Economico Europeo (SEE). Denso, che ha poi beneficiato dell’immunità, Bosch e NGK, tra il 2010 e il 2011 hanno scambiato informazioni strategiche sui prezzi e ripatito il mercato per la conservazione dello status quo competitivo. Bosch ha poi beneficiato di una riduzione del 28% della sanzione e NGK del 42%.

Infine, gli ultimi due cartelli hanno riguardato la fornitura dei sistemi frenanti delle automobili. Il primo, in particolare, il sistema idraulico applicato sui veicoli BMW e Daimler; il secondo, il sistema elettronico da applicare sui veicoli Volkswagen e oggetto di una gara bandita proprio dalla casa automobilistica. I cartellisti sono TRW, Bosch e Continental nella prima infrazione, Bosch e Continental nella seconda. Mentre TRW e Continental hanno beneficiato dell’immunità in relazione al primo e al secondo cartello rispettivamente, Bosch si è vista accordare una riduzione del 30% della sanzione per l’applicazione di un programma di clemenza.

Come evidenziato in apertura, tutte le imprese coinvolte hanno beneficiato, in aggiunta alle riduzioni collegate ai vari programmi di clemenza, di una riduzione del 10% della sanzione proprio in virtù del settlement, a conferma dell’importanza di quest’ultimo strumento come meccanismo di risoluzione delle controversie nelle indagini relative ai cartelli.

Mario Cistaro
-----------------------------

Abusi di posizione dominante – L’onda lunga della sentenza Intel: in caso di abusi non possono non considerarsi gli effetti della condotta per la determinazione della sanzione

Il 21 febbraio 2017 sono state pubblicate le conclusioni dell’Avvocato Generale belga Melchior Whatelet (AG) nell’ambito della causa, pendente dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, relativa all’appello presentato dalla società di telecomunicazioni ed ex monopolista polacca Orange Polska S.A. (Orange) per ottenere l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea (Tribunale) del 17 dicembre 2015. A sua volta, questa sentenza aveva confermato la decisione con cui nel 2011 la Commissione europea aveva accertato un abuso di posizione dominante in capo alla stessa Orange (in violazione dell’art. 102 TFUE), sanzionandola con un’ammenda di circa EURO 127 milioni, per aver rifiutato fra il 2005 ed il 2009 di concedere ai nuovi operatori un accesso a banda larga ai propri prodotti all’ingrosso.

Orange ha presentato tre motivi di appello, su ciascuno dei quali l’AG si è espresso nei termini riassunti qui di seguito:

(i) con il primo motivo, Orange, sottolineando che essa aveva già interrotto volontariamente l’infrazione prima del relativo accertamento da parte della Commissione, ha richiamato l’art. 7, par. 1, del Regolamento UE n. 1/2003 (la normativa fondamentale per l’applicazione delle norme antitrust comunitarie), il quale dispone che «[s]e la Commissione constata […] un’infrazione all’articolo [101 o 102 TFUE], può obbligare, mediante decisione, le imprese […] interessate a porre fine all’infrazione constatata […]. Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata”. Al riguardo, Orange ha lamentato come la Commissione non avesse dimostrato siffatto “legittimo interesse” alla constatazione dell’infrazione. L’AG ritiene che tale motivo debba essere respinto, in quanto la previsione in questione rileva in realtà solo nel caso di decisioni, relative a condotte già cessate, di mera “natura dichiarativa” (non accompagnate cioè da una ammenda), e quindi la stessa non fosse rilevante nel caso de qui (dato che Orange era stata invece sanzionata);

(ii) con il terzo motivo, Orange ha contestato che Commissione avrebbe dovuto qualificare come circostanza attenuante gli investimenti che essa ha effettuato al fine di migliorare la rete fissa a banda larga in Polonia. Sul punto, l’AG, proponendo il rigetto di questo motivo, ha osservato inter alia che tali investimenti non hanno avuto alcun legame con l’infrazione e non costituivano una forma di risarcimento pecuniario diretto versato alla parte lesa (che ora la Direttiva UE sul private enforcement considera rilevanti anche nel senso di attribuire alle autorità antitrust la discrezionalità di considerarli come circostanze attenuanti); peraltro – osserva ancora l’AG – se simili investimenti successivi all’infrazione “…fossero «automaticamente» considerati come circostanza attenuante, l’effetto deterrente delle ammende sarebbe compromesso”;

(iii) con il secondo motivo, finalizzato ad ottenere una riduzione della multa, Orange ha sostenuto che il Tribunale ha commesso un errore di diritto per non aver ritenuto di dover considerare le censure presentate in sede di ricorso relativamente, per quanto attiene appunto alla determinazione della ammenda, se non agli “effetti concreti” dell’infrazione (cui per un “errore materiale” ammesso dalla Commissione la sua decisione faceva riferimento), almeno a quelli “probabili”; questi, infatti, avrebbero dovuto invece essere necessariamente presi in considerazione dal Tribunale per valutare la correttezza delle valutazioni operate nella decisione circa la natura e gravità della condotta, a loro volta aspetti imprescindibili per determinare la proporzionalità dell’sanzione irrogata. L’AG ha accolto, in questo caso, l’argomentazione di Orange. Più in particolare, l’AG ha richiamato con forza la recente pronuncia della Corte di Giustizia nel noto caso Intel, con cui – in estrema sintesi – è stato stabilito che occorre effettuare un’analisi della capacità restrittiva dell’abuso (in quel caso, sconti fidelizzanti) avendo riguardo a tutte le circostanze ed esaminando anche tutti gli argomenti e gli elementi di prova in senso contrario presentati dall’impresa. Ebbene, secondo l’AG i principi stabiliti in Intel “…sono pertinenti non soltanto quando si tratta di contestare l’accertamento nel merito di un’infrazione […], ma anche quando si tratta di valutare la natura e la gravità dell’infrazione al fine di determinare l’importo dell’ammenda […] non potendo in tal caso basarsi su semplici rules of thumb o essere «formale ed astratto»”. L’opinione qui in commento si scaglia quindi contro “l’approccio formalista” della Commissione e del Tribunale, esemplificato nell’affermazione secondo cui “…gli effetti anticoncorrenziali, quantomeno quelli probabili, sono intrinseci. [...] un comportamento abusivo in grado di escludere i concorrenti e al quale è data attuazione non può che falsare la concorrenza e in tal modo arrecare pregiudizio ai consumatori”. In conclusione, ad avviso dell’AG “…l’errore principale di diritto commesso dal Tribunale nella sentenza impugnata relativo ad una violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva è quello di aver rifiutato di valutare se gli effetti dell’infrazione erano stati correttamente dimostrati dalla Commissione, e addirittura di esaminare gli argomenti di Orange a tal proposito”.

Alla luce di queste considerazioni, l’AG ha quindi proposto alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale nella parte relativa al secondo motivo di appello sopra richiamata, chiedendo di rinviare la causa allo stesso Tribunale per un nuovo esame delle censure presentate sul punto da Orange. Resta ora da vedere se la Corte di Giustizia, nella sua sentenza, seguirà o meno questa indicazione.

Alessandro Di Giò
---------------------------------------------------

Diritto della concorrenza Italia/Abuso di posizione dominante e dispositivi di diagnostica – L’AGCM punta il dito contro i principali produttori di apparecchiature medicali di diagnostica per immagini per presunte condotte escludenti a danno dei manutentori indipendenti

Con provvedimento pubblicato lo scorso 19 febbraio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha reso noto di aver aperto un procedimento nei confronti dei tre principali produttori di apparecchiature medicali di diagnostica per immagini (o ad alta tecnologia) attivi in Italia (Original Equipment Manufacturers, OEM), ossia GE Medical Systems Italia S.p.A. (GE) e delle sue controllanti, Siemens Healthcare S.r.l. (Siemens) e della sua controllante, nonchè di Philips S.p.A. (Philips) e delle sue controllanti, per verificare l’esistenza di presunte condotte di natura escludente in violazione dell’articolo 102 TFUE.

Nello specifico l’AGCM intende verificare l’esistenza di iniziative adottate delle società GE, Siemens e Philips, asseritamente volte ad ostacolare l’affidamento dei servizi di manutenzione sui dispositivi ad alta tecnologia a soggetti diversi dal produttore e a danno, in particolare, di manutentori indipendenti. Il procedimento è stato aperto proprio a valle di una segnalazione di Althea Group (Althea), operatore che, in Italia, offre servizi di manutenzione e assistenza su dispositivi medici con una complessità tecnologica e manutentiva medio-bassa, nonché di una segnalazione anonima riconducibile ad un soggetto incaricato della gestione di apparecchiature elettromedicali per una struttura sanitaria nazionale, in cui si lamentava comportamenti dei produttori idonei ad impedire, di fatto, che la struttura sanitaria potesse affidare il servizio di manutenzione a soggetti diversi dalla casa produttrice del dispositivo in uso presso la medesima struttura.

Le theory of harm su cui l’AGCM sembra essersi concentrata ruotano intorno a tre tipologie di presunte condotte restrittive: (i) la recente apposizione, da parte degli OEM sui propri dispositivi medicali, di software di protezione e relativi codici/password o chiavi di accesso, unitamente al supposto contestuale rifiuto a concedere l’accesso a fattori necessari a svolgere l’attività di manutenzione, tra cui l’accesso ai software di gestione e ai manuali di service e il rifiuto a concedere le chiavi service di protezione; (ii) il rifiuto a cedere pezzi di ricambio originali, anche tramite l’assenza di risposte o di azioni dilatorie nelle risposte a fronte di richieste di quotazioni, o ritardi nella consegna; (iii) azioni di denigrazione presso le strutture sanitarie per screditarne l’operato e per ingenerare la convinzione che solo gli OEM fossero in grado di fornire i servizi di manutenzione sui propri dispositivi.

Tali condotte si inserirebbero in un contesto di mercato in cui ogni OEM deterrebbe, per l’AGCM, una posizione di sostanziale dominanza sulla manutenzione dei dispositivi di propria marca, nel presupposto che ciascuna sia l’unica a poter disporre di tutti gli input specifici per lo svolgimento di tale servizio su un dato dispositivo (ossia l’accesso ai software di gestione, alla documentazione tecnica, ai manuali service e tutte le informazioni tecniche per l’esecuzione delle fasi di manutenzione e ai pezzi di ricambio). Nella visione preliminare dell’AGCM, gli OEM indagati avrebbero approfittato di tale posizione di forza per adottare una serie di iniziative, tra cui l’introduzione di artificiali vincoli tecnologici e/o economici alla disponibilità e all’uso dei fattori necessari per competere in maniera effettiva nell’erogazione del servizio di manutenzione su propri apparecchi e l’opposizione di rifiuti alla cessione degli input e ai pezzi di ricambio originali. Tali condotte avrebbero collocato i concorrenti - in particolare quelli che operano in qualità di manutentori indipendenti - in una posizione di svantaggio competitivo nella presentazione di offerte nell’ambito della gare di appalto per l’affidamento di tali servizi, se non nell’impossibilità di prendere parte alle procedure.

In sintesi, secondo quanto emerge nel provvedimento di avvio del procedimento, gli OEM avrebbero adottato comportamenti idonei ad ostacolare l’emergere di soggetti qualificati nella manutenzione, in grado di sviluppare un’offerta concorrente di tali servizi, al fine di preservare la posizione di dominanza di ciascuna nel servizio di manutenzione sui propri dispositivi di diagnostica o, quantomeno, rendere più svantaggioso il ricorso da parte delle strutture sanitarie all’affidamento della manutenzione sui dispositivi ad alta tecnologia a soggetti diversi dai fabbricanti.

Il procedimento, salvo proroga, dovrà concludersi entro il 30 aprile 2019.

Cecilia Carli
-----------------------------------------------------------

Tutela del consumatore /Comparatori e informazioni ingannevoli – L’AGCM accoglie gli impegni presentati dalle società del gruppo Facile.it

Con provvedimento n. 27023 dello scorso 31 gennaio (il Provvedimento), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha accolto gli impegni presentati dalle società del Gruppo Facile.it (le Società), operanti come comparatori di offerte attraverso l’omonimo sito internet (Sito), al termine di un procedimento avviato per la diffusione da parte delle Società di informazioni ingannevoli, potenzialmente idonee a far assumere ai consumatori decisioni commerciali che altrimenti non avrebbero preso.

I comportamenti posti in essere dalle Società – per certi versi assimilabili a quelli già oggetto, nel 2015, di un precedente procedimento conclusosi anch’esso con l’accettazione di impegni (di fatto, replicati nella decisione in commento, trattandosi, peraltro, degli stessi professionisti) – sono consistiti, in particolare, in: i) ambiguità e omissioni informative circa le caratteristiche di alcuni prodotti/servizi comparati nel settore finanziario, telefonico ed energetico; ii) mancata corrispondenza tra l’offerta riportata sul Sito e le reali condizioni indicate sui siti ufficiali degli operatori; iii) claim enfatizzanti consistenti risparmi senza, tuttavia, dare evidenza del parametro rispetto al quale tale risparmio veniva calcolato.

Nell’ambito dell’istruttoria, le Società hanno riepilogato i passaggi di cui si compone la comparazione, ossia, dapprima, la compilazione di un form in cui il consumatore inserisce i propri dati e, a seguito di tale targetizzazione della ricerca, la generazione di una pagina web con i risultati distinti, rispettivamente, per privati e per clienti business (le offerte che compaiono all’esito della ricerca sono quelle dei fornitori che hanno in essere un accordo di collaborazione con le Società).

Dalla lettura del Provvedimento, si evince che il procedimento è stato essenzialmente volto a ricostruire i rapporti commerciali con gli operatori comparati; peraltro, alla luce dei settori interessati dalle pratiche, è stato necessario richiedere il parere dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e della Banca d’Italia.

Gli impegni presentati dalle Società sono sostanzialmente diretti a migliorare i dati informativi riportati sul Sito (e, di conseguenza, una migliore e più agevole comparazione), attraverso, in particolare, l’inserimento di una sezione ad hoc indicante l’elenco di tutti gli operatori che hanno in essere un rapporto di collaborazione con le Società (con evidenza delle rispettive quote di mercato, laddove disponibili pubblicamente, come nel caso del settore energetico o della telefonia), nonché l’illustrazione del funzionamento del meccanismo utilizzato per la comparazione.

Le Società si sono, inoltre, impegnate a dare evidenza del parametro di confronto rispetto al quale viene calcolato il risparmio pubblicizzato, distinguendo, inter alia, tra i casi in cui tale risparmio viene calcolato in base alle offerte di altri operatori o in comparazione ad alcuni benchmark/prezzi fissi (come, ad esempio, accade per la Maggior Tutela nel mercato dell’energia elettrica).

In conclusione, l’AGCM ha ritenuto che gli impegni adottati dalle Società, principalmente diretti a migliorare il Sito in termini di uniformità delle informazioni rappresentate (oltre ad alcuni accorgimenti apportati anche al meccanismo di valutazione delle offerte) abbiano raggiunto lo scopo di sanare le criticità evidenziate nel procedimento di avvio circa la mancata evidenza (e, in qualche caso, l’assenza o la non veridicità) dei parametri di comparazione che impedivano di comprendere la reale convenienza tra le offerte messe a confronto.

Filippo Alberti